Archivio del Tag ‘repubblicani’
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Meluzzi: accelerano, temono che la strage diventi vistosa
Personaggi come Umberto Galimberti e Giuliano Cazzola criminalizzano e patologizzano il dissenso, come ai tempi della psichiatria di Stato introdotta da Stalin? Credo che ci sia una grande strumentalità, e una serie di vantaggi sociali ed economici che derivano da questa parte in commedia, questa commedia tragicomica e grottesca alla quale siamo sottoposti tutti i giorni dai media mainstream. E credo ci sia anche un atteggiamento screziato di paranoia, a fronte di una patologia che ha una letalità bassissima. Però ricordo, a questi vecchi malvissuti, che chi pensa di poter sacrificare la libertà alla sicurezza, alla fine, non avrà né l’una né l’altra. Non avrà la sicurezza (non avrà “l’immortalità”), mentre alla libertà ha già rinunciato da tempo. E, avendo rinunciato alla libertà, ha rinunciato anche alla dignità, al poter andare con la propria faccia di fronte ad uno specchio al mattino (e di fronte al Tribunale della Storia, in tempi – ritengo – medio-brevi).
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Giovagnoli: salviamo i bambini. Fermiamo l’Italia: adesso
Ci siamo: ora vogliono i nostri bambini. Michele Giovagnoli non ha dubbi: è scattato l’ultimo conto alla rovescia, quello che punta a estendere la “vaccinazione” Covid ai piccoli. La notizia viene dagli Usa: via libera alle dosi “geniche” anche per i bambini, a partire dai 5 anni di vita. Sembra un’escalation inesorabile, dice “l’alchimista degli alberi”, da mesi in giro per le piazze italiane a rilanciare il suo monito. Ora, a quanto pare, già si intravedono i titoli di coda: «Fidatevi, presto toccherà anche ai neonati». Questi, almeno, i piani dei decisori. Chi sono? «Guardateli negli occhi: non fanno parte della nostra stessa umanità. Sono esseri “antichi”, vengono dal freddo: si nutrono della nostra sofferenza, sottomettendoci con l’arma eterna della paura». Come opporsi? Nell’unico modo possibile: smettendo di lavorare, tutti insieme, per qualche settimana. «Senza Green Pass siamo costretti a restare a casa? Bene, restiamoci. Ma facciamolo adesso: domani sarà troppo tardi».Incubi apocalittici? Uno sguardo alle news – quelle relegate sul web – non è esattamente confortante. Sono centinaia, i medici che denunciano la “strage silenziosa” in corso: le reazioni avverse, dopo il fatale inoculo, sarebbero infinitamente superiori a quelle registrate nel bilancio ufficiale dei problemi sanitari correlabili con l’iniezione. La stessa agenzia di farmacovigilanza dell’Ema, peraltro, lo ammette: a fine agosto erano 24.000 le morti sospette, in Europa, senza contare i 2 milioni di cittadini costretti a ricorrere al medico dopo aver ricevuto il siero. Tutta la vicenda, in realtà, sembra un viaggio nella follia: è accertato che i “vaccini Covid” non proteggano chi li ha ricevuti (e neppure che garantiscano di mitigare, almeno, gli effetti peggiori della patologia). In più, i “vaccinati” restano contagiosi: e nonostante questo, ai sanitari è stato imposto il Tso. Va da sé: moltissimi medici sono stati sospesi dal servizio. Le notizie ufficiali? Contraddittorie, reticenti, false, ridicole. Quasi quanto le teorie dei virologi dell’establishment.Ogni giorno si apre con una nuova, tragica barzelletta: chi aveva subito l’inoculo del siero “monodose” Johnson (a vettore virale, come l’AstraZeneca) ora scopre di doversi sottoporre al richiamo: da effettuare però con un preparato di tipo genico, a mRna (Pfizer o Moderna). Aziende affidabili, com’è noto: Pfizer – ricorda Massimo Mazzucco – vanta un vero e proprio record, quanto a sanzioni e procedimenti giudiziari subiti, per le imputazioni più disparate. Eppure: proprio ora ha ricevuto l’ennesima maxi-commessa, che porta a 90 miliardi di dollari il bottino del suo fatturato “vaccinale” Covid. Grande sponsor: il potere che utilizza, come prestanome, l’anziano Joe Biden. Che però ha contro mezza America: gli Stati repubblicani – in testa il Texas e la Florida di Ron De Santis – minacciano guerra: disobbedienza assoluta, di fronte alle imposizioni federali della Casa Bianca. L’altra trincea, ovviamente, è l’Italia: passata dalla gestione “cinese” di Conte (lockdown, coprifuoco) a quella non meno autoritaria di Draghi, ieri Mister Euro e oggi Mister Green Pass.Dopo aver inondato con gli idranti i portuali di Trieste, l’ex Super-Mario non ha esitato a cacciare da Roma (per un anno intero) l’indomito Stefano Puzzer. E soprattutto: nel mondo più ignobile, il governo continua a ignorare l’esistenza delle terapie domiciliari, efficacissime se tempestive. Schiacciante il report esibito dai medici di “Ippocrate”: 60.000 pazienti curati e guariti senza muoverli da casa, evitando il ricovero. Già questo – prima ancora di qualsiasi dubbio sui sieri sperimentali, che spaventano molti scienziati (tra cui Luc Montagnier) – dovrebbe chiudere la discussione in partenza: perché mai ricorrere a una profilassi specifica, per affrontare un problema che si risolve da casa, in pochi giorni? E perché mai – di conseguenza – arrivare addirittura a limitare la democrazia (ignorando la Costituzione) pur di costringere tutti, prima o poi, a subire lo stramaledetto Tso?Questo è il punto: il “vaccino”, dice il filosofo Giorgio Agamben, è solo l’espediente per accedere al Green Pass, il quale – a sua volta – non è che il primo step della digitalizzazione universale, squisitamente zootecnica, enunciata a Davos. Il Grande Reset, per “formattare” la popolazione del pianeta (meglio, quella occidentale) onde arrivare alla post-umanità che qualcuno sogna da tempo. E’ già chiuso in partenza, il match? Non è detto: paesi come l’India e la Russia stanno facendo argine, contro questa deriva. Ed è scioccante che siano proprio gli Stati formalmente democratici a fare a pezzi il sistema dei diritti su cui si sono basati per decenni. Colpisce l’insistenza con cui ci si accanisce sui cittadini, con l’arma del ricatto, a fronte di una minaccia sanitaria decisamente contenuta (e che le terapie domiciliari, tuttora negate, rimpiccioliscono ulteriormente). Sfuggono le risposte a precise domande. Perché, tutto questo? E perché proprio adesso?Nello specifico: cos’è che motiva la gran fretta che mostrano i burattini del G20, pronti a manipolare anche la crisi ecologica pur di mettere in piedi un regime universale dogmatico e fondato su crescenti costrizioni? Michele Giovagnoli opta per una spiegazione palingenetica: in palio vi sarebbe una sorta di epocale cambiamento antropologico. Tecnicamente, la fine dell’essere umano per com’è oggi: potenzialmente libero, anarcoide, gioioso e imprevedibile. Riassume Giovagnoli: prima hanno spaventato gli anziani, ricorrendo alle stellette di un generale. Poi sono passati ai giovani, con il ricatto: senza “vaccino”, niente più sport e svaghi. Terza mossa, ulteriormente brutale: il Green Pass, in cambio del permesso di continuare a lavorare. E adesso, anche i bambini: per i quali, notoriamente, il rischio-Covid è pari a zero. Perché allora sottoporre anche loro al trattamento sanitario obbligatorio?Non è facile restare lucidi di fronte alla voragine della ragione. Uno spettacolo ormai quotidiano: si continuano a contare “casi” (contagi) come se fossero un dramma. E si enfatizzano i (pochi) ricoveri: tutti pazienti tuttora non curati, ma lasciati ad aggravarsi nelle loro case. I media chiamano “immunizzati” i soggetti che hanno ricevito il siero. Sanno benissimo di mentire: quei “non-vaccini” non immunizzano proprio nessuno. Ma, a maggior ragione: se i “vaccini Covid” proteggessero davvero, che motivo avrebbero – i “vaccinati” – di temere i cittadini non sottoposti all’inoculo? Due più due fa quattro, si diceva un tempo, quando ancora i cervelli non erano ipnotizzati dalla psicosi di massa. E dunque: perché vogliono digitalizzare tutti, ad ogni costo? E’ ovvio che il Covid è solo un pretesto. E prima o poi, anche i ciechi se ne accorgeranno. Ma, appunto: allora – dice Michele Giovagnoli – sarà troppo tardi. L’irrimediabile sarà già avvenuto: «Quando si arriva a mettere gli occhi sui bambini, significa una sola cosa: che la nostra civiltà è agli sgoccioli, perché il futuro verrà drasticamente ipotecato, per sempre».Giovagnoli evoca la riaccensione del “femminino”, come protezione ancestrale dell’umanità, sottoposta da millenni a una sorta di dittatura maschilista. Per questo, fa apertamente il tifo per l’assemblea delle donne (“Venere Vincerà”) guidata da Nunzia Alessandra Schilirò il 14 novembre a Firenze. «Da sempre – riassume l’alchimista – chi ha dominato l’umanità ha ripetuto gli stessi tre gesti, sempre uguali: nascondere la conoscenza, staccare l’uomo dalla natura e mortificare il femminile». Per Giovagnoli, le prime avvisaglie del piano che ormai punta anche ai bambini sono l’ultimo campanello d’allarme. «Non avete ancora capito – insiste – che fermarci, tutti insieme, è il solo modo per scongiurare il peggio? E attenzione: il momento è adesso, domani sarà tardi. E’ inutile andare in piazza a scandire slogan. Occorre invece disertare il lavoro per qualche settimana. E’ l’unica arma che abbiamo: ma è anche la più efficace, la più temuta. Fermare l’Italia, adesso, per arrivare a una paralisi economica. E’ l’unico modo per bloccare il “mostro” che ci sta aggredendo: se invece l’Italia si arrende, il resto dell’Occidente la seguirà. Quindi tocca a noi, oggi: facciamolo, in nome dei nostri bambini».Ci siamo: ora vogliono i nostri bambini. Michele Giovagnoli non ha dubbi: è scattato l’ultimo conto alla rovescia, quello che punta a estendere la “vaccinazione” Covid ai piccoli. La notizia viene dagli Usa: via libera alle dosi “geniche” anche per i bambini, a partire dai 5 anni di vita. Sembra un’escalation inesorabile, dice “l’alchimista degli alberi”, da mesi in giro per le piazze italiane a rilanciare il suo monito. Ora, a quanto pare, già si intravedono i titoli di coda: «Fidatevi, presto toccherà anche ai neonati». Questi, almeno, i piani dei decisori. Chi sono? «Guardateli negli occhi: non fanno parte della nostra stessa umanità. Sono esseri “antichi”, vengono dal freddo: si nutrono della nostra sofferenza, sottomettendoci con l’arma eterna della paura». Come opporsi? Nell’unico modo possibile: smettendo di lavorare, tutti insieme, per qualche settimana. «Senza Green Pass siamo costretti a restare a casa? Bene, restiamoci. Ma facciamolo adesso: domani sarà troppo tardi».
