Folle e irridente, l’incredibile Dylan natalizio
Ci crediate o meno, “Christmas in the heart”, l’annunciato disco natalizio di Bob Dylan (e già la notizia aveva creato un certo stupore) è proprio un disco di Natale, a tutti gli effetti. Inizia con un sentore di slitte e campanellini e un annuncio inequivocabile: “Here comes Santa Claus”. E succede davvero: un Dylan quasi disneyano, con coretti anni cinquanta e chitarrine country. Se non ci fosse la sua voce potrebbe essere un disco di Ray Conniff o di un gruppo di avvinazzati cowboy da balera.
Il sospetto che sotto ci sia un’intenzione ai limiti del comico è inevitabile, soprattutto in un pezzo come “Must be Santa”, cavalcata grottesca che potrebbe essere presa da un musical tipo “Sette spose per sette fratelli”. Mai sentito un Dylan di questo genere, riscattato di tanto in tanto da pezzi come “The Christmas blues”, dove sui sempiterni temi del Natale si esercita la sovranità delle note blues. Ma ci sono anche “The little drummer boy”, “Have yourself a merry little Christman”, ovvero i pezzi che troverete in ogni buon album natalizio degno di questo nome, e c’è perfino “Adeste fideles”, metà in latino e metà in inglese.
Una follia, segnata però dall’inequivocabile stile vocale del Maestro, in questo caso particolarmente roco, stracciato, irridente, ironico, a contrasto con il buonismo programmatico del disco che sembra inciso a volte in un saloon, a volte in una piccola chiesa pentecostale di provincia (in “Little town of Betlehem” c’è una preghiera con tanto di amen finale), o in uno studio di registrazione vintage. Cosa c’è dietro? La sua voglia di stupire alla veneranda età di 68 anni e nessun interesse economico, visto che i proventi del disco verranno devoluti al Programma Alimentare delle Nazioni Unite.
(Gino Castaldo, “L’incredibile Dylan natalizio”, pubblicato su “La Repubblica” il 9 ottobre 2009, www.repubblica.it).