Archivio del Tag ‘maggiordomi’
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Magaldi: l’orrido Green Pass e lo spettro del lockdown-bis
Invitare a non vaccinarsi equivale a un invito a morire: perché, se non ti vaccini, muori. Non è l’uscita estemporanea di un cabarettista, o di un demente conclamato. Anche perché il “demente” in questo caso, risponderebbe al nome di Mario Draghi. Uno scivolone o un’oscura minaccia? Pochi giorni dopo, è seguita la strana morte del dottor Giuseppe De Donno, uomo-simbolo della risposta medica al Covid, mediante adeguata terapia. L’avvocato Paolo Franceschetti, coraggioso dietrologo e autore del saggio “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, accende una spia sulla seconda ipotesi, la peggiore: i supermassoni come Draghi sono abituati a pesarle, le parole; sicché, quell’infelice uscita potrebbe anche suonare come una sorta di “avvertimento”? Nel mirino, secondo Franceschetti, potrebbe finire chiunque (medico, scienziato di fama) dovesse battersi contro il delirio dell’obbligo vaccinale, che si vorrebbe imporre – di fatto – attraverso la trappola del Green Pass, fondata sul ricatto e la discriminazione sociale.Niente affatto: quella di Draghi è stata semplicemente una disastrosa gaffe. Lo sostiene Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” e leader del Movimento Roosevelt. Dopo aver svelato l’esistenza del network mondiale delle superlogge, rappresentate come livello superiore di potere (non piramidale ma conflittuale, lacerato nello scontro perenne tra reazionari e libertari), Magaldi – a capo del Grande Oriente Democratico, collegato al circuito dei supermassoni “progressisti” – spezza una lancia a favore dell’ex banchiere centrale, che (non da oggi) avrebbe abbandonato i vecchi sodali dell’ordoliberismo per approdare tra le fila del fronte massonico internazionale che ieri si opponeva al rigore di bilancio, e oggi all’Operazione Corona. Sintetizza Magaldi, ai microfoni di “Border Nights”: lo scopo del piano psico-terroristico mondiale che ha paralizzato l’Occidente non è mai stato il “depopolamento” del pianeta, ma semmai un brutale, mostruoso test per verificare fino a che punto si sarebbe spinta l’obbedienza (cieca) di masse spaventate da una presunta pandemia, in nome della quale sospendere diritti e libertà.Magaldi conferma la sua scommessa su Draghi: siede a Palazzo Chigi – dice – essenzialmente con un obiettivo, e cioè rimettere in piedi l’Italia sul piano economico. Ed è proprio a questo, sostiene Magaldi, che serve il maldestro, inaccettabile Green Pass: nella testa di Draghi, quantomeno, il “lasciapassare” avrebbe la funzione di evitare, nelle prossime settimane, l’ennesimo lockdown, che il premier vuole scongiurare ad ogni costo. Il suo primo obiettivo, oggi, è quello di resistere alle micidiali pressioni cui sarebbe sottoposto, anche da segmenti del suo stesso esecutivo. Chi sono? Veri e propri terminali italiani del grande potere oligarchico mondiale, quello che s’è inventato l’Ue dei diktat (al posto di una vera Unione Europea) dopo aver affidato al sistema-Cina il ruolo di rottamatore della democrazia occidentale, sull’onda di un boom economico che sarebbe stato ampliamente gonfiato da regole truccate, industriali e commerciali.In altre parole: persino l’osceno Green Pass sarebbe un estremo tentativo di limitare i danni, cioè le chiusure indiscriminate motivate dal consueto terrorismo sanitario, in vista della presunta crescita dei contagi grazie all’ennesima, inevitabile “variante” di un ipotetico virus che, come ora ammesso anche dagli Usa, non è mai stato neppure isolato in laboratorio. A rendere ancora meno credibile l’esistenza clinica del SarsCov2 sono gli stessi tamponi rinofaringei, che rappresentano il business del secolo: sottoposto ad “amplificazioni” folli (e sconsigliatissime, dagli inventori del test), il campione biologico “pesca” tracce molecolari di virus precedenti, che poi vengono classificati “coronavirus” senza alcun controllo scientifico. Del resto, ormai, tutto sembra follia: gli stessi contagi (chiamati “casi”, e quasi tutti asintomatici) vengono ancora considerati il problema, anziché la soluzione, che è l’immunità di gregge; ed è ovvio che sono proprio le profilassi geniche sperimentali (ridicolmente chiamate “vaccini”) a prolungare all’infinito la vita del virus influenzale, che aggira fisiologicamente gli ostacoli evolvendo attraverso progressive mutazioni, che danno luogo alle cosiddette varianti.Ultra-scandaloso, quindi, il perdurante silenzio istituzionale sulle normali cure che annullanno la pericolosità (molto modesta) dell’anomala sindrome influenzale esplosa già nel 2019: è ormai noto che a finire all’ospedale siano state migliaia di persone non curate, abbandonate per giorni nelle loro case senza una visita medica né un farmaco appropriato. Nonostante ciò, neppure il governo Draghi osa mettere in discussione il criminale paradigma sanitario che ha prodotto la strage di massa, falcidiando gli ultra-ottantenni già alle prese con gravi patologie. E dopo i tamponi falocchi, si è passati – inesorabilmente, come anticipato dal “profeta” Massimo Mazzucco – ai non-vaccini genici, di fatto imposti come unica soluzione possibile, di fronte a un problema trasformato in incubo dal sistema politico-mediatico occidentale. La situazione (politica, non sanitaria) è così grave – sembra dire Magaldi – che neppure Draghi, candidatosi a far uscire l’Italia dal coma – è in grado di porre fine al tragico imbroglio, dovendo puntare intanto a tenere in piedi il paese, imponendosi su chi vorrebbe richiuderlo.Può non piacere, l’indigesta lucidità dell’analisi di Magaldi, comunque coerente con la narrazione offerta in questi anni: siamo stati per decenni alla mercé di poteri occulti che non hanno esitato a demolire le Torri Gemelle, pur di inaugurare un ininterrotto film dell’orrore che ha messo in scena guerre e stragi, carneficine planaterie e spaventose pantomime come quelle dell’Isis. E’ lo stesso potere che, solo nel 2018, sbarrava la strada a Paolo Savona e negava al governo gialloverde un pur minimo incremento del deficit. E’ il potere che, con Conte – avallato anche da Bergoglio – agli italiani ha imposto il lockdown “cinese” e poi addirittura una pazzia come il coprifuoco. A chi denuncia come un supremo pericolo la presenza a Palazzo Chigi del Grande Tecnocrate, l’uomo del Gruppo dei Trenta fondato dai Rockefeller, il “rooseveltiano” Magaldi (che denunciò apertamente Draghi, insieme a Napolitano, per il funesto avvento di Monti nel 2011) oggi ricorda che Letta, Renzi e Gentiloni non fecero altro che eseguire i dettami della stessa agenda montiana, che il libro “Massoni” descrive come opera di supermassoni determinati a schiacciare il nostro paese.E’ un fatto: a Palazzo Chigi non siedono più i soliti maggiordomi, alla Conte. A dirigere il ponte di comando c’è un peso massimo del potere mondiale: uno che, le regole, è abituato a dettarle. E’ davvero lì per cambiarle da cima a fondo, come auspica (e crede) Magaldi, arrivando a incidere – domani – su una possibile riforma finalmente democratica della stessa governance Ue? Se questa è la posta in gioco, si possono comprendere – non giustificare – i tatticismi sanitari che, nella scacchiera del potere, lasciano ancora al suo posto persino un rinomato spaventapasseri come il ministro della sanità. Certo, stavolta la maxi-bomba sganciata non si è limitata ai tremila morti delle Twin Towers, alle vittime irachene e siriane, al martirio europeo della Grecia. Stavolta la biopolitica maneggiata nelle officine di Davos punta dritto al cuore dell’Occidente, provando a trasformare in un pallido ricordo le conquiste democratiche del Novecento. Scatta la caccia all’uomo: il Green Pass inaugura potenzialmente una forma di apartheid, da parte di un regime che continua a non fare nulla per curare i malati. Il che obbliga i non-dormienti a prendere posizione, ora e per sempre, accanto ai tanti medici coraggiosi che non hanno mai tradito il Giuramento di Ippocrate.Corsi e ricorsi: qualsiasi potere, nell’imporre misure impopolari, evoca sempre un pericolo peggiore. Teoria e pratica del Male Minore: quella che finora, dall’inizio della psico-sciagura chiamata Covid, ha preteso il suicidio socio-economico in cambio di chissà quale beneficio futuro, utilizzando una narrazione follemente bugiarda. Quella narrazione è ancora pienamente al governo del paese: chi si batte per la verità viene ignorato, oscurato, emarginato e perseguitato. Fioriscono i complottismi, anche quelli più fantasiosi? E’ il minimo che ci si possa aspettare, se l’establishment garantisce un tasso di sincerità che si aggira attorno allo zero. Lo stesso Mario Draghi pensa di poter continuare a fingere di credere alla Grande Menzogna (non certo inventata da lui) per avere il tempo di rianimare l’Italia, costringendo Francia e Germania a cambiare spartito, in Europa? Se è un calcolo preciso, resta da vedere quanto sarà indovinato. Nel frattempo, diverrà evidente anche il bilancio della lesione sociale indotta dalla prolungata rinuncia alla conquista della verità: ormai, almeno un italiano su tre a diffida dell’ennesimo commissariamento, che Draghi ha il “merito” di rendere drammaticamente evidente.Invitare a non vaccinarsi equivale a un invito a morire: perché, se non ti vaccini, muori. Non è l’uscita estemporanea di un cabarettista, o di un demente conclamato. Anche perché il “demente” in questo caso, risponderebbe al nome di Mario Draghi. Uno scivolone o un’oscura minaccia? Pochi giorni dopo, è seguita la strana morte del dottor Giuseppe De Donno, uomo-simbolo della risposta medica al Covid, mediante adeguata terapia. L’avvocato Paolo Franceschetti, coraggioso dietrologo e autore del saggio “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa”, accende una spia sulla seconda ipotesi, la peggiore: i supermassoni come Draghi sono abituati a pesarle, le parole; sicché, quell’infelice uscita potrebbe anche suonare come una sorta di “avvertimento”? Nel mirino, secondo Franceschetti, potrebbe finire chiunque (medico, scienziato di fama) dovesse battersi contro il delirio dell’obbligo vaccinale, che si vorrebbe imporre – di fatto – attraverso la trappola del Green Pass, fondata sul ricatto e la discriminazione sociale.
