Archivio della Categoria: ‘idee’
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Monicelli e l’epica italiana: cialtrona, ma grande
«Se dovessi essere costretto a una vita che non è vita, la farei finita anch’io». Mario Monicelli me lo disse anni fa, a casa sua nel rione Monti. Erano i giorni del caso Welby. Sembrava più una presa di posizione intellettuale di un grande laico che non una confessione personale. A novant’anni era ancora bellissimo, elegante, ironico, sempre dentro qualche battaglia. L’altro giorno era ancora in piazza a protestare contro i tagli alla cultura. Questa notte ha deciso lui dove mettere la parola fine. Con Monicelli se ne va un genio e un maestro del cinema, anche se entrambe le definizioni l’avrebbero fatto sorridere.
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Wiki-rivelazioni? No: notizie risapute, che i media tacciono
Si fa una risata, il primo ministro italiano, a proposito delle “rivelazioni” di Wikileaks. Forse per una volta, tocca dargli ragione. Vediamo perché. Wikileaks “rivela” che il fratello del presidente afghano Karzai, Ahmed Wali, è un pericolo. Perché è un corrotto e gestisce il narcotraffico. Un po’ come rivelare che l’acqua quand’è troppo calda ci si scotta. “PeaceReporter” lo dice da tempo, e così tutti quelli che conoscono quel paese e fanno davvero il mestiere del giornalista. Wikileaks “rivela” che Berlusconi fa un sacco di festini ed è vanesio e incapace. Benvenuti nel mondo del banale.
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Wikileaks, choc e illusioni: la prima vittima sarà il web
Ora che ci dicono che con le prime nuove soffiate di Wikileaks sta esplodendo «l’11 settembre della diplomazia» ovvero «l’11 settembre di internet», deve valere una premessa: non ci sono individui, e neanche organizzazioni, che siano in grado di leggere 250mila documenti in breve tempo. Quindi ci arriva solo un flusso filtrato di documenti. E chi lo filtra, per ora, è la vecchia fabbrica dei media tradizionali. Se di un 11 settembre si trattasse, saremmo nella fase del trauma mediatico iniziale, quella che ci dà l’imprinting, l’apprendimento base del nuovo mondo su cui ci affacciamo e delle nuove credenze sulle quali far fede. Una volta educate le menti con questo shock, le sue riletture successive andranno controcorrente e perciò partiranno sfavorite.
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Ciao democrazia, siamo tornati schiavi: delle banche
Continuo ad ascoltare alla radio commenti strampalati da parte di economisti e di giornalisti. Uno dei più ricorrenti é quello secondo cui gli irlandesi se la sono cercata. Davvero? A me sembra che la realtà sia diversa. Da un punto di vista macro, l’Irlanda non stava male. Fino al 2008 il debito pubblico era di gran lunga inferiore al 60% sul Pil stabilito dal Trattato di Maastricht, nel 2009 é salito al 64%. La loro economia é cresciuta grazie a una tassazione societaria agevolata, che per qualcuno è disdicevole, ma certo non illegittima. Non viola nessun Trattato e, anzi, applica un principio elementare e giusto, quella della concorrenza fiscale tra Stati /o regioni.
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La cultura non si mangia? Ministri senza vergogna
L’ordinamento istituzionale italiano prevede che nel governo repubblicano ci sia la presenza di ministri senza portafoglio, non prevede invece ministri che non conoscono il significato del loro ruolo. Il ministro dell’economia Tremonti, per esempio, afferma che la cultura non si mangia. Ora, a parte la pochezza dell’affermazione, il ministro finge di ignorare che alcuni dei più grandi uomini della storia umana hanno avuto come companatico libri ed arte quando vivevano nell’indigenza. Finge, perché quando partecipa ai convegni promossi da prestigiose istituzioni si esprime in ben altro modo e lascia a casa il putrefatto armamentario populista di cui si serve per infiammare i furori della padanitudine.
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Italiani: desolata autopsia di un popolo
Non so quando è successo, se ci sia stato un giorno esatto o se piuttosto sia sempre andata così, ma a un certo punto molti – me compreso – si sono sentiti stranieri nella propria terra. Non un granché, va detto, come sensazione. Membri immusoniti e incarogniti – quindi quasi mai fotogenici – di una minoranza trascurabile. A volte colta, talora esecrabile, spesso snob. Sempre pleonastica. Mai capace, ora perché impossibilita e ora in quanto pigra o poco organizzata, di cambiare veramente le cose. Sconfitta da una maggioranza inamovibile, che coltiva tranquilla l’orribile varietà delle proprie superbie: immarcescibile come una malattia; come una sfortuna; più che altro, come un’anestesia (cit).
