Noi valsusini non accetteremo mai il tabù dell’inutile Tav
Affronto per l’ennesima volta l’argomento più tabù degli ultimi vent’anni: la Tav. Anzi, mi correggo, non è la Tav ad essere tabù, ma è la predisposizione nazionale all’occultamento di tutte le motivazioni contrarie e soprattutto dei circonstanziati dati e delle precise argomentazioni che ne sconsigliano la costruzione a renderlo tale. L’argomento Tav deve rimanere circoscritto alla violenza di qualche testa calda amplificato, inoltre, dal ritrovamento di improbabili “catapulte” e ordigni atti al danneggiamento di persone o cose, anche se negli ultimi giorni il rastrellamento dei gendarmi nei boschi di Chiomonte si limita a qualche sacchetto di castagne fraudolentemente sottratte ai proprietari.
Vorrei tanto chiedere a qualcuno dei fautori della Tav una motivazione plausibile grazie alla quale noi valsusini dovremmo condividere con gioia la prospettiva della costruzione di tale opera. L’aspettativa è quella di un polveroso cantiere che ci ricoprirà di polveri sottili e asbesto (“La Stampa”, 8 ottobre: chiuso un cantiere per una seggiovia a Sauze d’Oulx. Trovato amianto in misura di sei volte superiore ai termini stabiliti per legge). Il valore delle case verrà abbattuto, così come le case stesse. La bassa valle è fortemente urbanizzata e la valle stessa è larga solo un chilometro e mezzo. Il fronte del cantiere è largo 150 metri per cui, quando partiranno gli espropri, probabilmente i proprietari non saranno tutti così felici di partecipare all’ipotetico aumento del Pil della nazione, ma soprattutto all’aumento dei profitti dei soliti noti.
Il miraggio del lavoro garantito è presto smentito dai raffronti con il Mugello: su settecento lavoratori solo un piccolo gruppo di donne ha trovato lavoro per la pulizia delle camere e della cucina. Il termine piemontese “bon òm” (che si legge “bun om”) non ha il significato letterale di “uomo buono”, ma significa “ingenuo”, forse anche un po’ stupidotto. Ecco, forse è questo che pensano i soloni della Tav quando ci promettono pure una stazione internazionale a Susa. O non sanno dov’è Susa o ci scambiano per dei perfetti idioti. Come se per andare da Collegno ad Avigliana io mettessi una stazione a Caselette.
Come se non bastasse (“La Stampa”, 11 ottobre) al Piemonte lo Stato taglia 105 milioni su bus e treni. La disastrata situazione dei treni pendolari sulla sottoutilizzata linea esistente verrebbe ulteriormente penalizzata. La Tav è una priorità – vogliono farci credere; quando dunque sarà terminato questo tubo tra Torino e Lyon, noi non avremo più treni per i pendolari perché saranno finiti i soldi. Tutto questo senza valutare l’inutilità dell’opera ormai conclamata da mezza Europa meno che dai nostri sciacalletti romani. I dati lo confermano. E’ il denaro che comanda, non la logica. Il “progresso” e la “sindrome di Nimby” sono gli argomenti più gettonati anche se nemmeno loro sanno in realtà in cosa consistano, ma quando si tratta di scendere sul terreno dei confronti statistici ci si ritrova sempre davanti ad un muro. Saremo montanari, è vero, ma mica masochisti!!
(Riccardo Humbert, regista)