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Magaldi: via i D’Alema Boys: ieri Conte, oggi Speranza
Per quanto Mattarella, D’Alema e Bersani perorino la causa di Speranza, il ministro della sanità è un grosso problema, per Draghi. C’è un’inchiesta che porterà fatalmente a lui: non può non portare a lui, come in effetti sta già avvenendo. Non solo: c’è un’inchiesta con la quale il ministero della sanità non è collaborativo. Già soltanto questo dovrebbe bastare, credo, a decretare un allontanamento prudenziale. Faccia Draghi, con il solito stile: spieghi a Speranza che, per l’interesse collettivo, sarebbe più opportuno che facesse un passo indietro. Naturalmente, il Pd di Letta (non avevo dubbi) si è subito attivato in difesa di Speranza: ma questo è un motivo in più, per cacciarlo a calci in culo. Intanto, osservo con piacere che anche il “Corriere della Sera” è arrivato a porsi delle domande, sull’opacità di tutto il Ministero della Malasanità, come lo chiamo io: proprio in queste ore, anche al giornale si pongono il problema, dopo che gli inquirenti di Bergamo si sono trovati in un ministero in cui la mano destra non sa quello che ha fatto la mano sinistra.Ognuno scarica sugli altri le responsabilità: e c’è un ministro che è reticente, e non si prende alcuna responsabilità: ma se un ministero è organizzato così, la responsabilità non è del ministro stesso? Vale anche per Brusaferro, sempre secondo il “Corriere”: mi fa piacere, perché sono le tesi che avevo espresso io qualche giorno fa. In questa storia non si tratta soltanto di Rainieri Guerra. Quella vicenda in cui Francesco Zambon viene rampognato perché ha fatto il suo dovere e perché voleva raccontare la verità, in quanto funzionario dell’Oms, coinvolge Ranieri Guerra, ma coinvolge anche il capo di gabinetto di Speranza (e perciò Speranza) e coinvolge Brusaferro, che nello scambio di chat con Raineri Guerra era del tutto concorde. E non si creda che la posizione di Speranza sia così salda, solo perché è legato al massone D’Alema e magari perché è stato accolto nella Fabian Society: la Fabian resta una entità paramassonica, senza la capacità di incidere a livello decisionale.Ricordo che il “fratello” D’Alema è stato molto in auge, ma dietro le quinte, in tutta la vicenda del governo Conte-bis. E’ lui il padrone di Leu, ha finanziato “Liberi e Uguali” senza riuscire poi a essere eletto. Una beffa, che però l’ha indotto ad accettare il ruolo di burattinaio, anziché stare in prima fila. E’ lui, comunque, che ha messo i quattrini, per fondare Leu: da dove li abbia presi, qualche Procura magari un giorno potrebbe anche indagarlo, visto che correvano tante voci sul fatto che, all’epoca di D’Alema, Palazzo Chigi era visto come una “merchant bank”. Attenzione: D’Alema è stato “l’uomo che sussurrava a Conte”, il quale andava a prendere consigli da D’Alema. In televisione, D’Alema spedisce Bersani, con quell’aria da buon padre di famiglia, da vecchio uomo di sinistra, di estrazione popolare, che si è immolato per chissà quale causa; però ha dimostrato anche la modernità sufficiente per affrontare le liberalizzazioni: è uno strano ibrido, Bersani, molto presente nei salotti televisivi. E in questo triangolo con D’Alema e Speranza è stato molto attivo, in questo anno di malgoverno dell’esecutivo Conte.A D’Alema si deve Arcuri, e ci sono tante altre persone – vari boiardi di Stato – che rispondono alla filiera di D’Alema: sarebbe interessante farne una mappatura adeguata. Speranza, ripeto, non è che sia lì perché collocato dalla Fabian Society, che – come ogni entità paramassonica – non è un luogo decisionale (è un luogo di incontro, un club di confronto tra diversi: consente di “nobilitarsi”, ma non ha una capacità operativa). Speranza è stato sponsorizzato anche e soprattutto da Mattarella. Ma è un castello di carte, quello di Mattarella, di D’Alema e di Bersani. Intanto perché la loro è una forza opaca, che si muove dietro le quinte. Sul piano elettorale hanno avuto il risultato di Leu, che parla da solo. Mattarella, poi, è prossimo al pensionamento. E D’Alema deve stare attento, perché da un giorno all’altro potrebbe risultare implicato in qualcuna delle operazioni che di recente hanno visto i suoi fidi cadere, ad uno ad uno. Quindi non farei Speranza più forte di quello che è.Certamente, Speranza – nella sua pochezza, e nella sua ricettività estrema rispetto alle “suggestioni” che gli vengono da questo o da quello – è stato l’uomo giusto al posto giusto. E’ lo stesso discorso di Conte: le figure di scarsa intelligenza, di scarse capacità e di scarso spessore, ma molto disponibili a portare l’asino dove vuole il padrone (e per “padrone” intendo le circostanze dominanti, che sono rappresentate poi da diversi soggetti) sono una delle chiavi di selezione della attuale classe dirigente italiana, che per questo fa pena. Non ci sono grandi personalità, ci sono soprattutto dei maggiordomi: più sei maggiordomo e cameriere, e meglio è (vedasi il ritorno del grande maggiordomo Enrico Letta). Questo consente il “disordine mondiale” che oggi soffriamo.Finché non vi sia una classe politica di gente forte, in grado di esprimere una propria visione, e quindi di contrastare quelle che sono le linee egemoniche (di matrice privatistica) a livello sovranazionale, non c’è speranza di uscire dal disordine: perché nel disordine politico-sociale globale, a dare le carte è chi è organizzato sul piano privato. Nel libro “Perché guariremo”, che poi non ha osato distribuire nelle librerie, a certo punto Speranza scrive, testualmemte: «Sono nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone. Mi turba persino veder passare le automobili per strada». Uno che si esprime in questi termini sembra un soggetto sociopatico. Aver scritto quel libro, e averlo poi rititato, già di per sé getta una brutta luce sull’uomo. Io Speranza non lo conosco, personalmente. Ma dato che l’albero si giudica dai frutti, credo che Speranza – come uomo e come ministro – abbia bisogno di un lungo periodo di lockdown personale, in qualche convento, a meditare.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate il 15 aprile 2021 nella trasmissione web-streaming “Massoneria On Air” condotta dal giornalista Fabio Frabetti, direttore di “Border Nights”. Presidente del Movimento Roosevelt e “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, Magaldi è un esponente italiano del circuito massonico progressista sovranazionale che oggi incoraggia l’azione del governo Draghi, sia pure in modo vigile. Nel bestseller “Massoni”, pubblicato nel 2014 da Chiarelettere – che contiene un’inedita mappa massonica del potere mondiale, quello esercitato dalle Ur-Lodges – Magaldi presenta l’ex premier Massimo D’Alema come esponente di ben due superlogge di matrice reazionaria e “neoaristocratica”, la “Pan-Europa” e la “Compass Star-Rose / Rosa-Stella Ventorum”, grandi ispiratrici del neoliberismo privatizzatore e dell’atroce stagione dell’austerity europea, che ha minato il welfare e colpito duramente gli strati più fragili della società).Per quanto Mattarella, D’Alema e Bersani perorino la causa di Speranza, il ministro della sanità è un grosso problema, per Draghi. C’è un’inchiesta che porterà fatalmente a lui: non può non portare a lui, come in effetti sta già avvenendo. Non solo: c’è un’inchiesta con la quale il ministero della sanità non è collaborativo. Già soltanto questo dovrebbe bastare, credo, a decretare un allontanamento prudenziale. Faccia Draghi, con il solito stile: spieghi a Speranza che, per l’interesse collettivo, sarebbe più opportuno che facesse un passo indietro. Naturalmente, il Pd di Letta (non avevo dubbi) si è subito attivato in difesa di Speranza: ma questo è un motivo in più, per cacciarlo a calci in culo. Intanto, osservo con piacere che anche il “Corriere della Sera” è arrivato a porsi delle domande, sull’opacità di tutto il Ministero della Malasanità, come lo chiamo io: proprio in queste ore, anche al giornale si pongono il problema, dopo che gli inquirenti di Bergamo si sono trovati in un ministero in cui la mano destra non sa quello che ha fatto la mano sinistra.
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Carotenuto: gesuiti, è vaticana l’operazione Renzi-Draghi
Attenti al Vaticano: da lì derivano le svolte, nella politica italiana, compresa la caduta di Conte e l’ascesa di Mario Draghi, subito celebrato come salvatore della patria (ruolo persino facile, dopo l’inguardabile governo dell’ex “avvocato del popolo”). I veri king-maker? Sono loro, i gesuiti: nel 2020 hanno progressivamente emarginato l’ala non gesuitica dell’alleanza curiale “progressista” che nel 2013 portò all’elezione di Bergoglio. A firmare questa interpretazione vaticanista delle contorsioni politiche italiane è Fausto Carotenuto, fondatore del network “Coscienze in Rete”, di ispirazione steineriana, e già analista strategico dell’intelligence Nato. Luce verde innanzitutto dal Vaticano, quindi, per l’avvento dell’euro-banchiere a Palazzo Chigi? «Tutto è stato predisposto perché Draghi ce la faccia: lo si respira ascoltando i media», premette Carotenuto. «E’ addirittura sconcertante, la piaggeria degli adulatori: sanno benissimo che, dietro a Draghi, c’è un potere veramente importante». Sanno, ma non dicono: «I giornali commentano il nulla, fermandosi alle esternazioni dei partiti, senza chiedersi chi muove questi burattini: si parla di tutto, tranne di quello che sta succedendo veramente».Non c’è da stupirsene: «Il teatrino risale ai tempi della repubblica romana: già allora i capi dei tribuni della plebe, in realtà, erano patrizi». Altra premessa: per Carotenuto, «il Vaticano controlla tuttora saldamente buona parte della politica italiana». Nella sua visione, l’analista indica due piramidi di potere, in contrasto solo apparente tra loro: «Una è la piramide conservatrice, che promuove l’egoismo sociale in modo apertamente dichiarato, mentre l’altra piramide sostiene l’umanitarismo, l’ecologismo, la giustizia sociale. Intendiamoci: tende a sfruttare ideali e buoni sentimenti, creando formazioni politiche che fingono di perseguire questi ideali. Così, le persone vengono ingabbiate in recinti illusori e messe le une contro le altre, in un gioco totalmente deviante». Per Carotenuto, «la seconda piramide è più insidiosa: chi manifesta cattivi sentimenti almeno è evidente, mentre la controparte ipnotizza la gente con le belle parole ma poi genera i Clinton, gli Obama, i Biden e la nostra falsa sinistra, il Pd, i falsi ambientalisti».Al netto di pochi “incidenti di percorso” (Berlusconi e Salvini, Trump negli Usa e Putin in Russia) è la piramide finto-buonista a detenere le grandi leve: gli Usa con Biden e l’Ue, l’alta finanza, Big Pharma e il Vaticano. «Vogliono un mondialismo spinto all’estremo, fondato sulla verticalizzazione del potere. Grandi alibi per questa accelerazione: il surriscaldamento climatico e la crisi Covid, col risultato di aggravere l’aggressione farmaceutica ed elettromagnetica ai nostri danni». Fin qui, lo sfondo che Carotenuto tratteggia. E la politica italiana? «Le due piramidi sono entrambe presenti in Vaticano», dichiara in un video l’analista di “Coscienze in Rete”. «La piramide finto-buona, gesuitica, nel 2013 ha addirittura ottenuto il Papato, per