Archivio della Categoria: ‘idee’
-
La mitologia di Silvio e il virus della prostituzione universale
La mia tesi è quella che quest’uomo non è una canaglia, almeno non in primis, non è demoniaco. Lui ha un altro problema: non è normale, in tutti i sensi, ossia è a modo suo straordinario, extra-ordinario, eccedente in tutto e onnivoro nel suo desiderio, ma completamente dominato da questa debordanza ipocondriaca. È un quasi-psicopatico che vuole, oppure è costretto a prendere alla lettera le sue ossessioni metaforiche. Ricordate il serial killer che squarta le sue vittime una dopo l’altra, perché deve prendere il loro cuore, letteralmente, deve dare carne alla sua fantasia desiderante?
-
Futuro e dignità: Torino merita un sindaco targato Fiom
La ribellione della dignità. Così viene letta, da ampi strati dell’opinione pubblica, l’orgogliosa e temeraria reazione degli operai di Mirafiori che nonostante l’aperto ricatto di Marchionne (o si lavora alle mie condizioni, o si chiude) hanno osato dire no al nuovo modello imposto dall’azienda: meno diritti per chi è alla catena di montaggio, vietato protestare. Come minimo, vista l’inattesa risposta degli operai – la Fiat e i fautori del “sì” si aspettavano un plebiscito, almeno l’80% dei consensi – ora sarebbe interessante valutare il peso elettorale, per il Comune di Torino, di un leader della Fiom. Cosa accadrebbe se alle primarie scendesse in campo un sindacalista del peso di Giorgio Airaudo?
-
La legge del più forte: il vuoto di Mirafiori fa paura
Impiegati da una parte, operai dall’altra. Il referendum della Fiat è passato per pochi voti e ha spaccato in due i lavoratori. Ha creato un vuoto pericoloso che sarà in qualche modo riempito. I lavoratori che si sono opposti al piano (misterioso) di Marchionne sono senza rappresentanza politica, senza riferimenti. In questo sabato mattina Torino, con il suo cielo grigio e nuovi spartacus per le strade, persone che hanno messo in gioco la loro dignità e hanno perso, è un inizio di qualcosa che ci è ignoto.
-
Mirafiori, no a Marchionne: il futuro non sarà neo-feudale
L’immensa saggezza dei lavoratori della Fiat ha consegnato al dibattito pubblico un risultato del referendum praticamente perfetto. La risicata vittoria del “sì”, ottenuta grazie al plebiscito pro-Marchionne degli impiegati, impedisce la fuga dall’Italia della produzione dell’auto e al tempo stesso impone all’azienda la necessità di riaprire il confronto con la Fiom. Il risultato parla con chiarezza. Il voto di una impressionante minoranza ha sbarrato la strada alla pretesa di Marchionne di avere una piena disponibilità della forza lavoro attraverso la cancellazione dal panorama della fabbrica di uno dei sindacati più rappresentativi: impossibile escludere la Fiom, ma neppure ignorare la straordinaria partecipazione al voto.
-
Il Pd si decida: senza Marchionne non ci sarebbe più la Fiat
Se malauguratamente a Mirafiori vincesse il no, il governo dovrebbe convocare un tavolo per trovare un rimedio. Anche se sarebbe molto difficile farlo. Come ha ben spiegato Marchionne, le auto che vanno vendute sulla “piazza” internazionale hanno bisogno di essere prodotte con modalità e tempi coerenti con la domanda dei mercati. A Torino la gente è infastidita dal tentativo di politicizzare una questione sindacale, economica e sociale. E soprattutto la città sa che Marchionne è stato l’uomo che ha salvato il Gruppo Fiat e che, insieme agli enti locali, ha impedito la chiusura di Mirafiori. Nel 2003-2004 Mirafiori era praticamente chiusa. Al punto che c’erano già alcune proposte per riconvertire quell’area persino in un mastodontico parco divertimenti. Una specie di Gardaland di Torino, non so se mi spiego. Quanto a Marchionne, rimane l’uomo che ha preso quella macchina ingrippata che era diventata la Fiat e l’ha salvata.
-
Camusso: vogliono trasformare le fabbriche in caserme
E’ l’impostazione della vertenza che rende tutto un po’ incredibile e soprattutto questa idea che bisogna costruire fabbriche come caserme, fatte come caserme autoritarie. Ci abbiamo messo molti anni a introdurre democrazia e libertà nei luoghi di lavoro e questo appare a noi un grande arretramento. Si sta costruendo un vulnus alla democrazia. Le caserme non sono più efficienti e anzi, se ne parliamo in questo Paese lo sono poco, perché rinunciano al contributo delle persone e alla loro partecipazione. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi fa spettacolo e ha abdicato al suo mestiere. Non mi aspettavo che dimostrasse comprensione verso la minaccia della Fiat di abbandonare Torino: in un paese normale, di fronte a un’impresa che vuole fare investimenti, l’esecutivo avrebbe dovuto chiamare l’impresa e verificare gli investimenti.
