Archivio della Categoria: ‘idee’
-
Che ipocriti, si svegliano solo adesso per liquidare Gheddafi
Non poteva mancare. Le pressioni erano troppo forti. E così il Tribunale penale internazionale è entrato prepotentemente sulla scena libica. Muammar Gheddafi e i suoi scherani ora sono sotto inchiesta per crimini contro l’umanità. Per l’amor del cielo, lungi da noi contestare le accuse che la Corte dell’Aia muove al Colonnello, solo vorremmo sapere quali siano i crimini commessi e quando. Eh sì, perché fino a poche settimane fa il leader libico appariva come uno stravagante ma rispettato uomo di Stato, mentre oggi è diventato un tiranno genocida.
-
“Stuprata in caserma”: fidarsi ancora dei carabinieri?
Ci possiamo ancora fidare dei Carabinieri? La risposta affermativa questa volta non è scontata. Almeno a Roma. Una giovane donna ha dichiarato al magistrato di essere stata stuprata da tre appartenenti all’Arma nella caserma del Quadraro, alla periferia di Roma. Indiziato anche un vigile urbano. La donna era stata arrestata per furto e tenuta in cella in attesa del processo per direttissima ma nella notte è stata prelevata dai tre militari e sottoposta a violenze. I tre carabineri sono stati trasferiti cautelativamente e si sono giustificanti dicendo, come dicono tutti gli stupratori, che la donna era consenziente.
-
Latouche: il capitalismo condanna il mondo al suicidio
Anche se a scuola ti insegnano che è stato Colombo a scoprire l’America, nessuno fa caso al fatto che è vero anche il contrario: è stata l’America a scoprire Colombo, facendone le spese. Comunque, non tutto è perduto: ci sono voluti 500 anni, ma poi i nativi hanno riconquistato San Cristobal de Las Casas, dando il via alla rivolta del Chiapas. Che anticipa di poco l’altra data-simbolo, aprile 2001, con la “guerra dell’acqua” di Cochabamba in Bolivia, contro le multinazionali della privatizzazione. Questa è la storia del pianeta, quella che conta, secondo il professor Serge Latouche, il padre della teoria della decrescita. Il mondo ridotto a merce? Guarire è possibile: archiviando il capitalismo, prima che sia troppo tardi.
-
Berlusconi al lavoro: come abolire il Parlamento
Da alcuni giorni “Il Fatto Quotidiano” pubblica, in una rubrica di Caterina Perniconi, le “ore lavorate” ogni giorno dalla Camera e dal Senato. Deputati e senatori si sentono offesi perché in quelle ore (pochissime) non vengono incluse le attività delle Commissioni. È vero, ma qualcosa non funziona se quella attività, che pure a volte è intensa, non si riversa nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. Succede questo. Berlusconi è stato molto abile nell’inventare una forma nuova di scardinamento costituzionale, ovvero, se tollerate l’espressione troppo usata ma non infondata, di colpo di Stato.
-
Il sud del mondo rivuole quel che gli abbiamo rubato
Rivoluzione democratica del mondo arabo? Per favore, chiamiamo le cose col loro nome: non è che i maghrebini e i mediorientali vogliano “finalmente” anche per sé la “nostra” magnifica democrazia liberale; svegliati da Internet e dalla tv satellitare, che rivela i nostri standard di vita, ora pretendono semplicemente che le loro vaste ricchezze siano resitituite e condivise, sottratte all’indegna custodia di dittature e satrapie che hanno finora sequestrato e derubato interi popoli per spartire il bottino petrolifero tra pochi intimi, a tutto vantaggio del business privilegiato occidentale. Restituzione del maltolto: questa la chiave del terremoto in corso, secondo lo storico Franco Cardini. Terremoto che parte dal Maghreb ma potrebbe coinvolgere l’intera Africa.
-
Dalla Libia il rischio di una nuova guerra planetaria
Parto dalle rivolte arabe per mettere sul tappeto un problema più generale. Per quanto riguarda il mondo arabo ritengo che siamo di fronte a cose molto diverse. In Egitto e Tunisia c’è il tentativo imperialista (Usa) e subimperialista (Ue) di mantenere il controllo della situazione cavalcando e indirizzando le rivolte popolari verso esiti rassicuranti e per certi versi preventivati, ovvero cambi delle guardia indolori, basandosi sui militari. Non è per nulla detto che la cosa funzioni, ma se anche il movimento popolare non dovesse fermarsi qui, si deve dotare di una direzione e di un’organizzazione, altrimenti saranno guai. Non siamo noi a doverlo insegnare a nessuno: qui è la Storia che dà lezioni a tutti.