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Aborti e commercio di feti, vescovi Usa accusano Biden
«Il Vaticano difende Joe Biden contro le proteste avanzate dall’arcivescovo di San Francisco, Salvator Cordileone, e dall’arcivescovo del Kansas, Joseph Neumann, in relazione alle posizioni pro-aborto della coppia Biden-Harris». A incendiare la polemica non è solo il tema etico (pro o contro l’interruzione di gravidanza), ma il vero e proprio «traffico di feti, smembrati mentre sono ancora vivi», che rappresenterebbe una pagina oscura dietro al business farmaceutico: pagina che il Texas ha appena deciso di chiudere per sempre. Ne parla Roberto Mazzoni in un ampio video-reportage sulla controversia che sta dividendo i cattolici americani, turbati dalla “disinvoltura abortista” di Biden, formalmente cattolico, e della sua vice Kamala Harris, protetta da Barack Obama. Secondo Mazzoni, giornalista stanziato in Florida e autore di ottimi servizi dagli Usa durante le presidenziali 2020, molti vescovi americani si starebbero rendendo conto del fatto che non sia stata felice la scelta di puntare su Biden, secondo presidente cattolico nella storia statunitense dopo John Fitzgerald Kennedy.Per essendo stato appoggiato dal Vaticano, e indirettamente anche dai vescovi Usa con una lettera inviata a tutti gli elettori, «Biden sta dando seguito a una serie di politiche che renderanno obbligatorio l’aborto finanziato dallo Stato anche in strutture gestite da cattolici». Ad aprire le danze, ricorda Mazzoni, è stato il 20 gennaio il cardinale di Los Angeles, José Horacio Gomez, presidente della Cei statunitense: «Il nostro nuovo presidente ha promesso di sostenere certe politiche che favorirebbero la diffusione di malignità morali e che minacciano la vita a la dignità umana, in modo più grave nell’area dell’aborto, della contraccezione, del matrimonio e del gender», aggiungendo: «E’ una grande preoccupazione per la libertà della Chiesa e per la libertà dei fedeli di vivere secondo la propria coscienza». Una dichiarazione all’acqua di rose, dice Mazzoni, rispetto a quella del commentatore cattolico Rodney Pelletier: «Joe Biden e Kamala Harris hanno dimostrato un impegno senza sosta verso l’infanticidio e verso la distruzione della famiglia, costringendo le persone a tradire le proprie coscienze per sostenere la cosiddetta ideologia transgender».L’arcivescovo di Chicago, cardinale Blase Cupich, aveva già censurato il commento di Gomez classificandolo come «mal concepito» e pubblicato «senza una consultazione collegiale interna, che è la prassi consueta per dichiarazioni che rappresentano i vescovi». Roberto Mazzoni osserva che il cardinale Cupich «si è autonominato portavoce negli Usa per il Papa». Il polemico antiabortista Gomez aveva ventilato l’idea che i vescovi scrivessero a Biden per invitarlo ad astenersi dal ricevere la comunione, aggiunge Mazzoni, ma l’iniziativa è stata bloccata dal cardinale Luis Francisco Ladaria, “prefetto” dei gesuiti. «Sarebbe fuorviante – ha scritto Ladaria – se una tale dichiarazione desse l’impressione che l’aborto e l’eutanasia costituiscano da soli le uniche questioni gravi dell’insegnamento morale e sociale cattolico che richiedono l’intervento della Chiesa», precisando: «Ogni affermazione della conferenza episcopale relativa ai leader politici cattolici dovrebbe essere contestualizzata nella più ampia cornice della dignità di ricevere la comunione da parte di tutti i fedeli, anziché da parte della sola categoria dei politici».Chiaro: non ci sarà nessuna “scomunica”. E i vescovi disposti ad accettare le posizioni “cattolicamente incompatibili” di Biden – scrive Mazzoni – sono pronti a usare tutta la loro autorità per prendere di mira i sacerdoti anti-abortisti. «Nessuna tempesta è insidiosa quanto una calma perfetta, e nessun nemico è pericoloso quanto la totale assenza di nemici», disse Sant’Ignazio di Loyola, ex militare spagnolo e fondatore della Compagnia di Gesù, che Mazzoni – tra il serio e il faceto – propone come ideale “maestro” dello stesso Biden, ricordando che Papa Clemente XIV disse di aver “firmato la sua condanna” nel 1773 dopo aver firmato lo scioglimento dei geusiti. «Nove mesi dopo era morto: e da allora non c’è più stato un solo Papa che si sia chiamato Clemente». Me se sulla Compagnia di Gesù si abbattono spessissimo gli strali più grossolani del complottismo, secondo Mazzoni «Joe Biden e la sua amministrazione hanno fatto tesoro dell’insegnamento gesuita», nel senso che «stanno facendo di tutto per creare nemici anche immaginari nella società americana, come ad esempio la discriminazione contro i gender e il razzismo fasullo».In materia di aborto, segnala lo stesso Mazzoni, la questione negli Usa «tocca un enorme business, che gira intorno al mondo della sanità e delle case farmaceutiche». Il progetto federale degli aborti statunitensi, promosso da Joe Biden e dal suo partito, finanzia la società Planned Parenthood. «Si tratta di un’organizzazione privata che è stata coinvolta in numerosi scandali che coinvolgono pratiche disumane sui feti e la vendita di parti del feto per ricerca medica». Il padre di Bill Gates, William Gates senior, è stato parte del Cda di Planned Parenthood, nonché il creatore della illustre Bill e Melinda Gates Foundation (che nel solo 1999 ha donato 1,73 miliardi proprio a Planned Parenthood, la quale li ha utilizzanti in Sud America per combattere la violenza basata sui gender»). La stessa Melinda Gates si è particolarmente dedicata all’eguaglianza “gender”, e ha anche ricevuto la Medaglia della Libertà da Barack Obama nel 2016, mentre l’anno seguente il governo francese le ha tributato la Legion d’Onore.Che non tutto sia impeccabile, nella storia degli aborti “farmaceutici”, lo dimostrerebbe un video esibito da Mazzoni, girato in incognito da un giornalista investigativo che – parlando con due dirigenti della Planned Parenthood – ha finto di essere interessato all’acquisto di porzioni di feto. Il video è introdotto da uno spezzone di intervista, in cui Tucker Carlson (di “Fox News”) chiede alla dottoressa Dawn Laguens, vicepresidente esecutivo di Planned Parenthood, che cosa senta, quando si accorge che sta ancora battendo, il cuore del feto che sta per essere soppresso. Lei risponde con sicurezza: prende seriamente il lavoro medico, che viene svolto in modo compassionevole. Nel servizio compaiono altri due sanitari della rete abortista: DeShawn Taylor (Arizona) e Deborah Nucatola, direttore senior dei servizi medici di Planned Parenthood Federation of America, la struttura che coordina le varie cliniche affiliate. Il video “clandestino”, sottolinea Mazzoni, «mostra chiaramente come il feto venga smembrato di proposito e come venga spesso ucciso con una sostanza chimica, la digossina, affinché non opponga resistenza all’estrazione».Nel caso venisse estratto ancora vivo, ricorda Mazzoni, per la legge dell’Arizona dovrebbe essere trasportato all’ospedale, ma – in quelle immagini “rubate” – DeShawn «dice che basta fare attenzione a chi c’è nella stanza, lasciando intendere che preferisce non portarcelo e uccidere il feto fuori dall’utero contravvenendo alla legge». Greg Abbott, governatore repubblicano e cattolico del Texas, ha appena firmato la nuova legge che proibisce l’aborto, nello Stato, dopo che il battito del feto diventa distinguibile: questo, precisa Mazzoni, vorrebbe dire in alcuni casi impedire l’aborto dopo la sesta settimana. «La sede texana di Planned Parenthood ha dichiarato che questa legge è una delle più estreme nella nazione». Il senatore texano Bryan Huges, che ha partecipato alla preparazione della legge, dichiara: «Il Texas Heartbeat Act è la più potente legge pro-life nella storia del Texas, e sarà un modello per tutta la nazione». Per Chelsey Youman, della Human Coalition Action, è un passo storico: «Grazie a questa legge, l’anno prossimo verranno salvate circa 50.000 vite umane nel solo Stato del Texas».«Il Vaticano difende Joe Biden contro le proteste avanzate dall’arcivescovo di San Francisco, Salvator Cordileone, e dall’arcivescovo del Kansas, Joseph Neumann, in relazione alle posizioni pro-aborto della coppia Biden-Harris». A incendiare la polemica non è solo il tema etico (pro o contro l’interruzione di gravidanza), ma il vero e proprio «traffico di feti, smembrati mentre sono ancora vivi», che rappresenterebbe una pagina oscura dietro al business farmaceutico: pagina che il Texas ha appena deciso di chiudere per sempre. Ne parla Roberto Mazzoni in un ampio video-reportage sulla controversia che sta dividendo i cattolici americani, turbati dalla “disinvoltura abortista” di Biden, formalmente cattolico, e della sua vice Kamala Harris, protetta da Barack Obama. Secondo Mazzoni, giornalista stanziato in Florida e autore di ottimi servizi dagli Usa durante le presidenziali 2020, molti vescovi americani si starebbero rendendo conto del fatto che non sia stata felice la scelta di puntare su Biden, secondo presidente cattolico nella storia statunitense dopo John Fitzgerald Kennedy.
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Michigan e Arizona, le prove: Biden ha rubato le elezioni
Una vittoria di Pirro, quella di Joe Biden nelle presidenziali 2020, truccata dai conteggi delle schede (voto postale) “aggiustati” elettronicamente da Dominion Voting Systems. E’ la scoperta dell’acqua calda: dal 21 gennaio 2021, alla Casa Bianca siede un presidente che in realtà non sembra essere mai stato eletto dal popolo americano. Lo gridò il team legale di Donald Trump, esibendo prove che le autorità giudiziarie si sono sempre rifiutate di analizzare, nel merito: la stessa Corte Suprema federale si è rifugiata dietro a obiezioni di carattere formale (procedurale, tempistico) pur di non esaminare le prove della colossale frode che pare aver assegnato la guida degli Stati Uniti al gruppo di Barack Obama e Kamala Harris, che utilizza come prestanome l’anziano, manipolabile e ultra-corrotto Joe Biden. Un quadro – quello della dimensione decisiva dei brogli, che sta ora riaffiorando, attraverso indagini come quelle condotte in Michigan e in Arizona. Indizi eloquenti: decine di migliaia di schede sarebbero state attribuite arbitrariamente a Biden, contribuendo così a falsare in modo fraudolento il risultato elettorale, beffando la decantata democrazia statunitense.
