Archivio del Tag ‘tecnocrati’
-
Putin, l’alieno e il terrorismo “democratico” dell’Occidente
Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, ottenere obbedienza e sottomissione.I media nostrani oggi si esercitano nel tiro al bersaglio contro l’autocrate che da oltre vent’anni è a capo della “democratura” russa, leader del grande paese che – unico – in questi decenni si è regolarmente opposto, come ha potuto, alla marea dilagante del terrorismo occidentale, sorretto in modo orwelliano da giornali e televisioni che hanno semplicemente smesso di fare informazione. La Russia è rimasta estranea al terrorismo militare in Medio Oriente, scatenato dall’Occidente “democratico” in modo diretto o attraverso manovalanza jihadista; è infine intervenuta in modo risoluto in Siria, contro l’Isis, per salvare il regime alleato di Damasco e impedire che i tagliagole raggiungessero rapidamente il Caucaso. Aggredito dal neoliberismo occidentale dopo il collasso dell’Urss, il sistema russo – conformatosi allo standard economico globale – non ha però esposto i suoi cittadini agli spaventosi stress inflitti alla popolazione europea e statunitense; al contrario: lo storico consenso tributato a Putin si spiega anche con il fatto di aver risollevato l’economia nazionale, decuplicando il reddito medio e sottraendo alla povertà milioni di russi, dopo il disastro delle turbo-privatizzazioni occidentali risalenti all’epoca di Eltsin.Il personaggio oggi dipinto come tirannico dittatore, scontatamente sanguinario già in quanto slavo e probabilmente anche impazzito, è lo statista che – al mondo – si è maggiormente impegnato nel fare argine contro il terrorismo “islamico” teleguidato dalle capitali occidentali. E’ l’uomo che – con il veto opposto dalla Russia – ha appena impedito all’Onu di varare una risoluzione folle, che avrebbe elevato il cambiamento climatico al rango di “minaccia per la sicurezza nazionale” degli Stati. Uno snodo burocratico, l’avallo delle Nazioni Unite, che avrebbe probabilmente accelerato l’autoritarismo tecnocratico che, in nome della tutela dell’ambiente (ma usando il clima, come se fosse davvero l’umanità a determinarne le variazioni), punta a imporre nuove regole, non negoziabili, a tutti gli abitanti – non del pianeta intero, ovviamente: i fortunati siamo sempre noi, cittadini dell’Occidente “democratico”. La Russia è riuscita a distinguersi e brillare, agendo cioè senza diventare nostra complice, anche riguardo all’ultima stagione terroristica, quella sanitaria: ha rifiutato la “dittatura” dei lockdown, non ha imposto nessun ricatto e nessun Tso alla popolazione. E ha offerto al mondo, a tempo di record e gratuitamente, il primo preparato vaccinale anti-Covid.Queste sono le ultime, storiche mosse del regime che oggi viene presentato come una oscura dittatura. Un establishment ibrido, che avrebbe voluto essere più europeo che eurasiatico, contro il quale l’Occidente sta scatenando tutte le sue armi: lo spettro missilistico della Nato in Est Europa, i neonazisti ucraini schierati sul terreno e, soprattutto, la spaventosa guerra economica decretata per volere dei poteri che nel 2020 hanno insediato alla Casa Bianca nientemeno che l’oligarca Joe Biden, in mezzo alla fanghiglia della scandalosa frode elettorale ai danni di Donal Trump. Se una certa élite ha sempre mirato a schiacciare i sudditi, mal sopportando i rari lampi di democrazia reale (fioriti soprattutto nel Novecento, quando al capitalismo occidentale occorreva ancora una classe media prospera e ottimista), viene da domandarsi quale sia la ragione della devastante, vorticosa accelerazione degli ultimi due decenni. Una progressione letteralmente esplosa nella primavera 2020 con l’operazione “psico-pandemica”, che ora è stata sostituita dalla guerra classica, regionale, amplificata però dalla ferocia economica del globalismo senza frontiere.Chi non disdegna di inoltrarsi nella cosiddetta “esopolitica”, cioè l’ipotetica interferenza aliena nelle faccende terrestri (niente di diverso, peraltro, dallo scenario raffigurato dalle letterature antiche, con le “divinità” impegnate a disputarsi territori e popoli), oggi si domanda se tutta questa fretta – all’improvviso – non sia dovuta anche al timore di eventuali “sbarchi”, sul nostro pianeta, che secondo alcune fonti sarebbero attesi a partire dal 2024. A raggiungere la Terra – questa la teoria – sarebbero forze ostili a quelle, non terrestri, che attualmente deterrebbero il controllo occulto delle superpotenze. Il tema è vasto e, ovviamente, più che controverso. Semplici suggestioni? Forse non più, o comunque non del tutto, da quando – a partire dal 2019 – lo stesso apparato militare occidentale ha avviato una sorta di “disclosure”, ammettendo ufficialmente l’esistenza degli Ufo. C’è chi si è spinto oltre: per il generale israeliano Haim Eshed, l’Occidente farebbe parte – da almeno trent’anni – di una Federazione Galattica, dotata di basi condivise (sulla Terra, sulla Luna, su Marte e su altri corpi del Sistema Solare). In parallelo, sono pervenute dichiarazioni precise da parte di fonti massoniche, che hanno riferito di accordi con alieni dalla seconda metà del secolo scorso.Tutto questo può sembrare surreale, in un 2022 letteralmente sventrato dall’esplosione della guerra in Ucraina, con il suo infame corollario di sofferenze. Ma non si può fare a meno di metterle in fila, le notizie: la catena di comando che ha provocato la Russia al punto da spingerla all’invasione è la stessa che aveva orchestrato il terrorismo sanitario, e prima ancora il terrorismo “islamico”, il terrorismo finanziario e il terrorismo climatico, sdoganando nel frattempo – prima attraverso la fantascienza, poi con le ammissioni ufficiali del Pentagono – l’esistenza del “problema” extraterrestre, che forse è davvero il grande segreto sul quale, a breve, non si potrà più tacere. E’ per questo, dunque, che qualcuno – lassù – ha deciso di gettare l’umanità, in modo sempre più rapido, in una spirale di panico che sembra destinata a non avere fine? Sono semplici domande, queste, che però è la stessa cronaca recente, ormai, ad autorizzare. L’inaudita “schiavizzazione” delle popolazioni, specie quelle residenti in aree ancora formalmente democratiche, serve forse a ridurne il potenziale reattivo, in vista di eventi che nessun politico attuale sarebbe in grado, domattina, di presentare ad alta voce?Certo, oggi nessuno potrebbe sbilanciarsi in argomentazioni di questo tenore: sarebbe preso per matto da chiunque, tranne che dagli ufologi o dagli studiosi di religioni antiche. Ma, se proprio l’Occidente “democratico” sta dando ancora una volta il peggio di sé, mentendo innanzitutto alla sua popolazione, non si può che prendere nota delle miserevoli condizioni in cui versa il sistema-Italia, con il suo governo fantoccio (fellone, ma ultra-autoritario) e la sua politica ormai clinicamente morta. I missili e le cannonate nelle pianure ucraine irrompono nelle case di famiglie piegate dal ricatto, tra persone rassegnate a lavorare, viaggiare e vivere solo a patto di avere in tasca il lasciapassare digitale. Uno strumento di dominio, che di sanitario non ha proprio nulla, imposto in perfetto stile cinese e con il pretesto di una patologia curabilissima. Malattia per la quale, però, le terapie sono state prima negate e poi ostacolate, umiliando la scienza e tradendo nel modo più vile il patto di lealtà che, in un paese democratico, avrebbe dovuto vincolare i governanti ai governati.Il primo dovere, infatti, non dovrebbe essere quello di proteggere la popolazione? In alcuni Stati degli Usa, in Australia e Nuova Zelanda, in Europa – ma in Italia in particolare – è avvenuto esattamente il contrario: la popolazione è stata esposta a grandi pericoli, è stata fuoriviata dalla disinformazione, è stata ipnotizzata e terrorizzata per due anni. E ora, svanita anche l’ultima parvenza di pseudo-emergenza, viene mantenuta sotto la pressione coercitiva, forse permanente, del lasciapassare, che poi sarebbe solo il preambolo – secondo i piani – per l’eliminazione del contante e l’adozione esclusiva della moneta digitale, cioè del controllo definitivo sull’economia delle famiglie. Che cosa sarà, dell’Italia, ora che l’intera Europa sarà travolta dal massacro socio-economico delle sanzioni comminate alla Russia? Il nostro è l’unico paese che, a quanto pare, non riesce a eleggere un presidente della Repubblica diverso dal precedente. Poi ci sono i politici: Salvini spernacchiato in Polonia, Di Maio che dà dell’“animale” a Putin. E c’è l’inqualificabile Draghi, che riesce a farsi giustamente canzonare persino dall’orrido Zelensky.«Per riuscire a parlare con Draghi vedrò di spostare l’agenda della guerra», ha twittato l’ucraino, dopo che il primo ministro italiano aveva snobbato un appuntamento telefonico, perdendo così anche l’ultimo treno per assurgere al ruolo di possibile mediatore (ruolo che, fino a ieri, non sarebbe stato affatto sgradito a Putin). E invece si sono bruciati i ponti, in ossequio al padrone americano. Ormai siamo oltre: l’Italia – il paese delle mascherine e del Green Pass Rafforzato – ha appena inviato armamenti all’Ucraina, paese belligerante. Così, dall’8 marzo 2022 – per la prima volta nella storia, probabilmente – la Russia ha inserito anche noi nella lista nera dei “paesi ostili”. Mario Draghi pare stia quindi per firmare il più disastroso suicidio nazionale (si spera solo economico) degli ultimi decenni. Ma niente paura: ci resta sempre il campionato di calcio, insieme al cabaret dei talkshow in cui sono sempre i famosi virologi di ieri a spiegare al popolo bue come vanno le cose, in Ucraina. Effetti collaterali: e se la guerra di Putin finisse – anche – per cambiare il mondo, mettendo fine all’ipocrisia dei tanti terrorismi domestici? Nessuno può prevedere gli eventi: c’è solo da augurarsi che le armi tacciano al più presto. Certo però che, dal radar del futuro, questa Italia sembra davvero sparita: un paese fantasma, finito, affollato di sudditi imbrogliati, derubati e inebetiti.(Giorgio Cattaneo, 9 marzo 2022).Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, da cui esigere timorosa obbedienza e piena sottomissione.
