Archivio della Categoria: ‘idee’
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Fini: serve finanza etica, capitalismo democratico
Finanza etica, economia sociale di mercato. E’ la ricetta del presidente della Camera, Gianfranco Fini, formulata attraverso il webmagazine della fondazione “Farefuturo”. Una lunga riflessione, nella quale il fondatore di An mette a fuoco il rapporto tra capitalismo e società, alla luce della crisi globale. L’anello mancante? L’etica. Da ripristinare ad ogni costo, facendo tesoro della grande esperienza del welfare europeo, modello di mediazione tra profitto e garanzie sociali. Per Fini, si tratta di utilizzare la crisi per riscrivere le regole, abbandonare l’idologia della crescita illimitata e costruire un capitalismo più equo e democratico.
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Caro Saviano, quel sangue del Sud non è versato per noi
«Lei, Saviano, dice che giù al Sud si è in guerra. Non posso darle torto, ma preferirei che i nostri ragazzi si dessero da fare non per dimostrare che “combattere un’altra guerra è possibile”. Preferirei, scusi la facile retorica, che dimostrassero che “un altro mondo è possibile”. Per una volta, questa, la camorra non è responsabile della morte dei nostri fratelli». Così Nicola Sessa di “PeaceReporter” risponde a Roberto Saviano, che su “Repubblica” ha messo in relazione con la camorra il reclutamento militare al Sud, spiegandolo come un sistematico tentativo di “fuga” da un ambiente malato, stritolato dall’economia criminale dei clan.
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Mini: le nostre truppe senza strategia dal 2002
L’attentato di Kabul «aggiunge altra nebbia al ruolo italiano». Lo afferma il generale Fabio Mini, intervistato da Alfonso Desiderio per “Limes”. «In termini più crudi – aggiunge Mini – sorge la prima domanda: che ci stiamo a fare? Oppure, come qualcuno già si chiede, quanti morti vale l’Afghanistan?». E’ duro il giudizio del generale, già comandante delle forze Nato in Kosovo, secondo cui dal 2002 non è più chiara la funzione della presenza italiana a Kabul, dopo che la Nato ha assunto la guida della missione. Rivelatasi disastrosa (e sanguinosa) la strategia di Bush, ora si attende l’unica soluzione possibile: che dovrà essere indicata da Barack Obama.
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Politica colta, per uscire dalla carestia delle idee
Un partito “colto”! Ho appena ascoltato questa definizione dal presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, nel corso di un suo intervento di alto profilo tenuto in occasione della presentazione della mozione Bersani che si è tenuta a Milano a Palazzo delle Stelline. Martini ha spiegato che quando si discuteva sul modello di partito per costruire il Pd, se liquido, se solido, se strutturato o aperto, lui ha proposto di dare vita ad un partito colto.
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Già pronto il governo del dopo-Berlusconi?
Riforma del sistema politico, meno parlamentari, welfare più forte, nuovi contratti di lavoro, modifica della spesa investendo su scuola, ricerca e innovazione. Sono i cardini del “governo di salvezza nazionale” per il dopo-Berlusconi: grande alleanza nel 2013 o esecutivo d’emergenza, se il premier dovesse cadere? Ne starebbero ragionando, da settimane, quattro pesi massimi della politica italiana: Gianfranco Fini, Giulio Tremonti, Pierferdinando Casini e Massimo D’Alema. Berlusconi? «Le possibilità che il suo governo sopravviva sono al 50%», ha ipotizzato Emma Bonino.
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Giulietti: RaiTre minacciata? Dimissioni al Quirinale
Vespa ha fatto flop. Gli italiani hanno scelto di non guardare la triste e squallida esibizione di un presidente del Consiglio stanco, rabbioso, sull’orlo di una crisi di nervi. Sarebbe facile divertirsi e ricordare che chi di media ferisce di media potrebbe perire. Eppure non c’è nulla da ridere, la tv pubblica ha toccato con la cerimonia del bacio della pantofola a reti unificate uno dei punti più vili della sua storia che pure ha conosciuto non poche pagine ingloriose. Non solo Berlusconi ha imposto la sua volontà al polo RaiSet, ma si è anche permesso di insultare i suoi avversari, di chiedere la testa di giornali e giornalisti da lui considerati ostili. Per l’ennesima volta abbiamo assistito alla stesura di una lista di proscrizione in diretta.