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Eversione incompleta: niente impeachment a Trump
Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, eletto in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.I repubblicani però non hanno osato tradire Trump al punto da sostenere l’impeachment promosso dai baroni finto-progressisti come Nancy Pelosi. Così il Senato ha respinto l’ultima congiura contro l’uomo che, intanto, in Florida ha aperto l’Ufficio dell’Ex Presidente, non avendo mai ammesso la regolarità del risultato attribuito a Biden. Così ora The Donald festeggia: «La mia avventura politica è appena iniziata», avverte. Se fosse passato l’impeachment, il secondo che ha dovuto subire (caso unico, nella storia), non avrebbe potuto ricandidarsi nel 2024. Secondo tutti i sondaggi, la maggioranza degli americani è convinta che il risultato delle presidenziali sia stato tutt’altro che nitido: lo ammette anche una percentuale di elettori “dem”, ostili a Trump e insofferenti di fronte alla sua retorica. Nessuno infatti dimentica le immagini della campagna elettorale: folle straripanti ai comizi di Trump. Deserti invece i raduni del fantasmatico Biden, che peraltro – stando ai conteggi, stranamente sospesi nella notte – avrebbe poi colto un quasi-plebiscito, surclassando addirittura la popstar Obama.Al netto dei molti errori che Trump ha commesso nell’ultimo anno, resta in bocca il sapore amaro di una frode concepita da un Deep State eversivo, deciso a cancellare la libertà democratica sequestrando le elezioni. Trump ha sicuramente sottovalutato l’emergenza-Covid, lasciando che la sua gestione securitaria e psico-terroristica restasse nelle mani di personaggi come Anthony Fauci, sommo sacerdote di Big Pharma, alleato dei più acerrimi nemici di Trump, dall’iper-vaccinista Bill Gates a George Soros, grande vecchio della manipolazione politically correct. Prima ancora, Trump si era mostrato troppo timido di fronte agli abusi razzisti della polizia (che hanno armato la speculazione neofascista di Antifa, poi trasformatasi in violentissima strategia della tensione, con morti e feriti nelle strade). Accanto a sé, Trump ha tollerato la presenza dei gruppuscoli del suprematismo bianco, che hanno allarmato i moderati, così come gli appelli dell’ultra-tradizionalista monsignor Viganò (accorati, ma “medievali” nel loro millenarismo manicheo e reazionario) gli hanno alienato il voto dei cattolici progressisti.C’è chi valuta Donald Trump come uno dei migliori presidenti della storia statunitense, se si guarda al bilancio del suo quadriennio: ha azzerato la disoccupazione ricorrendo al deficit e tagliando le tasse, ha fatto letteralmente volare l’economia, ha risollevato lavoratori e classe media con misure quasi “socialiste”, di stampo keynesiano. Altro dato statistico, clamoroso: non ha avviato nessuna nuova guerra (vero record, per un presidente americano). Nonostante cio – o forse, proprio per questo – è stato letteralmente fatto a pezzi dal sistema mediatico, dominato dalla finanza che controlla Big Tech. Un ostracismo indegno di una democrazia, culminato con la censura spudoratamente imposta da televisioni e social media. Il grande merito di Trump, al di là della sua ruvida oratoria nazional-populista, sta nell’aver reso manifesto – e dalla Casa Bianca, addirittura – il male oscuro che minaccia il pianeta, ora anche manipolando l’epidemia di Wuhan nel modo indicato dagli oligarchi che a Davos hanno disegnato il loro ideale Great Reset, basato sulla retrocessione del cittadino al rango di suddito, senza più libertà.Si sottolinea, tra i meriti storici di Trump, quello di aver imposto l’alt alla dilagante egemonia dell’impero mercantile cinese, sdoganato dal gruppo di Kissinger già negli anni Settanta come possibile modello alternativo all’Occidente: massima efficienza economica, ma senza diritti democratici. Oggi, la sovragestione dell’amministrazione Biden conferma in modo bipartisan la politica strategica di Trump: non è più pensabile lasciare libertà di azione al regime di Pechino, l’unico che ha tratto enormi vantaggi (anche economici) dalla crisi pandemica, orchestrata da un’Oms filo-cinese. Per contro, il team che utilizza Biden come “presidente eletto” sta già esasperando le tensioni con la Russia, anche manovrando l’ex quasi-neonazista Navalny, secondo il collaudato modello-Ucraina, quello della “rivoluzione colorata” che ha arricchito la famiglia Biden con operazioni di estremo squallore, a cominciare dall’impero petrolifero Burisma affidato all’inquietante Hunter Biden.In un mondo letteralmente sfigurato dall’opaca gestione di un virus dall’origine misteriosa, al quale si pretende di rispondere solo con campagne vaccinali a tappeto (basate non su veri vaccini, ma su vettori genetici sperimentali e poco rassicuranti), ci si domanda quale ruolo potrà assumere, il grande perseguitato Donald Trump, a cui – si scopre – guardano con grandi aspettative ingenti masse di popolazione, non solo statunitensi. Con modalità forse anche ingenue, ci si attende una sorta di rigenerazione generale del pianeta, su base democratica, mettendo fine allo strapotere della menzogna mediatica che ha pervertito la realtà in stile orwelliano. Lascerà il segno, il fatto che a “picconare” il sistema sia stato il presidente degli Stati Uniti, trattato come un criminale dalle facce di bronzo che, quand’erano al governo, fingevano di non vedere le imprese mediorientali dell’Isis. Già, perché – come sa bene chi osserva le cronache – con l’avvento di Trump, il terrorismo “islamico” si era praticamente estinto, anche in Europa.L’apoteosi è stata raggiunta con la monumentale frode elettorale delle presidenziali 2020: centinaia di migliaia di schede-fantasma avrebbero costruito il “successo” di Biden, tale da certificare la fine della giustizia e della democrazia elettorale negli Stati Uniti. Scandalosi anche i dinieghi della Corte Suprema, che non ha mai accettato di pronunciarsi nel merito delle contestazioni: i ricorsi sono stati tutti respinti solo sulla base di rilievi procedurali. Per seppellire lo scandalo “occorreva” un contro-choc, come appunto l’assalto al Parlamento, utilizzato per tentare di cancellare Trump dall’anagrafe politica americana. L’operazione però è fallita, nonostante il tentativo – vagamente totalitario – di negare a Trump e ai suoi supporter anche il diritto alla rabbia, per la frode subita. Tutto il resto, naturalmente, rimane sul tappeto: se il gruppo che utilizza Biden come “presidente eletto” continuerà a cancellare i caposaldi dell’azione di Trump, a cominciare dalla politica fiscale, l’America dei dimenticati (maggioritaria, a quanto pare) tornerà prestissimo a far sentire la sua voce.Battuto col favore delle tenebre dall’oceano di voti postali riconteggiati dai computer Dominion: schede arrivate anche fuori tempo massimo e grazie a regole elettorali cambiate all’ultimo minuto, in barba alla Costituzione di alcuni Stati-chiave. Ora lo ammettono, su “Time”, i manovratori a lungo rimasti nell’ombra come Mike Podhorzer, dirigente sindacale Afl-Cio. Potenti “illusionisti”, finanziati con mezzi larghissimi: rivendicano di aver congegnato una vasta “operazione” per escludere Donald Trump e insediare alla Casa Bianca l’esile Joe Biden, “eletto” in anticipo dagli stessi media che avevano tolto il diritto di parola al presidente degli Stati Uniti, per la prima volta nella storia. Il partito repubblicano, complice della manovra, sa che Trump – poi massacrato per lo sgangherato assalto a Capitol Hill, largamente infiltrato – potrebbe scalare il Gop o addirittura svuotarlo, cambiando per sempre il tradizionale bipolarismo americano, avendo con sé almeno 75 milioni di elettori che si sentono defraudati da un voto percepito come non trasparente.
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Usa, confessano: complotto elettorale per silurare Trump
Sì, è vero: abbiamo organizzato una colossale cospirazione per cacciare Trump dalla Casa Bianca. Ora lo ammettono apertamente, i cospiratori, sulle colonne di “Time”, il settimanale più diffuso negli Stati Uniti. «Tutti ricorderanno le gravi accuse di brogli avanzate dal team legale di Trump all’indomani della vittoria dell’avversario democratico, bollate come teorie “cospirative” e prive di fondamento», scrive Roberto Vivaldelli sul “Giornale”. «Ci hanno rubato le elezioni», ha detto Trump davanti ai suoi sostenitori il 6 gennaio davanti a Capitol Hill, prima che gli eventi degenerassero verso l’assalto che – forse – ha posto fine alla sua carriera politica. Ora, gli autori del complotto contro Trump confessano: la loro è stata una grande e vasta cospirazione, con l’alibi di “salvare gli Stati Uniti da una guerra civile”. Clamoroso: «The Donald non aveva così torto sulla “cospirazione” ai suoi danni». Il “Time” ha pubblicato un’inchiesta nella quale racconta il retroscena inedito e clamoroso di «uno straordinario sforzo» mirato a condizionare le elezioni. «In pratica, si ammette sì l’esistenza di un “complotto” ai danni di Trump», con il contributo di personaggi come Ian Bassin, co-fondatore di Protect Democracy, una delle tante realtà coinvolte.Prima di tutto – riassume Vivaldelli, citando “Time” – gli attivisti si sono mobilitati per far votare milioni di persone per posta e convincerle, a dispetto di ciò che affermava Donald Trump, che non c’erano pericoli di frode o presunti brogli. Secondo “Bloomberg”, alle presidenziali 2020 hanno preso parte almeno 161 milioni di cittadini. Per “Vox”, ben 92 milioni di questi elettori avevano ricevuto le schede per posta, rispetto ai soli 42 milioni del 2016. Il partito democratico, durante la campagna elettorale, ha infatti esortato gli elettori a votare per corrispondenza, mentre Donald Trump ne ha costantemente messo in discussione l’affidabilità. «Risultato: 3/4 dei voti per posta sono finiti a Joe Biden e sono risultati essere fondamentali nella sua vittoria». Come scrive il “Time”, infatti, gli attivisti hanno lavorato «su ogni aspetto» che riguardava le elezioni: «Hanno convinto gli Stati a cambiare i sistemi di voto e le leggi, e hanno contribuito a garantire centinaia di milioni di finanziamenti pubblici e privati».Poi, gli Stati «hanno respinto le cause» che contestavano eserciti di elettori-fantasma e, prima ancora, i “cospiratori” hanno «reclutato eserciti di sondaggisti e convinto milioni di persone a votare per posta per la prima volta». Inoltre, «hanno spinto con successo le società di social media a prendere una linea più dura» contro quella che “Time” chiama «la disinformazione» (ovvero: le denunce di Trump contro le clamorose irregolarità elettorali). «Tutto questo – sintetizza il “Giornale” – perché Donald Trump aveva messo in discussione il voto per corrispondenza, mentre i democratici ne hanno fatto una bandiera di