-
L’umanità nuova che sorge dopo il massacro della verità
Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.Ventiduemila cittadini inermi, dunque, dilaniati dalle milizie che rispondono al governo che nel 2022 chiede di entrare nella Nato e nell’Ue, nel club d’élite della democrazia, mentre gli eroici redattori del Tg2 mandano in onda le immagini di un wargame della playstation e il “Corriere della Sera” ripropone, come documento dell’aggressione nazi-russa, un’esplosione (incidentale o no) nella capitale ucraina, risalente nientemeno che al 2015. E poi chi sono, appunto, i narratori? Chi sono – come li chiamava Giulietto Chiesa – i famosi padroni del discorso? Sono gli avventurieri vocati all’assassinio, da John Fizgelarld Kennedy a Salvador Allende. Sono i “bombardatori” fisiologici, dopo Hiroshima e Nagasaki. Bombe su ancora Guatemala, poi Indonesia e Cuba, Congo, Laos, Vietnam, Cambogia. E poi Grenada, Libia, El Salvador. Poi Nicaragua, Iran, Panama, Iraq-Kuwait, Somalia, Bosnia, Sudan. E ancora: Somalia e Pakistan, poi Yemen, di nuovo Libia e Siria.Non viene, vagamente, il vomito? Non perché gli altri siano meglio: non è che brilli, l’aliena controparte. Ma almeno non blatera di libertà e democrazia: estetica, buon gusto? I nostri sono quelli dell’11 Settembre, degli spread, della Grecia massacrata – senza anestesia – dall’uomo che riponde a un nome: Mario Draghi. I nostri sono Greta, sono la Von de Leyen, Soros, Zuckerberg, Bill Gates. Sono l’Oms, sono i lockdown e i coprifuoco. Sono le zone rosse, le mascherine in strada. Sono i “vaccini” che “immunizzano”, sono i colpiti dall’apartheid, discriminati dal Green Pass. I nostri sono i Buoni, gli schiavisti democratici con la validazione vaticana. Non è questione di Crimee, a quanto pare: le fiamme a Est sembrano voler dire che è ora che si scuota, la popolazione rintronata del rinomato Primo Mondo, sotto ipnosi. Tenevi lo Swift, dice la storia: è ora di svegliare l’uomo nuovo. Buttate i libri inutili, usate quei giornali per incartare il nulla. L’umanità che viene nasce adesso, o almeno prova a nascere. E’ questo, il Piano-B. L’unico in campo.(Giorgio Cattaneo, 28 febbraio 2022).Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.
-
Dugin: povera Italia, sottomessa. Ma il “risveglio” vincerà
Il Grande Reset è la reazione disperata dei globalisti che vedono come il mondo stia diventando multipolare. Questo progetto, nonostante la contrarietà della maggior parte dei popoli del globo, vuole arrivare al suo obiettivo puntando molto anche sulla pandemia. Il Grande Reset arriva dai primi anni 2000, quando i globalisti hanno cominciato a sentire la perdita della loro forza e dunque hanno cercato e cercano in tutti i modi di recuperare una situazione positiva per loro. Ad esempio, l’élite liberale ha imposto lo stato di emergenza per recuperare il potere sulla mente delle persone, in quanto sempre più esseri umani si stanno allontanando dal disegno globalista. L’élite liberale, nonostante si sia dimostrata incapace di gestire l’emergenza Covid, vuole comunque usare questa cosa (e lo stato di emergenza) per rimanere ai vertici. Tutto questo sembra piuttosto una “agonia liberale” e personalmente penso che il Grande Reset sia affogato.Questo anche perché, se le restrizioni occidentali e lo stato di emergenza sono usate dall’élite liberale per mantenere il potere e per difendere il globalismo, la Russia e la Cina hanno dimostrato che delle giuste misure di contenimento del virus possono essere usate però solamente per i propri interessi sovrani (contrari al globalismo): misure simili ma con visioni diverse. L’Italia è stata la più sfortunata di tutti perché ha scelto il peggior presidente possibile. Non immagino nessuno peggio di Draghi. Quest’ultimo non porta nessuna promessa con sé, ma è uno che sta lì per garantire il puro status quo. E questa è la cosa più spaventosa: non cambiare niente – nelle tendenze di oggi – è il delitto più grave. Draghi incarna perfettamente l’élite liberale. Nonostante il Grande Reset sia sostanzialmente fallito, comunque, è chiaro che alcuni territori siano ancora sotto il controllo dell’élite liberale. Insieme ai monopoli tecnocratici che non si sottopongono a nessun potere politico, hanno usato l’emergenza coronavirus da un lato per mantenersi al potere e dall’altro per cercare di rafforzare la propria influenza e il loro dominio.Al Grande Reset, però, si oppone il Grande Risveglio. E questa fase, iniziata da poco, si sta sviluppando come una guerra tra due visioni contrapposte. In concreto, le popolazioni da un lato e l’élite liberale dall’altro. Questa non sarà una guerra tra nazioni, ma una guerra – in Europa ed in tutto il mondo – tra la popolazione che è per il Grande Risveglio, e le loro élite che sono per il Grande Reset. Se parliamo del ruolo della Russia in questa guerra civile, essa sarà dalla parte del Grande Risveglio, anche se i tentacoli del Grande Reset ce li abbiamo ancora dentro; ad esempio, il nostro Gref (Herman Gref, presidente di Sberbank, il principale gruppo bancario del paese, ndr) sarebbe come il vostro Draghi. La differenza fondamentale è che noi lo abbiamo lasciato dov’è, mentre voi l’avete messo a capo della Banca Centrale Europea e ora alla testa del governo italiano. L’influenza globalista dentro la Russia è molto forte ed è presente soprattutto nel potere economico: se l’anima della Russia è col Grande Risveglio, per le questioni più concrete non è interamente così. Quindi la Russia è in una posizione di “neutralità ostile” verso il Grande Reset e anche questo è già un buon segno.Per noi ortodossi, il Grande Reset significa il progetto dell’Anticristo. Dunque, tutti quelli che sono davvero contro l’Anticristo sono dei santi. E la Russia di Putin ha quasi preso la posizione di leader in questo circolo dei santi che sono contro l’Anticristo. In generale, va sempre tenuto presente che nessuno può risolvere questo problema se non le persone stesse. Se un italiano o un francese non si rialzano contro il male globale che ha il volto di Draghi o di Macron, nessun altro lo farà per loro. Non importa se siano pro Le Pen o Mélenchon, ad esempio; l’importante è muoversi contro Macron. Questo vale anche per gli statunitensi: se non si rialzeranno e non difenderanno la loro identità, nessun altro lo farà per loro, nemmeno Putin. Questa è una lotta dell’umanità contro l’anti-umanità. Nonostante il mostro globalista stia affogando, ci serve – a maggior ragione – l’aiuto di tutti, perché venga definitivamente sconfitto. In questa lotta, pure una persona da sola (anche andando contro la famiglia o il fratello, come dice il Vangelo) potrà cambiare la bilancia del mondo. Anche un piccolo granello può fare la differenza.I segni del fallimento dell’élite globalista li vediamo, ad esempio, nel frenetico ritiro degli Usa dall’Afghanistan, così come dalla Siria. I Talebani hanno dato un calcio in culo alle armate invincibili nordamericane che, ritirandosi, hanno lasciato il caos generale: ovunque esse vanno, infatti, non portano più ordine ma soltanto distruzione. Ad esempio, tutti quegli Stati post-sovietici ai quali gli Usa hanno promesso di dare assistenza, in cambio hanno perso la propria integrità territoriale. Gli americani non possono più essere i possessori del mondo e la loro politica è inadeguata sotto ogni aspetto. Questi sono i segnali più evidenti di questo fallimento. Dunque, anche se i globalisti riescono ancora a mantenersi al potere, essi non hanno nessuna idea seducente per le persone; possono usare la paura e spaventare tutti, possono introdurre il Green Pass e mettere le telecamere di sorveglianza ovunque, ma non offrono nessuna idea di futuro.Ad esempio, se guardiamo i film americani incentrati sul nostro prossimo futuro, essi finiscono tutti male. Non c’è futuro, come in “Mad Max” ed altre pellicole. L’idea, infatti, è sempre la stessa: moriranno tutti o sopravviveranno in pochi ma in malo modo, magari come uomini-rettili totalmente disumanizzati. Quindi, come possiamo vedere chiaramente, i globalisti non hanno alcuna idea di futuro; e le civiltà senza un’idea di futuro sono civiltà in agonia, come sempre lo sono state. Essi cercano di rimanere al potere con i denti, stringendolo forte con le mani, ma il potere gli sta sfuggendo ugualmente. Un altro esempio è la Cina: la volevano sottomettere, ma è uscita dal loro controllo. Il Pcc (Partito Comunista Cinese) ha resistito e non è stato annullato. Anche Pechino cerca dunque di proteggere la propria identità. E Putin sta facendo lo stesso fin dall’arrivo al potere nel 1999, quando ha iniziato (ed è riuscito) a rimettere la Russia sulla propria strada: quella della sua identità. In conclusione, è possibile affermare che nel futuro emergeranno sempre più poli a livello mondiale; e dunque i globalisti stanno fallendo e ora sono in agonia.(Alexandr Dugin, dichiarazioni rilasciate a Jacopo Brogi e Alessandro Fanetti per l’intervista “Il Grande Reset è fallito, è l’ora del Grande Risveglio”, pubblicata su “Come Don Chisciotte” il 27 gennaio 2022. Eminente filosofo, con idee politicamente tradizionaliste, Dugin è considerato un ideologo molto influente, nell’orbita del potere russo).Il Grande Reset è la reazione disperata dei globalisti che vedono come il mondo stia diventando multipolare. Questo progetto, nonostante la contrarietà della maggior parte dei popoli del globo, vuole arrivare al suo obiettivo puntando molto anche sulla pandemia. Il Grande Reset arriva dai primi anni 2000, quando i globalisti hanno cominciato a sentire la perdita della loro forza e dunque hanno cercato e cercano in tutti i modi di recuperare una situazione positiva per loro. Ad esempio, l’élite liberale ha imposto lo stato di emergenza per recuperare il potere sulla mente delle persone, in quanto sempre più esseri umani si stanno allontanando dal disegno globalista. L’élite liberale, nonostante si sia dimostrata incapace di gestire l’emergenza Covid, vuole comunque usare questa cosa (e lo stato di emergenza) per rimanere ai vertici. Tutto questo sembra piuttosto una “agonia liberale” e personalmente penso che il Grande Reset sia affogato.
