Archivio della Categoria: ‘idee’
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La verità su Tangentopoli imbarazza i partiti di oggi
Su “La Stampa” nei giorni scorsi è apparsa una sorta di stranissima inchiesta a puntate sulla stagione di Mani Pulite: un’intervista all’ex ministro socialista Rino Formica (31 agosto), intitolata “Usa, che errore puntare tutto su Berlusconi, Fini e D’Alema”; un’intervista all’ex ministro socialista Gianni De Michelis (1 settembre), dal titolo “La Seconda Repubblica figlia di diplomatici e Fbi”; un’intervista all’ex ministro democristiano Cirino Pomicino (2 settembre), dal titolo “Ho sempre pensato che Tangentopoli fosse pilotata dalla Cia”. Tutti potentissimi politici dell’ancien régime travolti dalla famosa inchiesta giudiziaria iniziata nel 1992. Interviste rilasciate ai giornalisti della “Stampa” a seguito di quella in qualche misura clamorosa rilasciata prima di morire dall’ex ambasciatore americano in Italia Reginald Bartholomew alla medesima testata, intitolata: “Così intervenni per spezzare il legame tra Usa e Mani pulite”.
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Krugman: la crisi è solo una scusa per colpire i poveri
«Il tempo giusto per le misure di austerità è durante un boom, non durante la depressione». Questo dichiarava John Maynard Keynes 75 anni fa, e aveva ragione. Anche in presenza di un problema di deficit a lungo termine (e chi non ce l’ha?), tagliare le spese quando l’economia è profondamente depressa è una strategia di auto-sconfitta, perché non fa altro che ingrandire la depressione. Allora come mai la Gran Bretagna sta facendo esattamente quello che non dovrebbe fare? Al contrario di paesi come la Spagna, o la California, il governo britannico può indebitarsi liberamente, a tassi storicamente bassi. Allora come mai sta riducendo drasticamente gli investimenti, ed eliminando centinaia di migliaia di lavori nel settore pubblico, invece di aspettare che l’economia recuperi?
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Fred Vargas: svelare tutto il marcio che c’è in Europa
Non penso che le storie poliziesche possano cambiare la realtà sociale. Da storica so che non sono gli scrittori a ottenere le vittorie decisive nell’ambito delle questioni sociali e politiche. Émile Zola ci è riuscito con “J’accuse”, ma non si trattava di un romanzo. Il romanzo ha altri scopi, che sono altrettanto importanti e profondi, ma sono diversi dalla politica. Mio padre era un ottimo scrittore, ma pensava che i polizieschi fossero colossali sciocchezze. Quando aveva 17 anni si era ripromesso di diventare un nuovo Rimbaud o di lasciar perdere. È una cosa un po’ triste. Coltivavo l’ambizioso proposito di ottenere una lingua musicale, ma feci l’ errore di pensare che la trama non fosse importante. Ora spero che i miei libri contengano una storia ben fatta, ma credo ancora che anche la storia più bella non valga nulla se la scrittura non è musicale.
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Formica: l’America ci azzoppò con Silvio, Fini e D’Alema
Siamo nel 1992 e sulla scongelata frontiera Est-Ovest si moltiplicavano i punti di fuoco, l’impero russo si stava decomponendo, il dopo-Tito era un’incognita e le mafie dell’Est rischiavano di saldarsi a quella siciliana. L’Italia traballa, mette a rischio equilibri strategici e a quel punto Clinton decide di mandare da noi, non il solito Paperone che ha finanziato la campagna elettorale del Presidente, ma un grande ambasciatore di carriera, uno che ha già trattato con colonnelli e terroristi, capace di salvaguardare gli interessi strategici americani. Bartholomew capisce che l’Italia è sull’orlo della guerra civile, che democristiani e socialisti sono inutilizzabili e punta su Berlusconi, D’Alema e Fini, leader dal passato “ingombrante”.
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Minacce a Grillo: gli faranno fare la stessa fine di Coluche?
«E dopo cosa verrà? Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale?». Parola di Beppe Grillo, bersaglio di attacchi violentissimi mediatico-politici. «L’informazione sta sconfinando in molti casi in istigazione a delinquere, come avvenne negli anni di piombo: li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina». Una frase buttata là senza troppo peso, ma che ha scatenato una buriana di reazioni: «Grillo piagnone, vittimista, lo fa solo per farsi pubblicità». In realtà, Grillo non ha detto che vorrebbero accopparlo: ha solo lanciato l’ipotesi che la campagna contro di lui possa spingere qualcuno a passare ai fatti. Secondo Aldo Giannuli, c’è poco da scherzare: ricordate quello a che accadde a Coluche, l’esplosivo comico francese che tentò inutilmente di candidarsi all’Eliseo?
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Brancaccio: basta euro-sacrifici, è ora di mollare Monti
Più volte abbiamo sentito esponenti di governo affermare che si intravedeva la luce in fondo al tunnel e che la crisi stava per finire. Già nel 2009 lo diceva Berlusconi. Non mi risulta che Monti e Passera abbiano elementi nuovi per rendere il loro ottimismo più credibile di quello dell’ex premier. Le previsioni delle istituzioni internazionali parlano chiaro: a fine 2012 il Pil sarà caduto di altri due punti, e nemmeno per il 2013 si intravede una ripresa. Quel che dice Moody’s in realtà vale poco. I pareri delle agenzie di rating vengono tuttora usati per fini di lotta politica interna. Ma tra gli operatori finanziari le agenzie ormai godono di una scarsa reputazione per la sequenza di errori clamorosi che hanno commesso in questi anni. La famigerata tripla A che assegnavano a Lehman Brothers poco prima del suo tracollo è solo uno dei tanti. Non a caso, le ricerche più recenti mostrano che l’impatto degli annunci delle agenzie di rating sugli andamenti del mercato è modesto, talvolta addirittura risibile.
