Addio guerra, ora Parigi tratta sul petrolio con Gheddafi
«E’ stato ampiamente dimostrato che non c’è alcuna possibilità con il ricorso alla forza. Abbiamo sollecitato le due parti a parlarsi, secondo noi è giunto il momento di sedersi attorno a un tavolo». La notizia è che queste parole non le ha pronunciate il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon o un alto rappresentante di una di quelle potenze che la guerra in Libia l’hanno subita più che voluta, come Russia e Cina. Le ha dette Gérard Longuet, il ministro della Difesa francese, rappresentante di quel governo che i bombardamenti li volle a tutti i costi, dello stesso Paese che fu il primo a inviare i suoi bombardieri.
La Francia ha cominciato “i giochi” e la Francia adesso invita coloro che le sono andati dietro a chiuderli, scrive Alberto Tundo su “PeaceReporter”. Eppure, solo a metà maggio il presidente francese Nicolas Sarkozy ribadiva che con Gheddafi non si poteva trattare. Solo una settimana fa, i partner europei apprendevano con sorpresa e fastidio che i francesi stavano paracadutando armi alle formazioni ribelli che combattono sotto l’ombrello del Consiglio nazionale di transizione. Ma Parigi avrebbe ora fatto un’inversione a U, abbracciando la diplomazia e sconfessando l’opzione militare: forse perché, quando a marzo dichiarò guerra al Colonnello, aveva in mente di tutto tranne che la sorte della popolazione.
A rivelare gli ultimi retroscena è il figlio del Colonnello, nonché portavoce del regime, Saif al Islam, dalle colonne del quotidiano algerino “El Khabar”. Precisazione d’obbligo: in guerra la disinformazione è uno strumento prezioso ed è verosimile che alcune dichiarazioni tendano ad aprire crepe all’interno della coalizione, avverte “PeaceReporter”, aggiungendo però che alcune “coincidenze” sembrano proprio confermare la veridicità delle rivelazioni di Gheddafi junior. Saif ha detto che la Francia avrebbe fatto capire agli emissari del Colonnello che è inutile che trattino con i ribelli del Cnt, «un organo fantoccio tenuto in piedi dalle armi e dai soldi di Parigi».
Nella capitale francese, un inviato speciale di Gheddafi avrebbe incontrato Sarkozy, per dirgli: se volete la pace, è a noi che dovete chiederla e soprattutto è a noi che dovete pagarla. Sarkozy, inoltre, avrebbe mostrato all’emissario libico un elenco di futuri ministri, «tutti uomini della Francia», da includere in un futuro governo di transizione al quale i francesi starebbero lavorando. Per fugare ogni dubbio, ha aggiunto che il sostegno garantito dai francesi ai ribelli si spiega «col nostro rifiuto di comprare caccia Rafale e di permettere alle compagnie francesi di estrarre petrolio nel nostro Paese».
E in tutto questo, si domanda Tundo, dov’è finita l’Italia, che in Libia ha enormi interessi? «Che Roma sia la vera sconfitta di questa strana guerra – scrive “PeaceReporter” – lo si capisce rispondendo ad un’ultima domanda finale: come mai, proprio adesso, Parigi si è decisa ad ammettere che questo tipo di intervento non produrrà risultati? Forse perché i risultati cui la Francia mirava non avevano nulla a che fare con la cacciata di Gheddafi, e sono già stati ottenuti». Si torna sempre al petrolio: illuminante quella dichiarazione con cui i ribelli, il 29 giugno, hanno annunciato la revisione dei contratti petroliferi firmati dal vecchio regime: «Ci comporteremo di conseguenza, premieremo quei Paesi che ci sono stati vicini e ci ricorderemo di quelli che ci hanno voltato le spalle», compresa l’Italietta ondivaga «dei baciamani e delle bombe tirate con riluttanza, del “ci siamo, ma facciamo finta di non starci”».
In Libia, una delle compagnie meglio inserite e più potenti era proprio l’Eni, proprietaria di giacimenti per un’estensione di 8500 chilometri quadrati, dai quali ricavava 244.000 barili di petrolio al giorno, su una produzione giornaliera totale pari a un milione e mezzo di barili. Per non parlare poi delle riserve: 46 milioni di barili che fanno della Libia il Paese con le maggiori riserve mondiali dopo l’Arabia Saudita. «Ottenute alcune importanti concessioni, e ancora più importanti promesse», secondo “PeaceReporter” ora alla Francia «la guerra non serve più». Armare i ribelli, usandoli come arma di pressione su Tripoli, deve aver funzionato. Lo stesso Saif al Islam l’ha detto chiaramente: «Le vere trattative sono quelle con la Francia». Naturalmente, Parigi smentisce trattative dirette: sostiene di aver «fatto arrivare messaggi al regime libico in accordo con il Cnt e gli alleati» (info: “PeaceReporter”).
abbiamo scoperto l’acqua calda??? da che mondo è mondo, le guerre si fanno sempre per rimettere a nuovo il proprio giardino. vergogna tutti!
Avevate capito tutto (e infatti oggi – 30 agosto 2011) si può constatare che la vicenda Libia è andata esattamente al contrario di come avevate previsto. Capita di sbagliare ma poiché il vostro articolo chiamava in ballo i fondamentali delle analisi sorge il dubbio che siano alcuni vostri strumenti (o il modo con cui li utilizzate) a fuorviarvi (mi induceva a questa riflessione un altro vostro articolo, quello di resoconto sul forum NOTav in Valle Susa)