-
Green Pass “eterno”? Cos’ha fatto Draghi agli italiani
«È legittimo dunque porsi la domanda di fondo. Il Green Pass serve a spingere la vaccinazione di massa o il contrario?». Un articolo di importanza capitale è apparso sul quotidiano “La Verità”. Il pezzo, complesso e dettagliato, si intitola “La card non è un mezzo ma lo scopo: erogherà “diritti” solo agli schedati”. Le rivelazioni dei due giornalisti Claudio Antonelli e Giulia Aranguena, che hanno indagato sull’architettura legale e informatica del Green Pass, confermano quanto “Renovatio 21” scriveva qualche giorno fa: il Green Pass è il mezzo sul quale correrà l’euro digitale promesso dalla Lagarde alla Bce. Cioè, l’installazione di una società del controllo totale, dove il cittadino è sottomesso biologicamente, economicamente, elettronicamente al potere centrale. «La creazione di questa grande piattaforma di sorveglianza del cittadino – addirittura di capillarità più profonda di quella cinese – è il vero grande compito che i padroni del vapore si sono dati in questi anni», scrivevamo.«Con l’euro digitale, come con il Green Pass, voi dipendete dall’Istituzione: persino per le attività più basilari, perfino per i diritti “prepolitici”: mangiare, bere, muoversi…». Ora l’identità profonda delle due cose – Green Pass ed euro digitale – è dimostrata dal reportage del giornale milanese, che ha scavato a fondo nei documenti. Il Green Pass, essenzialmente, è una piattaforma elettronica pensata per esistere anche senza il vaccino: «Il Green Pass nudo e crudo è quindi un account che mira ad attestare il possesso di determinate condizioni in base alle quali un utente può dirsi abilitato e verificato rispetto a una piattaforma che eroga diritti e libertà (vedi il semaforo verde) concessi dal gestore. In questo caso il gestore della piattaforma è lo Stato, la piattaforma è proprietaria e a totale controllo statale, i diritti e le libertà di accesso a un determinato luogo vengono restituiti sotto forma di concessione da parte del gestore stesso».L’Europa ha emesso un regolamento (2021/953 del 14 giugno 2021) attraverso cui è stato creato il Dgcg – Digital Green Certificate Gateway. Tale euro-gateway è costituito da una rete di database «in ordine all’interoperabilità dei certificati verdi e alla capacità di riconoscimento reciproco tra Stati membri, definiti come semplici punti di backend della rete». Si tratta di una grande operazione informatico-amministrativa «essenzialmente riconducibile ai tecnocrati dell’e-Health network, il gruppo di soggetti pubblici istituito dalla Direttiva 2011/24/Eu» che raggruppa enti sanitari digitali di vari stati membri. I progetti, che vertevano sull’integrazione dei sistemi di identità digitale, erano stati lanciati anni prima della pandemia ma sono stati implementati da una “decisione esecutiva” della Commissione solo il 28 giugno 2021. Su questa base, si è mosso con velocità e precisione impressionanti il governo dell’ex capo della Bce Mario Draghi.«Il governo Draghi, già dallo scorso aprile con il Decreto Sostegni, poi a maggio e giugno, rispettivamente con l’introduzione della governance per il Pnrr ex decreto 31 maggio 2021 e con il decreto del 17 giugno 2021, ha tirato in piedi, non certo dal nulla, la ciclopica macchina della piattaforma nazionale Digital Green Certificate (Pn-Dgc) per l’emissione, il rilascio e la verifica dei certificati verdi». Il tema al centro è sempre quello della comunicazione tra database. Così, Draghi «ha reso interoperabili le banche dati dell’anagrafe nazionale vaccinale (Anv) e quelle regionali, e le ha collegate al sistema della tessera sanitaria gestita dal ministero dell’economia e dell’Eu-Dgcg sopra menzionata, facendo diventare il tutto il “gateway” portante dell’intera infrastruttura digitale. Il compito della certificazione è stato affidato, per l’Italia, al Poligrafico della Zecca dello Stato». Si tratta insomma dell’unificazione di tutte le banche dati in un unico sistema elettronico.I due giornalisti del quotidiano milanese risalgono la morfologia, criptica, opaca, del sistema e della sua genesi. «In pratica, il cuore stesso del Green Pass si basa sulla tecnologia della blockchain, destinata a conservare e aggiornare tutte le chiavi pubbliche di firma attribuite alle autorità di certificazione designate nei singoli Stati membri per convalidare i certificati verdi, prima della loro definitiva convalida, nonché tutte le aggregazioni alle chiavi private corrispondenti all’identità di ciascun “holder” abilitato dal possesso certificato di una delle tre condizioni di rilascio del pass (vaccinazione, tampone negativo o guarigione)». La struttura «grazie a questa forte interoperabilità (finanche con i “framework” in corso di sviluppo a livello internazionale, come quello dell’Oms datato agosto 2021)» si conforma quindi «come un sistema complessivamente dotato di modularità e scalabilità, costruito cioè come idoneo ad adattarsi a picchi di carico improvvisi senza diminuire il livello di servizio (…) adatto quindi anche a impieghi addizionali, usi, scenari e tipologie di certificazione diverse».«È facile allora concludere che il Gp account non è null’altro che la stessa identità digitale pubblica degli utenti, o portatori di certificazione verde, da custodire nei portafogli digitali iOS e Android istallati sui cellulari». Quindi «tale Id account sembra proprio essere subordinato nel rilascio alla tenuta di una determinata condotta o al possesso di un determinato status da porre in essere sulla propria persona senza alcuna reale possibilità di libera scelta». «Insomma, siamo di fronte a uno strumento di censimento anagrafico nella sua forma più evoluta. Il cittadino diventa così un Id account a cui sarà possibile collegare funzioni, servizi e diritti di varia natura». Cioè: siamo sicuri che il vaccino sia il fine ultimo di tutta l’immensa architettura elettronica del Green Pass? «Dinanzi a una siffatta potenza del lasciapassare verde e l’immensa impalcatura della blockchain si può forse dedurre che la vaccinazione non sia il suo fine ultimo o surrettizio. Ma che il Green Pass sia fine a sé stesso. E una volta messo a terra, non ci sarà marcia indietro».«È chiaro che una volta ottenuta e rilasciata a tutti gli italiani l’Id digitale pubblica, per ora condizionata a condotte sanitarie, tale identità digitale possa essere in futuro non solo condizionabile, ma anche plasmabile facilmente per altre esigenze. Controlli fiscali, pagamenti, multe. Anche se la più importante si candida a essere l’applicazione dell’euro digitale, che così come previsto dalla Bce non potrebbe mai essere introdotto senza un’autostrada blockchain come quella del Green Pass». In pratica, dietro al Green Pass vaccinale c’è lo stesso software, lo stesso sistema (informatico e legale) che può stravolgere le nostre vite: con il Green Pass pagherete le tasse, con il Green Pass salderete le multe. Anzi, non farete nulla: il danaro vi sarà direttamente prelevato senza che voi facciate nulla, perché tutto sarà gestito da un potere centrale che vuole la trasparenza totale. La trasparenza delle vostre finanze, la trasparenza del vostro stato di salute: la privacy non è più un diritto e nemmeno un valore.L’euro digitale mira all’abolizione totale del contante. Con esso l’Europa potrebbe portarsi persino più avanti della Cina nell’evoluzione dello Stato moderno verso il totalitarismo della sorveglianza assoluta. Con l’euro digitale, ogni vostro acquisto sarà tracciato. Quanto spendete in cibo, vestiti, servizi. I prodotti stessi che consumate: la marca dei gelati, la griffe del maglione, il titolo del film, il medicinale omeopatico per l’ansia. Dove andate in vacanza, in che albergo, quale ristorante. Tutti dati che al fisco interessano – e non solo al fisco. Interessano alla sanità, al ministero degli interni, a quello degli esteri. Interessano anche a «terze parti». I dati sono il petrolio del XXI secolo, si dice. Il Green Pass è un’automobile che vi costringono a comprare per attaccarvi al nuovo ciclo del combustibile. Di più: ogni vostra transazione può essere impedita. Avete il diabete? Il sistema potrebbe impedirvi di comprare la Nutella. Domenica senz’auto? Vi possono impedire di acquistare la benzina. Voglia di approfondire? Certi libri no-vax non si possono comperare – su Amazon, lo sapete, è già così: tanti autori sono spariti.Tutto può essere controllato in tempo reale da algoritmi talmente potenti da non poter nemmeno spiegare se stessi. Incrociano i dati in modi incomprensibili per la mente umana, e danno un responso che decide della vita di una persona: è quello che si vede in Cina, dove il sistema del pass è stato implementato immediatamente durante la pandemia, con le persone controllate all’uscita della metropolitana – se ti capitava il coloro rosso, dovevi ritornartene a casa e metterti in quarantena. Nessuna spiegazione. Lo Stato e il suo cervellone non ve ne devono alcuna. Questa è la destinazione del mondo moderno: la sottomissione dell’individuo. La nuova schiavitù economica, informatica e biotica che tocca al XXI secolo. Qualche lettore potrà dire: comodo, non avere più la rogna di pagare più le multe, ora che te lo potranno prelevare direttamente. La realtà è che alla vostra comodità non pensano minimamente. L’idea è quella di abolire ogni passo intermedio, cioè lo spazio per la reazione ad una decisione calata dall’alto: non avrete il tempo di opporvi, subirete la sentenza e basta.È la disruption, la disintermediazione dello Stato di diritto. Lo stiamo già vedendo con i social media, che bannano e censurano, “depiattaformano” migliaia di persone senza nemmeno dire loro cosa hanno fatto che non va. Nessun processo, tantomeno un “giusto processo”. È la nuova civiltà autoritaria che si nasconde dietro il mito della trasparenza. E, visto che parliamo di processi, pensiamo davvero a cosa succederà al sistema legale. Sarà più facile, sarà immediato, ottenere i danari in un decreto ingiuntivo – o vederveli sottratti. Al contempo, immaginate quando un giudice potrà bloccare o cancellare tutti i vostri beni con un clic. Non avrete più di che vivere, perché non ne avrete nemmeno di nascosti sotto il materasso, perché il contante sarà illegale, e anche l’elemosina avverrà (se sarà ancora consentita) per via digitale – quindi potranno stopparvi anche quella. Ora capiamo meglio perché hanno insistito tanto con il vaccino.Ora capiamo meglio perché per il Green Pass sono andati allo scontro totale con la società e con un numero cospicuo di lavoratori – con il rischio di innescare un autunno di lotte operaie che potrebbe paralizzare l’Italia e l’Europa. I pagamenti saranno facili e rapidissimi, spariranno i bancomat e forse anche le cassiere. Tanti ebeti (quelli che hanno votato, magari, un partito il cui guru aveva promesso in effetti tutto questo) saranno felicissimi: “Io non ho niente da nascondere”. Con l’Id account del Green Pass, avremo il conto dove metteranno gli euro digitali creati dal niente della Eurotower. Magari, per aiutarci ad iniziare a usarli, potrebbero addirittura regalarcene in quantità. Milioni cadranno nella trappola. Qualsiasi cosa faranno, dovrà avere il marchio elettronico. Il futuro prossimo dello Stato moderno, e delle nostre vite, passa di lì. Un sistema di sorveglianza totalista che non ha precedenti nella storia. Un sistema che, tuttavia, ci era stato descritto da migliaia di anni. «Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (“Apocalisse” 13, 16-17).Roberto Dal Bosco, “Sorveglianza: il Green Pass è la piattaforma dell’euro digitale, cioè della vostra schiavitù”, da “Renovatio 21” del 12 ottobre 2021. Tema ripreso da Claudio Antonelli il 25 gennaio 2022 su “La Verità”, nell’articolo “Il Green Pass diventa eterno”).«È legittimo dunque porsi la domanda di fondo. Il Green Pass serve a spingere la vaccinazione di massa o il contrario?». Un articolo di importanza capitale è apparso sul quotidiano “La Verità”. Il pezzo, complesso e dettagliato, si intitola “La card non è un mezzo ma lo scopo: erogherà “diritti” solo agli schedati”. Le rivelazioni dei due giornalisti Claudio Antonelli e Giulia Aranguena, che hanno indagato sull’architettura legale e informatica del Green Pass, confermano quanto “Renovatio 21” scriveva qualche giorno fa: il Green Pass è il mezzo sul quale correrà l’euro digitale promesso dalla Lagarde alla Bce. Cioè, l’installazione di una società del controllo totale, dove il cittadino è sottomesso biologicamente, economicamente, elettronicamente al potere centrale. «La creazione di questa grande piattaforma di sorveglianza del cittadino – addirittura di capillarità più profonda di quella cinese – è il vero grande compito che i padroni del vapore si sono dati in questi anni», scrivevamo.
-
Uomini e topi: si può immaginare qualcosa di più sordido?
Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia ad adottare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.L’oltraggiosa, ipocrita narrazione incarnata dal tecno-bankster di ieri propone un orizzonte sterilizzato e disanimato, un’economia della disciplina destinata a bestiame d’allevamento, sottoposto alle condizionalità “cinesi” della buona condotta: attraverso la forzata digitalizzazione a punteggio resa tendenzialmente permanente, alcuni ex cittadini saranno “più uguali” degli altri. A stroncare il dissenso silenziando la verità provvedono i grandi media, che paiono tornati ai fasti dell’Ancien Régime (i tempi d’oro del crimine indisturbato, quando si poteva dire impunemente che “la mafia non esiste”). In tanti hanno atteso – vanamente, finora – un sussulto, dalla parte della magistratura, o almeno uno scatto di dignità proveniente dal fronte della politica. Nulla di tutto ciò. Al contrario: si tessono trame per portare al Quirinale proprio l’uomo che ha infine commissariato apertamente il paese, per conto di poteri che gli italiani non conoscono. La partita è planetaria, costellata di bluff e doppi giochi. Ma gli italiani – ora lo vedono – sono soli.Sono soli gli insegnanti che finora avevano resistito all’imposizione mendace, spacciata per salvifica. Sono soli i militari e gli agenti delle forze dell’ordine, a loro volta – uno su cinque, si calcola – decisi a non subire quella che interpretano come una violazione abusiva, probabilmente anche rischiosa, ma soprattutto inaccettabile perché palesemente inutile. Sono soli tutti gli altri italiani, tutte le altre categorie professionali: capiscono che i prossimi saranno loro, a dover subire il ricatto. Solo un cieco potrebbe non vedere quello che sta accadendo: i sieri genici sperimentali, acquistati a tonnellate, non hanno alcuna efficacia nel tutelare il corpo umano dall’affezione che ha letteralmente ipnotizzato l’Occidente dalla primavera 2020. Non solo: uno sguardo alla geografia rivela come gli attuali guai sanitari – “pandemici” e non – investano proprio le aree dove più largamente è stata imposta la profilassi genica, cioè l’Europa e il Nord America (con l’eccezione degli Stati “trumpiani”, come Texas e Florida, dove la somministrazone dei sieri è stata irrisoria).Mentre il filosofo e politologo Massimo Cacciari esprime il suo radicale dissenso, di fronte alla deriva civile e giuridica in corso, un’economista come Ilaria Bifarini – autrice del saggio “Il Grande Reset” – oggi arriva a interrogarsi sulla possibile, vera natura (recondita, inconfessabile) dell’ostinazione autoritaria nel voler infliggere – a tutti, prima o poi – il fatidico inoculo del siero genico: non sarà – si domanda – che possa avere un qualche fondamento, il timore avanzato da chi parla apertamente di “depopolamento” della componente occidentale della popolazione mondiale, magari attraverso una campagna (mascherata) di vera e propria sterilizzazione di massa, visto l’incomprensibile ricorso al trattamento genico anche per i bambini? Di nuovo: la carta geografica rivela come il disastro “virale” stia letteralmente travolgendo paesi come Israele e persino l’enclave di Gibilterra, dove i “vaccinati” sono il 100%.Per contro, dal problema sembrano sostanzialmente escluse vaste aree del mondo: i paesi arabi, l’India e molte aree dell’Asia, lo stesso Giappone, l’intera Africa, buona parte della Cina e persino la Russia (il boom di “contagi” dichiarati, di cui parla la stampa nostrana, in realtà è relativo quasi solo all’estrema Siberia; e il caso di Mosca, cioè l’enfatizzazione dell’emergenza, deriverebbe essenzialmente dal ruolo politico del sindaco della capitale, ostile a Putin – che finora si è opposto al paradigma “pandemico”, cinese e occidentale, al quale sono invece allineati la Casa Bianca e i leader europei). In altre parole: il dramma – fondato sulla non-politica sanitaria e sulla rinuncia alle terapie precoci – investe proprio i paesi sottoposti a tappeto alla campagna genica di massa. Nel mirino, quindi, anche l’Australia e la Nuova Zelanda, anch’esse abitate dall’“uomo bianco occidentale”, vera e propria vittima sacrificale – a quanto pare – del delirio inarrestabile a cui stiamo assistendo.A fare da bersaglio sono i paesi avanzati, industriali, in cui i media – sfidando il ridicolo – usano ancora il termine “immunizzazione” come sinonimo di “vaccinazione”, sempre fingendo di non sapere che quelli in distribuzione non sono affatto vaccini, non immunizzano proprio nessuno e però vengono proposti come unica soluzione possibile per prevenire una patologia facilmente risolvibile con farmaci ordinari. E’ proprio lo scempio della verità a far temere il peggio, da parte dei più pessimisti: molti analisti affermano ormai di sentirsi in pericolo, vedendo violate le loro residue prerogative democratiche. Libertà e diritti? Tranquillamente calpestati, per decreto, sulla scorta di una spudorata menzogna. Una narrazione ormai totalitaria e divisiva, aggressiva, minacciosa, che oggi – in Italia – diventa formalmente intimidatoria, per bocca dell’oligarca sistemato a Palazzo Chigi con il mandato (visibile) di applicare alla lettera le disposizioni dell’Unione Europea per mettere fine alla diversità socio-economica italiana.Chi non manca di parlare di “eterogenesi fini” noterà che proprio l’aggressività autoritaria del governo-fantasma sta aprendo gli occhi a milioni di italiani: le ultimissime restrizioni sfornate dal Consiglio dei Ministri potrebbero anche essere interpretate come un gesto quasi disperato, da parte di un potere frustrato dalla tenace resistenza di vasti strati della popolazione, regolarmente criminalizzati e insultati dai media. Non si tratta solo dei tantissimi renitenti all’inoculo: rabbia e amarezza animano anche chi non perdona, al governo, di aver imposto misure alle quali ci si è piegati contro la propria volontà. Misure considerate arbitrarie, potenzialmente pericolose e – soprattutto – completamente inutili, sul piano sanitario, inflitte ignorando colpevolmente le altre misure (utili, essenziali, fondamentali) raccomandate dai medici che, a partire dal 2020, hanno regolarmente guarito – da casa – decine di migliaia di cittadini colpiti dall’affezione influenzale che sembra essersi impossessata del mondo occidentale.Al netto degli ipocondriaci e degli ingenui, qualcuno riesce a non vedere – nell’introduzione di restrizioni presentate per l’ennesima volta come solo temporanee – l’instaurazione di una sorta di regime, fondato sul controllo assoluto dei comportamenti e sulla fine sostanziale delle libertà democratiche, con buona pace degli amatissimi diritti umani? Sembrano quasi umoristiche, le motivazioni addotte dal prestigiosissimo primo ministro: scongiurare nuovi lockdown, evitare di far collassare un’altra volta l’economia. Un romanzo come “Uomini e topi”, capolavoro letterario del comunista americano John Steinbeck, potrebbe offrire spunti universali: a che serve lavorare come topi (cinesi), se in cambio occorre smettere di vivere come liberi essere uomini? Interrogativi drastici, ormai diffusissimi: fin dove si arriva, lungo la strada che nel Novecento fu lastricata di lugubri dittature?La sensazione è quella di essere di fronte a un cambio epocale di civiltà: uomini e topi non possono più coesistere come prima, alla pari, neppure volendolo. Gli scienziati la chiamerebbero “speciazione”: è il divorzio evolutivo che, a un certo punto, separa il prima dal dopo. Qualcosa di profondamente antropologico e forse irreversibile: l’atto d’imperio comporta l’obbligo di accettarlo o meno. L’aspetto probabilmente più sinistro, in questa immane tragedia, è l’ostinata rimozione della verità: a una intera comunità, in altre parole, non si può chiedere di entrare in un’altra dimensione, se questa è fondata sulla più vile e spregevole falsificazione dei fatti. Passeranno certamente alla storia, i falsificatori: non saranno dimenticati. E se ora stringono il cappio attorno al collo di milioni di persone per salvare, come sostengono, il sacro fatturato natalizio, la cosa migliore che si possa fare – replicano alcuni resistenti – è proprio l’astensione: dal lavoro e dai consumi. Sarebbe un atto squisitamente politico e anche morale, da parte degli esseri umani: far sapere che non intendono lasciarsi trasformare in topi.(Giorgio Cattaneo, 25 novembre 2021).Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia a varare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.
-
Tanto a pochi, agli altri le briciole: riecco l’antico Draghi
«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).Rinviata la riforma delle pensioni: “Quota 102” è solo un compromesso – scrive Barbati – che «non risolve una questione che dura da anni» e in più «alimenta una narrazione, peraltro falsa, che il lavoro per i giovani si crei innalzando l’età di pensionamento, mettendo lavoratori di diverse generazioni contro». Unica nota positiva: l’aumento delle protezioni sociali per i senza lavoro. Il nodo vero? «Il Pil sale, i salari scendono». Si domanda l’analista: «Ha senso, un sistema in cui aumentano il Pil (oltre il 6% quest’anno, come dichiarato dal premier) e al tempo stesso la povertà, ormai anche tra molti lavoratori? E per quanto tempo può reggere, dopo quasi due anni di pandemia? Superare l’austerità se non si leniscono le profonde disuguaglianze degli ultimi decenni, che anzi sono accresciute con la pandemia, se non si affrontano la questione salariale e la precarietà, non ha senso». In Italia, annota Barbati, più di 5 milioni di lavoratori dipendenti hanno un reddito inferiore ai 10.000 euro annui, determinando il fenomeno della povertà che si diffonde tra chi lavora. «Rappresentazione plastica di un modello sociale da ribaltare».Una delle poche ma significative modifiche del Pnrr targato Draghi (nella versione Conte-Gualtieri c’era) è stata l’eliminazione dell’introduzione del salario orario minimo, cioè di una legge che fissi una soglia di base sotto la quale il datore di lavoro non può scendere. La misura è in vigore in 21 Stati dell’Unione Europea su 27 (comprese Germania, Francia, Spagna) e sarebbe indispensabile – scrive sempre Barbati – in un paese in cui non solo esistono una miriade di contratti collettivi nazionali diversi (900) ma anche milioni di lavoratori fuori dalla contrattazione collettiva, sfruttati con stipendi da fame e zero diritti. In Italia (e non solo) il neoliberismo «si è tradotto con offerte di lavoro, richiesta di manodopera, delle risorse intellettuali al massimo ribasso: trasformando il