prevenzione dal Covid-19». Già a maggio, ricorda Vivaldelli, i repubblicani avevano fatto causa al governatore democratico della California, Gavin Newsom, in risposta all’ordinanza firmata da quest’ultimo che dava istruzione di inviare a tutti gli elettori dello Stato una scheda elettorale per posta in vista delle presidenziali. «Scontro che si è ripetuto anche in molti altri Stati e che – alla luce di come sono andate le cose – ha visto trionfare il partito democratico».Chi ha architettato il tutto? Il regista di questa grande campagna-ombra contro Donald Trump è lo stratega politico “progressista” Mike Podhorzer, direttore politico della Afl-Cio, la più grande federazione di sindacati negli Stati Uniti. «È anche presidente del consiglio di amministrazione di Analyst Institute e Catalist, oltre a far parte del Cda di America Votes, Committee of the States e Progressive Majority», scrive il “Giornale”. «Tutte realtà che, in passato, hanno ricevuto importanti donazioni da parte del magnate liberal George Soros, dal mondo di Hollywood e da Big Tech». L’Analyst Institute, ad esempio, collabora con organizzazioni e campagne “dem” in tutto il paese. «Preoccupato dalle uscite di Donald Trump contro il voto per corrispondenza, unito al timore che avrebbe potuto non accettare il risultato delle elezioni, Podhorzer ha deciso di interpellare altre forze progressiste e di creare un’ampia coalizione contro il tycoon».Il 3 marzo, Podhorzer ha redatto una nota riservata di tre pagine intitolata “Minacce alle elezioni del 2020”. «Trump ha chiarito che questa non sarà un’elezione corretta e che rifiuterà qualsiasi cosa tranne la sua rielezione», ha scritto. «Il 3 novembre, se i media dovessero riferire diversamente, utilizzerà il sistema di informazione di destra per stabilire la sua narrativa e incitare i suoi sostenitori a protestare». La pandemia – continua il “Giornale” – ha allargato i timori di Mike Podhorzer e agli ambienti vicini ai democratici, come sindacati e associazioni. Ad aprile 2020, Podhorzer cominciò a organizzare degli incontri su Zoom per radunare le forze. «Ha svolto un ruolo fondamentale, dietro le quinte, nel mantenere in comunicazione e allineati diversi elementi dell’infrastruttura del movimento», spiega al “Time” Maurice Mitchell, direttore nazionale del Working Families Party. «Il gruppo di Podhorzer si è poi allargato ed esteso, man mano, ai rappresentanti del Congresso e ai Ceo della Silicon Valley», conclude Vivaldelli: «Un’ampia coalizione che è riuscita a sconfiggere Donald Trump». Lo ha fatto grazie al voto postale e, come sappiamo, ai “magici” conteggi (notturni) del sistema digitale Dominion.Sì, è vero: abbiamo organizzato una colossale cospirazione per cacciare Trump dalla Casa Bianca. Ora lo ammettono apertamente, i cospiratori, sulle colonne di “Time”, il settimanale più diffuso negli Stati Uniti. «Tutti ricorderanno le gravi accuse di brogli avanzate dal team legale di Trump all’indomani della vittoria dell’avversario democratico, bollate come teorie “cospirative” e prive di fondamento», scrive Roberto Vivaldelli sul “Giornale“. «Ci hanno rubato le elezioni», ha detto Trump davanti ai suoi sostenitori il 6 gennaio davanti a Capitol Hill, prima che gli eventi degenerassero verso l’assalto che – forse – ha posto fine alla sua carriera politica. Ora, gli autori del complotto contro Trump confessano: la loro è stata una grande e vasta cospirazione, con l’alibi di “salvare gli Stati Uniti da una guerra civile”. Clamoroso: «The Donald non aveva così torto sulla “cospirazione” ai suoi danni». Il “Time” ha pubblicato un’inchiesta nella quale racconta il retroscena inedito e clamoroso di «uno straordinario sforzo» mirato a condizionare le elezioni. «In pratica, si ammette sì l’esistenza di un “complotto” ai danni di Trump», con il contributo di personaggi come Ian Bassin, co-fondatore di Protect Democracy, una delle tante realtà coinvolte.
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Magaldi: basta fiabe su Trump, da Leonardo a Q-Anon
Leonardo non è direttamente in grado di operare in termini fraudolenti negli Usa, così come altri invece potrebbero aver fatto. E’ un mito, questa storia in base a cui Renzi, Leonardo e altri avrebbero partecipato ai brogli in danno di Trump. Ogni mito nasconde un elemento di verità, che qui però è alla luce del sole: a suo tempo, Renzi si è legato al carrozzone di Obama e dell’ambiente “dem”. Renzi non ha più il potere di un tempo ma è rimasto un player della politica italiana: la sua azione è stata all’origine della formazione del governo Conte-bis. Oggi mette in difficoltà Conte, prova a rimodulare la maggioranza e cerca di ritagliarsi uno spazio anche in ambito internazionale: la sua più grande ambizione sarebbe quella di arrivare a fare il segretario generale della Nato, e quindi coltiva i suoi rapporti statunitensi. Ma di qui a fare questa piroetta abbastanza surreale, per cui sarebbe stato Renzi il grande burattinaio che avrebbe operato attraverso Leonardo, ce ne corre. Se non ci piace Renzi, non per questo dobbiamo pensare che improvvisamente diventi un genio del male che architetta con Leonardo una congiura nei confronti di Trump: sta’ a vedere che i nemici di Trump avevano bisogno di Renzi e di Leonardo, per fargli le scarpe.Agli italiani che si dicono solleciti nella difesa dell’interesse nazionale, ricordo che Leonardo (ex Finmeccanica) insieme ad Eni e Enel è l’unico strumento con cui ancora il sistema-Italia fa un briciolo di politica estera. La Farnesina è un luogo di perdigiorno: ormai da anni non c’è più un ministro degli esteri all’altezza, con un minimo di visione del ruolo dell’Italia. Escludo l’ipotesi che Leonardo abbia avuto parte in un’azione contro Trump: Leonardo peraltro è stata sottoposta a “balletti” in Borsa e ad azioni ostili da diversi ambienti. E sarebbe più serio parlare proprio di questo: da sempre esistono cordatesovranazionali ostili all’opera di Leonardo, ex Finmeccanica. Ogni volta che si tira in ballo in modo improprio Leonardo, si fa un danno al sistema-paese. Insomma, è il momento di parlare in modo serio. Avendo già messo a nudo il back-office del potere nel saggio “Massoni”, vorrei distinguere nettamente la mia narrazione, forte come un pugno nello stomaco ma rigorosa, basata su fonti ben selezionate, da quella di chi invece parla a vanvera. Il mio libro è severo: tanto verso l’affabulazione mainstream quanto verso il cospirazionismo dei complottisti, che inventano una cazzata al giorno.Voglio sottolineare quanto male ha fatto, allo stesso Trump e all’intera polemica politica negli Stati Uniti, tutta la messinscena di Q-Anon: una stronzata sesquipedale, che è diventata oggetto di dibattiti e persino fonte della morte di qualcuno, di recente, e dell’elezione di qualche citrullo nel nuovo Congresso americano. Da Q-Anon, così come da tutta una filiera priva di etichette troppo precise, Trump è stato raccontato come un capo-popolo che improvvisamente irrompeva sulla scena, impegnato contro il Deep State e una cupola mondiale di pedo-satanisti, con tutta una previsione di arresti imminenti. Previsioni sempre regolarmente smentite, ma nonostante ciò questa narrativa è continuata. L’ha creata Trump, questa cosa? Direi proprio di no. Trump si è trovato questa polpetta avvelenata e l’ha accarezzata, ritenendo di poter proseguire nella mitopoiesi su cui nasce la sua candidatura vincente del 2016. Vorrei ricordare che Steve Bannon, di professione, faceva lo sceneggiatore: e ha creato una sapiente sceneggiatura politica, per Trump, che però poi ha vinto sulle cose, sulla sostanza. E’ riuscito a captare il voto di importanti segmenti produttivi, di operai, di aziende che rischiavano di andare a ramengo, qualora avesse sposato con troppa facilità la visione “green” dei democratici, di Hillary Clinton e di tante anime belle.E’ giusto farla, la svolta “green”, se però tu garantisci l’adeguato ristoro, a quei settori produttivi che finirebbero a gambe all’aria. Devi dire: ti accompagno alla pensione, se ho deciso di mettere fuori uso l’estrazione del carbone. Devo avere un piano pubblico, importante, di tutela e riassorbimento della forza lavoro. Ecco: è in quell’elettorato, che Trump ha fatto breccia, e in generale in una classe media americana che è stata macellata, negli Usa come nel resto dell’Occidente, dalla competizione taroccata da parte del sistema-Cina. E’ lì che Trump ha vinto. Steve Bannon ha condito questa cosa con una serie di ingredienti anche poco utili, secondo me. Comunque sia, in capo a pochi mesi Trump ha licenziato Bannon. Ma poi si è lasciato irretire dalla narrazione di Q-Anon, nonché dai latrati reazionari e tradizionalisti dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Ora, si può e si deve criticare un Bergoglio che ha preso una brutta china, non all’altezza delle promesse: ma la fumosità e l’inconcludenza del riformatore Bergoglio, per di più disposto a fare inaudite concessioni alla dittatura cinese, non è che ci deve gettare tra le braccia del tradizionalismo reazionario, antimoderno e antimassonico, clericale e antisecolare di Viganò.Eppure, anche lì, Trump ha ringraziato Viganò, non capendo che anche quella polpetta avvelenata gli avrebbe alienato moltissimi voti cattolici, negli Stati Uniti. Trump queste cose non le ha create: se l’è trovate, e ha creduto di poterle utilizzare. Ha fatto male, perché la chiave vincente di Trump stava nel riuscire a convincere un elettorato progressista, stanco delle finzioni dei democratici, di un’assenza di sostanza all’altezza della grande tradizione del partito democratico, che non è più quello di Roosevelt e dei Kennedy. E invece di cercare di accattivarsi quell’elettorato, Trump si è radicalizzato in una narrativa che è quella dei fuori di testa, degli “sciamani con le corna” ossessionati dai pedo-satanisti, che forse avrebbero bisogno di uno psichiatra (un medico che magari gli spiegherebbe che il pedo-satanista forse vive dentro di loro, sia pure a loro insaputa). E insomma: Trump si è lasciato fotografare, in qualche modo, in un ritratto di famiglia, accanto a personaggi che avrebbbe dovuto tenere ben lontani da sé. Da ultimo, il 6 gennaio, ha lasciato che le cose accadessero: quasi è stato a vedere cosa potesse succedere.E’ chiaro che quello che è accaduto a Capitol Hill, a un certo punto, potrebbe persino esser stato pilotato dai nemici di Trump per poter finalmente cogliere sul fatto questi facinorosi e dire: ecco finalmente il vero volto del puzzone Trump, estraneo al sistema democratico. Cosa che Trump non è stato: ha operato molto bene in politica estera e sul piano economico, e senza la pandemia dolosa avrebbe stravinto le elezioni. Inoltre, Trump non ha attivato quella opzione – che sarebbe stata spericolata, ma ancora costituzionale – dell’imposizione