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De Magistris: temo una nuova stagione di bombe
Negli ultimi vent’anni circa, quelli seguiti alle bombe di Capaci e Via D’Amelio, abbiamo assistitito a una progressiva penetrazione delle mafie all’interno delle istituzioni, oltre che dell’economia e della finanza. Per istituzioni non mi riferisco soltanto alla politica – anche se il rapporto mafia-politica è quello più evidente – ma ad uffici istituzionali di prim’ordine, a servizi segreti e anche alle forze dell’ordine e alla stessa magistratura. Questo ha provocato una progressiva istituzionalizzazione delle mafie che oggi – grazie anche ai rapporti con i poteri occulti che molto spesso fanno da collante tra tutti questi ambienti (basti vedere l’inchiesta sulla cosiddetta P3) – hanno raggiunto un livello tale da essere in grado di far approvare leggi ad personam e ad personas.
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Tav: come ridurre la val Susa a un corridoio di morti
Non vorrei sembrare troppo pessimista ma, secondo me, sulla questione Tav la valle di Susa ha comunque perso. Ha perso se la faranno, poiché all’oligarchia medievale di questa repubblica afghana poco importa la sorte di 80.000 sudditi intubati in un corridoio di morti. Il potere politico ed economico – che sono poi la stessa cosa – sa perfettamente che i soldi non ci sono ma non può più permettersi di rimandare un’opera già lottizzata e divisa tra famiglie di potenti. Che la Tav sia l’opera più inutile e costosa del XXI secolo lo sostengono tutti i più grandi economisti d’Europa, ma non importa: per noi resterà sempre un’“imperdibile occasione di lavoro e di sviluppo per il territorio”.
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Addio 5 per mille: tramonta il sogno di un Welfare diverso
Il signor T., da molti indicato come prossima guida affidabile di questo paese, riduce del 75% i soldi destinati dai cittadini alle Organizzazioni non governative. Questa singolare operazione ha un sapore fortemente autoritario. Infatti, non solo toglie risorse alla spesa sociale, ma commette un vero e proprio furto, dal momento che quei soldi erano destinati esplicitamente dai cittadini, tramite la dichiarazione dei redditi, a ben specifiche associazioni, cooperative in una parola Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus).
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Wu Ming: da Fini e Bersani una lista di ipocrite banalità
«Premessa: dal segretario del Pd non ci aspettavamo certo affermazioni radicali, estreme, rivoluzionarie. Sappiamo da sempre che quel partito non rappresenta il nostro modo di intendere la politica. Ciononostante, ci aspettavamo quantomeno delle affermazioni. Non le abbiamo sentite». Così si esprime il collettivo Wu Ming, autore di fortunati romanzi come “Q”, all’indomani della controversa apparizione di Bersani e Fini nella trasmissione di Fazio & Saviano, alle prese con l’elenco dei “valori” di destra e sinistra: “La lista dei bolliti”, l’ha archiviata impietosamente Marco Travaglio, che parla di «valori ampiamente intercambiabili», ascrivibili indifferentemente all’una o all’altra cordata.
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Occidente, profitto genocida: siamo peggio di Stalin
Peggio questo materialismo di quello comunista, di gran lunga. Anzi, dal momento che il liberal-liberismo occidentale ha ormai dato luogo a un nuovo tipo di totalitarismo espresso dal “pensiero unico”, ritengo che ormai il paragone tra questo tipo di totalitarismo e, per esempio, lo stalinismo, sia aberrante e obiettivamente offensivo. L’offeso è lo stalinismo, beninteso. La tirannide staliniana nasceva comunque dalla deformazione statalista e centralistica di un desiderio e di un bisogno profondo – e, alla radice, nobile – di giustizia. La tirannide di quello che Jean Ziegler ha definito “l’Impero della Vergogna” nasce dallo sfrenato individualismo e dalla Volontà di Potenza
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Addio welfare europeo: Bruxelles suicida il futuro
Negli ultimi cinquant’anni il modello sociale europeo ha migliorato la vita di decine di milioni di persone, convinte che il destino dei figli sarebbe stato migliore di quello dei genitori. Ora il sogno è finito: i governi dicono che ormai, per non morire di debito pubblico, è necessario tagliare tutto: pensioni, sanità, scuola, università, salari e diritti. Questo spiega la rivolta degli studenti inglesi, le manifestazioni francesi contro i tagli delle pensioni e l’agitazione dalla Fiom in difesa del lavoro. L’Europa incolpa la crisi e l’eccessivo costo del welfare? Peccato, scrive il sociologo Luciano Gallino, che le entrate siano diminuite prima ancora della crisi: dal 2000, i ricchi hanno pagato sempre meno tasse.