lavoro in una merce, anche abbastanza scadente». Ma il Belpaese «non poteva che distinguersi tra gli altri». L’Italia è infatti «l’unico Stato in Europa – dati Ocse alla mano – in cui dal 1990 ad oggi gli stipendi sono diminuiti invece che aumentare. E se negli ultimi trent’anni la ricchezza è invece aumentata, se ne deduce facilmente che sia finita in pochissime mani».Con l’aumento del costo delle materie prime dopo i blocchi pandemici (e quindi i rincari di carburante, energia, gas) quella dei salari «dovrebbe essere la priorità di un paese che si vuole rilanciare». In Germania, «l’Spd di Scholz ha vinto le elezioni con la proposta di alzare il salario minino a 12 euro all’ora». La nostra Costituzione prevede che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (articolo 36). «È la Costituzione che andrebbe applicata, ribaltando il concetto della crescita slegata dal benessere e dal lavoro delle persone, cominciando dal salario minimo orario, lasciando la contrattazione collettiva ma fissando una soglia di dignità per tutti». Riassume Barbati: «Oggi 3,5 milioni di dipendenti privati, 600.000 lavoratori domestici, 370.000 operai agricoli non raggiungono i 9 euro lordi all’ora».Vero, dall’inizio del 2021 sono stati creati oltre 830.000 posti di lavoro (in aumento, rispetto agli anni precedenti). Ma quasi il 90% di questi nuovi lavori creati «è stato attivato con un contratto a termine». Modeste – e inferiori al 2020 – le posizioni a tempo indeterminato. «Da luglio, l’eliminazione del vincolo ha prodotto 10.000 licenziamenti». In che modo, si domanda l’analista di “Micromega”, questi dati sono coerenti con le dichiarazioni che Draghi ha dedicato ai giovani? «Il mio impegno – ha detto – è seguire le vostre ambizioni, dopo anni in cui l’Italia si è dimenticata di voi». La promessa: «Fare in modo che questa ripresa sia duratura e sostenibile». La retorica del “niente sarà più come prima”, del “ne usciremo tutti migliori” che ci ha allegramente accompagnato durante la pandemia – scrive Barbati – deve ora fare i conti con una realtà dura a morire, perché frutto di politiche durate decenni. «La pandemia, che ha squadernato un paese in cui pochi hanno tanto e molti hanno poco, rischia di finire esattamente come era iniziata. Senza un cambio di direzione verso una giustizia distributiva e sociale».L’applicazione della Costituzione, continua Barbati, dovrebbe essere la stella polare per le riforme e gli investimenti del Recovery Plan. Invece il Pnrr (230 miliardi di euro di risorse insperate) «rischia di andare a favore dell’alta economia e di cambiare poco o niente nella vita comune di cittadini, studenti, lavoratori e imprese». In effetti, «già prima della pandemia globale, l’Italia era contrassegnata da forti disuguaglianze, gap e divari generazionali, di genere, territoriali e sociali». E ora «il Recovery, che è il più grande piano d’investimenti pubblici della storia repubblicana, rischia di vedere il mercato e non la politica come principale regolatore dell’economia». Non solo. «Concretamente, il Piano rischia di essere una sommatoria di progetti, al momento senza un coordinamento visibile, con misure eterogenee che mancano di un progetto-paese in grado di creare un modello di sviluppo sostenibile non a favore di alta finanza e poche grandi imprese – come avvenuto negli ultimi 30 anni – ma a vantaggio della vita delle persone in armonia con l’ambiente».Per Barbati, «manca un riscontro sulla ricaduta nella creazione di lavoro, nella rigenerazione urbana, nella riconversione ambientale». Il portale che il governo ha dedicato al Recovery Plan (“Italia Domani”) prevede la condivisione sugli esiti dei singoli progetti, ma senza informazioni su ogni fase del processo attuativo, come tra l’altro chiesto dall’Europa. «Sul piatto della transizione ecologica ci sono 70 miliardi, ma nei documenti inviati a Bruxelles mancano impegni chiari sulla sostituzione graduale del carbone e del gas naturale». La mobilità sostenibile? Vale 31 miliardi in nuove infrastrutture: ma «privilegia i treni Av anziché il trasporto locale, regionale e cittadino». C’è anche il rischio di aumentare, anziché diminuire, «il divario tra nord e sud, tra aree ricche e povere». E questo «perché ci saranno enti locali in grado di sfruttare i bandi e altri incapaci di farlo». La quarta missione (istruzione e ricerca) stanzia complessivamente 33 miliardi, di cui quasi 12 per la ricerca. «Sparisce il piano Amaldi, che proponeva un aumento dei fondi per la ricerca pubblica nella misura di 15 miliardi in 5 anni, per far sì che l’Italia passasse dallo 0,5% del Pil in ricerca pubblica allo 0,7% francese».Se Barbati approva (almeno sulla carta) il piano per l’edilizia scolastica e gli asili nido, punta il dito sul tema della concorrenza: la soluzione è davvero aprire ai mercati, in tutti i settori, «in nome dell’ideologia neoliberista superata dai fatti e dalla storia»? Nel Piano si impone agli enti pubblici «una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto del mancato ricorso al mercato». Soluzione che in alcuni casi potrebbe essere utile – dice Barbati – per spezzare le rendite, i monopoli troppo garantiti, i legami clientelari con la politica; in altri casi, però, «potrebbe essere deleteria, perché in passato le “liberalizzazioni” hanno riguardato servizi di interesse generale, come i monopoli naturali attraverso concessioni esclusive ai privati». Esempi? «Il caso Autostrade: 11 miliardi di utili per Benetton & soci, continui aumenti delle tariffe, risparmi e negligenza assassina sugli investimenti in sicurezza. La storia recente dimostra che le “public utilities” (il trasporto pubblico, i servizi idrici, le reti ad alta velocità) non dovrebbero più dipendere dal dominio di logiche di profitto, perché sono servizi di interesse generale». Conclude Barbati: non si capisce come il Pnrr possa contrastare la precarietà. «Istruzione, sanità, welfare universale rischiano ancora una volta di essere sacrificate sull’altare delle grandi opere e degli affari per pochi».«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).
-
Eccoci, finalmente: ora comincia la grande diserzione
Le grandi rivoluzioni, si dice, sono sempre state progettate, innescate e dirette da formidabili élite avanguardistiche. Vero, ma poi che fine han fatto, quei rivolgimenti? Quanto alle élite, oggi sembra disastrosamente crollato il loro prestigio: persino l’oceanico astensionismo che ha rimpicciolito le ultime elezioni italiane (amministrative, per giunta: tradizionalmente partecipate) suona come una campana a morto, per chi è solito utilizzare pedine locali. Sembra un avviso rivolto non solo al super-governo del Tecnocrate, ma in fondo anche alle possibilità dell’intera politica liberale, democratica, completamente svuotata. L’arena è ormai percepita come corrotta, infiltrata, devitalizzata: nemica, addirittura. Manipolata proprio dai mediocri, impresentabili terminali di quelle stesse élite che oggi esternano il loro delirio globalista a vocazione totalitaria. Lo fanno senza più nemmeno nascondersi, dichiarando in modo esplicito i loro obiettivi apertamente zootecnici. Imperativi categorici e funesti, monotoni e minacciosi: magari inventano emergenze e pandemie, mettendo in croce i sistemi sanitari con artifici criminosi.
-
Draghistan, il regime del ricatto: nessuno peggio di noi
Chi è che dà di matto sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Quest’ultimo nome non appare mai, nei media italiani, chiusi nella loro bolla provinciale. Figuriamoci se lo pronunciano i parlamentari, i governanti, prigionieri di questa bolla e pronti a imprigionarvi tutti gli italiani. Milanović è semplicemente il presidente della Croazia, un paese membro dell’Unione Europea, della Nato, del Consiglio d’Europa. E’ un esponente storico del Partito Socialista Europeo, lo stesso di tanti illustri colleghi di questo Parlamento schiacciato dai decreti. Ebbene, il 10 settembre scorso, il signor Milanović ci ha spiegato in modo chiaro quanto di più antitetico si possa immaginare, rispetto al Green Pass nostrano. Pur in un discorso in cui valorizza l’opportunità del vaccino, infatti, il presidente croato dice, testualmente: «Il delirio dei media per il Covid-19 è eccessivo. Dovremmo conoscere lo scopo di tutto questo delirio. Se qualcuno mi dice che l’obiettivo è sradicare completamente il coronavirus, gli dirò che è una follia: è impossibile. Ciò che conta ora è l’adeguamento e la ripresa della vita normale». E aggiunge: «E’ folle sostenere la cultura ossessiva della sicurezza».Sottolineo: la cultura ossessiva della sicurezza. Dice ancora Milanović: «Nessuno può essere assolutamente sicuro e protetto, non c’è vita senza il rischio di malattie». Puntando sui media, Milanović aggiunge: «Quel che fanno equivale a seminare il panico. E sono gli unici a farlo, dall’inizio della pandemia. Semplicemente, non esiste una sicurezza assoluta che escluda ogni possibilità di ammalarsi. Le persone sviluppano migliaia di malattie più gravi, mentre da un anno e mezzo commentiamo soltanto il Covid. Da mesi sento solo pareri senza senso». E chiude così: «Basta, tormentare la gente chiedendo ossessivamente di vaccinarsi a chi non vuole». Molti di voi, chiusi nella bolla tutta italiana della paura, la bolla esclusivamente italiana della paura, si chiederanno: ma è diventato matto, questo presidente? Non è mica saggio come i nostri capi, che ci dicono che dobbiamo avere tanta paura, “paurissima”. E’ stato proprio Draghi, infatti a dire: «Non ti vaccini? Ti ammali e muori, oppure fai morire gli altri. Non ti vaccini, contagi, così lui e lei muoiono». Sembra una vecchia gag.E mentre sillabava questa paura primordiale della morte, senza distinzioni tra gli anziani che rischiano e i ragazzini che non rischiano nulla, ha giustificato il Green Pass più rigido del pianeta, il lasciapassare più opprimente e illogico, la limitazione più vasta e senza precedenti, in tutto l’Occidente, delle libertà personali, del lavoro, della scuola, dell’università, del viaggio. Non contenti, Draghi e gli altri suoi profeti della paura hanno esteso sempre di più un sistema di estorsione, quella che Milanović avrebbe chiamato “cultura ossessiva della sicurezza”. Allora ripeto la domanda, ma stavolta per tutti i paesi europei e tutti i governi del continente: chi è il folle, sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Be’, questo referendum europeo è stato già fatto. Nessun paese si sogna di chiedere, alle persone sane, le cose che chiede – anzi, impone – il governo