la prima volta nella storia, alleandosi con una parte importante della potente curia romana, finto-progressista, per abbattere la piramide avversaria, cioè la Chiesa conservatrice, rappresentata da una parte della curia e da pontefici come Wojtyla e Ratzinger».La “piramide conservatrice”, sempre secondo Carotenuto, sarebbe stata sconfitta «attraverso scandali pilotati (economia, pedofilia), certo basati su fondamenti reali». Risultato: l’elezione di Bergoglio e la designazione del cardinale Pietro Parolin come segretario di Stato, carica importantissima nel potere vaticano. Da allora, sostiene Carotenuto, l’influenza della Compagnia di Gesù non ha fatto che crescere. «I gesuiti si sono sentiti sempre più forti, aiutati dalle loro grandi infiltrazioni nella massoneria, nella finanza, nelle università». Al punto da intraprendere, nel 2020, un’offensiva clamorosa: contro i loro stessi alleati “progressisti”, ma non gesuiti. «Così è scattata la progressiva epurazione, nella curia, degli elementi che erano sì progressisti, ma non apparententi al circuito gesuitico». Non a caso, sottolinea Carotenuto, «sono emersi nuovi scandali, finanziari e di altro tipo». Morale: il cardinale Parolin «si è trovato accerchiato, e il cardinale Becciu (il suo “numero due”) è stato fatto fuori con storie come quella delle operazioni immobiliari a Londra, giudicate spericolate».Il solito teatro, per nascondere i veri giochi? Carotenuto ne è sicuro. Tant’è vero, dice, che si è arrivati ad attuare una specie di golpe, contro la componente non-gesuitica del potere “progressista” vaticano. E cioè: «Prima hanno detto che il segretario di Stato non era più necessario che facesse parte della dirigenza dello Ior, la cassaforte vaticana. Poi si è arrivati a una sorta di editto, da parte del Papa: il controllo delle finanze vaticane è stato tolto alla segretaria di Stato», e affidato a «giovani e preparatissimi gesuiti». Sottolinea Carotenuto: «E’ una cosa enorme: come se il presidente della Repubblica togliesse al premier ogni potere di spesa. Questo è stato fatto: Parolin è ancora lì, ma completamente depotenziato, anche nella sua capacità di influire sulla politica italiana». Da quel momento, il traballante regno di “Giuseppi” poteva considerarsi archiviato. «Giuseppe Conte era il successore di Andreotti, in quanto espressione della curia romana e pupillo di un cardinale potentissimo come Achille Silvestrini», scomparso da poco, noto come storico padrino del Divo Giulio. «E chi era il tutor di Conte quand’era studente? Proprio lui: l’allora don Parolin».Nei due governi Conte, continua Carotenuto, i ministri che contavano erano sotto il saldo controllo di poteri non visibili, e cioè «curia, elementi massonici ed elementi collegati direttamente ai gesuiti». “Giuseppi” divenne premier «perché in quel momento era il punto di equilibrio tra curia e gesuiti, i quali accettarono (attraverso una mediazione) che a Palazzo Chigi andasse un uomo della curia». Quando poi gli equilibri nell’Oltretevere sono cambiati, Conte è rimasto senza protezione. «Certo, gli è stato permesso di restare al suo posto ancora per un po’, perché c’era l’emergenza Covid. Ma poi, ci si è preoccupati dei fondi in arrivo dall’Ue, sommati all’enorme deficit nel frattempo accumulato con l’emergenza». Quindi, sempre secondo Carotenuto, è sorto un concreto problema di gestione. «In Vaticano, si sono detti: non se ne può occupare uno che non rappresenta più il vero potere». A quel punto, continua l’analista, «è entrato in scena un killer, per conto della corrente gesuitica, cioè Matteo Renzi: uno che col 2% è riuscito magicamente a far fuori Conte».Evidentemente, ragiona l’analista di “Coscienze in Rete”, grandi poteri lo hanno appoggiato: «E’ stranissimo, infatti, che Conte non sia riuscito a rabberciare una maggioranza. Senatori in vendita ce ne sono sempre, Berlusconi docet. E invece tutti, dopo aver detto sì a Conte, poi si ritiravano: convinti da chi?». Sorride, Carotenuto: «A noi raccontano storielline incredibili, come quella secondo cui Conte sarebbe personalmente antipatico a Renzi». A proposito: chi è Renzi? «E’ cresciuto in ambienti vicinissimi ai gesuiti, nella sinistra Dc toscana». Attenti alle date: la sua carriera fulminante cominciò nel 2014, appena un anno dopo l’elezione di Bergoglio. E cos’ha fatto, il grande rottamatore sostenuto dalla stampa e da Confindustria? «Ha eliminato dal Pd le residue componenti di socialismo, di sinistra, trasformando il Pd in una specie di retriva Dc». Perfetto come rottamatore, «ideale per operazioni di killeraggio: così ha rottamato anche Conte».Quel filo rosso, per Carotenuto, si prolunga fino al Quirinale: «Quando Conte ha dato le dimissioni ed è salito al Colle, sperava chiaramente in un reincarico: era ancora convinto di farcela, in aula. Ma Mattarella il nuovo incarico non gliel’ha dato». C’è stato invece il rituale giro di valzer affidato a Fico: un passaggio formale e senza speranza, utile solo a certificare la morte clinica di “Giuseppi” come primo ministro. «Poi, Mattarella ha messo tutti con le spalle al muro: o Draghi, o elezioni». Meglio ancora: Draghi e basta, visto che il presidente della Repubblica ha spiegato perché ritiene improponibile lo stop elettorale, in piena pandemia e con l’Ue che pretende il Recovery Plan entro aprile, pena lo slittamento degli aiuti, ossigeno vitale per un’Italia allo stremo. «E chi è Mattarella? Viene anche lui dalla sinistra Dc, da sempre vicina agli ambienti gesuiti, ed è iper-europeista: come Draghi».A quel punto, dice Carotenuto, il cerchio si è chiuso: addio, “Giuseppi”, e avanti Draghi. «Un’operazione molto rapida e ben coordinata, facilitata oltretutto dall’impresentabilità del Conte-bis, un governo senza qualità e affollato di personaggetti debolissimi (tranne qualcuno, che doveva occuparsi di economia per conto dell’Ue)». Attenti: «Lo si era voluto, un governo così debole, destinato a stentare molto: e i tanti ostacoli che ha incontrato “servivano” a preparare il terreno perché finalmente poi arrivasse il salvatore della patria». Tutti con Draghi, oggi: i media hanno mollato Conte alla velocità della luce. Del resto, ovviamente, l’abilità di Draghi non si discute. Scontato quindi «l’immediato consenso dei grandi poteri internazionali», salutato dal crollo dello spread e dall’impennata della Borsa. Impressionante, ma fino a un certo punto, il servilismo dei media: non uno che ricordi, in questi giorni, i record non esattamente gloriosi dell’ex governatore di Bankitalia e della Bce, già allievo dei gesuiti ai liceo Massimo di Roma, culla della pedagogia gesuitica destinata alla futura classe dirigente.Carotenuto ricorda il ruolo strategico di Draghi negli anni ‘90, al tempo del Britannia, quando – da direttore generale del Tesoro – agevolò la svendita di un’Italia sotto attacco, privata di strateghi come Mattei e Moro, che ne avevano fatto una potenza industriale. Gli anni del Britannia coincisero con le spavntose privatizzazioni all’amatriciana, cioè il brutale smantellamento del nostro patrimonio industriale e bancario, a cominciare da Iri, Eni, Agip, parte dell’Enel, Autostrade, Imi-Stet e tanto altro. Grande “lubrificatore” delle cessioni: proprio lui, l’efficientissimo Draghi, ancora presidente del Gruppo dei Trenta (considerato un’emanazione dell’area Rockefeller). «In quegli anni abbiamo esternalizzato il debito pubblico, fin ad allora interno, mettendo l’Italia nelle mani della grande finanza mondialista, gesuito-massonica». Debole la resistenza della classe politica della Prima Repubblica, rasa al suolo da Mani Pulite. «Tra i pochi a opporsi alla svendita della potente industria statale fu Bettino Craxi, e sappiamo come sia finito».Acuminate le parole di Francesco Cossiga, che definì Draghi «un vile affarista, socio della Goldman Sachs e liquidatore dell’industria pubblica». Immaginatevi cosa farebbe, Draghi, da presidente del Consiglio, disse ancora Cossiga: «Svenderebbe quel che rimane (Finmeccanica, Enel e Eni) ai suoi ex comparuzzi di Goldman Sachs». A chi teme che Super-Mario sia ancora lo spietato esecutore dell’austerity, Carotenuto risponde con filosofia: «Gli italiani sono davvero così dormienti? Se, per svegliarsi ancora un po’, hanno bisogno di un altro governo orribile per sperimentare l’ulteriore schiavizzazione, lo avremo». Improbabile, però. Con Draghi, nel 2021 «l’economia potrebbe migliorare, e potremmo anche uscire rapidamente dal Covid». Beninteso: «Lo faranno, se a quei poteri converrà». Così pensa, e parla, un analista tuttora convinto del fatto che il potere gesuitico sia sovrastante, persino rispetto a quello supermassonico, e che risieda in Vaticano la chiave del cambio della guardia nella politica italiana, passando per Renzi, fino ad arrivare a Draghi.Attenti al Vaticano: da lì derivano le svolte, nella politica italiana, compresa la caduta di Conte e l’ascesa di Mario Draghi, subito celebrato come salvatore della patria (ruolo persino facile, dopo l’inguardabile governo dell’ex “avvocato del popolo”). I veri king-maker? Sono loro, i gesuiti: nel 2020 hanno progressivamente emarginato l’ala non gesuitica dell’alleanza curiale “progressista” che nel 2013 portò all’elezione di Bergoglio. A firmare questa interpretazione vaticanista delle contorsioni politiche italiane è Fausto Carotenuto, fondatore del network “Coscienze in Rete”, di ispirazione steineriana, e già analista strategico dell’intelligence Nato. Luce verde innanzitutto dal Vaticano, quindi, per l’avvento dell’euro-banchiere a Palazzo Chigi? «Tutto è stato predisposto perché Draghi ce la faccia: lo si respira ascoltando i media», premette Carotenuto. «E’ addirittura sconcertante, la piaggeria degli adulatori: sanno benissimo che, dietro a Draghi, c’è un potere veramente importante». Sanno, ma non dicono: «I giornali commentano il nulla, fermandosi alle esternazioni dei partiti, senza chiedersi chi muove questi burattini: si parla di tutto, tranne di quello che sta succedendo veramente».
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Bizzi: Draghi ostile al Great Reset dei padrini di Conte
Attenti agli equivoci: certo che Mario Draghi viene da una super-élite, ma non quella del Grande Reset (da cui, semmai, dipendeva il piccolo maggiordomo Giuseppe Conte). Un avvertimento firmato dallo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale nonché co-autore dell’esplosivo saggio “Operazione Corona: Colpo di stato globale”. Occhio a non confondersi, sottolinea Bizzi: Draghi non è certo una pedina qualsiasi, ma non appartiene al gruppo che, a Davos, ha progettato la distopia orwelliana che, attraverso l’epidemia di Wuhan, ha paralizzato il mondo proprio mentre la somma dei debiti straripava, e oggi infatti avrebbe raggiunto il 365% del Pil mondiale. Lo ricorda sul “Fatto Quotidiano” Luigi Manfra, responsabile dei progetti economico-ambientali Unimed e già docente di politica economica alla Sapienza. Memorabile il “testamento” di Draghi pubblicato un anno fa sul “Financial Times”: dalla crisi pandemica si esce solo ricorrendo ad aiuti finanziari epocali ma a fondo perduto, tagliando drasticamente i debiti. Dunque: attenzione a non parlare a vanvera, raccomanda Bizzi, pensando a chi cita (spesso a sproposito) entità come il Bilderberg.
