Archivio della Categoria: ‘idee’
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Le forbici del diavolo: se Tremonti taglia l’editoria
E’ un atto proditorio, una vigliaccata, un colpo sparato alle spalle del pluralismo editoriale. Un testo miserabile. Non ci sono altre definizioni possibili per la scelta del ministro Tremonti di riprendersi tutti i soldi che erano stati stanziati nella recente ex finanziaria e di destinarli al reintegro del “cinque per mille”. Il fondo per l’editoria era già stato tagliato e solo parzialmente reintegrato grazie ad una durissima battaglia che aveva visto insieme centinaia tra parlamentari, organizzazioni sindacali dei giornalisti, Mediacoop, decine di giornali a cominciare da “Liberazione”.
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Rapinare i risparmiatori: truffa decisa da banche e governi
Titoli tossici, divenuti carta straccia una volta scoppiata la bolla immobiliare; il bluff di mutui senza copertura, di quote azionarie senza capitali e senza più valore commerciale né relazioni con l’economia reale. Grande crisi? No, grande truffa. Organizzata dagli Stati, con la complicità delle banche centrali. Obiettivo: derubare i cittadini. Letteralmente: espropriarli dei loro risparmi, per alimentare il grande flusso del capitalismo finanziario globale: hi-tech e spese militari in primis. Tutto legale, naturalmente. Perché sono stati gli stessi “truffatori” a manipolare le leggi per agevolare il grande saccheggio. Lo afferma un importante economista, Bruno Amoroso, docente all’università danese di Roskilde.
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Rivoluzione culturale: unire movimenti e battaglie civili
Un nuovo soggetto politico, l’unico che rifiuti in partenza il presupposto che accomuna destra e sinistra: la crescita. «Il momento è maturo», afferma Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la Decrescita Felice. Obiettivo: una piattaforma comune per unire i movimenti che stanno sorgendo in tutta Italia a difesa dei territori minacciati. Oltre ad ogni singola battaglia locale, c’è una visione precisa: va bocciato l’attuale modello di sviluppo. Bisogna offrire un orizzonte diverso, di grande respiro culturale: strategie per un futuro praticabile, non più assediato dai disastri e dalle continue crisi provocate dal dogma della crescita industriale infinita, che sta portando il mondo al collasso terminale.
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Pallante: ma la crescita non è il rimedio, è il male
Se il mondo sta franando, è perché ha preteso di crescere in modo folle. La grande crisi? E’ quella della crescita. Finisce un ciclo di 250 anni, quello dell’industria. La politica? Si è limitata a servire l’economia della crescita esponenziale. E adesso che la crescita è finita, perché stanno finendo le risorse planetarie, ecco lo spettacolo del collasso globale: crisi economica, sociale, ecologica, morale. Il denaro come unico valore, la guerra come unica soluzione. La società occidentale sbanda, si disintegra, senza che l’economia riesca a trovare vie d’uscita. Siamo alla vigilia di una catastrofe? Forse. A meno che non si capovolga lo scenario: la crisi è un’occasione d’oro per la rivoluzione culturale di cui il mondo ha bisogno.
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Super-banchieri: un club di delinquenti decide tutto
A proposito di complottisti: dedichiamo questo commento a Pigi Battista e a tutti quelli che sostengono sempre, invariabilmente, le versioni ufficiali. Adesso ne abbiamo una nuova, quasi ufficiale ma, sfortunatamente, complottista al cento per cento. E’ del New York Times, e scommetto un milione di euro che né Pierluigi Battista, né Riotta, né De Bortoli, né nessun altro di questa risma ne parlerà ugualmente, anche se viene dal New York Times. Sembra una favoletta: ci sono nove-banche-nove, che si riuniscono una volta al mese da qualche parte a Manhattan, per decidere quanti milioni di disoccupati creare, quanta gente ridurre alla disperazione, quanti bambini devono morire di fame – in Africa, in Asia, non importa dove.
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Generazione rabbia: nessuno fermerà quel furore
Ho manifestato i miei sdegni e i miei aneliti per le strade d’Italia dal 1968 al 1977. Ho smesso di farlo a Bologna, una bella mattina di fine estate quando, arrivato in ritardo al corteo delle “mitiche” giornate contro la repressione, lo lasciai sfilare da cima a fondo senza trovare dove inserirmi, senza riconoscermi in nessuno dei gruppi, delle facce, degli slogan, degli abbigliamenti. Ero diventato troppo vecchio per quella roba, o troppo prudente, o troppo saggio, o troppo codardo; non so, ma ero davvero e definitivamente da un’altra parte.