Draghi. Nessun governo fomenta la paura per far dimenticare, nel mentre, i regali miliardari che i tecnocrati di Draghi fanno agli oligarchi che si mangiano le autostrade e le banche.Nessun governo europeo si è voluto spingere dove si spinge il governo italiano, e nessuno ha gestito le cose in modo peggiore: tutti hanno sostanzialmente meno contagi e meno morti. Forse perché trattano le persone come cittadini, non come sudditi. E forse credono nella normale persuasione, non nel bullismo. Noi de “L’Alternativa” vediamo, già ora, 46 alternative: gli altri 46 membri del Consiglio d’Europa fanno meglio. Il governo Draghi ha ingabbiato, unico al mondo, un’intera Repubblica nata libera, trasformandola in un sistema che ha trasformato ogni casa in una dogana, ogni ufficio in una frontiera, ogni scuola in un check point, ogni aula in un confine, ogni piazza in una succursale della questura, ogni mensa in una segregazione. Mentre i cittadini di mezzo mondo vengono liberati dalle restrizioni, i sudditi del Draghistan sono gravati ogni settimana di nuovi ricatti. E quest’ultimo decreto è l’apoteosi dei ricatti, perché oltre ai cittadini ricatta il “tempio della democrazia”, il Parlamento, che non può più discutere né correggere nulla, bombardato dai voti di fiducia.Viene promessa una cosa impossibile, l’immunità di gregge, mentre quello che si vuole davvero – coi voti di fiducia a raffica, sulla riforma della giustizia – è l’impunità di gregge. Vogliono mettere mano al bilancio dello Stato con la riorganizzazione del Recovery Plan, per consegnare i piani miliardari a degli avventurieri che cianciano di transizioni ecologiche e sanitarie per creare le condizioni della loro impunità, se qualche giudice vorrà mettere becco nelle loro scorribande. Ecco perché a Draghi, e a tutta questa maggioranza irresponsabile, non serve un paese che si riprende davvero: serve un paese impaurito, un paese esausto. Serve un popolo che, per non cadere nell’indigenza, deve credere e obbedire – combattere no, quello mai. Il governo Draghi vuole un popolo passivo che accetti di avere una libertà a rate, che non discuta mai questo stato di emergenza interminabile, mentre altrove è già terminato. Vuole educare una generazione di giovani a essere pronta a terze e quarte dosi, in cambio di briciole di libertà.Se ne parla con una leggerezza che fa venire i brividi: nessun principio di prudenza. Ministri che non saprebbero distinguere un virus da un paracarro sono già certi che tutto sarà sicuro anche per i bambini. Senza nessun criterio scientifico estendono il Green Pass per i vaccinati da 9 a 12 mesi: neanche i pubblicitari della Pfizer sono così spudorati. E almeno, loro fanno il mestiere. Vorrei chiedere a Speranza: ma lei che mestiere fa, signor ministro, oltre a fare il Ministro della Paura? Non sa che contagiamo anche da vaccinati? E allora non ha senso, il Green Pass. In tutta Europa i tamponi sono praticamente gratis: lo volete riconoscere, questo? Si trovano a ogni angolo di strada, e non si assilla la gente. Perciò le adesioni ai vaccini avvengono nel rispetto della dignità umana. Invece, qui in Italia i prezzi dei tamponi sono il paradiso degli speculatori sanitari, oltre ogni giustificazione economica o scientifica. È un ricatto politico da estorsori ed eversori, particolarmente odioso verso i poveri. Ed è anche una forma di austerity mascherata, che dà al governo l’immenso potere di sacrificare interi settori economici. Qualcuno, ai piani alti – con banche compiacenti – comprerà le aziende fallite a prezzo vile.C’è un problema-democrazia: sentiamo una marea di personalità che “scomunicano” con furore ogni forma di dissenso. Quel che proponiamo è un ritorno alla scienza, alla razionalità, al buon senso. Basta, con questo maccartismo fuori tempo. L’Italia ha meno dell’1% della popolazione mondiale, ma crede fortemente che, anche per il rimanente 99% dell’umanità, la questione Covid sia affrontata negli stessi modi, con le stesse “virustar” a dominare gli schermi. Vi diamo una notizia: fuori dalla bolla-Italia, esiste un mondo intero “Burioni free”. Un mondo che ha sì cambiato, com’è giusto, la propria profilassi, ma fa meno drammi: e fa stare meglio la gente. E non si sogna di manomettere le libertà con un Green Pass che può prestarsi a ogni abuso. Ogni tanto l’Italia vuole sperimentare l’originalità di nuove misure autoritarie, con il plauso di un sistema dei media che ormai “vuole i colonnelli”, impedendo al popolo di conoscere le libertà godute da altri paesi. E finisce per sperimentare le solite vecchie catastrofi. Non andrà tutto bene: noi non daremo il Green Pass al governo della catastrofe. Ora più che mai occorre che costruiamo l’Alternativa alla catastrofe.(Pino Cabras, “Noi siamo l’alternativa a questo governo della catastrofe”, discorso pronunciato in una conferenza alla Camera il 22 settembre 2021. Eletto deputato coi 5 Stelle e poi fuoriuscito dal gruppo grillino, Cabras – storico collaboratore di Giulietto Chiesa – è l’animatore del neonato movimento “L’Alternativa c’è”).Chi è che dà di matto sul Covid, Mario Draghi o Zoran Milanović? Quest’ultimo nome non appare mai, nei media italiani, chiusi nella loro bolla provinciale. Figuriamoci se lo pronunciano i parlamentari, i governanti, prigionieri di questa bolla e pronti a imprigionarvi tutti gli italiani. Milanović è semplicemente il presidente della Croazia, un paese membro dell’Unione Europea, della Nato, del Consiglio d’Europa. E’ un esponente storico del Partito Socialista Europeo, lo stesso di tanti illustri colleghi di questo Parlamento schiacciato dai decreti. Ebbene, il 10 settembre scorso, il signor Milanović ci ha spiegato in modo chiaro quanto di più antitetico si possa immaginare, rispetto al Green Pass nostrano. Pur in un discorso in cui valorizza l’opportunità del vaccino, infatti, il presidente croato dice, testualmente: «Il delirio dei media per il Covid-19 è eccessivo. Dovremmo conoscere lo scopo di tutto questo delirio. Se qualcuno mi dice che l’obiettivo è sradicare completamente il coronavirus, gli dirò che è una follia: è impossibile. Ciò che conta ora è l’adeguamento e la ripresa della vita normale». E aggiunge: «E’ folle sostenere la cultura ossessiva della sicurezza».
-
Carcere, se si nega ancora la pericolosità del wireless 5G
Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».Naturalmente, in Italia, di 5G è praticamente vietato parlare: chi è vicino al potere si mette a ridere, appena qualcuno accenna alle diffuse preoccupazioni per il wireless di quinta generazione, che si è fatto strada in modo particolarmente subdolo. Proprio per agevolare l’installazione della rete 5G sarebbero stati rasi al suolo decine di migliaia di grandi alberi, nei centri abitati della penisola. E lo stesso governo inglese, come documentato da Massimo Mazzucco, ha ammesso la correlazione: le fronde degli alberi (ricche di acqua) frenano la trasmissione del segnale, assorbendo le onde. In una sconcertante intervista realizzata da Red Ronnie, un prestigioso medico come Massimo Melelli Roia ha ricordato che, durante il lockdown 2020, gli unici “lavori in corso” erano quelli – semi-clandestini, anche notturni – per l’installazione delle antenne 5G. Il dottor Roia è fra quanti temono danni incalcolabili, anche neurologici, da ogni tipo di rete wireless.Vari scienziati – ricorda Melelli Roia – parlano addirittura del rischio di estinzione dell’umanità, nell’arco di sole 5 generazioni, a causa dell’infertilità maschile che potrebbe essere indotta dalle emissioni d’onda, capaci di manomettere il nostro assetto genetico. Se in Germania a finire nei guai è stato un personaggio come Lerchl, è la stessa autorità pubblica, in materia (l’Icnirp, un ente privato con sede a Monaco) a negare tuttora che il 5G possa rappresentare un pericolo. La corte di Brema ha condannato Lerchl anche per aver falsificato il materiale esibito, nel tentativo di dimostrare l’innocuità del nuovo wireless. Nulla che sfiori il governo italiano, dove è presente un super-tecnocrate come Vittorio Colao, massimo “profeta” del 5G nel Belpaese. Sul wireless di quinta generazione, del resto, si basano le proiezioni del Grande Reset di Davos, adottate dal Green New Deal dell’Unione Europea. Avanti tutta, verso quello che – insieme alla campagna “vaccinale” – ha l’aria di poter essere il peggior attentato alla salute pubblica nella nostra storia?Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».Naturalmente, in Italia, di 5G è praticamente vietato parlare: chi è vicino al potere si mette a ridere, appena qualcuno accenna alle diffuse preoccupazioni per il wireless di quinta generazione, che si è fatto strada in modo particolarmente subdolo. Proprio per agevolare l’installazione della rete 5G sarebbero stati rasi al suolo decine di migliaia di grandi alberi, nei centri abitati della penisola. E lo stesso governo inglese, come documentato da Massimo Mazzucco, ha ammesso la correlazione: le fronde degli alberi (ricche di acqua) frenano la trasmissione del segnale, assorbendo le onde. In una sconcertante intervista realizzata da Red Ronnie, un prestigioso medico come Massimo Melelli Roia ha ricordato che, durante il lockdown 2020, gli unici “lavori in corso” erano quelli – semi-clandestini, anche notturni – per l’installazione delle antenne 5G. Il dottor Roia è fra quanti temono danni incalcolabili, anche neurologici, da ogni tipo di rete wireless.Vari scienziati – ricorda Melelli Roia – parlano addirittura del rischio di estinzione dell’umanità, nell’arco di sole 5 generazioni, a causa dell’infertilità maschile che potrebbe essere indotta dalle emissioni d’onda, capaci di manomettere il nostro assetto genetico. Se in Germania a finire nei guai è stato un personaggio come Lerchl, è la stessa autorità pubblica, in materia (l’Icnirp, un ente privato con sede a Monaco) a negare tuttora che il 5G possa rappresentare un pericolo. La corte di Brema ha condannato Lerchl anche per aver falsificato il materiale esibito, nel tentativo di dimostrare l’innocuità del nuovo wireless. Nulla che sfiori il governo italiano, dove è presente un super-tecnocrate come Vittorio Colao, massimo “profeta” del 5G nel Belpaese. Sul wireless di quinta generazione, del resto, si basano le proiezioni del Grande Reset di Davos, adottate dal Green New Deal dell’Unione Europea. Avanti tutta, verso quello che – insieme alla campagna “vaccinale” – ha l’aria di poter essere il peggior attentato alla salute pubblica nella nostra storia?Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».