della legge marziale, nel caso di brogli, ove vi fosse stato un intervento di potenze straniere. In quel caso, in termini di Costituzione americana, avrebbe proabilmente potuto fare qualcosa di incisivo, in questa vicenda. Invece ha lasciato che montasse un clima velleitario (perché i golpe si fanno o non si fanno), e invece avrebbe dovuto operare – dentro i dettami della Costituzione – in modo incisivo e serio. Non l’ha fatto, e anche in questa tragicomica vicenda dell’assalto al Congresso ha offerto il fianco alla demonizzazione: non solo quella preventiva, che c’è sempre stata, ma anche a quella postuma, che però adesso si fonda su immagini trasmesse in mondovisione.Trump ha peccato di indecisione, di scarsa lucidità e di scarsa lungimiranza. Non so se avrà un’altra occasione. Certamente, se dovesse averla, farà bene a riconsiderare la sua proposta politica, magari attestandosi su quella che è la sua vera identità: Trump non è né un suprematista bianco, né un razzista, né un reazionario. E’ un magnate newyorkese, un bon vivant che ha frequentato ambienti progressisti ed è stato anche nel partito democratico americano. Ha poco da guadagnare, dalla china che ha preso la sua figura nell’immaginario collettivo. I nemici che ha sempre avuto, nel partito repubblicano, adesso sono particolarmente virulenti e cercheranno di nuocergli il più possibile: i più grandi nemici di Trump non sono tra i democratici, ma tra i repubblicani. E in questa storia, ripeto, Renzi e Leonardo c’entrano davvero molto poco. Vorrei che tutti coltivassero il dubbio e il senso critico. Nelle elezioni americane, i brogli sono una cosa quasi consustanziale. Quanti brogli, chi li abbia fatti e come: se questo deve essere uno strumento di contestazione del risultato elettorale, i brogli vanno provati.La stessa Corte Suprema aveva una maggioranza schiacciante di persone vicine a Trump: eppure ha respinto il ricorso principe che è stato avanzato. Questo non vi dice nulla? Io avrei gradito che Trump fosse rieletto, al netto di tutti gli errori coi quali lui stesso è caduto nelle mille trappole che gli sono state tese. Ma cerchiamo di essere razionali, guardiamo innanzitutto ai fatti: uno di questi è l’emergenza sanitaria. Proprio la pandemia ha creato, nell’opinione pubblica americana, una migrazione di consensi: un presidente che sarebbe stato rieletto facilmente è invece crollato, in molti casi, nei consensi. Non ha saputo gestire bene nemmeno la protesta dei Black Lives Matter: indubbiamente strumentalizzata dai nemici di Trump, ma lui c’è caduto con tutte le scarpe. Cerchiamo di essere seri: sforziamoci di pensare, di utilizzare più fonti e di metterle in confronto tra loro. Scegliamo la “gnosi”, cioè la conoscenza, e non la “pistis” fideistica. In troppi parlano senza sapere quello che dicono: ma per ammaestrare gli altri serve la formazione di una competenza, di un’esperienza. Un invito che rivolgo a tutti: meno parole, per favore, e più fatti.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nella diretta web-streaming “Gioele Magaldi Racconta”, condotta su YouTube l’11 gennaio 2021 da Fabio Frabetti di “Border Nights”).Leonardo non è direttamente in grado di operare in termini fraudolenti negli Usa, così come altri invece potrebbero aver fatto. E’ un mito, questa storia in base a cui Renzi, Leonardo e altri avrebbero partecipato ai brogli in danno di Trump. Ogni mito nasconde un elemento di verità, che qui però è alla luce del sole: a suo tempo, Renzi si è legato al carrozzone di Obama e dell’ambiente “dem”. Renzi non ha più il potere di un tempo ma è rimasto un player della politica italiana: la sua azione è stata all’origine della formazione del governo Conte-bis. Oggi mette in difficoltà Conte, prova a rimodulare la maggioranza e cerca di ritagliarsi uno spazio anche in ambito internazionale: la sua più grande ambizione sarebbe quella di arrivare a fare il segretario generale della Nato, e quindi coltiva i suoi rapporti statunitensi. Ma di qui a fare questa piroetta abbastanza surreale, per cui sarebbe stato Renzi il grande burattinaio che avrebbe operato attraverso Leonardo, ce ne corre. Se non ci piace Renzi, non per questo dobbiamo pensare che improvvisamente diventi un genio del male che architetta con Leonardo una congiura nei confronti di Trump: sta’ a vedere che i nemici di Trump avevano bisogno di Renzi e di Leonardo, per fargli le scarpe.
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Trump “usato e gettato” per rottamare speranze: le nostre
Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?Vuoi vedere che, così facendo – ragiona il potere – un po’ alla volta la gente tornerà ai nostri temi? Ma intanto, dicono, mandiamolo avanti: perché la gente sta uscendo dall’ovile, e nell’ovile la dobbiamo riportare. Allora cosa serve? Un incantatore: ed ecco Trump. Così come Grillo ha avuto il ruolo di incantatore, da noi. I temi dei 5 Stelle, peraltro, erano migliori di quelli di Trump: meravigliosi, libertari. Trasparenza, scoperchiamo i palazzi, no ai vaccini, niente Tav né Tap. Come è andata a finire, lo si è visto. Ma la manovra è riuscita: mandi avanti il comico, rompi i problemi, crei un seguito di persone e poi tradisci la causa. Nel 2016, in America l’operazione parte nello stesso modo. Trump fa mosse populiste: sugli immigrati, sulla speculazione creata attorno al problema climatico. Si rende conto della minaccia cinese e della vera minaccia atomica iraniana, e le combatte. Ma tutto viene sempre ridicolizzato, dai grandi media: quello è uno col ciuffo biondo, è strano, si appoggia alla destra estremista. Come fa, a essere credibile? E poi: chissà come ha fatto i soldi, probabilmente è stato aiutato da Putin, eccetera. Tutti elementi potenzialmente veri: lui infatti è stato scelto proprio perché ricattabile. Così come, a suo tempo, Berlusconi.Al che, fin dal primo giorno, si passa a erodere incessantemente il suo consenso. Probabilmente il consenso c’è ancora, e le elezioni sono state truccate: poco o tanto, le elezioni sono sempre truccate. Ma c’è un problema: Trump resiste. Lo fa perché ha capito, o perché non ha ancora capito? Io temo che non abbia capito, perché non è un’aquila. Ma resiste: fa cose che piacciono alla gente, ma non al potere. Se la prende con la Fed, controllata in fondo dai Rothschild e dai loro alleati della finanza internazionale. Se la prende con la Cina, che – per i poteri oscuri – è destinata ad essere il nuovo strumento imperialista mondiale. Se la prende con gli eccessi della propaganda mondialista (Greta Thunberg) sul ruolo umano nel riscaldamento climatico. Trump non vuole l’immigrazione incontrollata, e la gente lo approva: ma anche qui il presidente esagera – nelle forme, nello stile – e così viene attaccato. Però rimane fedele a queste idee: vuole rimettere in piedi l’America, a partire dall’industria nazionale.Ma un po’ alla volta gli scandali, il ridicolo, determinano un’erosione che lo indebolisce, producendo un risultato sul quale poi, alle elezioni, non è difficile intervenire. Conteggi strani, schede fantasma: nulla è impossibile, per il Deep State. Tutto poi viene “sistemato” dalla magistratura, che è uno dei principali strumenti di controllo di cui il Deep State dispone. Le magistrature occidentali, in genere, fanno giustizia solo se la giustizia colpisce l’avversario della corrente dominante. E siamo ai giorni nostri: Trump, pensano, bisogna portarlo in una trappola. Una trappola che lo “sporchi” totalmente: così, “sporcando” lui, “sporchermo” anche tutti i temi (persino quelli “buoni”) che sono contro i mondialisti, i democratici, i gesuito-massonici. Come dire: non ce l’abbiamo con Trump, ce l’abbiamo con quei temi dei quali l’opinione pubblica si stava innamorando. Quelli, vogliamo abbattere, se vogliamo riportare la gente ad apprezzare le politiche degli avversari di Trump (perché sono più tranquilli, più buoni, in apparenza più puliti): non faranno neppure caso, al ritorno delle vecchie politiche. Non piaceranno, ma penseranno: Trump era peggio.Per fare questo, occorre montare un’ultima pantomima, forte ed efficace. E allora si sfrutta la campagna elettorale: Trump si rivolge sempre più alle frange estremiste (Q-Anon, Proud Boys), cioè la destra eversiva e ridicola, capace di spaventare un po’ anche l’opinione pubblica repubblicana. Si evidenzia un aspetto estremista, quasi nazista, e le facce dure di quel poveraccio di Trump aiutano, a dipingerlo come un Hitler col ciuffo biondo: un pericolo, per la democrazia. Ma quale pericolo, se quand’era alla Casa Bianca il Deep State gli impediva di fare quasi tutto, costringendolo a cambiare continuamente consiglieri e ministri? Nessuno, in fondo, faceva quello che diceva lui: erano tutti più fedeli al Deep State tradizionale, che non al presidente. Quindi: gli si lascia gonfiare le manifestazioni affollate da questi quattro gatti ridicoli, presentati come pericolossimi, e poi – dopo che tutti i giudici hanno fatto fallire i tentativi di Trump di ribaltare legalmente il risultato delle elezioni – arriva il giorno clou, quello della certificazione parlamentare, dopo la quale non si potrà fare più nulla. Trump che fa? Annuncia una grande manifestazione: invita i suoi a scendere in piazza e a marciare verso il Campidoglio, per protestare. E qui scatta il piano.I manifestanti vengono fatti avanzare in modo indisturbato, e qualcuno li guida. Succede sempre: in Italia, succedeva quando c’era la strategia della tensione. I servizi segreti (italiani, inglesi, israeliani, americani) infiltravano tutti i movimenti eversivi, per poterli usare: io faccio il morto, metto le bombe, rapisco, così la gente si spaventa e mi diventa più facile governarla, mandare i governi in certe direzioni, prendere delle misure, rendere le persone meno libere. I servizi segreti non fanno altro: durante il caso Moro, il capo delle Brigate Rosse era un ex fascista infiltrato dei servizi, e nella direzione strategica delle Br uno dipendeva dal Mossad, uno dalla Cia, uno dai servizi inglesi, e così via. Non ce lo dicono mai, ma funziona così: e per un servizio segreto, infiltrare movimenti fatti da ragazzi sprovveduti e fanatizzati è facilissimo. Ed è facilissimo scalare i gradini del gruppo, fino a comandare: è molto semplice. Perché non dovrebbero farlo? E infatti lo fanno sempre. Quindi lo capite, ora, chi c’era alla testa di quei gruppi di invasati che il 6 gennaio si stavano avviando verso Capitol Hill? Persone che dipendevano da quegli stessi soggetti che avevano deciso di montare la pantomima.Funziona: la polizia lascia fare, la Guardia Nazionale non arriva, e così si sfondano le finestre. Un assalto ridicolo, che ha smesso di essere ridicolo quando qualcuno ha creato i morti, rendendolo drammatico (altrimenti sarebbe rimasto una pagliacciata). La fine della