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Il piano: noi, Mario Draghi e il grande cimitero dei sogni
E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.Non sono facili da ricordare, i nomi degli abitanti del piccolo acquario zoo-politico nazionale: si tratta di esemplari comuni di ittiofauna minore e destinata a estinguersi senza lasciare traccia, pur avendo ingombrato le televisioni con la loro non-politica regolarmente emergenziale, vuota e cieca, orientata solo dagli umori volatili dai sondaggetti settimanali. Un copione sempre più increscioso ma in voga da decenni, cioè sin da quando i sogni sparirono dalla politica e finirono, uno dopo l’altro, nel loro speciale cimitero. Il primo grande ospite del mausoleo, secondo Bob Dylan, si chiamava John Kennedy: se viene ucciso come un cane l’Imperatore del Mondo, significa che il piano è partito da molto in alto, e con l’intento di fare moltissima strada. Del resto, un killer lo si trova sempre. E il piano dispone di un intero armadio di passaporti: da quello del Cile, dove assassinare Salvador Allende, a quello della Svezia, il paese in cui freddare il primo ministro Olof Palme sorpreso sottobraccio alla moglie, all’uscita di un cinema, come un cavaliere senza scorta. Un leader a cui non piaceva, la piega che stavano prendendo gli eventi: troppe ingiustizie, troppe bugie.Il piano eliminò il grande sindacalista panafricano Thomas Sankara, profeta della sovranità economica grazie a cui il continente nero avrebbe smesso di essere preda di razziatori e terra di emigranti. Nel cimitero lo seguì l’eroe di guerra Yitzhak Rabin, trasformatosi in campione della pace per spegnere un incendio durato mezzo secolo, usato come alibi da tutti gli incendiari, sotto qualsiasi bandiera. Il piano si era messo a correre, quando Bill Clinton aveva liberato da ogni vincolo la finanza speculativa, cancellando il Glass-Steagall Act con il quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari dal credito ordinario. L’appetito degli arconti si fece smisurato: sfrattarono Gorbaciov e fecero un sol boccone della Russia, ma ancora non bastava. C’erano due torri, gemelle, da buttare giù: soffiò così forte, il Re dei Venti, da abbatterne anche una terza, neppure sfiorata da alcun aereo. Bastò a lordare di guerra mezzo mondo, inventando terrorismi tragicamente sanguinosi e pronti a fare strage persino nel cuore dell’Europa, il continente nel frattempo sottomesso con il più antico degli stratagemmi, il monopolio privato del denaro un tempo pubblico.In realtà, il germe primitivo del piano potrebbe essere antichissimo, stando alle memorie del plenipotenziario vaticano Giacomo Rumor, raccolte dal figlio Paolo nel saggio “L’altra Europa”: un’unica filiera scelta per esercitare un potere pressoché dinastico, ereditato addirittura 12.000 anni fa nella terra dei Sumeri, dai misteriosi rifondatori del pianeta. E architettato per dominare – attraverso regni, imperi e religioni, fino alla politica moderna – l’intera umanità post-diluviana, quella che ieri ascoltava il verbo di Greta Thunberg e oggi ha appena finito di assistere allo spettacolo madornale dell’elezione notturna di Joe Biden, dopo aver sentito raccontare che la peste del millennio sarebbe stata trasmessa all’uomo da un maledetto pipistrello. Non si scherza, coi signori del piano: una delle tombe più famose, nel cimitero dei sogni, è quella di Ernesto Che Guevara. E’ a due passi da quella di un altro comunista, Patrice Lumumba, fatto assassinare dal mercenario Moise Ciombé. Si può morire da idealisti, ma la mano del killer non risparmia nemmeno chi ha creduto di proteggersi ricorrendo anche al più spietato cinismo: ne sa qualcosa Muhammar Gheddafi.Poco importa che gli ordini vengano da Ur o da Washington, da Tel Aviv o da Betlemme, da Teheran o da Pechino: dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai, che il piano non ha patria. Vuole il mondo, e non da oggi. Lo vuole a qualsiasi costo: ieri facendo morire anche i bambini, in Grecia, rimasti senza medicine, e ora costringendo miliardi di individui a vivere nel terrore, faccia a terra, rinunciando per sempre alla loro relativa libertà. Quando accade qualcosa di mostruoso, il monitor va regolarmente fuori fuoco: lo racconta in modo impareggiabile Dino Buzzati, evocando un nemico incombente – i tartari – che in realtà non si vedono mai. Dove siamo finiti, se siamo arrivati al punto in cui è vietato pensare? Dove siamo, se – per decreto – è vietato anche respirare? Non avrai altro orizzonte che il mio vaccino, dice l’intruso che si è impadronito del pianeta con l’aiuto dei consueti avventurieri, a loro agio tra Wuhan e Parigi, New York e Riad. Dove siamo, se i cosiddetti social media tolgono la parola al presidente degli Stati Uniti, nell’agghiacciante indifferenza di giornali, televisioni e magistrati?Qui, siamo: nel cimitero dei sogni. Che però non è deserto, come potrebbe sembrare. C’è chi passeggia, in piena notte, tra quelle sepolture. Cammina e medita: sa che il piano non è una fantasia, purtroppo, ma non è neppure l’unico. Non c’è mai un solo piano, ce ne sono svariati. E non è detto neppure che i grandi decisori siano così unanimi, nell’attuare quello che appare il disegno dominante, coi suoi risvolti francamente tenebrosi. La storia – scrisse Montale – non è poi la devastante ruspa che si dice: lascia sottopassaggi, cripte, nascondigli. E’ bene non dimenticarlo mai, specie quando il cielo è così minaccioso da far temere il peggio, in mezzo alla desolazione di una dismisura che sembra irreparabile, letteralmente inaffrontabile come una misteriosa malattia, una peste terminale da fine della storia. Qualcuno può farlo deragliare, il piano, senza però che lo si sappia in giro: provvederanno i soliti storyteller, a piccole dosi, a somministrare caramelle ai bambini, il bacio della buonanotte. Si tratta anche di non turbarla troppo, la pace mortale dell’acquario: tutti quei pesci devono continuare a poter fingere di esistere.Smisero, i loro nonni – come ricorda Paolo Barnard – quando i grandi azionisti del piano scomodarono l’avvocato d’affari Lewis Powell, perché approntasse un vademecum. Istruzioni precise, su come intrappolare i sognatori in entrambi i modi, cioè stroncando brutalmente gli irriducibili e comprando tutti gli altri, uno alla volta. Nel mappamondo, la piccola Italia restava un osso duro: c’era da demolire l’Iri, il maggiore aggregato industriale dell’intera Europa, motore (pubblico) del ruggente boom privato. C’era da lavorare molto, per fabbricare una prigione scintillante, senza democrazia, i cui ospiti – italiani e francesi, tedeschi e inglesi – ricominciassero a guardarsi in cagnesco, facendosi le scarpe. C’erano narrazioni favolose, da inventare: sommi tecnocrati, filibustieri e capitani coraggiosi, tutta una classe politica da mandare al macero, o in esilio in Tunisia. C’erano eroi di latta, da lanciare in pista, a dire a tutti: rassegnatevi, d’ora in avanti avrete sempre di meno. E giù applausi scroscianti, anche se poi – incidentalmente – il tritolo disintegrava i giudici antimafia.Quando il fiato si è fatto pesante, sono arrivati infine i saltimbanchi a recitare le loro parodie, le piccole rivoluzioni da operetta. Gli hanno lasciato la scena, per qualche tempo, gli uomini del piano. Ma, al segnale convenuto, hanno ripreso il controllo e accelerato, spingendosi ben oltre l’immaginabile: segregazione obbligatoria e coprifuoco, come in guerra, grazie allo zelo di opportune marionette. Nessuna terapia: il copione prescrive la paura, come medicina unica. E il risultato – l’obbedienza – deve aver sbalordito gli stessi strateghi dell’azzardo: al punto da incoraggiarli a non avere più freni, osando l’inosabile, nel progettare il nuovo inferno per le pecore. Deve saperlo, chi cammina fra le tombe: non sarà facile trovare le parole per cambiare il piano. Serviranno trucchi, l’artificio creativo dell’affabulazione. Non c’è altro linguaggio, alla portata dell’acquario: bisognerà giocare con le stesse antiche frottole, riconvertendole in qualcosa di spendibile, titoli e slogan per l’eventuale nuova era, dando tempo ai frastornati e ai creduloni. Armarsi di pazienza è l’unico sistema, per chi davvero vuol provare a fare uscire i sogni dal loro cimitero.(Giorgio Cattaneo, 5 febbraio 2021)E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.
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Ma Renzi non sfratterà Conte, servo di poteri anti-italiani
«E’ destituita di ogni fondamento la voce secondo la quale ci sarebbe l’eventuale elezione di Joe Biden, alla Casa Bianca, dietro l’improvvisa offensiva di Matteo Renzi nei confronti di Giuseppe Conte». Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché osservatore privilegiato della politica italiana e internazionale, grazie alla sua militanza nei circuiti massonici sovranazionali di segno progressista. «Conte non è particolarmente legato a Trump, così come non è legato a nessun altro. Insignificante com’è, non è certo un problema, per Biden. E’ solo un mediocre, docile esecutore degli ordini di qualunque vero potente che lo incoraggi a restare dov’è, continuando a operare come ha fatto finora: cioè male, visto che si è limitato a servire gli interessi di poteri superiori». Quanto a Renzi, il suo ostruzionismo polemico (spinto fino alla minaccia di far cadere il governo) per Magaldi non è che un fuoco di paglia: «L’unico obiettivo di Renzi è quello di potersi sedere in posizione privilegiata alla “tavolata” che si spartirà i 209 miliardi del Recovery Fund». Purtroppo, aggiunge Magaldi, data la qualità imbarazzante dell’offerta politica italiana, il paese non riuscirà a liberarsi tanto presto, del pessimo Giuseppe Conte. «Se non altro, col passare dei mesi e l’aggravarsi della crisi, gli italiani – che hanno già cominciato a cessare di avere fiducia in Conte – capiranno sempre di più qual è la reale consistenza di questo primo ministro, e scopriranno che non è affatto al servizio dell’Italia».Magaldi denuncia, nelle retrovie dell’esecutivo, la presenza di un “partito cinese”, trasversale, che inasprisce il rigore dell’emergenza-Covid, favorisce gli interessi egemonici di Pechino e indebolisce costantemente l’Italia, anche a beneficio dei maggiori player dell’Ue franco-tedesca (l’asse di potere a cui Conte si genuflette ad ogni occasione). Il paese, per il leader “rooseveltiano”, è finito in una morsa: «Il governo Conte ha finto di scambiare il coronavirus per l’Ebola, provocando danni irreparabili al tessuto socio-economico italiano: un disastro che andrà fermato dalla mobilitazione dei cittadini, che dovranno imparare a battersi per riconquistare libertà e democrazia». Rispetto invece alle incognite del convulso esito delle presidenziali americane, Magaldi ribadisce le proprie convinzioni: dopo l’ultima sentenza della Corte Suprema, che ha negato al Texas e ad altri 17 Stati la possibilità di contestare le modalità elettorali scelte dagli Stati accusati di aver favorito Biden, sembrano davvero ridursi al lumicino le residue speranze di Trump di ribaltare il risultato. Magaldi solidarizza comunque con Trump: «Ha subito un’inaudita campagna di demonizzazione, dai parte dei grandi media, e ha giustamente rimproverato il ministro della giustizia, William Barr, per non averlo informato per tempo delle indagini in corso sul figlio di Biden, accusato di una brutta storia di corruzione».Al tempo stesso, Magaldi sottolinea come Trump agisca in modo legalitario, da presidente ancora in carica di un grande paese democratico: «Sa che, se i brogli ci sono stati – e se sono stati decisivi, contro di lui – tutto questo andrà provato, a livello giudiziario». Per il momento, forse è meglio «metterlo da parte, il veleno, e trasformarlo in farmaco», già pensando alle presidenziali 2024, magari impegnandosi direttamente nel sistema-media (creando un proprio network, televisivo e web) e gettando le basi per un clamoroso “ticket” con Robert Kennedy Junior, che potrebbe spazzare via gli equivoci di un establishment che da decenni ripropone la falsa dicotomia destra-sinistra». Il giudizio di Magaldi su Trump resta invariato: «E’ stato un ottimo presidente e meritava la riconferma: l’avrebbe avuta, non fosse stato per lo sconquasso anche economico provocato dal Covid». Avverte però Magaldi: «Lo stesso Biden, prima ancora delle elezioni, ha sottoscritto un patto riservato: si è impegnato infatti a non smentire la politica estera varata da Trump, specie nei confronti della Cina». Come dire: «E’ bene evitare conclusioni affrettate, perché la realtà è sempre molto più complessa e sfumata di quanto possa apparire».«E’ destituita di ogni fondamento la voce secondo la quale ci sarebbe l’eventuale elezione di Joe Biden, alla Casa Bianca, dietro l’improvvisa offensiva di Matteo Renzi nei confronti di Giuseppe Conte». Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché osservatore privilegiato della politica italiana e internazionale, grazie alla sua militanza nei circuiti massonici sovranazionali di segno progressista. «Conte non è particolarmente legato a Trump, così come non è legato a nessun altro. Insignificante com’è, non è certo un problema, per Biden. E’ solo un mediocre, docile esecutore degli ordini di qualunque vero potente che lo incoraggi a restare dov’è, continuando a operare come ha fatto finora: cioè male, visto che si è limitato a servire gli interessi di poteri superiori». Quanto a Renzi, il suo ostruzionismo polemico (spinto fino alla minaccia di far cadere il governo) per Magaldi non è che un fuoco di paglia: «L’unico obiettivo di Renzi è quello di potersi sedere in posizione privilegiata alla “tavolata” che si spartirà i 209 miliardi del Recovery Fund». Purtroppo, aggiunge Magaldi, data la qualità imbarazzante dell’offerta politica italiana, il paese non riuscirà a liberarsi tanto presto, del pessimo Giuseppe Conte. «Se non altro, col passare dei mesi e l’aggravarsi della crisi, gli italiani – che hanno già cominciato a cessare di avere fiducia in Conte – capiranno sempre di più qual è la reale consistenza di questo primo ministro, e scopriranno che non è affatto al servizio dell’Italia».