-
Cristiani sotto attacco: ma chi ha seminato l’odio?
Oggi, la diffusa sensazione in Occidente è che le comunità cristiane asiatiche e africane siano in pericolo. E’ vero. Quel che non si dice, però, è che tale intollerabile situazione rappresenta la risposta inadeguata, ingiusta e spesso criminale a uno stato d’ingiustizia e di disagio. Il mondo musulmano si sente a sua volta aggredito e – commettendo un madornale errore – ritiene che la Modernità occidentale e il cristianesimo siano tutt’uno. Falso, sbagliato, insostenibile. La Modernità occidentale – individualista, materialista, fatta d’individui schiavi dei loro vizi e dei loro interessi – è all’antitesi del cristianesimo. Questo è l’errore di molti musulmani: i fondamentalisti islamici ne approfittano.
-
Le guerre americane, la crisi e la dittatura del debito
Ormai viene ammesso senza remore da commentatori di differente ispirazione, come Innocenzo Cipolletta e Loretta Napoleoni. Alle origini dell’attuale crisi economica ci sono le guerre in Iraq e in Afghanistan. Per finanziare imprese militari che gli Stati Uniti non potevano permettersi, l’amministrazione americana, attraverso la Federal Reserve, quasi azzerò i tassi di interesse, in modo da avere disponibilità dei capitali ingenti liquidi che le necessitavano. Tutti i governi occidentali furono obbligati, come sempre accade, a fare lo stesso per reggere il passo.
-
Addio Fabbrica Italia, prepariamoci ad archiviare l’auto
L’unica certezza è che gli operai vedranno peggiorare le loro condizioni di lavoro, mentre l’ipotetico rilancio della Fiat – che spera di vendere milioni di auto, non si capisce a chi – resta un programma ancora vago, senza impegni precisi. Per i 5200 dipendenti di Mirafiori (età media 48 anni, molte le donne) il futuro è tristemente chiaro: 18 turni, otto ore filate senza mangiare, tre pause per i bisogni fisiologici, 120 ore di straordinario obbligatorio e il divieto di ammalarsi in prossimità delle feste. Scoraggiato lo sciopero, i rappresentanti dei lavoratori saranno scelti da chi ha sottoscritto il diktat della Fiat.
-
Caro Marchionne, se Mirafiori chiude non sarà una festa
Il “Marchionne show” a Detroit resterà negli annali dell’imprenditoria italiana. Alla vigilia del referendum su Mirafiori, l’amministratore delegato della Fiat ha ripetuto molte cose che aveva già detto. A partire dal fatto che, se l’accordo passerà con almeno il 51 per cento, il Lingotto andrà avanti con i suoi investimenti, mentre se vinceranno i no allora «si chiude», il gruppo se ne va a produrre altrove. La logica è sempre la stessa: tecnicamente ricattatoria. Con tutto il rispetto, non saprei trovare altre definizioni. Ma stavolta c’è di più. Il “ceo” italo-svizzero-canadese ha condito questo avvertimento con una chiosa che mi ha colpito. Nel confermare che se il referendum non passa la Fiat chiuderà Mirafiori e procederà alla delocalizzazione dell’impianto in Serbia o chissà dove, Marchionne ha aggiunto: «E ce ne torneremo a festeggiare a Detroit».
-
Il boss mafioso Khodorkovsky e i predatori della Russia
Non mi straccio le vesti sul caso Khodorkovsky, e chi lo considera un martire delle libertà è vittima di una disinformazione clamorosa. E di una Babele politico-mediatica che finisce col rendere tutti più ignoranti. Sakineh, Battisti, Khodorkovsky: che differenza c’è? Credo di saper riconoscere un mafioso, e posso affermare che Khodorkovsky è stato un mafioso tra i più pericolosi. Che invece di pentirsi, restituire il bottino nascosto nei paradisi fiscali e chiedere perdono alle sue vittime, finanzia campagne di pubbliche relazioni che hanno raggiunto il surreale, accostandolo a Sacharov, Gandhi, e tra un po’ anche a Gesù Cristo. Quando si tratta, al massimo, di un oligarca sconfitto in una guerra di potere, e imprigionato con procedure discutibili.
-
Rossi: scandaloso che i nostri applaudano Marchionne
La vicenda Fiat? Un’altra occasione persa dal Paese. E prima ancora dal Pd. Perché la Fiat ha avviato a Pomigliano una strategia che punta a dividere i sindacati. Mi rendo conto che esiste un problema reale sui livelli di produttività imposti dalla globalizzazione, come ho chiaro che la durezza della Fiom ha incentivato Sergio Marchionne su questa strada. Ma alla fine, se una migliore produttività non si coniuga con la democrazia, l’unico risultato è che i diritti regrediscono. Anche alla Volkswagen hanno chiuso un accordo che rilancia la produttività, ma lì i sacrifici sono stati distribuiti sui vari livelli, garantendo l’occupazione e investendo in innovazione.