democrazia? L’attacco alle istituzioni? Ma no: sono entrati quattro gatti, hanno detto qualche stupidaggine e poi se ne sono usciti in buon ordine, dopo qualche scontro. La gravità del fenomeno è venuta da chi ha sparato ad altezza uomo, mirando. Immagino Trump, che pensava a un ultimo atto dimostrativo, veemente ma pacifico, per restare almeno leader dell’opposizione. Immagino la faccia di Trump, quando ha visto che la polizia ha lasciato avanzare i manifestanti, consentendo loro addirittura di entrare nel Parlamento. Se è una persona veramente intelligente l’avrà capito: ecco, mi stranno fregando. Da quel momento in poi, i suoi consiglieri non riescono più a raggiungerlo. Lui a quel punto non si fida più di nessuno, e non sa che pesci pigliare. Quindi, passa del tempo. Per questo, riappare in televisione solo dopo che Biden l’ha spinto a intervenire. Alla fine, Trump si decide a chiamare la Guardia Nazionale. Ma è chiaramente la risposta di uno che ha perso.Un minuto dopo, si scatenano tutti: capi di Stato, giornalisti, professoroni. La più grave offesa mai fatta, alla democrazia americana. Certo: era esattamente previsto che si dovesse montare una cosa che dovesse sembrare “la più grave offesa alla democrazia americana”. Per renderla credibile andava resa più drammatica: per questo poi fanno, scientemente, quei poveri morti. E naturalmente, è tutta colpa di Trump: anche le destre, a livello mondiale, ormai ne prendono le distanze. E’ troppo grossa: un assalto al Parlamento, organizzato da Trump? No: Trump aveva promosso una marcia di protesta che arrivasse fin davanti al Parlamento, non dentro. Il troppo facile ingresso non pensiamo che l’abbia organizzato lui. Tutti a gridare al colpo di Stato: un golpe fatto in quel modo? Siamo seri. Non si può fare un colpo di Stato con quei quattro disgraziati, guidati dallo “sciamano con le corna”. Per fare un golpe serve più della metà dei servizi segreti, serve la maggior parte delle forze armate, gli stati maggiori. Servono pezzi di Fbi, di Cia, di Nsa. Dalla tua parte devono esserci la finanza e i veri poteri. Eppure, questa balla – il tentato golpe – viene riferita da tutti i media, quelli che ci ammorbano ogni giorno con la loro versione del virus.Non è Trump che ha cercato di fare un colpo di Stato, sono i poteri oscuri ad aver messo a segno un colpo: non solo ai danni di Trump, ma di una vasta fetta dell’opinione pubblica, che ormai sta rientrando nell’ovile. E il colpo, principalmente, è stato dato a tutti quei temi (quegli ideali, quegli interessi) che andavano contro il mondalismo, contro i “papati scientifici”, contro l’Oms, contro un’Onu depravata, contro un’Ue guidata da un gruppo osceno, contro una Cina neo-imperialista. Tutto depotenziato: già durante la presidenza Trump, e ora con questa pantomima finale. Ora si torna all’antico, alla tradizione che gli americani cominciavano a odiare: quella dei Bush, dei Clinton, degli Obama. Tutti finti buoni, come i finti buoni europei. Come Joe Biden, “il nonno d’America”. Guardate quei filmati, in cui riceve le famiglie: voi affidereste un bambino a Biden? Glielo fareste avvicinare? Il “nonno d’America” è suadente, ma solo nelle forme: quando aveva a fare con l’Iraq era un assatanato guerrafondaio, uno dei più feroci. Adesso fa la faccia del buono: così hanno sempre fatto, questi democratici americani. Apparenza vellutata, per mascherate azioni orribili.Non è che l’altra piramide di potere sia migliore, quella repubblicana e conservatrice: è solo meno brava, a fare il male. E’ più confusionaria: e quindi, in questa fase, meno pericolosa. E’ il classico gioco delle piramidi oscure, del divide et impera, del potere. Un gioco che, con le sue pantomime e le sue sceneggiate puntualmente riprese dai media, tende a ipnotizzarci. E’ un gioco che ci vuole distrarre, quando in realtà ci vogliono togliere la libertà, quando ci vogliono iper-vaccinare e iper-tassare, così come quando vogliono cambiare i programmi scolastici, devastare l’ambiente, elettromagnetizzare il mondo. Ci distrae, il gioco delle piramidi di potere, quando vogliono renderci degli automi sensoriali. Questo vogliono fare, ma noi resistiamo: per questo sono costretti a inventarsene sempre di nuove. L’umanità, infatti, è in risveglio: un po’ alla volta, cresce l’impulso a volere il bene dell’ambiente, delle persone intorno a noi. Non vogliamo limitazioni alla libertà, vogliamo ideali buoni: una pedagogia sana, una medicina buona che non danneggi la salute.Loro cercano di distrarci, per sottometterci alle loro politiche anti-umane. Noi che facciamo? Non certo i colpi i Stato in America o a Palazzo Chigi, e nemmeno in Vaticano, o in Germania. Però una cosa la possiamo fare, quella che a loro dà più fastidio: continuare a essere liberi interiormente. Criticarli, guardarli. Denunciare in tutti modi, senza malanimo, quello che fanno: denunciarlo come cosa, semplicemente, da non fare. Indignarsi, restando però sereni, per poter fare la cosa che a questi poteri dà più fastidio: fare il bene, intorno a noi. Per non cadere nelle loro trappole, coltivare ideali, amare il prossimo. Il nostro compito è orizzontale, intorno a noi: aumentiamo la nostra capacità di fare il bene, e vinceremo questa battaglia contro i poteri, il cui unico intento è ipnotizzarci, per poterci catturare. Restiamo liberi di fare il bene: l’importante è non dare alcuna credibilità, alle voci mediatiche del potere, sapendo che stanno cercando di fregarci. Riuniamoci in gruppi, per fare il bene. Da questi gruppi, un giorno, nascerà una nuova società. Una nuova politica, una nuova collettività: migliore, e più sana.(Fausto Carotenuto, estratto dal video-intervento “Colpo di Stato fallito o manovra del Deep State riuscita?”, pubblicata su “Coscienze in Rete” il 7 gennaio 2021. Carotenuto è stato, per lunghi anni, analista strategico dell’intelligence Nato).Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?
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Magaldi: Trump sbaglia, ma chi lo demonizza è peggio
«Dov’erano, le ipocrite vestali del politicamente corretto, quando i fascistissimi miliziani di Antifa uccidevano cittadini anche neri nelle strade d’America, nei mesi scorsi? Chi oggi tuona contro il presunto “attentato alla democrazia” rappresentato dallo sgangherato assalto al Campidoglio continua tacere, di fronte all’infame “dittatura sanitaria” che ha sospeso la nostra libertà col pretesto del Covid». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si unisce ovviamente all’unanime condanna delle violenze che il 6 gennaio hanno travolto il Parlamento americano, ad opera di «un branco di buffoni esaltati dalla retorica di Trump». Ma precisa: «E’ stato un drammatico autogol, un episodio tragicamente farsesco, ma non certo un tentativo di colpo di Stato». Imperdonabile la condotta di Trump: «Non ha vigiliato affinché non prevalesse, o non fosse infiltrata, la minoranza violenta che ha poi invaso Camera e Senato, mentre la maggioranza dei manifestanti si è limitata a una pacifica protesta popolare, accusando Joe Biden di aver “rubato le elezioni” tramite estesi brogli».Sugli errori di Trump è severo il giudizio di Magaldi, che pure appartiene al network massonico internazionale progressista che ha supportato il presidente uscente. «Sulla scorta di un team legale autorevolmente coordinato da Rudolph Giuliani, Donald Trump denuncia l’opacità del risultato delle presidenziali, che sarebbe stato alterato da pesanti irregolarità facilitate dal vasto ricorso al voto postale, adottato con il pretesto del Covid. Tuttavia – sottolinea Magaldi – già nei mesi scorsi si poteva intuire che le nuove, “anomale” modalità di voto abbero potuto propiziare i brogli: ma Trump non ha fatto nulla, per scongiurare il peggio attraverso l’imposizione di regole più trasparenti». Non solo: «Una volta preso atto dei presunti brogli, avrebbe anche potuto intraprendere iniziative estreme – ma contemplate dalla Costituzione, in caso di interferenze straniere nel voto – per imporre, anche con la legge marziale, che venisse fatta chiarezza: ma, di nuovo, non ha osato farlo».Idem per la gestione del Covid: «Ha giustamente denunciato il carattere manipolatorio dell’emergenza, senza la quale avrebbe stravinto le elezioni, ma non ha avuto il coraggio di adottare una linea nettamente chiara, per esempio licenziando Anthony Fauci». Fin qui, le critiche verso il presidente che nel 2016 era stato appoggiato dall’élite massonica progressista, come “antidoto” contro i finto-progressisti del partito democratico. «E’ stato un ottimo presidente, Trump: ha risollevato l’economia e risolto molte crisi geopolitiche, evitando nuove guerre». Eppure, il tycoon prestato alla politica «è stato scandalosamente demonizzato, fin dall’inizio, dai grandi media e da un establishment sleale: a dare del “fascista” a Trump sono stati i portavoce di un’oligarchia antidemocratica, a lungo complice della dittatura cinese».Impresentabile, secondo Magaldi, il profilo di molti dei suoi attuali contestatori: «A condannarlo, per i disordini in Parlamento, c’è gente del calibro del guerrafondaio George W. Bush, grande padrino massonico del terrorismo islamico, e ci sono altri vecchi tromboni del partito repubblicano, che in questi decenni si sono limitati ad assecondare il neoliberismo oligarchico dei vertici del partito democratico». Fatale, per Magaldi, la scelta di Trump di non distanziarsi «dagli imbarazzanti “suprematisti bianchi”, dai complottisti alla Q-Anon e dai falsi amici come monsignor Carlo Maria Viganò, che per contrastrare gli abusi del peggior mondialismo propongono un ritorno al tradizionalismo più arcaico: il falso progressismo dei “dem”, semmai, si combatte con il vero progressismo».«Dov’erano, le ipocrite vestali del politicamente corretto, quando i fascistissimi miliziani di Antifa uccidevano cittadini anche neri nelle strade d’America, nei mesi scorsi? Chi oggi tuona contro il presunto “attentato alla democrazia” rappresentato dallo sgangherato assalto al Campidoglio continua tacere, di fronte all’infame “dittatura sanitaria” che ha sospeso la nostra libertà col pretesto del Covid». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si unisce ovviamente all’unanime condanna delle violenze che il 6 gennaio hanno travolto il Parlamento americano, ad opera di «un branco di buffoni esaltati dalla retorica di Trump». Ma precisa: «E’ stato un drammatico autogol, un episodio tragicamente farsesco, ma non certo un tentativo di colpo di Stato». Imperdonabile la condotta di Trump: «Non ha vigiliato affinché non prevalesse, o non fosse infiltrata, la minoranza violenta che ha poi invaso Camera e Senato, mentre la maggioranza dei manifestanti si è limitata a una pacifica protesta popolare, accusando Joe Biden di aver “rubato le elezioni” tramite estesi brogli».
