Macché criptovaluta, Libra sarà soltanto la banca del web
Il progetto “Libra” lanciato dal Ceo di Facebook Mark Zuckerberg mostra paradossalmente il ruolo che gli Stati possono avere in campo monetario, e generalmente in economia. Tutti ora commentano la “moneta” di Facebook; pochi, si sono presi la briga di andare a vedere su cosa si basa. Se lo facessero scoprirebbero, ad esempio, che 1) è una moneta basata su asset reali e sulle obbligazioni, cioè sui vecchi e tradizionali bonds, che sono titoli basati sul debito; e dunque, tutta la baracca di Zuckerberg poggerà le sue basi su un preciso istituto giuridico. Infine 2) che Libra sarà moneta centralizzata e non decentralizzata, come ora Bitcoin, Ether e compagnia cantando. Le società fondatrici di Libra non stamperanno un tubo, neanche in modo virtuale. In pratica, creeranno un fondo che compra titoli di Stato ed altri asset per miliardi. Il consumatore che può fare? Si compra un tot di Libra, poniamo a titolo di esempio 1.000 euro nel corrispettivo in Libra, e così l’app di Facebook dedicata ti accredita la possibilità di pagare fino a 1.000 euro con i pagamenti che vorrai tu, anche solo di 3 euro, per dire. Accadrà allora che uno studente universitario con la app di Libra nello smartphone potrà con un clic pagare in Libra il suo compagno di stanza che ha fatto la spesa, oppure comprarsi qualche boiata nel circuito e-commerce, e così via. Anche ora si può fare, ma adesso dietro ci sono le banche. Dopo ci sarà Facebok e la sua banda.
Ma perché allora tutto ’sto insistere che Libra è un nuovo bitcoin? Il motivo è che anche Libra utilizzerà la famigerata tecnologia blockchain. La blockchain è un sistema di registrazione pubblica delle transazioni in grado di annullare il potere di governi e banche (sotto il profilo tecnico), ma anche i profitti e il ruolo di tutti i mediatori in generale, siano essi notai, banche, o imprese come Airbnb. E’ vero che, già oggi, noi possiamo usare carte elettroniche e wallet capaci di rendere immediate e gratuite le transazioni, ma solo con la blockchian si evita che questo potere di mediazione sia in mano a qualcuno come una banca, cioè centralizzato. Ed ecco la prima “debolezza” di Libra agli occhi degli estimatori della globalizzazione e delle cryptovalute, perché Libra non nasce decentralizzata, come i Bitcoin, ma centralizzata. Detto in modo più semplicistico, ma anche più chiaro, Facebook sta provando a realizzare un nuovo modello di banca. Si tratta del tentativo di fare una Bce o una Fed guidata da società internettiane e non più dalle banche. Le crypto vere e proprie sono invece qualcosa di più ambizioso perché sono monete di Internet, ma senza qualcuno dietro (se non gli algoritmi e la matematica). Libra no, Libra qualcuno dietro ce l’ha eccome, e sono almeno due i padroni. Padroni in contraddizione tra loro.
Da un lato, infatti, abbiamo gli ideatori e proprietari del progetto che come dicevamo sono società digitali e tecnologiche, con tanto di sedi, bilanci e quotazioni in Borsa. Dall’altro gli Stati, che emettono obbligazioni, e le banche centrali di questi Stati, che emettono le valute nazionali. Parafrasando Bill Gates, Zuckerberg ci sta ri-dicendo: “We need banking, we don’t need banks” (abbiamo bisogno di servizi bancari, non di banche). Qualcuno, al solito, sta usando questo argomento per dire che gli Stati moriranno, con questo tipo di tecnologia. Può benissimo essere, ma tutto dipenderà dai cittadini e dai decisori politici di quegli Stati, non certo dalla tecnologie. Se uno Stato vorrà farsi pagare le tasse in Libra potrà considerarsi morto. Se invece vorrà il pagamento delle tasse esclusivamente in valuta nazionale, allora sarà necessario procursi quella, e non Libra, Bitcoin o Conchiglie di Tropea.
(Massimo Bordin, “Macché Crypto, Libra sarà la Banca del Web”, dal blog “Micidial” del 22 giugno 2019).
