Berlusconi resiste? Se Fini piange, Vendola ride
Scritto il 15/12/10 • nella Categoria:
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Con tre voti di maggioranza, strappati in extremis ai finiani «nell’ultima compravendita notturna», Berlusconi rimane a Palazzo Chigi: per fare che cosa? Quel margine precario, «appeso a mille promesse impossibili», secondo il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, non consentirà al premier di far approvare più nulla. Gianfranco Fini, il grande sconfitto nella battaglia parlamentare sulla sfiducia, considera quella del Cavaliere una vittoria di Pirro e avverte che «ora ci divertiremo», preannunciando un Vietnam parlamentare che potrebbe accelerare il ricorso alle elezioni anticipate. Niente governo tecnico? A sinistra c’è un solo vincitore: Nichi Vendola.
«Tre voti in più sono decisivi per andare avanti ancora un po’, ma non per governare», avverte sul “Corriere della Sera” Massimo Franco, che sottolinea l’estrema prudenza del premier di fronte a uno scenario che resta poco rassicurante. E mentre Bersani e Di Pietro accusano il colpo venuto dall’aula, a sinistra non manca chi festeggia: Nichi Vendola ora «scalda i motori» e, come scrive Andrea Carugati su “L’Unità”, «non fa nessuno sforzo per mostrarsi dispiaciuto della vittoria ai punti del Cavaliere». Vendola non si era mai mostrato entusiasta dell’asse del Pd con Fli e Udc, e vedeva come il fumo negli occhi un governo di transizione che avrebbe allontanato le urne di vari mesi.
«Questa legislatura è finita», commenta Vendola: «E’ evidente che non c’è spazio per costruire formule un po’ artificiali che non hanno fondamento». E, puntando sulle elezioni anticipate a marzo, ammette: «Sono pronto a candidarmi per fare il leader del centrosinistra». Secondo il governatore pugliese, al di là della conta alla Camera, «è l’Italia che sta sfiduciando Berlusconi: c’è un sentimento collettivo dilagante, tanta gente che non sopporta più questa scena. Il problema è tradurre questa rabbia in un processo positivo». Per Vendola, il verdetto dell’aula non è un vero successo per il Cavaliere, ma «una vittoria provvisoria, la peggiore: è un attimo di euforia che due secondi dopo si trasforma in depressione».
Primarie, dunque, da fare «in fretta», perché Berlusconi non riuscirà ad allargare la maggioranza alle forze centriste. Visto che il 14 dicembre «si sono consumati tutti i margini per le manovre di palazzo», il centro-sinistra deve puntare alle primarie subito, tra gennaio e febbraio, per scegliere lo sfidante del premier. «Prendere altro tempo e rinviarle ancora sarebbe una beffa per gli elettori», sostiene Gennaro Migliore, uno dei “colonnelli” di Vendola. «Le primarie sono l’unica strada per mobilitare i nostri elettori, per vincere poi le elezioni vere». E l’alleanza del Pd con Casini? «Quella è sempre stata solo nella mente dei dirigenti del Pd, Casini ha già detto che alle urne si presenterà da solo», insiste Migliore. «Ha ragione Parisi: quante altre sconfitte servono prima che il gruppo dirigente del Pd riveda la sua linea?».
Secondo Ezio Mauro, «il Cavaliere ha vinto, ma la partita è appena cominciata». Perché, «comperando i pontieri, il premier ha divorato anche l’ultimo ponte coi finiani». L’unico modo per sopravvivere politicamente alla vittoria in aula del 14 dicembre? Allargare la maggioranza all’Udc. «Ma Casini non ha alcuna convenienza a cambiare una linea costruita negli anni, e dirà di no». La Lega «aspetta di intascare il federalismo, e dà i 30 giorni a Berlusconi: o riesce a catturare Casini, o si andrà al voto». Quanto a Fini, «dovrà dimettersi dalla presidenza della Camera, per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva».
Una dura battaglia: non è «malsano» che avvenga in un primo tempo dentro la destra, avverte sempre su “Repubblica” Barbara Spinelli: «Il Pd sarebbe polverizzato, se la successione di Berlusconi fosse finta». Per la Spinelli, «un governo stile Comitato di liberazione nazionale (Cln) sarebbe stato l’ideale, ma tutti avrebbero dovuto interiorizzarlo e l’interiorizzazione non c’è stata». Grazie anche alle pressioni del Vaticano, che espresso ha sua preferenza per un patto Berlusconi-Casini che isoli Fini, ritenuto troppo laico, secondo Barbara Spinelli la sfiducia era votata a fallire, perché Fini e Casini «hanno tremato davanti a una parola: ribaltone».
La vittoria di Berlusconi non è certo travolgente, scrive Sergio Romano sul “Corriere della Sera”, mentre la sconfitta dei suoi avversari è indiscutibile. Il punto è: cosa intende fare, ora, il premier, del suo successo tattico? I tre voti di maggioranza non mettono il premier al riparo degli «innimerevoli trabocchetti» che lo aspettano in aula, dandogli l’alibi per incolpare ancora una volta le opposizioni: una linea, però, che lo condannerebbe «a un supplemento dell’indecoroso spettacolo a cui abbiamo assistito in questi ultimi mesi: polemiche, litigi, sberleffi goliardici e una generale disattenzione per i problemi economici e finanziari che il Paese sta attraversando», al punto che «se vi saranno nuove elezioni in un tale clima, poco importa chi vince e chi perde: l’Italia ne uscirà certamente perdente».
Teoricamente, esiste anche un piano-B: la ricomposizione della maggioranza su basi nuove, improbabile e «praticabile soltanto se Berlusconi saprà rinunciare ai lodi personali, alle polemiche contro la magistratura (quanto più attacca i magistrati tanto più allontana nel tempo la possibilità di una riforma), agli aspetti più discutibili della sua diplomazia personale». Inoltre, conclude Romano, sul piatto dell’intesa dovrà esserci una nuova legge elettorale: il premier «non può ignorare che quella con cui siamo andati alle urne ha prodotto risultati catastrofici, sia sul piano politico, sia su quello morale». Comunque vadano le cose, il grande vincitore-ombra per ora è uno solo: Nichi Vendola.
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