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Trump cede, ma rischia di essere sfrattato in anticipo
«Ci sarà una transizione ordinata», ha infine garantito Trump, il 7 gennaio, dopo che il Congresso degli Stati Uniti è tornato a riunirsi per ratificare i collegi elettorali e dichiarare Joe Biden presidente. Il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell (ostile a Trump) ha detto che il Congresso non si farà intimidire «da un manipolo di delinquenti e dalle minacce». «È un’infamia che resterà per sempre sulla coscienza nazionale», ha dichiarato il leader dei democratici, Chuck Schumer. Di diverso avviso Donald Trump: «E’ solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande», ha dichiarato, in una nota diffusa dalla Casa Bianca. «Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che a contare siano solo i voti legali». Dell’assalto al Campidoglio, il pomeriggio di follia che ha sconvolto l’America, è Roberto Festa a fornire un’accurata ricostruzione pubblicata l’indomani dal “Fatto Quotidiano”, partendo dalla ripresa notturma dei lavori parlamentari.L’obiezione di alcuni repubblicani al risultato dell’Arizona, che era discussa al momento dell’assalto, è stata rigettata. Così anche quella relativa alla Georgia. Obiezione da parte di una settantina di repubblicani anche alla legittimità del voto in Pennsylvania. Il Senato l’ha liquidata con 92 voti contro 7 (tra questi, i senatori Josh Hawley e Ted Cruz, che hanno guidato l’attacco al voto). Almeno quattro senatori repubblicani – tra cui Kelly Loeffler, appena sconfitta nel ballottaggio in Georgia – hanno cambiato idea dopo l’assalto al Congresso e deciso di sostenere la regolarità del voto, annota il “Fatto”. «Un gruppo comunque nutrito di repubblicani non si è fatto turbare dalle violenze del pomeriggio e ha continuato nell’ostinata operazione di delegittimazione dei risultati. La battaglia procedurale è continuata nella notte». Secondo Festa, «gli assalitori pro-Trump hanno quindi ottenuto un obiettivo: ritardare, sia pure di qualche ora, la designazione di Biden alla Casa Bianca».Con il passare delle ore, intanto, si è delineata meglio la dinamica degli incidenti, le vittime, le responsabilità della sicurezza. Sono quattro i morti nell’attacco al Congresso: una donna è stata uccisa dalla polizia sulle scale del Campidoglio, mentre altre tre persone sono morte dopo essere state condotte d’urgenza in ospedale. Cinquantadue, in tutto, gli arrestati. La polizia di Washington dichiara di aver trovato ordigni pronti a esplodere all’ingresso degli uffici del partito democratico e di quello repubblicano, mentre in un’auto avrebbe scoperto fucili e molotov. Analizzata anche la possibilità che l’arrivo di migliaia di persone a Washington sia stato in qualche modo sottovalutato dalle autorità di polizia, dal Pentagono, dalle autorità cittadine, che avrebbero schierato forze insufficienti a gestire il caos annunciato.«È stato il vicepresidente Mike Pence, e non Trump, a insistere perché contro la folla degli assalitori venisse schierata la Guardia Nazionale del Distretto di Colombia (oltre alla forze di polizia locale). Pence, in collegamento pressoché continuo col Pentagono, avrebbe accelerato i tempi della decisione, sollecitato anche dalle richieste di aiuto che venivano dalle forze schierate a difesa del Congresso, sempre meno capaci di contenere la folla». La notizia è interessante, sottolinea Roberto Festa: nel momento più grave dell’assalto all’assemblea legislativa della nazione, «la carica di “commander in chief” sarebbe stata esercitata dal vicepresidente e non dal presidente degli Stati Uniti». Secondo Festa, «l’esclusione totale di Trump dalle decisioni più difficili è stata confermata dai vertici stessi del Pentagono». Il segretario alla difesa, Christopher Miller, ha affermato che lui e il capo dell’esercito, Mark Milley, sono stati in contatto con Pence, con la speaker della Camera Nancy Pelosi e con il leader del Senato, Mitch McConnell, per decidere «come difendere il Congresso».Nemmeno un accenno a Trump: l’indiscrezione, secondo il “Fatto”, conferma l’immagine di un presidente ormai sempre più isolato, tenuto fuori dagli affari di governo, nonché «prigioniero di idee e deliri cospiratori sulla sua sconfitta elettorale». Le parole più usate in queste ore, da politici e commentatori, sono “insurrezione”, “sedizione”, “colpo di Stato”. «Le immagini dell’attacco al Congresso hanno sconvolto l’America come nient’altro nella storia più recente». Anche secondo Roberto Festa, «l’attacco alla democrazia di Trump è diventato letterale». E se lo “sdegno” dei democratici era atteso, «anche buona parte dei repubblicani appare compatta nella condanna». L’onda lunga dello shock, poi, è entrata anche alla Casa Bianca e nell’amministrazione: «Si sono dimessi Stephanie Grisham, chief of staff di Melania Trump ed ex press secretary della Casa Bianca, e il responsabile dei social di Trump, Rickie Niceta».Fonti interne all’amministrazione dicono che sarebbe sul punto di dimettersi Robert O’Brien, il consigliere alla sicurezza nazionale, come avrebbe già fatto – secondo la “Cnn” – il suo vice Matthew Pottinger. «In partenza sarebbe anche la segretaria ai trasporti, Elaine Chao». Nel frattempo, Trump è stato oscurato da Facebook, Instagram e Twitter. E intanto, aggiunge Festa, la parola “impeachment” torna a essere associata a Trump. In teoria resta in carica fino al 20 gennaio, ma alcuni chiedono apertamente la sua messa sotto accusa. Per la deputata democratica Ilhan Omar, «non possiamo consentirgli di restare in carica, è una questione di tutela della nostra Repubblica». La richiesta di impeachment arriva ovviamente anche dai grandi media, dal “Washington Post” a “The Atlantic”, Secondo la “Cbs”, poi, «diversi ministri» avrebbero addirittura «discusso la possibilità di invocare il 25esimo Emendamento e rimuovere Trump dalla Casa Bianca». La mossa, per ora soltanto ventilata, sarebbe stata presentata al vice Mike Pence. Una scelta che forse è destinata a sfumare, viste le garanzie di Trump sulla «transizione ordinata» che ora sarebbe disposto a concedere.«Ci sarà una transizione ordinata», ha infine garantito Trump, il 7 gennaio, dopo che il Congresso degli Stati Uniti è tornato a riunirsi per ratificare i collegi elettorali e dichiarare Joe Biden presidente. Il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell (ostile a Trump) ha detto che il Congresso non si farà intimidire «da un manipolo di delinquenti e dalle minacce». «È un’infamia che resterà per sempre sulla coscienza nazionale», ha dichiarato il leader dei democratici, Chuck Schumer. Di diverso avviso Donald Trump: «E’ solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande», ha dichiarato, in una nota diffusa dalla Casa Bianca. «Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che a contare siano solo i voti legali». Dell’assalto al Campidoglio, il pomeriggio di follia che ha sconvolto l’America, è Roberto Festa a fornire un’accurata ricostruzione pubblicata l’indomani dal “Fatto Quotidiano“, partendo dalla ripresa notturma dei lavori parlamentari.
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Prima i ladri, poi i barbari: assalto alla democrazia Usa
I barbari contro i ladri, che ora si atteggiano a vittime e chiedono la testa del capo barbarico, dopo che quest’ultimo ha osato l’inosabile: far assaltare dai suoi pasdaran fanatizzati il “tempio” di una democrazia che, per metà dell’America, è rimasta tale solo nella forma, visto l’esito degli spogli elettorali del 3 novembre. L’attacco al Parlamento, ricorda l’Ansa, ha un solo precedente: fu incendiato nel 1814, ma non da americani (il clima era di guerra, e a darlo alle fiamme furono le truppe inglesi). Il 6 gennaio 2021 è nella storia: gli Stati Uniti non hanno potuto eleggere il nuovo presidente. Non solo: Congresso e Senato sono stati presi d’assalto ed “espugnati” da militanti anche armati, lasciati entrare nei palazzi con estrema facilità e decisi a raggiungere l’obiettivo: scuotere l’America e il mondo, e intanto bloccare la convalida delle schede dei grandi elettori a favore di Joe Biden, da settimane presentato abusivamente come “presidente eletto” nonostante l’opposizione di Trump e di oltre 100 parlamentari, decisi a contestare la regolarità delle elezioni. Più che una frode: un golpe bianco, quello di Biden, organizzato attraverso i brogli più colossali che la storia ricordi.Da un lato, le prove raccolte dal team legale di Trump sono schiaccianti: in alcuni Stati-chiave, dove Biden avrebbe prevalso per poche migliaia di voti, risultano aver votato anche 2-300.000 elettori in più, rispetto a quelli registrati, con le stesse schede contate anche 8 volte. I fatti sono noti: di fronte alla “vittoria a valanga” di Trump (almeno 75 milioni di sostenitori) i seggi sono stati chiusi in piena notte, per due ore, durante le quali sarebbe successo di tutto. Sotto accusa il sistema digitale Dominion, connesso in Rete e forse, secondo l’accusa, manipolabile anche dall’estero. A monte: non ha precedenti l’abuso del voto postale, interamente pro-Biden, cui si è fatto ricorso agitando la paura del Covid, vero protagonista degli eventi: senza l’emergenza pandemica, a inizio 2020 tutti i sondaggi davano per scontata la larghissima rielezione di Trump, grazie al favore del 60-65% degli americani. L’altra notizia è altrettanto scioccante: tutte le sedi giudiziarie interpellate, dalla Corte Suprema in giù, si sono sistematicamente rifiutate di esaminare le prove della frode: allo staff di Rudy Giuliani, le corti hanno opposto solo dinieghi procedurali, evitando di valutare i dossier.Proprio la sessione plenaria del Parlamento sarebbe potuta servire a questo: esporre a reti unificate le dimensioni dell’imbroglio, istituendo la commissione speciale d’inchiesta subito proposta dal senatore texano Ted Cruz. Illusoria la speranza – retoricamente evocata da Trump, nel suo comizio incendiario a poche ore dai lavori parlamentari – che potesse essere il vicepresidente, Mike Pence, a ribaltare l’esito dei conteggi truccati rigettando le schede dei grandi elettori degli Swing States (Georgia, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Arizona e Nevada). Camera, Senato e vicepresidenza hanno anche ignorato persino l’ultimo appello alla legalità istituzionale, proveniente dai membri dei Parlamenti di alcuni di quegli Stati: non convalidare le schede di Biden e rinviare la decisione agli Stati stessi, facendo pronunciare i parlamentari o addirittura ripetendo le elezioni. L’establishment ha evitato di rispondere, opponendo la sua sordità marmorea e il consenso (anche e soprattutto mediatico) attorno al “presidente eletto”, uno dei politici più corrotti d’America, a lungo quinta colonna del potere cinese, ricattabile in mille modi e anche attraverso le imprese di un prestanome come il figlio Hunter, percettore di maxi-tangenti da Cina e Ucraina.Sembrava