Maggiani: eppure gli schiavi di Taranto sono tutti italiani
Quando l’altra mattina ho letto della chiusura degli impianti, dei dirigenti agli arresti e degli operai che manifestavano per avere indietro la “loro” fabbrica e i loro padroni, io me ne stavo seduto sotto un antico ombroso pino davanti a un mare che più azzurro non saprei. Questa primavera ero a Taranto e ho chiesto di vedere l’Ilva, e i quartieri dei suoi operai, e il mare e la campagna intorno, e mi sono fatto un’idea di quanta morte ha generato quella mostruosità, morte di umani e di animali e di terre e di acque e di tutto quanto. Ho visto un luogo di afflizione e sfruttamento, di malattia e distruzione. Ma ho visto anche quanto gli operai fossero orgogliosi del loro lavoro, orgogliosi di guadagnarsi il pane senza doverselo far dare dalla pubblica assistenza nella terra del generale parassitismo.
Ho parlato con quegli uomini, ho mangiato con loro ed ero agli antipodi da qui, ero in un altro mondo, in un’altra era. In un mondo dove un uomo sa che ha una speranza di vita che è metà della mia, ma che preferisce morire di lavoro che vivere nella mortificazione del sussidio. Un uomo che lavora per un salario che non lo farà mai nemmeno avvicinare a dove ora mi trovo, ma che pensa di avere quello che gli basta per non sentirsi un animale. Quegli operai che non vogliono saperne di inquinamento e di morìe e di malattie, quegli operai che coltivano ognuno la segreta presunzione che non sarà a loro che toccherà, che, nonostante ciò che hanno sotto gli occhi, loro saranno più forti del cancro, quegli uomini sono indistinguibili dai minatori di carbone cinesi, dai cercatori d’oro brasiliani, dagli scavatori di
tantalite congolesi, incatenati a un lavoro che li sfinirà e li ucciderà.
Come quelli, ancora asserviti all’era dei primordi selvaggi dell’industria, e nemmeno lontani parenti degli ultracontemporanei abitanti stagionali di questo posto di mare. Ecco che da questo specchio cristallino di mare mi chiedo come sia possibile che io e loro si sia cittadini dello stesso Stato, conterranei dello stesso Paese, senza che quelli non si sentano nel giusto diritto di esercitare sentimenti estremi, diciamo così, nei confronti miei e di quelli come me. Altro che meno abbienti, altro che invidia. Cosa è ragionevole aspettarsi, se non un sano, robusto, incoercibile odio di classe? Per fortuna che da laggiù non mi vedono, e per arrivare fin qui non è facile trovare la strada, a meno che non si sia degli habitué.
(Maurizio Maggiani, estratto da “vedo Taranto dalla mia sdradio”, pubblicato da “Il Secolo XIX” il 29 luglio 2012).
chiuderei l’ilva oggi stesso…
ma il governo ci costringe ad ammalarci di tumore e quindi morire pur di avere un fottuto lavoro…
se perdo io il lavoro non importa a nessuno non vedo perchè non debbano chiudere mostruosità che fanno morire tanta gente che dall’ilva non ci ha mai guadagnato un centesimo.
le soluzioni ci sono
MA NON SI VOGLIONO TROVARE PERCHè TRAMITE I PROBLEMI C’è SEMPRE QUALCUNO CHE CI GUADAGNA….
“Imprese senza regole e lavoratori senza diritti. E’ questo l’obiettivo del governo Monti”.
Monti e i suoi ministri dichiarano guerra ai magistrati che hanno disposto la chiusura di una nota azienda siderurgica di Taranto per i gravi danni che le sue lavorazioni sembrerebbero arrecare non solo all’ambiente circostante ma anche alla salute di operai e cittadini. I magistrati con la loro decisione avrebbero leso una delle prerogative del governo, quella di determinare la politica industriale del paese. Un’azienda privata, i cui ingenti profitti finiscono esclusivamente nelle tasche dei propri azionisti e non certo nella casse dello stato, sembrerebbe provocare danni gravissimi e irreversibili alla salute di chi ci lavora e di chi abita vicino ai suoi stabilimenti e lo stato che fa? Invece di appoggiare l’iniziativa dei giudici in difesa dell’incolumità dei cittadini della zona, interviene pesantemente contro le loro scelte, minacciandone l’autonomia e l’indipendenza. Non solo. Stanzia anche decine e decine di milioni di euro di denaro pubblico per risanare e bonificare un’azienda privata, liberando così i proprietari, beneficiari dei cospicui utili conseguiti nei lunghi anni di attività degli impianti, dall’onere di sostenere questi costi. Una prova in più, se ancora ce ne fosse bisogno, di quello che è l’atteggiamento di Monti e del suo governo nei confronti delle imprese, degli imprenditori, dei lavoratori e dei cittadini che pagano regolarmente le tasse (dipendenti e pensionati). Le imprese possono fare business senza dovere necessariamente rispettare le leggi scritte e quelle non scritte, perché mantenere attiva la produzione è più importante che porre rimedio alle violazioni di tali norme. Gli imprenditori hanno la certezza che nessuno metterà mai le mani sui loro profitti anche quando questi sono realizzati a danno dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente, poiché i costi per rimediare ai guasti causati da una produzione senza regole saranno sempre sostenuti dalla collettività e mai dagli stessi imprenditori. I lavoratori, valendo quanto detto per le prime due categorie, non hanno diritti ma solo obblighi, compreso quello di non ostacolare il proprio datore di lavoro quando questo procura loro un’occupazione che provoca tumori mortali in percentuali fuori dal comune. I cittadini che pagano con regolarità le tasse devono continuare a pagarle con puntualità e solerzia, senza sperare che quanto versato nelle casse dello stato ritorni al cittadino onesto sotto forma di servizi, senza pretendere che le imposte vengano fatte pagare anche a coloro che possono disonestamente sottrarsi a tale obbligo e senza stupirsi del fatto che quanto pagato venga destinato a sanare i danni arrecati da imprese e imprenditori senza scrupoli ai quali non viene chiesto un euro per rimediare ai disastri causati.
complimenti Massimo per il tuo commento.
da un pò di tempo non ho cosi tanta pazienza che mi permetta di esplicare con lucidità…
al momento mi vengono in testa solo parolacce di blasfemia inaudita appena penso a quei vermi che stanno al potere…