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Conte, Merkel e gli zombie che “Politico” scambia per eroi
«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in jount-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa”.Una galleria di zombie, che “Politico” scambia per esseri politicamente viventi, nonché capaci di decisioni autonome: come se non esistessero nemmeno, i poteri che dominano il mondo, che oggi lo stanno mettendo alla frusta come in tempo di guerra (e che, per inciso, presiedono alla somministrazione editoriale delle notizie destinate al gregge). La simpatica macellaia Angela Merkel, reginetta del rigore e affamatrice di mezza Europa, Grecia in primis, dopo i brillanti esordi come spia della Stasi, feroce polizia politica della Germania Est (”Le vite degli altri”, al cinema), su “Politico” rifulge, abbagliante, in tutto il suo splendore. «Dopo quasi 16 anni come cancelliera, Angela Merkel è destinata a ritirarsi dopo le elezioni tedesche dell’autunno 2021», singhiozzano i redattori di “Politico”, «con un record segnato dalla stabilità piuttosto che dall’ambizione». In confronto ad Angela, Batman e Superman non sono nessuno: «Negli ultimi dieci anni e mezzo, la Merkel è stata la mano ferma attraverso una serie di cataclismi, dalla Grande Recessione e dalla crisi dell’Eurozona al Covid-19». Che tempra: «Ha tenuto insieme l’Europa di fronte alla Brexit e alla belligeranza di Donald Trump», quel noto mascalzone, «diventando, per processo di eliminazione, il “leader del mondo libero”, di fatto, quando Washington si è ritirata».Al ritratto “giornalistico” manca solo l’incoronazione imperiale, ma soltanto perché il Sacro Romano Impero non è ancora stato nominalmente istituito. Quanto al culto merkeliano, niente paura: l’altare, come si legge, è bell’e pronto. E alla destra della divinità siede già la regina dei “dreamer”, la quasi altrettanto divina Ursula, che infatti «vuole rendere di nuovo grande l’Europa». E come? Presto detto: la prima voce citata da “Politico” è «il rafforzamento dei diritti Lgbt», la cui fragilità – com’è noto – ha determinato la grande crisi europea, la morte per denutrizione dei bambini greci, le spietate politiche di rigore, i tagli alla sanità e alle pensioni, l’esplosione del precariato e della disoccupazione. Insieme al “diritti Lgbt” è citata l’altra grande sfida che assilla gli europei nel 2020, ovvero «la lotta al razzismo». A seguire: «La garanzia di un salario minimo a tutti i lavoratori europei, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% e la creazione di un’Unione Europea della Sanità che darebbe alla burocrazia dell’Ue maggiore influenza su una prerogativa nazionale ferocemente custodita». C’è da mettersi a piangere dalla commozione, vero? Meglio tenere il fazzoletto a portata di mano, allora, perché “Politico” riesce a superare se stesso nel celebrare il primo ministro italiano, amatissimo dai poteri che contano.«Il coronavirus ha devastato l’Italia, ma per Conte, almeno politicamente, è stato un vantaggio»: almeno questo, “Politico” lo ammette. Comunque, «se l’Italia è troppo grande per fallire, Giuseppe Conte è l’uomo che l’Europa spera sarà in grado di continuare a sostenerla». Eccoci al punto: “Giuseppi” sarebbe la pedina su cui puntano i massimi poteri, quelli che muovono i fili delle marionette Angela & Ursula. La tesi di “Politico”: ha fatto benissimo, Conte, a imporre all’Italia il brutale lockdown di marzo e aprile: così facendo ha infatti costretto l’Ue a provare «vergogna», al punto da indurre i cattivoni di Bruxelles a metter mano al portafogli con una pioggia di miliardi (di cui non s’è ancora vista nemmeno l’ombra: l’Italia infatti sta in piedi solo grazie alla generosità di Christine Lagarde, ma la signora della Bce è relegata in posizione assai defilata, tra i benefattori). Del resto, “Politico” bada al sodo: di Conte apprezza «il suo stile cliché italiano fiammeggiante», e cioè il fatto di «presentarsi alle riunioni a bordo di una Maserati, in un abito neo-dandy, cercando di flirtare con Angela Merkel». Certo, “Giuseppi” dovrà guardarsi dall’invidia dei paesi “frugali” (che infatti friggono, di fronte allo spettacolo dell’improvvisa ricchezza degli italiani, trasformati in nababbi). E dovrà anche «gettare qualche osso» ai suoi avversari «di estrema destra», cioè «Salvini e l’ascendente Giorgia Meloni».La leader di Fratelli d’Italia figura al terzo posto tra i “disgregatori” europei, contrapposti a valorosi “doers” come Orban, Macron, Erdogan e il “bluffer” Boris Johnson. La piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») è presentata come «leader appena incoronata dell’estrema destra europea», al punto che ora sembra «pronta a diffondere», in tutto il continente, «la sua capacità di distruggere senza autodistruggersi» (in questo, seconda solo al coronaviurs). Tra i biechi disgregatori figura il russo Pavel Durov, reo di aver creato un social media come Telegram, capace di fare concorrenza a WhatsApp, ovvero di «fare a pezzi le persone», divenendo uno strumento del Male. «Telegram è anche il modo in cui i teorici della cospirazione tedeschi di “QAnon” e i manifestanti anti-maschera organizzano marce a Berlino». Capito, che guaio? Ma niente paura, già si ode l’avanzata dei cavalieri del Bene, cioè le piattaforme immacolate come Facebook e Twitter, le quali «cercano di reprimere la disinformazione e l’incitamento alla violenza». A proposito di disinformazione e omissioni: è grande come una casa, la maggiore “dimenticanza” di quegli sbadati di “Politico”: nel loro pantheon europeo è clamorosamente vuota la poltrona di uno dei personaggi più influenti del pianeta, Mario Draghi. Strano, no?Proprio Draghi, già sommo pontefice dell’euro-potere, si macchiò nel 2019 del peggiore dei crimini: rinnegò le sue malefatte e si mise a bocciare le politiche “fallimentari” dei suoi ex sodali, cioè i morti viventi, gli ectoplasmi, i camerieri e i maggiordomi che oggi “Politico” finge di scambiare per statisti decisivi per il futuro europeo. Compreso il più fantasmatico di tutti, il nostro anonimo “Giuseppi”, con il suo stile «cliché italiano fiammeggiante»: senza i poderosi acquisti della Bce, non avrebbe potuto sfoggiare a lungo la Maserati e la pochette, menando ancora il can per l’aia dopo un anno di supercazzole sui “ristori”. E se è stata la Bce ad acquistare camionate di Btp a costo zero, lo si deve anche e soprattutto al grande assente, nel pantheon di “Politico”: quel Draghi che a marzo, sul “Financial Times”, aveva messo in chiaro che vent’anni di politica europea (cioè di Angela Merkel e sudditi) andrebbero gettati al macero, pena la morte civile di un continente tuttora in mano ai prestanome di un’associazione a delinquere che ha organizzato a tavolino l’inesistente “scarsità di denaro”, a scopo predatorio e di dominio. E quindi: come lo si sarebbe potuto invitare, l’imbarazzante Draghi, tra i Magnifici del 2021? E se si fosse messo a dire la verità, come sta facendo da un anno e mezzo a questa parte? Volete mettere, lo sconcerto?La voglia di ridere, se mai ci fosse, svanirebbe comunque velocemente nello scoprire che il Tribunale Islamico di “Politico” mette nel mirino anche una scrittrice, nientemeno: si tratta di Joanne Kathleen Rowling, celeberrima creatrice di Harry Potter, relegata tra i reprobi “disgregatori”. Sembra di rivivere, sia pure in modo incruento, l’epoca della “fatwa” scagliata dall’ayatollah Khomeini contro Salman Rushdie, autore dei “Versi satanici” che secondo i teocrati dell’Iran insolentivano il Profeta. Merita dunque la condanna a morte anche la Rowling? Certo, il suo crimine è scioccante: ha osato contestare uno dei massimi dogmi della nuova religione, cioè la sacralità dei diritti civili (Lgbt) utilizzata per oscurare i diritti sociali e quindi annullare il futuro dei giovani, dando loro l’illusione di essere liberi, anche se quella sessuale è l’unica vera libertà che ormai viene loro lasciata. L’accusa mossa all’autrice di Harry Potter è spaventosa: “transbofia”. Roba da plotone d’esecuzione. Quello di “Politico”, per ora si esercita sulla Rowling. Ma solo a un demente potrebbe sfuggire qual è il vero bersaglio: noi, la nostra libertà di opinione. All’avvento del totalitarismo nazista, Bertolt Brecht si affrettò a lasciare la Germania. Con lui Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm. Non è mai un bel posto, quello dove si mettono alla berlina i filosofi e gli scrittori. E il Verbo di “Politico”, sotto forma di carta straccia digitale, è un avvertimento maleodorante: essere eretici, d’ora in poi, costerà caro.(Giorgio Cattaneo, “Conte, Merkel e gli zombie che ‘Politico’ scambia per nostri amici”, dal blog del Movimento Roosevelt dell’8 dicembre 2020).«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in joint-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa“.