Il progetto “Libra” lanciato dal Ceo di Facebook Mark Zuckerberg mostra paradossalmente il ruolo che gli Stati possono avere in campo monetario, e generalmente in economia. Tutti ora commentano la “moneta” di Facebook; pochi, si sono presi la briga di andare a vedere su cosa si basa. Se lo facessero scoprirebbero, ad esempio, che 1) è una moneta basata su asset reali e sulle obbligazioni, cioè sui vecchi e tradizionali bonds, che sono titoli basati sul debito; e dunque, tutta la baracca di Zuckerberg poggerà le sue basi su un preciso istituto giuridico. Infine 2) che Libra sarà moneta centralizzata e non decentralizzata, come ora Bitcoin, Ether e compagnia cantando. Le società fondatrici di Libra non stamperanno un tubo, neanche in modo virtuale. In pratica, creeranno un fondo che compra titoli di Stato ed altri asset per miliardi. Il consumatore che può fare? Si compra un tot di Libra, poniamo a titolo di esempio 1.000 euro nel corrispettivo in Libra, e così l’app di Facebook dedicata ti accredita la possibilità di pagare fino a 1.000 euro con i pagamenti che vorrai tu, anche solo di 3 euro, per dire. Accadrà allora che uno studente universitario con la app di Libra nello smartphone potrà con un clic pagare in Libra il suo compagno di stanza che ha fatto la spesa, oppure comprarsi qualche boiata nel circuito e-commerce, e così via. Anche ora si può fare, ma adesso dietro ci sono le banche. Dopo ci sarà Facebok e la sua banda.
Ma perchè allora tutto ’sto insistere che Libra è un nuovo bitcoin? Il motivo è che anche Libra utilizzerà la famigerata tecnologia blockchain. La blockchain è un sistema di registrazione pubblica delle transazioni in grado di annullare il potere di governi e banche (sotto il profilo tecnico), ma anche i profitti e il ruolo di tutti i mediatori in generale, siano essi notai, banche, o imprese come Airbnb. E’ vero che, già oggi, noi possiamo usare carte elettroniche e wallet capaci di rendere immediate e gratuite le transazioni, ma solo con la blockchian si evita che questo potere di mediazione sia in mano a qualcuno come una banca, cioè centralizzato. Ed ecco la prima “debolezza” di Libra agli occhi degli estimatori della globalizzazione e delle cryptovalute, perché Libra non nasce decentralizzata, come i Bitcoin, ma centralizzata. Detto in modo più semplicistico, ma anche più chiaro, Facebook sta provando a realizzare un nuovo modello di banca. Si tratta del tentativo di fare una Bce o una Fed guidata da società internettiane e non più dalle banche. Le crypto vere e proprie sono invece qualcosa di più ambizioso perché sono monete di Internet, ma senza qualcuno dietro (se non gli algoritmi e la matematica). Libra no, Libra qualcuno dietro ce l’ha eccome, e sono almeno due i padroni. Padroni in contraddizione tra loro.
Da un lato, infatti, abbiamo gli ideatori e proprietari del progetto che come dicevamo sono società digitali e tecnologiche, con tanto di sedi, bilanci e quotazioni in Borsa. Dall’altro gli Stati, che emettono obbligazioni, e le banche centrali di questi Stati, che emettono le valute nazionali. Parafrasando Bill Gates, Zuckerberg ci sta ri-dicendo: “We need banking, we don’t need banks” (abbiamo bisogno di servizi bancari, non di banche). Qualcuno, al solito, sta usando questo argomento per dire che gli Stati moriranno, con questo tipo di tecnologia. Può benissimo essere, ma tutto dipenderà dai cittadini e dai decisori politici di quegli Stati, non certo dalla tecnologie. Se uno Stato vorrà farsi pagare le tasse in Libra potrà considerarsi morto. Se invece vorrà il pagamento delle tasse esclusivamente in valuta nazionale, allora sarà necessario procursi quella, e non Libra, Bitcoin o Conchiglie di Tropea.
(Massimo Bordin, “Macchè Crypto, Libra sarà la Banca del Web”, dal blog “Micidial” del 22 giugno 2019).
Come ho già scritto altro tipo di carta igienica.