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Barnard: come Hayek, Monti odia la giustizia sociale
Sono l’unico in Italia a dire queste cose. Vanno ripetute. L’economista austriaco Friedrich August Hayek così definì il concetto di giustizia sociale: «Una formula vuota, strettamente e interamente vuota e senza significato… Una frase che non significa assolutamente nulla… Un antropomorfismo primitivo… Una superstizione… Come credere alle streghe… Un incubo che oggi rende bei sentimenti come strumenti per la distruzione di tutti i valori della civiltà libera… Una insinuazione disonesta, intellettualmente sconcia, il segno di una demagogia e di un giornalismo squallido di cui gli intellettuali onesti dovrebbero vergognarsi» (da “Social Justice, Socialism and Democracy”, di F. A. Hayek).
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Carlo Maria Martini: la Chiesa è indietro di 200 anni
La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell’istituzione.
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No-Tav, Formenti: la sinistra ha tradito la valle di Susa
Butto giù questa breve nota sull’onda delle emozioni che mi hanno suscitato i due giorni che ho avuto modo di trascorrere al campeggio No Tav di Chiomonte. Voglio ringraziare prima di tutto i ragazzi che mi hanno invitato a parlare su lotte, democrazia e rete in uno dei loro workshop. Era la prima volta che andavo in Val Susa e si è trattato di un’esperienza straordinaria. Credo che tutti coloro che, pur e considerandosi di sinistra, nutrissero il minimo dubbio sulla giustezza e sull’importanza politica della battaglia che da quasi vent’anni si combatte lassù o, peggio, fossero tentati di prendere per buone le motivazioni con cui i media e la maggioranza dei partiti appioppano ai No Tav l’etichetta di estremisti (se non di terroristi), nonché di nemici del progresso economico e della democrazia, dovrebbero andare di persona a vedere che cosa succede da quelle parti e, soprattutto, dovrebbero andare a parlare con i valsusini, oltre che con le forze “esterne” che ne appoggiano in vari modi la lotta.
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Desmond Tutu: perché rifiuto di parlare con Tony Blair
L’immoralità della decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di invadere l’Iraq nel 2003, fondata sulla menzogna che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, ha destabilizzato e polarizzato il mondo in misura maggiore rispetto a qualsiasi altro conflitto nella storia. Anziché riconoscere che il mondo in cui vivevamo – con sempre più raffinate forme di comunicazione, trasporti e sistemi d’arma – necessitava di una leadership sofisticata che tenesse insieme la famiglia globale, i leader che allora guidavano gli Stati Uniti e il Regno Unito costruirono falsi pretesti per comportarsi come bulli al parco giochi e trascinarci più lontano. Ci hanno spinti sin sull’orlo del precipizio in cui ci troviamo ora, con lo spettro di Siria e Iran davanti a noi. Se i leader possono mentire, allora chi mai dovrebbe dire la verità?
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Pallante: come tagliare il debito senza far soffrire nessuno
Uscire dalla crisi? La soluzione ci sarebbe: tagliare gli sprechi, quelli veri. Non certo la spesa sociale, che i tecno-devastatori stanno minando dalle fondamenta col risultato di far crollare la sicurezza quotidiana degli italiani, impoverendo il paese. Gli sprechi da tagliare – vere fabbriche di debito – sono le grandi opere inutili, l’immensa dispersione di energia e la peste chimica dell’agricoltura industriale, quella della grande distribuzione che oggi ci alimenta. Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, ha le idee chiare: si può creare nuova occupazione senza fare nuovo debito, ma addirittura tagliandolo. Lo dimostra uno studio pubblicato dal “Sole 24 Ore” il 13 febbraio: per ogni 10 miliardi di euro investiti nella riduzione degli sprechi si possono ricavare 130.000 posti di lavoro di buona qualità, mentre investendo la stessa cifra in grandi opere si darebbe lavoro al massimo a 7.300 persone.
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Facciamo come la Danimarca, l’equità conviene a tutti
Cattiva distribuzione dei redditi, debolezza delle imprese, fragilità del sistema bancario e pessima bilancia commerciale. Senza contare «la povertà del pensiero degli economisti». Questa la diagnosi della “grande crisi” del 1929 secondo John Kenneth Galbraith. Quasi un secolo dopo, ci risiamo: «Il capitalismo finanziario sregolato e ipertrofico produce disoccupazione e povertà, mentre arricchisce indecentemente i suoi protagonisti». Chi dice che il capitalismo è morto, e chi ripete che questo è l’unico sistema possibile. Sbagliato: se volessimo, anche noi potremmo imitare la Danimarca, un paese dove i poveri riescono a diventare ricchi e dove il benessere diffuso conviene a tutti. Lo sostiene Davide Reina nel blog “Cado in piedi”: il cambio di paradigma consiste nel passare dal “capitalismo esclusivo”, che tesaurizza la ricchezza a beneficio dei super-potenti, al “capitalismo inclusivo” che costruisce futuro per tutti in regime di equità.