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Icke, Viganò, Great Reset. Biglino: complottista è la Bibbia
Cosa sta succedendo, se un alto prelato vaticano come monsignor Carlo Maria Viganò oggi si esprime negli stessi termini in cui anni fa si esprimeva nientemeno che l’inglese David Icke, considerato il decano del complottismo contemporaneo? Se lo domanda Mauro Biglino, popolare autore di bestseller basati sulla rilettura testuale, in lingua ebraica, dell’Antico Testamento. La risposta? I cosiddetti complottisti possono forse considerarsi in buona compagnia: è proprio la Bibbia, infatti, a prefigurare in modo esplicito il sistema di dominio basato sul controllo socio-economico assoluto, esercitato dal potere finanziario, oggi accusato – secondo Icke, ma anche Viganò – di manipolare la crisi sanitaria del Covid allo scopo di realizzare il “Great Reset”, il crollo pilotato dell’economia, per ottenere la sottomissione dell’umanità, spaventata a morte con la minaccia della pandemia. In un video sul suo canale YouTube, il cui testo riportiamo integralmente, Biglino ricorda che è lo stesso Talmud a ricordare l’importanza capitale della dominazione monetaria illustrata nella Torah. La ricetta? Prestare denaro a interesse, per soggiogare popoli e nazioni.Normalmente non mi piace entrare nei fatti di cronaca e di attualità. Ritengo che possa essere più saggio aspettare che le cose di raffreddino, perché parlare a caldo significa rischiare di dire delle stupidaggini. Oggi però stiamo vivendo una situazione che ha generato in me una serie di considerazioni che ho piacere di condividere, perché riguardano il tema di cui mi occupo, che – come dico da molti anni – è strettamente legato all’attualità. A volte, capire il passato ci aiuta a capire il presente, e questa è una di quelle situazioni in cui questa affermazione, a mio avviso, è validissima. Comincio col leggervi alcuni passi di una lettera, in cui sono contenute delle affermazioni molto pesanti. Per il momento non vi dico ancora chi l’ha scritta, anche se magari molti di voi lo capiranno. Si parla di «quest’ora in cui le sorti del mondo intero sono minacciate da una cospirazione globale». Si legge: «Vediamo i capi delle nazioni e i leader religiosi assecondare questo suicidio della cultura occidentale, mentre ai cittadini sono negati i diritti fondamentali, in nome di un’emergenza sanitaria che sempre più si rivela come strumentale all’instaurazione di una disumana tirannide senza volto».«Un piano globale, denominato Great Reset, è in via di realizzazione. Ne è artefice un’élite che vuole sottomettere l’umanità intera, imponendo misure coercitive con cui limitare drasticamente le libertà delle persone e dei popoli». Vi dico subito che Great Reset non è un termine inventato dal redattore di questa lettera, ma si trova già in un documento pubblicato dall’Onu nel 2015, dove è contenuta un’analisi della situazione della popolazione mondiale, e una serie di proposte. Non a caso, quel documento è conosciuto come Agenda 2030: siamo nel ‘20, quindi le date corrisponderebbero. «Scopo del Great Reset è l’imposizione di una dittatura sanitaria finalizzata all’imposizione di misure liberticide, nascoste dietro allettanti promesse di assicurare un reddito universale e di cancellare il debito dei singoli. Prezzo di queste concessioni del Fondo Monetario Internazionale» (altra istituzione che ha usato il termine Great Reset) «dovrebbe essere la rinuncia alla proprietà privata e l’adesione ad un programma di vaccinazione Covid-19 e Covid-21 promosso da Bill Gates con la collaborazione dei principali gruppi farmaceutici».«Al di là degli enormi interessi economici che muovono i promotori del Great Reset, l’imposizione della vaccinazione si accompagnerà all’obbligo di un passaporto sanitario e di un ID digitale, con il conseguente tracciamento dei contatti di tutta la popolazione mondiale. Chi non accetterà di sottoporsi a queste misure verrà confinato in campi di detenzione o agli arresti domiciliari, e gli verranno confiscati tutti i beni». Ancora: «Questa crisi serve per rendere irreversibile, nelle intenzioni dei suoi artefici, il ricorso degli Stati al Great Reset, dando il colpo di grazia a un mondo di cui si vuole cancellare completamente l’esistenza e lo stesso ricordo». E più avanti: «Come ormai è evidente – e qui l’autore si riferisce direttamente al Papa - colui che occupa la Sede di Pietro, fin dall’inizio ha tradito il proprio ruolo, per difendere e promuovere l’ideologia globalista, assecondando l’agenda della Deep Church, che lo ha scelto dal suo grembo».Poi l’estensore fa un cenno alle elezioni negli Stati Uniti, e scrive che c’è il rischio che venga eletto un personaggio che «farà agli Stati Uniti ciò che Jorge Mario Bergoglio sta facendo alla Chiesa, il primo ministro Conte all’Italia, il presidente Macron alla Francia, il primo ministro Sanchez alla Spagna, e via dicendo». Poi però l’autore formula una speranza, che anzi per lui è una certezza: dice che, siccome «l’avversario non sa amare, e non comprende che non basta assicurare un reddito universale o cancellare i mutui per soggiogare le masse e convincerle a farsi marchiare come capi di bestiame», questo disegno non si realizzerà. Difatti, dice: questo popolo «sta comprendendo di non esser disposto a barattare la propria libertà con l’omologazione e la cancellazione della propria identità». Aggiunge: «Questo Great Reset è destinato a fallire perché chi lo ha pianificato non capisce che ci sono persone ancora disposte a scendere nelle strade per difendere i propri diritti», e quindi «l’inumanità livellatrice del progetto mondialista si infrangerà miseramente dinanzi all’opposizione ferma e coraggiosa dei figli della Luce».Ora, questa lettera non è stata scritta da uno dei tanti complottisti, ma da un alto prelato vaticano come monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo titolare di Ulpiana e già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Viganò aveva iniziato a creare problemi all’interno della gerarchia, perché già ai tempi di Benedetto XVI aveva messo il dito nella piaga della pedofilia. Poi ha proseguito con Bergoglio, tant’è che è stato promosso per essere allontanato (il vecchio sistema del “promoveatur ut amoveatur”), dopodiché è stato, per così dire, “pensionato” in modo forzato. Ho sottolineato il fatto che questa lettera non è stata scritta da un complottista, perché in realtà contiene tutta una serie di concetti che erano già chiaramente espressi nel 2009, data dell’edizione italiana di “Cospirazione globale”, di David Icke, che è considerato un po’ il padre del complottismo mondiale. Ebbene, ci sono tutta una serie di concetti che si corrispondono: possono essere sovrapposti.Monsignor Viganò parla di questo accordo tra Bill Gates e i principali gruppi farmaceutici? Parlando di Big Pharma, David Icke diceva che «le industrie farmaceutiche delle bio-tecnologie non sono altro che il Male legalizzato». Monsignor Viganò presenta questa situazione come la guerra tra i “Figli del Bene” e i “Figli del Male”. «E ancora una volta le modalità sono le stesse», prosegue David Icke: «Queste corporazioni – in realtà si tratta di un’unica corporazione, al singolare – sono controllate dalla stessa forza che controlla i governi, e fondamentalmente ottengono qualunque cosa vogliano, relativamente alle leggi (o alla mancanza di leggi)». Cioè, anche qui si si fa riferimento a queste leggi liberticide. E poi, ancora: quando monsignor Viganò parla del coraggio di chi saprà resistere, David Icke dice: «La paura è il primo strumento di controllo, e smettere di aver paura significa disarmare chi ci manipola».Di riferimenti e parallelismi, tra Icke e Viganò, ce ne sono a decine. Colpisce l’accostamento tra due personaggi apparentemente così lontani: un alto prelato del Vaticano e un giornalista che si occupa di tutt’altro. Ma la cosa non si ferma qui, perché Viganò aggiunge: «Il nemico ha dalla sua parte Satana, che non sa che odiare. Noi abbiamo dalla nostra parte il Signore Onnipotente, il Dio degli eserciti schierati in battaglia». Questo è lo Yahweh Tsebaoth, il “Dio degli eserciti” dell’Antico Testamento. Ora, c’è una cosa che sappiamo tutti. Il vero potere che governa l’intero pianeta Terra, tiene soggiogati i popoli e tiene sotto scacco i governi è il potere finanziario, basato sul sistema del debito-credito. Con questo sistema, chi ha in mano le leve tiene il cappio al collo ad ogni forma di governo. Sappiamo che i nostri politici sono sostanzialmente degli esecutori, chiunque essi siano. E quindi questo sistema è addirittura indifferente alle varie forme di governo: chi ha in mano le leve del potere finanziario non si preoccupa se a governare una nazione è una dittatura oppure, facciamo per dire, la più realizzata delle democrazie.Ciò che interessa è che chi governa, comunque, non decida di uscire da quel sistema: perché, se decide di uscire, viene durissimamente colpito. Dittatore o governo democratico, deve stare dentro il sistema finanziario che tiene sotto scacco il pianeta. Per fortuna, dice Viganò, noi abbiamo dalla nostra parte Yahweh, il Dio biblico. Ma cosa dice, la Bibbia, a questo proposito? In Esodo, 22 si parla proprio del sistema del debito e del credito: «Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, al povero che è con te, non ti comporterai con lui da usuraio. Non gli imporrete alcun interesse». Cioè, dice Yahweh al suo popolo, agli israeliti: se vi prestate denaro tra di voi, non chiedete interesse. Poi però dà indicazione diverse, per quanto riguarda gli stranieri. La Bibbia cita anche i Giubilei, che avvenivano al termine di ogni ciclo di 7 anni o di 50 anni, per cui bisognava rimettere i debiti. Il Deuteronomio (capitolo 15, versetto 2) illustra le norme che riguardano la remissione dei debiti: «Ogni creditore rimetta quanto ha prestato al suo prossimo», e per “prossimo” la Bibbia intende il tuo vicino, l’appartenente al tuo stesso clan. «Non lo riscuota né dal suo prossimo né dal suo fratello, quando sia proclamato l’anno della remissione per il Signore. Tu potrai esigere il tuo credito dallo straniero, ma al tuo fratello condonerai quanto deve nei tuoi confronti».Quindi qui c’è una distinzione netta: tra di voi vi prestate denaro senza interesse, e al settimo anno rimetterete i debiti agli appartenenti allo stesso clan tribale, mentre il debito può essere riscosso dallo straniero. E l’affermazione successiva è ancora più importante e più pesante: «Quando il Signore tuo Dio» (in ebraico c’è: “Quando Yahweh, Elohim tuo”) ti avrà benedetto come ti ha promesso, tu farai prestito a molte nazioni, ma tu non chiederai nulla in prestito; dominerai molte nazioni, ma su di te esse non domineranno». Qui viene quindi introdotto il concetto di una élite che dovrà dominare su tutte le altre nazioni. E lo farà attraverso il sistema finanziario, cioè quello del debito-credito. Sempre in Deuteronomio, al capitolo 23, si ripete: «Non esigerai alcun interesse da tuo fratello, né per i prestiti di denaro, né per prestiti di viveri, né per qualsiasi cosa che si presta a interesse. Dallo straniero potrai esigere un interesse, ma non dal tuo fratello».Queste erano leggi precise, anche molto dure. Tant’è che in un volume, dove si analizzano le istituzioni dell’Antico Testamento, l’autore scrive: «L’evoluzione economica e l’esempio dell’estero condussero frequentemente alla violazione di queste leggi», in Israele (cioè: in sostanza, prestavano a interesse anche tra di loro), «e questa è una delle colpe per le quali Gerusalemme è condannata. La situazione non migliorò, dopo l’esilio, e Neemia mostra il popolo oberato di debiti. Il prestito a interesse, a tassi che ci sembrano di usura, era praticato dai giudei di Elefantina. Secondo le fonti rabbiniche, lo stesso Tempio di Gerusalemme prestava a interesse. E la parabola di Matteo, 25 e il passo di Luca, 19 suppongono che l’usanza fosse corrente e ammessa». Cioè: era lo stesso “demanio”, la sede del potere, a esercitare questo prestito a interesse, venendo meno a quelle che erano le disposizioni di Yahweh. Quindi, questo è un sistema che nella Bibbia è descritto con molta chiarezza.Nel Libro dei Proverbi si ricorda una distinzione netta, che noi abbiamo ben chiara, e che proprio questa crisi di cui parla la lettera di Viganò sta rendendo ancora più evidente: «Il ricco domina sui debitori, e il debitore è schiavo del creditore». Questa è una frase chiarissima. Se collegata a quelle precedenti, dove viene detto “tu non ti farai prestare denaro dalle nazioni, ma presterai denaro alle nazioni”, e la colleghiamo a questa, «il ricco domina sui debitori, e il debitore è schiavo del creditore», noi comprendiamo molto bene il sistema che ci governa. Quindi, io non so se possiamo formulare la speranza che ha espresso monsignor Viganò, quando dice che dalla nostra parte c’è «il Signore Onnipotente», cioè il “Dio degli eserciti” biblico, perché in realtà è proprio il biblico “Dio degli eserciti” che ha espresso e che ha chiaramente descritto questa formula di governo e di controllo, questa modalità per tenere sotto scacco i popoli e le nazioni.Questa cosa era talmente importante che anche nel Talmud, nel Trattato sulle Berakhot, in un passo in cui si sta parlando dei rapporti tra maestro e discepolo, si dice: «Abbiamo infatti studiato, in una Mishnah, che Rabbi Ishmael dice: “Chi vuole diventare saggio si occupi delle leggi monetarie, poiché non c’è materia più grande, nella Torah, essendo esse simili a una sorgente da cui sgorga l’acqua”». Ora, la Torah è il succo dell’Antico Testamento: è la legge. Quindi, se fare questi discorsi significa essere complottisti, allora dobbiamo dire che siamo in ottima compagnia: perché ad essere ad essere complottisti, per primi, sono stati proprio gli autori biblici. Perché, stando a quel che c’è scritto nel Talmud, lo studiare le materie monetarie è, appunto, «la materia più grande, nella Torah». Allora: apriamo gli occhi, vediamo che cosa ci succede attorno; cerchiamo di capire bene e facciamoci le nostre idee, ma documentandoci a 360 gradi.(Mauro Biglino, estratto testuale dal video “Great Reset già nella Bibbia?”, pubblicato il 1° novembre 2020 sul canale YouTube “Il vero Mauro Biglino”).Cosa sta succedendo, se un alto prelato vaticano come monsignor Carlo Maria Viganò oggi si esprime negli stessi termini in cui anni fa si esprimeva nientemeno che l’inglese David Icke, considerato il decano del complottismo contemporaneo? Se lo domanda Mauro Biglino, popolare autore di bestseller basati sulla rilettura testuale, in lingua ebraica, dell’Antico Testamento. La risposta? I cosiddetti complottisti possono forse considerarsi in buona compagnia: è proprio la Bibbia, infatti, a prefigurare in modo esplicito il sistema di dominio basato sul controllo socio-economico assoluto, esercitato dal potere finanziario, oggi accusato – secondo Icke, ma anche Viganò – di manipolare la crisi sanitaria del Covid allo scopo di realizzare il “Great Reset”, il crollo pilotato dell’economia, per ottenere la sottomissione dell’umanità, spaventata a morte con la minaccia della pandemia. In un video sul suo canale YouTube, il cui testo riportiamo integralmente, Biglino precisa che è lo stesso Talmud a ricordare l’importanza capitale della dominazione monetaria illustrata nella Torah. La ricetta? Prestare denaro a interesse solo all’esterno del proprio clan, per soggiogare popoli e nazioni.