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Impastato, quella targa è orgoglio nazionale
Stavolta non è la solita sparata leghista. Perché forse, stavolta, l’hanno sparata davvero grossa. Perché l’idea bizzarra di Cristiano Aldegani, sindaco della Lega Nord di un paesino del bergamasco, non ha più la dimensione linguistica del dialettismo ma tocca la sensibilità civica di un intero popolo. La sua iniziativa di rimuovere il nome di Peppino Impastato – il giovane politico e giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel 1978 – dalla targa della biblioteca comunale per far posto a un sacerdote locale non è una bizzarria neoidentitaria. Ma una scelta infelice, sbagliata e culturalmente pericolosa. Per tanti motivi.
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AnnoZero, Report, Ballarò: la Tv sotto attacco
Minato nella sua autorevolezza personale a causa della sua eccessiva confidenza nel proprio potere, Berlusconi oggi è un uomo inferocito che vuole misurare fino in fondo la lealtà dei sottoposti e far assaggiare ai nemici la durezza di cui è ancora capace. A questo serve la provocazione di stasera: soppressione all’ultimo minuto di “Ballarò” per fare spazio a un connivente Bruno Vespa, compiaciuto di rinnovare la sua funzione di aedo del regime. Può darsi che sia solo per inefficienza che la Rai non aveva calcolato prima la convenienza politica di trasmettere in prima serata su Raiuno la consegna delle prime case ai terremotati abruzzesi.
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Attenti alla Germania, risveglio europeo della sinistra
Tramortiti da un’agenda politica ipnotizzata dalle avventure del berlusconismo, non ci siamo accorti di un «evento internazionale di grande portata», anche per le prospettive politiche italiane, come «la straordinaria vittoria della Linke, il partito della sinistra tedesca». Lo afferma Moni Ovadia dalle colonne dell’Unità. «Questo risultato – sottolinea – non è un episodio rapsodico, ma è stato costruito sulla base di un preciso progetto politico fondato sui grandi valori e sulle battaglie per la giustizia sociale che da sempre sono patrimonio specifico delle sinistre», almeno di quelle rimaste fedeli al mandato originario: tutelare i diritti delle fasce sociali più esposte.
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Un presidente “abbronzato” anche in Italia?
Se un cittadino dalla pelle non perfettamente candida aspirasse a incarichi politici in Italia, sarà meglio che ci ripensi. “Non vorrei tra cinque anni e un mese trovarmi un presidente abbronzato”, ha dichiarato Roberto Calderoli l’altra sera a Treviso. Il ministro leghista si era già distinto per un’analoga sortita nei confronti della sua concittadina italiana Rula Jebreal. Imitato dal presidente del Consiglio che rivolse la stessa “carineria” a Barack Obama. Tali affermazioni desterebbero scandalo se pronunciate da uomini di governo in qualsiasi altro paese occidentale. E delineano, all’interno della maggioranza di centrodestra, una spaccatura su principi della massima rilevanza
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Villaggio: Mike ha abbassato il livello culturale
Mentre si pensa a funerali di Stato nel Duomo di Milano per onorare la memoria di Mike Bongiorno, re dei telequiz e “padre della televisione popolare italiana”, scomparso l’8 settembre all’età di 85 anni dopo una giovinezza avventurosa (nato a New York, partigiano in valle di Susa e finito in carcere a Milano con Indro Montanelli, prima di avviare la sfolgorante carriera televisiva con programmi-culto come “Lascia o raddoppia” e “Rischiatutto”), Paolo Villaggio non si unisce al cordoglio collettivo per la scomparsa del presentatore, sostenetendo che Mike Bongiorno avrebbe abbassato il livello culturale del paese, come ha dichiarato all’agenzia di stampa AdnKronos.
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Migranti promossi italiani dopo 5 anni, proposta bipartisan
Dovremo seguire con attenzione, nelle prossime settimane, l’iter della proposta di modifica alla legge vigente sulla cittadinanza presentata in Parlamento da Andrea Sarubbi (Pd) e Fabio Granata (Pdl). Come spesso accade, è sulle idee semplici e chiare che si misura meglio la temperatura culturale di un paese; e il testo in questione ha il pregio di essere semplice e chiaro, oltre che di nascere da un accordo fra persone volonterose appartenenti a schieramenti politici diversi. Dunque: è giusto o non è giusto che un immigrato divenga cittadino italiano dopo cinque anni di residenza nel nostro paese, e dopo aver dimostrato un’adeguata conoscenza linguistico-normativa, oltre che un reddito certificato?