-
L’inizio della fine: dittature ko, tutti gli autogol dell’Impero
Le rivolte popolari in Tunisia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Bahrein segnano l’inizio della fine dell’Impero americano, e occidentale, in quelle regioni. Da quando hanno vinto la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti, nonostante tutte le loro belle parole di democrazia, hanno sostenuto i dittatori più infami, corrotti e sanguinari, purché gli facessero comodo, quando non hanno fomentato direttamente dei golpe militari. E questa realpolitik imperialista gli si è sempre ritorta contro o li ha messi in situazioni insostenibili.
-
Rivoluzioni inedite: contro il potere, un mondo senza leader
È stata la vicenda libica ad agganciare l’attenzione costernata del mondo, è stata la violenza folle e crudele di un capo di Stato senza principi e senza scrupoli divenuto un sanguinario serial killer in questi suoi ultimi giorni di permanenza e di resistenza, una specie di Hitler ancora più folle che, si dice mentre scriviamo, sta pensando di bombardare le sorgenti del suo petrolio in modo da creare una morte immensa per tutti, chi lo ha sostenuto e chi lo ha combattuto fino alla fine. In questo spettacolo di ferocia totale sono sembrate quasi normali le transizioni di regime avvenute in Egitto e Tunisia. Ma non lo sono. Sono Paesi in attesa di colmare un vuoto di identità, di governo e di futuro.
-
Libia, fermiamo il massacro: onore al coraggio di chi lotta
C’è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo. Il profumo dei gelsomini arriva anche nel nostro paese, anche nelle barche piene di giovani con la loro domanda di futuro. Il messaggio che porta con sé ci dice che non è obbligatorio subire il furto di futuro, il sequestro della democrazia, né la fame di pane, lavoro e libertà. Ci conferma che è possibile riprendere in mano il proprio destino, e scrivere insieme una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero. Dimostra che il vento del cambiamento si può alzare anche dove sembra più difficile.
-
Giovani arabi: rivoluzione Al Jazeera, l’Occidente balbetta
Non è quello del comunismo. E, per ora, non lo si può chiamare “fantasma della democrazia”. E’ una rivolta da fine dell’Impero. E’ uno dei sintomi della crisi globale del pianeta, che progressivamente sta sostituendo, e sostituirà completamente in pochi anni, tutte le agiografie adoranti della globalizzazione imperiale. E’ un figlio di molti fattori, che non possono essere ridotti a uno, come gran parte della stampa occidentale sta scribacchiando in questi giorni. Non è la rivoluzione dei “social network” americani, anche se vi hanno contribuito. Non è la rivoluzione democratica all’occidentale, anche se questo aspetto fa capolino, per esempio in Egitto.
-
Rivolta, il riscatto degli ex schiavi: la profezia di Sankara
Tra i preziosi servigi che nel corso della sua lunghissima e controversa carriera Muhammar Gheddafi avrebbe reso all’Occidente, c’è chi aggiunge un omicidio particolarmente eccellente: quello del capitano Thomas Sankara, presidente rivoluzionario del Burkina Faso, assassinato a freddo il 15 ottobre 1987 nel suo ufficio nella capitale Ouagadougu dopo che tre mesi prima aveva coraggiosamente ribadito, alla Conferenza panafricana di Addis Abeba, la volontà di guidare la lotta nonviolenta dell’Africa per la cancellazione del debito. «Non dobbiamo restituire proprio niente», disse Sankara: «Abbiamo già dato tutto, anche il sangue». Mancava, appunto, il suo. «Se resterò solo in questa richiesta – aggiunse, con una battuta tragicamente profetica – l’anno prossimo non sarò più qui a questa conferenza».
-
Perché l’Occidente non ferma il Macellaio di Tripoli
Quando il Colonnello era il «cane rabbioso del Medio Oriente» (Ronald Reagan, aprile 1986), in molti sognavano un regime change a Tripoli. La Libia era uno stato canaglia ante litteram. Americani e britannici ci hanno anche provato. Ma adesso che Gheddafi ha (quasi) compiuto il percorso di riabilitazione, l’occidente assiste a malincuore alla sua caduta. E la richiesta della delegazione libica all’Onu di «intervenire per fermare il genocidio» per ora cade nel vuoto. L’Italia è un caso limite. Solo Silvio Berlusconi in questi giorni ha avuto la delicatezza di non «disturbare» il Colonnello.