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Magaldi: lockdown criminale, chi lo impone va processato
Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.Cito un virologo mainstream come Guido Silvestri, secondo cui un nuovo lockdown sarebbe irreparabile. Silvestri dice: state calmi, ci si cura e si guarisce da casa. Se aumentiamo il sistema dei tamponi, aumenterà anche il numero dei contagiati. Se il numero dei contagiati viene usato dai media come una clava per fare terrorismo psicologico, e poi su questo i politici costruiscono le loro restrizioni, tra ordinanze e Dpcm, è tutto un montare di una colossale manipolazione. Lo ammettano: l’aumento delle rilevazioni dei contagi non comporta affatto un’ecatombe. Piuttosto, così facendo, abbiamo perso altro tempo: in questi mesi bisognava allestire comunque, anche a costo di lasciarli vuoti, dei centri di terapia (intensiva e non), e invece non è stato fatto un cazzo, di tutto questo. E poi arriva quel gran cialtrone del governatore della Campania, che – dopo non aver fatto niente di utile per migliorare la situazione – ora decide di chiudere tutto. Quanto a cialtronaggine, forse De Luca supera persino lo stesso Conte: chiudiamo tutto, dice, e così conservo questo mio piccolo palcoscenico da guitto, senza arte né parte, che governa una Regione che d’altra parte l’ha appena stra-votato. Ai campani viene da dire: ve lo meritate, De Luca, e adesso tenetevelo.Certo l’alternativa a De Luca qual era? Anche a livello nazionale, non è che l’opposizione – se fosse al governo – farebbe meglio: questa è una classe politica da buttare letteralmente nel cesso. Non c’è un’idea, non c’è una visione di paese, non c’è coraggio. All’opposizione si fanno belli del disagio cui va incontro la cialtronaggine di Conte, ormai finalmente penalizzato dai sondaggi sull’umore degli italiani, ma – a parte questo lucrare sull’altrui insipienza – non c’è una sapienza, che viene contrapposta. Se chiedeste a Meloni e Salvini cosa farebbero, al posto di Conte, questi si metterebbero a biascicare: non lo sanno dire, perché non lo hanno in mente. Cosa fare, oggi? Tranquillizzare la popolazione, togliere qualunque sistema di coprifuoco, favorire la ripresa di tutte le attività economiche. E spiegare che la contagiosità è un dato fisiologico ampiamente previsto, i cui numeri derivano dai tamponi. Ma la gran parte dei contagiati stanno bene e non sono in pericolo. Una parte avrà sintomi influenzali, e solo una piccola parte avrà complicazioni più gravi (curabili all’ospedale e soprattutto da casa, in assoluta sicurezza).Il governo ha offerto un atteggiamento paternalistico e dispotico. Bisognava dire, sia agli anziani (fragili) che agli ipocondriaci paurosi: state a casa, voi sì. Siate liberi di mettervi in lockdown, se non volete contagiarvi e quindi immunizzarvi. Conosco tanti anziani che hanno contratto il Covid, si sono curati e oggi stanno meglio di prima. Se invece avete paura, state a casa: trinceratevi in un auto-lockdown responsabile, ma non rompete i coglioni agli altri. Intendiamoci: capisco gli anziani e anche gli ipocondriaci, spaventati da questo terrorismo psicologico sparso a piene mani, da mesi. A loro va tutta la mia solidarietà e simpatia. Ma in questi giorni, per strada, abbiamo anche a che fare con gente che se avesse un’arma la userebbe, per eliminare il pericoloso “untore” che a distanza di 50 metri ha osato abbassarsi la mascherina per respirare, per prendersi giustamente una boccata di ossigeno, sapendo che l’uso prolungato della mascherina può causare danni alla salute.Ci stanno proponendo un nuovo lockdown? Saranno processati. Ormai bisogna pensare che molti protagonisti di questa fase storica andranno processati: per danni alla salute fisica e psichica dei cittadini e per i danni irreparabili arrecati all’economia, quindi alle condizioni di sussistenza, oltre che per grave attentato alla Costituzione. Il “partito cinese”, trasversale e annidato anche nel governo italiano, sta sfruttando la pandemia per devastare l’economia, che già era in sofferenza, in modo da ottenere un maggior controllo sociale: una persona che sia privata della sua autonoma via alla libertà economica sarà più incline a sottomettersi al “padrone” istituzionale che gli dà la mancia, e parliamo di istituzioni oggi occupate da gente che ha in odio la democrazia. Provo dolore, di fronte allo spettacolo degli italiani costretti a rinunciare a lavorare, e quindi a sostentarsi economicamente, con la paura di chi vede esaurirsi anche gli ultimi risparmi. Le nostre città sono diventate spettrali: i cittadini già rimpiangono la vita che non c’è più, e che di questo passo non potrà esserci più, per lunghi anni.Al tempo stesso, però, questa è una grande occasione: è la grande occasione per mostrare chi è davvero coraggioso e chi è vigliacco, chi ha voglia di combattere e chi è soltanto un “leone da tastiera”, chi ha coscienza dei propri diritti e anche coscienza del proprio dovere, di difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Durante l’estate appena trascorsa si credeva che sarebbero diminuite le restrizioni, e che il governo avrebbe inondato con una pioggia di miliardi le attività danneggiate. Si sperava che saremmo tornati a un trend di vita normale, ma così non è stato. Anzi: ci stanno proponendo un nuovo lockdown. Ebbene, ora la misura è colma. Il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo un ultimatum, con misure per assistere gli italiani. E scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana, per fare una rivoluzione, con le sue incursioni radicalmente teatrali. Abbiamo bisogno che, ogni settimana, gruppi “rooseveltiani” (anche esigui) infrangano il lockdown, infrangano il coprifuoco e si facciano portare nei commissariati, diventino dei “fuorilegge” riconosciuti, naturalmente nel senso alto e nobile della disobbedienza civile. E’ quella cosa per la quale, di solito, i rivoluzionari pacifici e nonviolenti vengono riconosciuti, dalle istituzioni e dello stesso popolo, come benemeriti eroi.Quindi, attenzione: chi scaglia bottiglie, sfascia le vetrine dei negozi e lancia molotov contro le forze dell’ordine non ha capito nulla. Spesso, poliziotti e carabinieri sono assolutamente simpatetici con le ragioni dei manifestanti: sono cittadini anche loro, e si rendono ben conto di trovarsi a fare i “cani da guardia” di qualcosa che è profondamente iniquo. Quindi solidarizzate, fraternizzate con le forze dell’ordine. Cercate, con loro e con l’opinione pubblica, una sintonia. E non si tratta nemmeno di demonizzare questi poveracci che sono al governo: sono solo camerieri e maggiordomi. C’è una volontà più proterva, che va oltre il governo italiano, anche se ricade su segmenti amministrativi e governativi. Noi dobbiamo testimoniare, di fronte all’opinione pubblica italiana, che – in modo reiterato e minuzioso – si può e si deve rintuzzare queste misure che sono state prese. Ci sono gli sguardi del mondo, sull’Italia. Facciamo in modo che il mondo diventi consapevole che il danno di questa pandemia non è nel virus, ma è nelle cattive misure politiche prese per fronteggiarlo.(Gioele Magaldi, dichirazioni rilasciate il 31 ottobre 2020 nella diretta web-streaming “Pane al pane”, di MrTv, su YouTube).Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.