-
Sangue sul Chianti: anatomia di un’Italia in emergenza
“Scarabeo”, “La loggia degli innocenti”, “Le rose nere di Firenze”: quello che non ha potuto dire apertamente, come investigatore, il commissario Michele Giuttari lo ha scritto – usando nomi di fantasia – nei suoi fortunatissimi romanzi polizieschi. Lo afferma l’avvocato Paolo Franceschetti, indagatore dell’ombra: quella da cui nascono alcuni fra i più atroci incubi italiani, tra cui i cosiddetti omicidi rituali. Spaventosi gialli in parte ancora irrisolti, come quelli attribuiti alla banda chiamata Mostro di Firenze. A un passo dalla svolta definitiva arrivò proprio lui, Giuttari, insieme al procuratore perugino Giuliano Mignini, quando i Compagni di Merende allusero al “dottore di Perugia” come possibile mandante: le acque del Lago Trasimeno restituirono un corpo, frettolosamente attribuito a quel giovane medico. Non annegato, si seppe poi, ma strangolato. Una volta riesumato e messo a confronto con le foto del cadavere ripescato, si scoprì che si trattava di due persone diverse. Il morto del lago (mai scoperto chi fosse) doveva solo servire a convincere tutti che il povero medico fosse davvero caduto in acqua, trovandovi la morte.Il colpo di genio? Far rilevare le impronte digitali alla salma, nel dubbio che fosse stato proprio lui – il dottore – a sfidare il pool di Firenze, spedendo ai magistrati alcuni macabri frammenti dei cadaveri straziati delle coppiette uccise. Bingo: quando il super-detective corse a frugare nell’archivio super-blindato dei reperti, scoprì che era stato appena saccheggiato. Le lettere-chiave, sparite. Altro avvertimento: nel cortile della questura, le gomme dell’auto del commissario erano state tagliate. Poco dopo, Michele Giuttari lasciò la polizia. E insieme al magistrato di Perugia, fu perseguitato con accuse giudiziarie pretestuose (poi sgonfiatesi, ma solo dopo aver allontanato lui e il giudice dal vero Mostro di Firenze). Oggi, Michele Giuttari è un autore di bestseller tradotti e venduti in tutto il mondo, in oltre cento paesi diversi. Un prodigioso macinatore di trame mozzafiato e di parole asciutte, esatte, precise come le indagini che ne avevano fatto un campione della polizia italiana.Un implacabile cacciatore di mafiosi, Giuttari. Criminali di primo livello, come i killer di Cosa Nostra che avevano fatto scoppiare le bombe stragistiche di Milano, Firenze e Roma, all’inzio degli anni ‘90, quando l’Italia – caduto il Muro di Berlino – “doveva” finire in pasto ai poteri finanziari che controllano l’Ue, e andare incontro alla buia morsa dell’austerity. Poteri che utilizzarono largamente tutto il marcio su cui aveva galleggiato la mitica Prima Repubblica, prospera e corrotta. Analisti e politologi, negli ultimi anni, hanno ricostruito il quadro: la demolizione dei vecchi partiti, ormai inutili e spesso impresentabili, non sarebbe mai potuta avvenire se la magistratura di Milano non si fosse “accorta”, di colpo, del dilagare del pubblico malaffare. Gli inafferrabili mafiosi? I capi storici sarebbero stati arrestati, anche quelli, ma solo dopo aver “sistemato” Falcone e Borsellino, che si erano spinti oltre, seguendo la pista dei soldi che probabilmente collegava Brooklyn e Bruxelles, magari passando anche per il vecchio Ior e gli affari di Calvi e Sindona, altri due personaggi (di taglia ben diversa) messi a tacere a tempo debito.Oggi è di moda parlare di Deep State: il punto di saldatura tra super-tecnocrati “collaborazionisti”, colletti bianchi della nuova mafia e mercenari dell’establishment al soldo di un potere apolide, quello del denaro, insieme a precisi segmenti dell’apparato statale, le “barbe finte”, gli 007 senza bandiera incaricati delle operazioni più inconfessabili. Un sottobosco che, pian piano, emerge anche dalle pagine di “Sangue sul Chianti”, ultima fatica letteraria di Michele Giuttari, che opera sul campo attraverso il suo alter ego cartaceo, il commissario Ferrara. Non un giallo politico, beninteso: trattasi di noir puro, composto – con un’orchestrazione perfetta, cronometrica e implacabile – per la gioia degli amanti di questo genere narrativo che, secondo la francese Fred Vargas, viene ormai utilizzato sempre più spesso, dagli scrittori, per “rifugiarsi” nel pretesto di una trama poliziesca. Un luogo protetto, da cui dire la loro su come va il mondo, per davvero, anche portando allo scoperto i fili invisibili che legano un assassino ai suoi insospettabili, illustri mandanti.E così, anche “Sangue sul Chianti” – un libro che letteralmente si lascia divorare, alla velocità della luce – mette in scena un teatro d’ombre in cui finiscono per muoversi affaristi di provincia e piccoli drogati, brutali spacciatori stranieri ma anche clan mafiosi con libero accesso a paradisi fiscali. Tutti retroscena perfettamente noti ai soliti apparati, quelli d’intelligence, che – lungi dall’intervenire – sfruttano la situazione: e se proprio si mette male, se cioè spunta qualche “sbirro” troppo sveglio, sono anche pronti a far scorrere il sangue, sul Chianti e non solo, magari per occultare tracce che renderebbero evidente la reale natura del gioco, non presentabile al cittadino comune che si ciba di cronaca, magari nera. Ed è quella, infatti, a dominare il libro, che sa offrire benissimo la percezione della crescente insicurezza sociale, nella Firenze del 2005, mentre l’Italia sta scivolando giorno per giorno verso l’inesorabile crisi economica che, di lì a non molto, la porterà a genuflettersi davanti alle nuove, o forse antiche divinità bancarie dell’Unione Europea.Nel fondamentale memoir “Confesso che ho indagato”, titolo che rifà il verso alla strepitosa autobiografia di Pablo Neruda, Giuttari insiste su un punto cardine: guai a delegare alla sola tecnologia il compito di risolvere le indagini, perché niente potrà mai sostituire il lampo dell’intelligenza (non artificiale) che nasce dalla sensibilità – umanissima – del poliziotto che scava nel buio, nel dolore dei parenti delle vittime e tra le pieghe della scena del crimine, attingendo anche al talento naturale da cui nascono le migliori intuizioni. Certo, occorre essere maestri nell’arte dell’interrogatorio, prima che intervenga – in modo magari maldestro e ingombrante – il protagonismo della magistratura inquirente (non altrettanto dotata, nella specialità in cui eccellono gli “sbirri” purosangue, che sanno fiutare la preda). Così, anche stavolta, gli appassionati del legal thriller e del poliziesco classico troveranno pane per i loro denti, osservando in azione gli uomini del commissario Ferrara: riconosceranno il piglio inconfondibile di indagini condotte a misura d’uomo, inclusi gli inevitabili errori, lontanissimo dagli effetti speciali di tante, recenti polizie televisive.Puntare l’uomo, marcarlo stretto, indovinargli l’anima: sapendo che la possibile cantonata è sempre dietro l’angolo, e che l’assassino potrebbe anche essere la persona di cui, da sempre, ti fidi di più. “Sangue sul Chianti” mostra, in modo esemplare, di che pasta erano fatti gli investigatori italiani della vecchia guardia, come i segugi che – in Sicilia – finirono spesso nel tragico cimitero dell’antimafia, durissima trincea dalla quale proveniva lo stesso Giuttari, messinese d’origine. Il suo ultimo noir punta in alto: lo sporco si annida proprio lassù, nel vertice della piramide, in tutte le sue declinazioni (pubbliche e private). Brillano diamanti e sfavilla il lusso, nel paradiso dorato del “Chiantishire”, che d’un tratto può colorarsi di rosso come il Sangiovese. Ma il male ha sempre bisogno di collaborazione, anche da parte della gente minuta: le debolezze umane sono in agguato ovunque, a poco prezzo. E fanno parte, anche loro, di una trama formidabile, che tiene insieme cacciatori e lepri, vivi e morti, guardie e ladri. Il piccolo delinquente, l’uomo comune che cede alla tentazione solo per una volta, nella vita. E il più pericoloso criminale tuttora a piede libero: il potere.Sbaglierebbe, chi vedesse nell’autore Michele Giuttari una specie di anarchico travestito da ex poliziotto: la severità del suo sguardo politico è la stessa di chi ha creduto, in modo incrollabile, nelle istituzioni di un’Italia risorta dalle macerie dell’ultima guerra mondiale. In tutt’altra maniera, ne dà prova anche uno scrittore come Giuseppe Genna nel thriller “Nel nome di Ishmael”, che lambisce il dramma della sparizione dei bambini: lo fa in una pagina memorabile, dedicata al “sacrificio” di Enrico Mattei come eroico edificatore civile dell’Italia democratica del dopoguerra. Se oggi – 2021, anno secondo dell’Era Covid – il paese è diventato letteralmente irriconoscibile, in fondo anche le pagine di “Sangue sul Chianti” sembrano suggerire che forse non tutto è perduto, se a far tardi la notte (anche rischiando la pelle) ci sono uomini come quelli della Squadra Mobile del commissario Ferrara.(Il libro: Michele Giuttari, “Sangue sul Chianti”, Fratelli Frilli Editore, 467 pagine, euro 18,90).“Scarabeo”, “La loggia degli innocenti”, “Le rose nere di Firenze”: quello che non ha potuto dire apertamente, come investigatore, il commissario Michele Giuttari lo ha scritto – usando nomi di fantasia – nei suoi fortunatissimi romanzi polizieschi. Lo afferma l’avvocato Paolo Franceschetti, indagatore dell’ombra: quella da cui nascono alcuni fra i più atroci incubi italiani, tra cui i cosiddetti omicidi rituali. Spaventosi gialli in parte ancora irrisolti, come quelli attribuiti alla banda chiamata Mostro di Firenze. A un passo dalla svolta definitiva arrivò proprio lui, Giuttari, insieme al procuratore perugino Giuliano Mignini, quando i Compagni di Merende allusero al “dottore di Perugia” come possibile mandante: le acque del Lago Trasimeno restituirono un corpo, frettolosamente attribuito a quel giovane medico. Non annegato, si seppe poi, ma strangolato. Una volta riesumato e messo a confronto con le foto del cadavere ripescato, si scoprì che si trattava di due persone diverse. Il morto del lago (mai scoperto chi fosse) doveva solo servire a convincere tutti che il povero medico fosse davvero caduto in acqua, trovandovi la morte.
-
Covid, guarirete da casa: la tardiva verità dei mascalzoni
Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno mezzo – e 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti – non curati, e ormai gravi – finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?Non è finita: si scopre che i famosi farmaci monoclonali (basati sull’intuizione di Giuseppe De Donno, quella del plasma iperimmune) sono già disponibili dal 7 agosto. E non solo: il direttore dell’Aifa, Giuseppe Magrini, in un’intervista al “Corriere della Sera” (l’8 agosto) ha annunciato che il 30 settembre avrà termine la Grande Campagna Vaccinale di Massa, incentivata dalla “macelleria democratica” introdotta con il Green Pass e il Tso obbligatorio imposto brutalmente a medici, infermieri, insegnanti e studenti, da parte di un governo che ora preme anche sui bambini e, in ogni caso, vieta ai “renitenti” l’accesso a bar e ristoranti, cinema e teatri, mostre e musei, palestre, discoteche, stadi sportivi, concerti e mezzi di trasporto pubblici (per ora, i treni a lunga percorrenza). Misure che sfidano la Costituzione e irritano una parte del sistema giudiziario (Magistratura Democratica), dato il carattere pericolosamente discriminatorio, che ha spinto più d’uno a parlare di “apartheid”.A insorgere (come in Piemonte) sono gli stessi operatori preposti ai controlli, che annunciano che si rifiuteranno di effettuare le verifiche per scoprire chi è davvero in possesso del lasciapassare: l’avvertimento – pubblico – arriva da Protezione Civile, Croce Rossa, Anpas e Associazione Nazionale Carabinieri, mentre la stessa Regione Piemonte scrive al Garante della Privacy per spiegare perché gli esercenti piemontesi non intendono trasformarsi in gendarmi, rendendo grottesco un provvedimento adottato (in questi termini) solo dalla Francia di Macron, oltre che dall’Italia di Draghi e Mattarella. Sullo sfondo, i segnali in arrivo parlano chiaro: cure domiciliari, farmaci monoclonali e fine del tour de force del generale Figliuolo, che ormai intuisce prossima la soglia che vedrà il 70% degli italiani disposti a subire l’inoculo genico, impropriamente chiamato “vaccino”. Tutti indizi che lasciano presagire l’avvicinarsi della fine dell’incubo psico-sanitario inaugurato dal folle lockdown nazionale del 2020 e