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Destra e sinistra, sorde alla protesta dei non-rappresentati
Impossibile riassumere compiutamente quanto è accaduto il 14 dicembre nel centro della Capitale, in mezzo alle letture contrastanti che si sovrappongono di ora in ora. Però sono molti i segnali che fanno pensare a una situazione nuova, che investe sin da adesso il futuro della nostra repubblica, chiamata a gestire l’enorme problema di un’intera generazione disperata (letteralmente: senza speranze) e priva di prospettive. Il ministro mordi-poliziotti Maroni e il presidente dei senatori Pdl Gasparri vogliono gestire la novità con soluzioni anticostituzionali.
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Ascoltare la piazza: condannare la violenza non basta
Molti sono rimasti colpiti da quel che è accaduto ad Annozero, al netto delle scalmane del cosiddetto ministro Ignazio La Rissa. Colpiti dal reportage di Ruotolo sugli scontri del 14 dicembre, dove migliaia di studenti solidarizzavano con i pochi violenti. Colpiti dall’atteggiamento dei politici, che pretendevano dagli studenti un’abiura della violenza come precondizione per discutere con loro. Colpiti dall’atteggiamento degli studenti, che non prendevano affatto le distanze, anzi rilanciavano: «Sono due anni che protestiamo pacificamente contro la legge e i tagli della Gelmini e il sottostante progetto di precarizzazione sociale, ma nessuno ci ha ascoltati, nessuno ha parlato con noi. Vi accorgete di noi solo ora che abbiamo abbandonato le buone maniere».
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Generazione tradita dalla grande menzogna sul futuro
Trovo insopportabile il modo in cui in questi giorni si è discusso del movimento degli studenti e delle varie forme di insorgenza che si stanno manifestando. Tutti pronti a scandalizzarsi per il minimo gesto di devianza come se ci muovessimo in un ambiente politico-istituzionale perfetto, corretto, eticamente inappuntabile Non ci sto a buttare la croce addosso agli studenti. Trovo che sia un movimento post-politico. Ci sono anche i migranti che salgono sulle gru o gli operai di Pomigliano che si ribellano ai ricatti. E’ un pezzo di società che fa da sé, che ha staccato la spina, che ha capito che le dinamiche politico-istituzionali e la propria vita sono due mondi separati.
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Con che coraggio date lezioni ai ragazzi in rivolta?
Vi racconto cosa mi è successo. Ero a Roma per lavoro, e durante una riunione ho seguito dal computer la votazione sulla sfiducia. Ho visto lo spettacolo pietoso del parlamento ridotto a mercato delle vacche e teatrino, dove tutta l’attenzione si appuntava su quella decina di onorevoli che il giorno prima si erano prodotti in dichiarazioni vanziniane sul loro voto: non lo so, non ci ho ancora pensato, dipende, ne discuterò con la mia coscienza. Ho visto il disastro e il ridicolo. Mi sono depresso. Mi è mancata l’aria. Sono uscito. Per caso, mi sono trovato nel mezzo della manifestazione studentesca nei momenti del maggior casino.
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Politica onesta, contro la violenza della disperazione
In piazza va in scena la disperazione della violenza quando la politica fallisce: la distanza fra istituzioni e società ha raggiunto il massimo livello di allarme, come documentano gli scontri del 14 dicembre a Roma. La compravendita di parlamentari che ha confermato la fiducia a Berlusconi e il fallimento delle manovre di palazzo per scalzarlo dal potere hanno mostrato un nuovo livello di degrado e inefficacia della politica istituzionale. Crisi, lavoro, precarietà, scuola e università, tagli alla spesa: tutto oscurato dagli scontri con la polizia. In piazza, preoccupa il “tifo” per i violenti: una tentazione che nasce dall’orrendo spettacolo che viene dal palazzo, dalla frustrazione per una giornata di protesta senza sbocco né gestione, dal vuoto di politica che oggi misuriamo.
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Giovani imbecilli? Saviano, è ora di scendere dal pulpito
Quanto sembra remoto l’unanimismo democratico di “Vieni via con me”, con l’officiante Fazio che assemblava tutto il perbenismo nazionale – di centro, di destra e di sinistra – e proclamava, parole sue, che la trasmissione era la prima della tv post-berlusconiana! Sono passate poche settimane, ma sembrano anni. Il Cavaliere, che i conti li sa fare, ha emarginato il suo oppositore interno. I centristi, raccolte le loro sparse ed eterogenee truppe, si leccano le ferite. Di Pietro ha abbassato la cresta e magari riflette sulla selezione del personale politico dell’Idv. Il Pd tira un sospiro di sollievo, perché per un po’ le elezioni si allontanano…