persino credibile, Biden – un vero presidente, quello giusto – quando è apparso in televisione, mentre il Parlamento era in preda al panico, invitando Trump a ordinare ai rivoltosi di ripiegare. Trump lo ha fatto nel mondo più pericoloso: ha sì invitato i suoi hooligan ad abbandonare i palazzi, ma solo dopo aver manifestato apprezzamento per il loro gesto, costato 4 vittime. Un atto senza precedenti, in mondovisione, che precipita l’America (e lo stesso Trump) sull’orlo del baratro. Si parla di impeachment-lampo, e di rimozione del presidente. Si dà anche per scontato che Trump non la passerà liscia, a livello giudiziario, per la sua inaudita esortazione “eversiva”. I commentatori mainstream sono unanimi: Trump si è reso protagonista di un gesto disgustoso, che non potrà restare impunito e segnerà la sua fine politica. Sottinteso: chi condanna senza attenuanti la “presa della Bastiglia”, l’oltraggio alla sacralità della democrazia, finge di non vedere l’oceano, soverchiante, di indizi e prove che inchiodano i democratici, protagonisti di un “golpe” elettorale fraudolento, un vero e proprio attentato alla democrazia americana.Altri annotano: Trump ha staccato la spina ai repubblicani, ridotti a casta di potere, trascinando con sé decine di milioni di persone, l’America profonda, quella tradita dalla globalizzazione neoliberista. Impressionante l’accelerazione della crisi, così come la sconcertante ipocrisia dell’establishment: Facebook ha subito oscurato l’ultimo video di Trump, in ossequio allo stile orwelliano della “rivoluzione colorata” che nel 2020 ha sabotato la rielezione del presidente, ricorrendo alla violenza e alla guerriglia urbana di Antifa e Black Lives Matter, con frange estremistiche che hanno trascinato intere città sull’orlo della guerra civile. Ora, l’assalto al Parlamento rischia di allontanare da Trump i parlamentari rimastigli fedeli, e soprattutto di far impallidire il primo “assalto alla democrazia”, in ordine di tempo, cioè la colossale frode elettorale che – ove finalmente confermata, in sede giudiziaria – dimostrerebbe virtualmente la fine della democrazia elettorale, negli Stati Uniti.La reazione dei “barbari”, follemente fuori misura, sembra un avvertimento: Stati come il Texas hanno già ventilato l’intenzione di ridiscutere i termini della loro permanenza negli Usa, qualora l’establishment fingesse ancora di ignorare il raggiro organizzato dal clan Biden sulla pelle degli elettori. La situazione è delirante e pericolosa: se non verrà abbattuto, Trump resterà in carica fino al 20 gennaio. E non ha ancora esibito la relazione del Dni, la direzione dell’intelligence coordinatra da John Ratcliffe, che potrebbe evidenziare il ruolo di paesi come la Cina nella manipolazione digitale dell’esito del voto. L’America è spaccata in due, davanti al mondo intero: seguiranno alle mosse “eversive” di Trump, o il presidente ancora in carica verrà fermato con la forza? La rivolta dilagherà nelle città o l’assalto al Campidoglio comporterà la fine di Trump, e magari la sua incriminazione? Lo scenario è drammatico, con tratti allucinati, deliranti e rivoluzionari. Per intanto: la notte di follia di Washington ha devastato anche l’ipocrisia “negazionista” del mainstream, quello che tifa per il regime-Covid e vorrebbe cancellare fisicamente Trump. La democrazia americana? E’ in rianimazione: calpestata prima dai ladri, poi dai barbari.I barbari contro i ladri, che ora si atteggiano a vittime e chiedono la testa del capo barbarico, dopo che quest’ultimo ha osato l’inosabile: far assaltare dai suoi pasdaran fanatizzati il “tempio” di una democrazia che, per metà dell’America, è rimasta tale solo nella forma, visto l’esito degli spogli elettorali del 3 novembre. L’attacco al Parlamento, ricorda l’Ansa, ha un solo precedente: fu incendiato nel 1814, ma non da americani (il clima era di guerra, e a darlo alle fiamme furono le truppe inglesi). Il 6 gennaio 2021 è nella storia: gli Stati Uniti non hanno potuto eleggere il nuovo presidente. Non solo: Congresso e Senato sono stati presi d’assalto ed “espugnati” da militanti anche armati, lasciati entrare nei palazzi con estrema facilità e decisi a raggiungere l’obiettivo: scuotere l’America e il mondo, e intanto bloccare la convalida delle schede dei grandi elettori a favore di Joe Biden, da settimane presentato abusivamente come “presidente eletto” nonostante l’opposizione di Trump e di oltre 100 parlamentari, decisi a contestare la regolarità delle elezioni. Più che una frode: un golpe bianco, quello di Biden, organizzato attraverso i brogli più colossali che la storia ricordi.
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Binney: frode storica: 13 milioni di voti ‘inventati’ per Biden
I conti non tornano: l’operazione-Biden potrebbe aver “rubato” (o meglio, “fabbricato”) qualcosa come 13 milioni di voti, trasformando le presidenziali 2020 nelle elezioni americane più corrotte della storia. Lo afferma un popolare divulgatore statunitense come Bill Binney, sul canale “The Gateway Pundit”, vicino a Trump. In tutta la nazione – è la tesi di Binney – avrebbero votato più persone di quante avessero diritto al voto. Lo riporta Nicola Zegrini sul blog “UnUniverso”, che segue attentamente i convulsi sviluppi della devastante controversia attorno al futuro della Casa Bianca. Che la partita sia tutt’altro che chiusa, a quasi due mesi dal voto, lo conferma Roberto Mazzoni, osservatore speciale dello scenario americano in veste di giornalista indipendente, basato in Florida. Preso atto che la Corte Suprema non intende pronunciarsi in tempo utile in merito ai presunti, colossali brogli – riasssume Mazzoni sul canale “MazzoniNews” – l’attenzione è puntata sul 6 gennaio, quando i parlamentari apriranno le buste dei grandi elettori (compresi quelli di Trump). Prima notizia: i repubblicani rifiuteranno di riconoscere Biden vincitore, avviando un lungo iter parlamentare in cui affioreranno molte prove a sostegno delle accuse di frode, già ora esibite in una speciale commissione istituita dal Senato.Nel frattempo – aggiunge Mazzoni – un colpo di scena potrebbe giungere da John Ratcliffe, capo della direzione nazionale dell’intelligence: nell’atteso rapporto, potrebbero emergere evidenze fornite dai servizi segreti, riguardo alla manipolazione informatica che avrebbe “gonfiato” l’apparente bottino elettorale di Biden, falsando il risultato. Che ci sia qualcosa nell’aria lo conferma lo scandalo SolarWinds: si apprende che un software (grazie ad hacker cinesi?) avrebbe violato, dalla scorsa primavera, i sistemi digitali che sovrintendono alla gestione di tutte le infrastrutture strategiche degli Stati Uniti. La relazione di Ratcliffe potrebbe quindi far scattare la procedura d’emergenza dell’Insurrection Act, prevista per proteggere le elezioni da ingenenze straniere. La sensazione, aggiunge Mazzoni, è che gli eventuali sviluppi in questa direzione potrebbero deflagrare appena dopo Natale: se esplodesse uno scandalo di quella portata, è ovvio che l’evento avrebbe un impatto decisivo anche sulla seduta parlamentare del 6 gennaio. Intanto, da Rudolph Giuliani si apprende che la strategia legale di Trump si starebbe spostando sull’acquisizione delle macchine elettorali di Dominion, nel tentativo di dimostrare la frode algoritmica che sarebbe stata programmata per truccare le elezioni. Saranno sequestrati, i dispositivi elettronici di Dominion?A farlo – sostiene “Brighteon”, in un post ripreso sempre da Zegrini – potrebbe essere l’avvocato Sidney Powell, appena nominata “consigliere speciale” del presidente Trump. La Powell ha avuto un lungo incontro alla Casa Bianca con il generale Michael Flynn e lo stesso Rudy Giuliani. Il giorno prima, Trump aveva avuto un lungo colloquio riservato con il nuovo ministro della difesa, Christopher Miller. Se Flynn ha chiesto apertamente Trump di ricorrere all’Insurrection Act per far ripetere le elezioni – sotto il controllo delle forze armate – nei 6 Stati dove i brogli avrebbero ribaltato i risultati, è stato lo stesso Trump a definire “fake news” le voci sul possibile intervento dei militari nella gravissima crisi politica e istituzionale che sta scuotendo l’America, dove i sondaggi confermano che la maggioranza degli statunitensi si sia convinta che le elezioni sarebbero state “rubate”. Esplosivo, in questo senso, lo scandalo SolarWinds: le macchine elettorali della Dominion potrebbero essere state violate durante le elezioni a causa della vulnerabilità della “backdoor” di SolarWinds.A confermare un’enorme alterazione dei numeri è lo stresso Bill Binney. L’analista sottolinea che, secondo il “Washington Post”, le presidenziali 2020 hanno registrato la più alta affluenza alle urne, da oltre un secolo. Ma è proprio vero? «Se tiriamo le somme, scopriamo un grosso problema», sostiene Binney su “Brighteon”, che spiega: «Gli elettori registrati negli Usa sono 213,8 milioni, e di questi risulta aver votato il 66,2% (cioè 141,5 milioni di votanti). Ma se Trump ha avuto 74 milioni di voti, rimangono solo 67,5 milioni di voti per Biden. Ciò significa che 13 milioni di schede sono state “create” – duplicate o inventate – in modo da essere contate per Biden». Secondo “The Gateway Pundit”, «Biden ha commesso frodi in ogni modo immaginabile, ma il grande furto è stato in milioni di voti fraudolenti che sono stati creati per rubare le elezioni». Milioni di voti, addirittura? «Questa è matematica: matematica molto semplice, che anche quelli di sinistra dovrebbero essere in grado di capire. Il team di Biden ha chiaramente commesso una frode di altissimo livello».I conti non tornano: l’operazione-Biden potrebbe aver “rubato” (o meglio, “fabbricato”) qualcosa come 13 milioni di voti, trasformando le presidenziali 2020 nelle elezioni americane più corrotte della storia. Lo afferma un popolare divulgatore statunitense come Bill Binney, sul canale “The Gateway Pundit”, vicino a Trump. In tutta la nazione – è la tesi di Binney, già dirigente della Nsa – avrebbero votato più persone di quante avessero diritto al voto. Lo riporta Nicola Zegrini sul blog “UnUniverso“, che segue attentamente i convulsi sviluppi della devastante controversia attorno al futuro della Casa Bianca. Che la partita sia tutt’altro che chiusa, a quasi due mesi dal voto, lo conferma Roberto Mazzoni, osservatore speciale dello scenario americano in veste di giornalista indipendente, basato in Florida. Preso atto che la Corte Suprema non intende pronunciarsi in tempo utile in merito ai presunti, colossali brogli – riasssume Mazzoni sul canale “MazzoniNews” – l’attenzione è puntata sul 6 gennaio, quando i parlamentari apriranno le buste dei grandi elettori (compresi quelli di Trump). Prima notizia: i repubblicani rifiuteranno di riconoscere Biden vincitore, avviando un lungo iter parlamentare in cui affioreranno molte prove a sostegno delle accuse di frode, già ora esibite in una speciale commissione istituita dal Senato.