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Virus e vaccino, per arrivare al mondo post-umano di Colao
Stanno cercando in ogni modo di prolungare l’emergenza, paventando rischi maggiori di quelli probabilmente effettivi. Più il tempo passa, più verrà indebolito il nostro sistema economico, il nostro tessuto sociale. Più è distrutto, più è facile rifarlo in un altro modo: con nuovi criteri e nuovi padroni, capaci di comprare più facilmente quello che costerà di meno, o i settori che saranno semi-distrutti. Ci stanno imponendo un’emergenza che sembra infinita: tengono alta la paura del Covid, perché altrimenti non potrebbero più presentarci il vaccino come unica possibile vie d’uscita. Ma c’è dell’altro, ed è anche peggio: mentre il Comitato Tecnico-Scientifico sta usando il virus per distruggere l’economia, la task-force per la ricostruzione (ancora più pericolosa) pensa di sfruttare la crisi per cambiare per sempre l’economia, sottraendola al controllo degli italiani. Cts e task-force sono due “corni” di un unico demone. Il Cts è fatto di scienziati abbondantemente venduti al potere, ed è espresso da organismi internzionali come l’Oms e l’Onu. Per loro l’unica salvezza sarà il “messia” vaccino. Ovviamente, il Cts si guarda bene dal dire che la vera salvezza sta innanzitutto nel rafforzare il proprio sistema immunitario. Suggerimenti e indicazioni, da loro? Zero: la gente deve stare male per poi potersi vaccinare, e vacciandosi stare ancora peggio, e quindi assumere ancora più farmaci. Indovinate per chi lavorano, questi?Poi c’è il secondo “corno”, la task-force di Colao. Lavora per la ripresa? Non è così, faranno altro. L’ha detto lo stesso Colao: «Non si può sprecare una crisi». E’ un’opportunità unica, per cambiare la struttura economico-sociale del paese. Conoscendoli, significa: globalizzarla, meccanizzarla, robotizzarla, dandola ancora più in pasto alla finanza internazionale, sottraendola agli italiani che lavorano, all’iniziativa individuale, e mascherandola persino da Green New Deal e da ottimistica ripresa dopo il Covid. Vittorio Colao sta a Londra, loro si parlano via web. E’ una sorta di nuvola nera, quella che incombe sopra Palazzo Chigi. Gli uomini della task-force parlano ai loro maggiordomi del governo, a questi burattini prestati ai poteri da masse incoscenti di italiani, che li hanno votati (e nel caso di Conte, nemmeno li hanno votati). E allora scopriamola, la pericolosità di questa task-force e del potere vero che rappresenta. Vittorio Colao è un uomo della finanza internazionale. In questo momento è il grande profeta del 5G, della cosiddetta transizione digitale. E’ passato per Morgan Stanley, McKinsey, poi Rcs, poi Omnitel, Vodafone e ora General Atlantic, un mega-fondo da 35 miliardi di dollari che già lavora (con una task-force sua) studiando come intervenire nel tessuto socio-economico della ripresa.Come? Comprando, stravolgendo e finanziando solo chi vuole, nell’ambito dell’imminente programma, una sorta di Piano Marshall nel quale useranno un’economia distrutta dalla crisi per ricostruirla come voglino loro. Vogliono cioè meccanizzarci, tecnologizzarci, verticalizzarci, centralizzarci, mondializzarci. Come dice Colao: «Le peggiori crisi sono quelle che si sprecano». E attenti ai professori della task-force: sembrano italiani, ma sono “amerikani” (con la kappa), allevati nelle grandi università del potere mondiale. Per esempio Enrico Moretti, della Berkeley. Apprezzatissimo da Obama, Moretti vuole una società nella quale le piccole e medie imprese (e il turismo) non siano più al centro. A guidare tutto devono essere solo i colossi connessi all’elettronica, sul modello Seattle-Microsoft. Moretti teorizza la necessità di smontare il tessuto economico e sociale italiano, in cambio di strutture mondiali nelle mani della grande finanza. Poi c’è Marianna Mazzuccato, della London University. Dice: bisogna dare allo Stato, e non più ai privati, la guida della rivoluzione tecnologica. Vuole un dirigismo centralista, che faccia affluire solo a qualcuno i soldi delle nostre tasse, a danno della nostra libera impresa, finora fiorente.A completare il “tridente” dei professori “amerikani” è Raffaella Sadun, economista della Harvard Business School. Sogna manager sempre più abili nella transizione tecnologica dall’umano al post-umano. Poi c’è Roberto Cingolani, che oggi lavora a Leonardo (armamenti). E’ un fisico, esperto in robotizzazione. Accanto a loro c’è Stefano Simontacchi, potentissimo avvocato d’affari: ci sarà bisogno, infatti, di far affluire nei posti giusti il mare di soldi in arrivo. E attenti ancora: nella task-force di Colao ci sono gli uomini del famigerato Club di Roma: Enrico Giovannini, Francesco Starace. Il Club di Roma fu fondato a metà del ‘900 da un potere “nero” come il centro studi della Fiat, attraverso il brillante manager Aurelio Peccei. La sua specialità: usare (o creare) emergenze. C’è la sovrappopolazione? Loro fanno finta che questo sia un problema. C’è il riscaldamento climatico? Idem: fingono che sia un’emergenza. C’è un problema di acqua, nel mondo? Lo fanno diventare un dramma planetario, attraverso il quale si faranno le guerre. Le risorse terrestri sono meno disponibili? Loro raccontano che fra vent’anni saranno esaurite: lo dicevano già negli anni ‘70, e non si sono affatto esaurite.Gli uomini del Club di Roma sfruttano le emergenze per fare strategia della tensione. Per dire poi: serve più controllo, gli Stati non bastano, serve più mondialismo, occorrono strutture internazionali. Sono grandi artefici del mondialismo, e agiscono sempre nello stesso modo: sfruttando le emergenze, o creandole. Sono specialisti, in questo. E quindi perché non dovrebbero buttarsi a pesce nell’emergenza attuale, per dirigere poi la società nella direzione indicata dal loro club, che è da sempre al servizio dei peggiori poteri mondialisti? Questa task-force avrà a disposizione una quantità incredibile di soldi, gestita dai grandi poteri come l’Ue. Una parte è già stata destibnata al Green New Deal, creato grazie alla finta emergenza climatica. Tantissimi soldi, e per fare cosa? Per digitalizzare il mondo e inondarlo di auto elettriche? E perché il Green New Deal non parla di ridurre i campi elettromagnetici? Li vuole anzi aumentare, tra 5G e satelliti. Vogliono meno imprese, meno libertà. E noi saremo incastrati nella ragnatela di un web sempre più pervasivo e invasivo. Bastone e carota: la cupola dei virologi, questa sorta di Papato finto-scientifico, usa il virus come una volta si adoperavano i terroristi per fare strategia della tensione. Obiettivo: portarci alla carota, cioè il vaccino. Che sarà solo il primo passo, verso il mondo disumano per il quale lavorano questi poteri che oggi maneggiano il Covid nel modo che vediamo, disastrando deliberamente l’economia.(Fausto Carotenuto, dichiarazioni rilasciate nel video “Una cupola contro di noi, dove vogliono portaci”, pubblicato su YouTube già nel maggio scorso e ora rilanciato da “Coscienze in Rete”).Stanno cercando in ogni modo di prolungare l’emergenza, paventando rischi maggiori di quelli probabilmente effettivi. Più il tempo passa, più verrà indebolito il nostro sistema economico, il nostro tessuto sociale. Più è distrutto, più è facile rifarlo in un altro modo: con nuovi criteri e nuovi padroni, capaci di comprare più facilmente quello che costerà di meno, o i settori che saranno semi-distrutti. Ci stanno imponendo un’emergenza che sembra infinita: tengono alta la paura del Covid, perché altrimenti non potrebbero più presentarci il vaccino come unica possibile vie d’uscita. Ma c’è dell’altro, ed è anche peggio: mentre il Comitato Tecnico-Scientifico sta usando il virus per distruggere l’economia, la task-force per la ricostruzione (ancora più pericolosa) pensa di sfruttare la crisi per cambiare per sempre l’economia, sottraendola al controllo degli italiani. Cts e task-force sono due “corni” di un unico demone. Il Cts è fatto di scienziati abbondantemente venduti al potere, ed è espresso da organismi internazionali come l’Oms e l’Onu. Per loro l’unica salvezza sarà il “messia” vaccino. Ovviamente, il Cts si guarda bene dal dire che la vera salvezza sta innanzitutto nel rafforzare il proprio sistema immunitario. Suggerimenti e indicazioni, da loro? Zero: la gente deve stare male per poi potersi vaccinare, e vacciandosi stare ancora peggio, e quindi assumere ancora più farmaci. Indovinate per chi lavorano, questi?
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L’opposizione di burro ha accettato la “dittatura sanitaria”
Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.Potrà imporre lo stato di sorveglianza sanitaria e vaccinazioni con prodotti industriali di pessima qualità, poco o punto efficaci, pieni di sostanze tossiche e venduti da case farmaceutiche con fedine penali molto sporche, anche per corruzione politica. Potrà reprimere l’informazione e la critica su tutte queste realtà. Adesso potrà nominarsi un nuovo Presidente di comodo che blocchi nuovamente ogni alternativa che possa scaturire prossime elezioni politiche. Adesso potrà aprire a un’immigrazione selvaggia, deprimente per il mercato del lavoro, destabilizzante per l’ordine pubblico, costosa finanziariamente, pericolosa sanitariamente, lucrosa per l’apparato imprenditoriale legato alla sinistra e al Vaticano. E abolire i decreti sicurezza e dare lo jus soli per crearsi una nuova riserva elettorale. Adesso potrà imporre il denaro elettronico per far guadagnare le commissioni ai banchieri e facilitare le loro maxi-truffe; potrà restringere l’uso del contante per soffocare ulteriormente il lavoro autonomo a vantaggio delle multinazionali straniere.Adesso potrà spendere Mes e Recovery Fund per finanziare il suo consenso clientelare e indebitare più fortemente l’Italia, così da poter poi, quando bisognerà rimborsare i prestiti, imporre la tassa patrimoniale sul pingue risparmio mobiliare e immobiliare degli Italiani, come da tempo esige la Germania egemone (cioè si pagheranno l’acquisto dei voti con i soldi dei contribuenti). Adesso potrà perfezionare l’insabbiamento degli scandali del braccio giudiziario del suo sistema di potere, mentre il medesimo braccio potrà archiviare serenamente le cento e più denunce contro Conte e soci per la gestione della pandemia: una mana lava l’altra. Accettare oppure rifiutare il dominio dei finanzieri, il monopolio monetario privato, l’egemonismo germanico, la sostituzione etnica, il pensiero unico, il nichilismo gender, e ora la biocrazia o dittatura sanitaria: queste sono le scelte reali, morali, strutturali.Alla ricerca di ingresso al potere, sedicenti opposizioni, in due anni sono passate dal rifiuto incompleto di quel modello organico, all’accettazione condizionata, e ora all’accettazione incondizionata – modello che esse però non hanno mai ardito nemmeno descrivere come modello, come programma: come il nome del dio ebraico, non può nemmeno essere detto. E’ lo Stato orwelliano, il Moloch egregiamente analizzato da “Teoria della dittatura” di Michel Onfray. Avendo sin dall’inizio deciso di non fare opposizione al detto modello, non hanno mai formulato un modello organico alternativo: facendolo, si sarebbero legati le mani e reso più difficile il transito al modello dei poteri forti. Le loro proposte alternative sono sempre state, e rimangono, su elementi singoli, magari importanti, però mai sulla struttura complessiva.(Marco Della Luna, “Opposizione per analfabeti 2020″, dal blog di Della Luna del 27 settembre 2020).Si sa: i politici che hanno bisogno di essere eletti contano poco, prendono ordini, sono teatrino; il potere reale non viene messo in gioco con le votazioni popolari; i veri decision makers, gli ingegneri socio-economici, non si mettono in pubblica discussione. Si sa pure: gli eletti non possono rappresentare gli interessi degli elettori, perché sono poco più che figuranti, devono innanzitutto ripagare chi li sovvenziona e chi li mette in lista, poi fare i propri interessi. Si sa anche: metà della popolazione è analfabeta funzionale e solo un quinto è in grado di capire gli articoli di un giornale quotidiano; perciò la comunicazione per il pubblico, specie in campagna elettorale, è necessariamente fasulla. Alle elezioni del 20-21 settembre, la sedicente opposizione ha preso più voti e più seggi, ma è uscita sconfitta, siccome le affrontava sulla fortissima aspettativa di una travolgente avanzata e di una spallata liberatoria al governo, che sono mancate completamente, sicché il governo ne è uscito corroborato. Adesso potrà prorogare l’illegittimo stato di emergenza e l’illegittima sospensione dei diritti costituzionali e continuare a governare per decreti altrettanto illegittimi, con l’avallo del Quirinale.
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Quota 100, prima vittima del Recovery Fund: via le pensioni
Il Recovery Fund neanche esiste ancora (il piano deve ancora essere approvato da tutti i Parlamenti nazionali; campa cavallo, insomma) ma già comincia a mietere le sue prime vittime. Proprio in questi giorni, infatti, Giuseppe Conte ha dichiarato che Quota 100 non sarà rinnovata. Si ritorna, dunque, alla logica che da vent’anni a questa parte ispira le politiche pensionistiche (parzialmente invertita dalla misura del governo gialloverde): aumentare sempre di più l’età pensionistica – cioè costringere chi un lavoro ce l’ha a lavorare sempre più a lungo – con la sempiterna scusa che “non ci sono i soldi” (cioè quei numeretti che le banche centrali creano regolarmente sui loro computer, ma lasciamo perdere). La notizia ha ovviamente scatenato il solito chiacchiericcio politico-mediatico. Nessuno però si è preso la briga di far notare l’aspetto più importante della vicenda: ovverosia che la decisione di cancellare Quota 100 non è un colpo di testa di Conte o una semplice resa al Pd, uscito ringalluzzito dalle recenti elezioni regionali, ma una conseguenza diretta dell’adesione (entusiastica, ahinoi) dell’Italia al piano di “aiuti” europei – che per ora, come detto, esiste solo sulla carta.