Archivio della Categoria: ‘idee’
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Milano, la città morta che ha scacciato il popolo
Su iniziativa del “Corriere della Sera” una cinquantina di personaggi milanesi si sono fatti promotori di un “Manifesto per Milano”, fallacianamente ribattezzato “il coraggio e l’orgoglio”, per rivitalizzare la città. Mission Impossible. Perché non si può ridar vita a un cadavere. Solo Cristo c’è riuscito. Milano era una città interclassista. Quartieri molto centrali come il Garibaldi e Brera erano quartieri popolari dove Pirelli abitava accanto al suo operaio, naturalmente in una casa di Caccia Dominioni il primo, in una di ringhiera l’altro. Questo cortocircuito fra ceti diversi fecondava la città, la rendeva viva, umanamente e culturalmente.
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Imbavagliati, la mafia ringrazia: meglio della P2
Con la legge sulle intercettazioni il governo e la maggioranza servile che lo sostiene approvano l’ennesimo provvedimento che mira, scientemente, a consolidare la borghesia mafiosa della quale sono referenti oggettivi e garanti. Una delle più grandi menzogne di Stato degli ultimi mesi – pompata ad arte anche dalla propaganda di regime di Minzolini & Co. – è quella relativa al fatto che questo governo sia il migliore nel contrasto al crimine organizzato. Il dato oggettivo è di segno diametralmente opposto.
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Tagliamo la guerra: contro-manovra da 24 miliardi
Sacrifici duri? Facciamoli pagare alla guerra, non alle fasce deboli. Mentre la Cgil annuncia lo sciopero generale contro la manovra di salvataggio proposta da Giulio Tremonti per mettere l’Italia al riparo dal dissesto finanziario innescato dalla crisi globale e in particolare dal crack della Grecia, dalla provincia di Venezia arriva una singolare contro-proposta: «La mia manovra? Semplice: tagliare la guerra». Ermes Drigo, protagonista della riconversione ecologica di Portogruaro, fa i conti in tasca alla difesa: ritirando le truppe dall’Afghanistan e limando qualche voce dagli armamenti, si risparmiano giusto 24 miliardi di euro, quelli che il governo si appresta a spremere dagli italiani.
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Santoro, sei pronto per la nuova Tv dei cittadini?
Tra le molte cose giuste e vere che Santoro ha detto nella sua autodifesa di fronte al pubblico di “Annozero” e ai lettori del “Fatto” del 22 maggio, c’è qualche importante “interstizio” su cui riflettere. Interstizi, tuttavia, rivelatori. Credo inoltre di avere titolo per replicare anch’io alle sue parole, nella mia qualità di autore di una lettera (inviata al “Manifesto” e al “Fatto”, ma che solo il “Fatto” ha pubblicato) in cui, in sostanza, invitavo Santoro, e tutti coloro che lo hanno sostenuto nella sua battaglia per una televisione migliore, a prendere atto che la battaglia interna alla televisione berlusconiana non era più praticabile
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Bavaglio alla stampa: come Antigone, liberi di dire no
Tanti anni fa Sofocle scrisse di Antigone, di suo fratello Polinice, morto in battaglia, della legge emanata dal reggente di Tebe, Creonte, che vietava di seppellirlo: nemico dello Stato, doveva restare preda dei corvi. Ma Antigone lo seppellì e, processata e condannata, spiegò a Creonte che quella era una legge degli uomini e che però ci sono altre leggi, a queste superiori; e che lei di quelle temeva il giudizio e a quelle aveva obbedito. Nei miei anni di magistrato ho vissuto spesso questo conflitto; e sono felice di non doverlo vivere ora, chiamato ad applicare una legge vergognosa, emanata da una classe dirigente arrogante e tremebonda, impegnata in una lotta disperata per l’impunità e la sopravvivenza.
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La Busi: rinuncio al video, dal Tg1 è sparita l’Italia
Caro direttore, ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori.