proseguito con zone rosse e coprifuoco.Scontata la responsabilità dei medici ospedalieri, incolpevoli, che nel marzo 2020 si calcola abbiano contribuito alla morte di moltissimi pazienti, cui fu somministrato ossigeno anziché eparina: i sanitari scambiarono per polmoniti le tante trombo-flebiti improvvisamente c comparse. Resta però il nodo – tutto politico – della questione: i corpi furono inceneriti senza esequie, e soprattutto senza effettuare autopsie, come richiesto dal ministero della sanità. Proprio la violazione di questa pazzesca disposizione permise poi, ai sanitari, di cominciare a “leggere” correttamente la patologia, trovando infine le contromisure cliniche. Con però un enorme limite oggettivo: all’ospedale finivano persone (quasi sempre anziane e già molto malate) ormai alle prese con difficoltà respiratorie acute e la compromissione grave degli organi vitali. Ai medici ospedalieri – rianimatori, in primis – fu quindi chiesto qualcosa di mostruoso: dover necessariamente scegliere chi salvare e chi no, data la marea dei ricoveri simultanei.E tutto questo, dopo che il governo Conte aveva “dimenticato” di aggiornare e comunque attuare il piano dell’Oms per l’emergenza pandemica, che avrebbe verosimilmente limitato i danni, attraverso misure tempestive e selettive. Ma peggio: nonostante la catastrofe della primavera 2020, le negligenze criminose e i reiterati avvertimenti di moltissimi medici (come quelli che ad aprile segnalarono a Speranza l’efficacia di farmaci come il cortisone, senza ricevere uno straccio di risposta dal ministro), si è continuato stolidamente – nell’ultimo semestre di Conte e nel primo di Draghi – a ignorare la scoperta dell’acqua calda, che poi sarebbe questa: se si viene curati in modo ordinario ma tempestivo, a casa, e con farmaci normalissimi, è quasi impossibile finire all’ospedale, anche se si è molto anziani. Lo dimostra il bilancio esibito dai medici-eroi dell’associazione Ippocrate: 60.000 guarigioni domiciliari su 60.000 pazienti, senza neppure un ricovero.Una verità semplicemente insopportabile – ha spiegato Massimo Mazzucco, nel reportage “Covid, le cure proibite” (nel frattempo rimosso da YouTube) – per chi aveva già deciso, da chissà quanto tempo, che dall’incubo di dovesse uscire in un solo modo: con l’inoculo del materiale genico abusivamente chiamato “vaccino”. Spiega Mazzucco: se fosse stata ammessa per tempo, in via ufficiale, l’esistenza di efficaci terapie (quella che viene ammessa oggi, con oltre un anno di ritardo), sarebbe stato impossibile ottenere dall’Ema, e quindi dall’Aifa, l’autorizzazione per i “vaccini genici”, che per legge hanno lo status di farmaci “sperimentali” fino al 31 dicembre 2023. Chiaro, no? Convalidando le cure precoci, sarebbe stato impossibile somministrare quei farmaci, non ancora testati per anni, come invece i vaccini veri e propri. Domanda Mazzucco: quante persone sono morte, nel frattempo, perché lasciate senza cure per troppi giorni e quindi ricoverate ormai tardi? Quante vittime è costato, questo scherzetto che intanto ha fruttato decine di miliardi?E a proposito di business: quello dei tamponi, finora usati come bocca della verità per quantificare i contagi, vale almeno dieci volte tanto, rispetto a quello dei “non-vaccini”. Kery Mullis, Premio Nobel per la Chimica, è l’inventore del test Pcr: ha dichiarato che, se si vuole, si scopre qualsiasi virus in chiunque. Affermazione clamorosa, che i debunker del mainstream (quelli che fanno sparire i video da YouTube) si sono affrettati a smentire in ogni modo: Mullis non avrebbe mai sconsigliato di utilizzare il tampone come cartina di tornasole per il coronavirus. Peccato che a confermarlo siano fior di medici: se si aumentano le “amplificazioni” del campione, portandole a 40-45 (contro le 20-25 consigliate) dal prelievo biologico può emergere di tutto, anche tracce di vecchie influenze, che è facilissimo protocollare come “Covid”. Il dottor Mariano Amici – 2.000 pazienti Covid curati e guariti nelle loro case, a Roma, nel giro di un anno – è diventato famoso, in televisione (fino a essere “cacciato” da Bruno Vespa) facendo risultare “positivo al Covid” un frutto come il kiwi, sottoposto a tampone.I grandi media – tutti asserviti al potere della narrazione dominante (salvo rarissime eccezioni) – hanno partecipato all’operazione psico-terroristica, incoraggiata da Conte anche con moneta sonante: per un anno e mezzo, non hanno fatto altro che amplificare il panico e silenziare chiunque annunciasse soluzioni. Negli ultimi mesi, non potendo più esibire tenebrose processioni di feretri, hanno finto di scambiare i contagi (chiamandoli “casi”) per vere e proprie patologie ospedaliere, sposando in pieno il delirio dei due governi-Covid e dei loro tecnocrati, installati nei posti di comando, a cui hanno fatto eco – ininterrottamente – i virologi televisivi nostrani (tra gli scienziati meno quotati al mondo, stando al ranking ufficiale che si basa sulla reale attività scientifica prodotta). Mai ascoltato un Nobel come Montagnier, e men che meno gli eminenti epidemiologi anti-Ebola che, attraverso la Great Barrington Declaration, già nel 2020 denunciarono la follia delle restrizioni, completamente inutili per il Covid, raccomandando invece l’unica via maestra: le terapie domiciliari sollecite.Così si è arrivati al doppio disastro: la strage sanitaria, divenuta anche umanitaria – con numeri in realtà non controllabili – e la strage politico-democratica, con le proibizioni imposte da Conte (inaudite e terribili, ma temporanee) ora trasformate nella versione di Draghi (meno drastiche ma altrettanto vessatorie, e in più a carattere potenzialmente permanente), di fronte a un ipotetico virus che – lo ha ammesso il Cdc, l’istituto superiore di sanità Usa – non è mai stato neppure “isolato” con certezza, ma solo “sequenziato”. Non a caso, infatti, il “rivoluzionario” preparato genico spacciato per vaccino, celebrato da Big Pharma come vanto della Scienza, non contiene l’agente patogeno, come invece i normali vaccini antinfluenzali: non lo contiene perché, tecnicamente, non esiste? Domanda non peregrina: il professor Stefano Scoglio, candidato al Nobel per la Medicina nel 2018, ha ricordato che lo stesso virus Hiv potrebbe non essere mai esistito, come tale.Non si tratterebbe di una frode scientifica, ha chiarito un chimico farmaceutico come Matt Martini, ma di un possibile, colossale abbaglio: le particelle molecolari oggi chiamate ancora “virus Rna”, un giorno, potrebbero rivelarsi una chimera? Ossia: impronte di materia mai davvero isolate, e “lette” come tali solo in base ad algoritmi digitali, cioè senza ordinari riscontri biologici da laboratorio? Se questa ipotesi fosse confermata, come suggeriscono alcuni scienziati di livello mondiale – aggiunge Martini – la stessa scienza potrebbe trovarsi di fronte alla storica necessità di rivedere i propri paradigmi. Ma intendiamoci: si tratta di riflessioni che in Italia hanno spazio solo su media indipendenti e minuscoli, di nicchia, subito bollati come “complottisti” da chi riesce a non vomitare di fronte allo spettacolo della menzogna offerto dall’establishment, salvo accanirsi verso chi tenta di trovare risposte, in un habitat dove la verità è diventata reato, dove i medici-coraggio come De Donno vengono trovati impiccati, e dove le cure precoci – la scoperta dell’acqua calda – arrivano solo dopo i “vaccini genici” (che non immunizzano nessuno dalla possibilità di contrarre il contagio, e di contagiare il prossimo) imposti con il disgustoso ricatto del Green Pass.Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma – in pratica – solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno e mezzo – e più di 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti (non curati, e ormai gravi) finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?
-
Green Pass, la dittatura sanitaria diventa permanente
Le cure ci sono, ma è come se non ci fossero. Che esistano e funzionino lo sanno benissimo, ma se ne infischiano. Se ne stra-fregano anche dei medici che le hanno messe a punto, le terapie. Non solo: li emarginano, li minacciano, li ricattano. Con il Green Pass, anche l’Italia di Draghi (come la Francia di Macron) è entrata nella Dittatura Sanitaria Permanente. Obbedendo a ordini impartiti dall’alto, Giuseppe Conte non aveva esitato a mettere l’intero paese agli arresti domiciliari: lockdown e coprifuoco, in stile cinese, per schiantare l’economia e trasformare il Belpaese nell’apripista europeo dell’orrore orwelliano. Chi sperava che l’avvento del “nuovo” Draghi potesse cambiare il gioco, è rimasto amaramente deluso: da un lato, il super-tecnocrate del Grande Potere sembra puntare a risollevare l’economia evitando il massacro economico improntato all’antico rigore fiscale e caldeggiato dalla “sinistra”; ma dall’altro non retrocede di un millimetro, sul fronte della Menzogna Sanitaria che ha trasformato il Covid nella peste bubbonica del terzo millennio.Per chi alimenta blog come questo – da anni, ormai – probabilmente è giunto il momento di fermarsi. Il web, nonostante la censura medievale, straripa di notizie “clandestine”: social e video traboccano delle testimonianze dei medici (veri) che dimostrano come hanno sconfitto la grande paura, ricorrendo a farmaci semplicissimi e riducendo praticamente a zero i ricoveri. E l’establishment – anziché premiarli – li umilia, comportandosi come se non esistessero. Il governo non li considera neppure, e i grandi media li trattano come squilibrati e stregoni. L’intera politica italiana si è genuflessa alla Narrazione Universale della Menzogna, e Mario Draghi agisce in modo risoluto nella direzione più pericolosamente liberticida: mettere i cittadini di fronte a un obbligo irragionevole, anti-scientifico, irrazionale, corroborato unicamente da frottole, dati truccati e superstizioni ridicole. Di fronte a chi sostiene che tutto questo sarebbe il male minore (di fronte all’incubo di un nuovo lockdown autunnale) è facile obiettare che non è chiaro cosa sia peggio, tra una misura dracroniana ma temporanea e una “nuova normalità” imposta per decreto, destinata a durare per un bel po’, se non per sempre.I cittadini sembrano divisi in almeno tre fazioni. Ci sono gli ipocondriaci creluloni, disposti a seppellirsi in casa (e a seppellire anche i vicini) pur di non rischiare di ammalarsi: sono lavoratori dipendenti o pensionati, ai quali non importa nulla della strage economica causata dai lockdown. Poi ci sono gli opportunisti: hanno fiutato l’imbroglio, ma si adeguano a tutto pur di non subire inconvenienti. Una terza parte di cittadinanza – più attiva e sveglia, più libera, più intelligente, più democratica – rifiuta la Dittatura Sanitaria: ieri violava il lockdown e il coprifuoco, mentre oggi si astiene dall’ambigua, preoccupante profilassi genica sperimentale (che gli ipocriti chiamano “vaccino”) e domani affronterà vasti disagi a causa del rifiuto del Green Pass, imposto proditoriamente a intere categorie (scuola, sanità) e trasversalmente all’intera cittadinanza, sottoposta al ricatto come precondizione per frequentare gli spazi della vita sociale. Si è raggiunto un punto di non ritorno, perché l’imposizione è basata sulla più squallida e conclamata menzogna. Da oggi in poi, vigente l’attuale regime, avrà ancora senso parlare di politica?Le cure ci sono, ma è come se non ci fossero. Che esistano e funzionino lo sanno benissimo, ma se ne infischiano. Se ne stra-fregano anche dei medici che le hanno messe a punto, le terapie. Non solo: li emarginano, li minacciano, li ricattano. Con il Green Pass, anche l’Italia di Draghi (come la Francia di Macron) è entrata nella Dittatura Sanitaria Permanente. Obbedendo a ordini impartiti dall’alto, Giuseppe Conte non aveva esitato a mettere l’intero paese agli arresti domiciliari: lockdown e coprifuoco, in stile cinese, per schiantare l’economia e trasformare il Belpaese nell’apripista europeo dell’orrore orwelliano. Chi sperava che l’avvento del “nuovo” Draghi potesse cambiare il gioco, è rimasto amaramente deluso: da un lato, il super-tecnocrate del Grande Potere sembra puntare a risollevare l’economia evitando il massacro economico improntato all’antico rigore fiscale e caldeggiato dalla “sinistra”; ma dall’altro non retrocede di un millimetro, sul fronte della Menzogna Sanitaria che ha trasformato il Covid nella peste bubbonica del terzo millennio.