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Se Scandalopoli affonda Silvio, è già pronto Tremonti
Che cosa accadrà ora? Nulla. Ovvero, il peggio. Non ci saranno le strombazzate riforme, tantomeno l’agognato federalismo. Per fortuna. Con questa classe dirigente, il federalismo sarebbe soltanto la moltiplicazione dei pani e dei pesci della corruzione. Il governo andrà avanti ancora un po’, certo non fino al termine della legislatira. Forse nemmeno fino al panettone. L’inchiesta sulla cricca di Anemone e compagni rappresenta l’epifania e la fine della Seconda Repubblica, come Mani Pulite lo fu della prima.
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Stop intercettazioni, la casta disarma giudici e giornali
La commissione Giustizia del Senato ha approvato a maggioranza gli emendamenti del governo al disegno di legge sulle intercettazioni. Sono previste limitazioni inaccettabili ai poteri dell’autorità giudiziaria, una cappa plumbea di silenzio nei confronti delle indagini penali in corso. Inoltre, sanzioni severe per i giornalisti che contravvengono al nuovo regime e, soprattutto, per gli editori che consentono le pubblicazioni illegittime. Una disciplina che lascia stupefatti e che, se dovesse diventare davvero legge dello Stato, cambierebbe il volto delle indagini penali e di parte dell’informazione nel Paese.
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La resa di Santoro: inutili i record di Annozero
Il federalismo non si farà mai, le riforme neppure, il calo delle tasse è un sogno, ma almeno un obiettivo programmatico il governo Berlusconi l’ha centrato in pieno: la chiusura di “Annozero”. In fondo a una guerra cominciata nel 2002, con l’editto bulgaro, Silvio Berlusconi ha ottenuto la resa di Michele Santoro. «A parte cinque o sei milioni di spettatori, che però non contano nulla, sembrano tutti contenti», scrive Curzio Maltese su “Repubblica”, commentando l’annucio di Santoro: “Annozero” chiuderà a giugno. «È felice il premier, per il quale “Annozero” era ormai diventata un’ossessione personale, come si evince dalle intercettazioni, anche quelle destinate a sparire nel nuovo giro di vite».
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Saviano: raccontare è resistere, insieme ai lettori
«Raccontare è resistere, raccontare non significa diffamare il proprio Paese, ma amarlo». Con questa risposta a chi lo critica per il suo lavoro, primo fra tutti il premier Silvio Berlusconi, Roberto Saviano interviene all’incontro al Salone del libro di Torino. “Sei fuori posto anche tu? Lo scrittore e il lettore nell’Italia contemporanea” è l’evento, in pochi minuti andato esaurito, che riunisce “Sei scrittori fuori posto”: Colaprico, Lucarelli, Parrella, Vinci, Wu Ming e appunto Saviano. Il racconto di Saviano, come il suo intervento finale, sono molto incentrati sull’attualità.
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Vivere o morire, le civiltà e l’anima dei luoghi
In questi ultimi decenni molti studiosi hanno richiamato l’attenzione sui problemi ecologici e sui limiti e le contraddizioni inerenti al nostro sistema. Tra questi un posto di rilievo merita sicuramente il vincitore del premio Pulitzer Jared Diamond, biologo e evoluzionista americano oggi docente di geografia e scienze ambientali all’Ucla. L’impatto avuto dalle sue opere più note “Armi, acciaio e malattie: breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni” (Einaudi, 1997) e “Collasso: come le società scelgono di morire o di vivere” (Einaudi, 2005), sulla cultura mondiale e in particolare in tutta l’area “verde”, è notevole.
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Rischio rivolta, se a pagare la crisi sono solo i poveri
Una tradizione cinese racconta che in passato i medici ricevevano la parcella dai loro pazienti per tutto il tempo che questi ultimi versavano in condizioni di buona salute, l’emolumento ai dottori era sospeso appena compariva una malattia. Con piccole correzioni si potrebbe proporre di applicare questa antica saggezza alla pratica della flessibilità rendendola criterio universale di regolazione dei rapporti socio-economici. Il lavoratore flessibile dovrebbe pagare merci e servizi nell’interezza del loro prezzo solo quando lavora a tempo pieno, dovrebbe invece riceverli a metà prezzo quando posto in cassa integrazione e gratis quando disoccupato.