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Dalla sottomissione alla guerra: basta non farsi domande
Si comincia in modo semplice: basta non farsi domande. E si finisce per accettare il peggio. Si accetta che per 24 mesi non si parli che di Covid, e si arriva a subire la nuovissima, orrenda narrazione quotidiana. Si accettano equazioni indirettamente suggerite, in modo subdolo: se il Covid è cattivo (e ci mancherebbe altro), allora anche i russi sono cattivi. Non solo il loro bieco presidente: anche i loro scrittori, i loro scienziati, i loro artisti, i loro musicisti. Persino i loro atleti disabili, paralimpici; persino i loro gatti. Sembra di vivere in un manicomio a cielo aperto, affollatissimo di ciechi. Un brutto giorno divampa una patologia indisiosa, che semina il panico. In capo a nemmeno due mesi, però, si trovano le cure. Ma – anziché renderle disponibili, le terapie – si continua con l’orchestrazione panica (lockdown, coprifuoco) per poi arrivare all’esito programmato, la campagna “vaccinale” a tappeto con sieri sperimentali. Era la premessa obbligatoria per giungere alla meta: la libertà condizionata, vincolata al possesso di un lasciapassare.La notizia non è l’ovvia inquità del male, il leggendario talento di chi organizza l’ingiustizia e la sua massima espressione visibile, la guerra, con le sue stragi sanguinose e intollerabili, antiche eppure sempre tragicamente attuali. No, la notizia è altrove: ci vive accanto, respira in mezzo a noi. La novità consiste nel cinismo diffuso, nell’indifferenza ignorante per chi soffre, nella stolidità ottusa di chi pensa veramente di passarla liscia, se solo si rassegna a sottomettersi a qualsiasi disposizione, anche le più folli e incostituzionali, senza capire di esserne la prima vittima e senza vedere che il precipizio, quando si obbedisce sempre, è virtualmente senza fondo. Questo è il paese che non si è fermato, nell’autunno 2021, davanti all’imposizione del Green Pass. E’ il paese che non si è ribellato, a questa mostruosa discriminazione, nel modo che sarebbe stato il più pacifico ed efficace. Ovvero: astenendosi dal continuare a lavorare e studiare, usare mezzi di trasporto, frequentare bar e ristoranti. E’ il paese che, ai signori della guerra, è come se avesse detto: prego, fate pure. Fate di noi quello che volete. Siamo ostaggi inoffensivi, debolissimi e creduloni.Carne da macello, si sarebbe detto un tempo. E dunque, esaurita la nebbia virale, perché non passare alla macelleria più classica? Ed ecco riattivare l’intero macchinario della propaganda: è sufficiente cambiare indirizzo e sostituire il nemico. Ieri era il No-Vax, o meglio il No Green Pass, e oggi è il Perfido Russo, il No-Nato. Ebbene: cui prodest, tutto questo? A chi interessa, organizzare l’ennesima guerra (economica, sociale, psicologica, antropologica) di portata mondiale? Sembra un conflitto oscuramente e ferocemente definitivo, per spaccare in due l’umanità: senza una sola ragione geopolitica di una qualche serietà (non era certo insormontabile la tensione nel Donbass, così come la richiesta russa di smilitarizzare l’Ucraina). Il buio è fittissimo, dunque. A meno che non si vogliano ricordare le parole di Giulietto Chiesa, che disse: all’impero occidentale, ormai declinante, per restare al centro del gioco resta una sola possibilità. E cioè: scatenare una guerra globale.Oggi la osserviamo dispiegarsi sciaguratamente, la mattanza, in mezzo alle frottole quotidiane dei nostri Covid-media, allineati al nostro Covid-governo. Staremo tutti peggio, pare: si annunciano tempi durissimi, con tanto di razionamenti e crisi alimentari. Contro chi è, la guerra? Contro di noi, diceva Giulietto Chiesa. Lo si può non vedere, questo? Sì, certo. Specie in Italia. Basta continuare a non farsi domande, convinti ancora di vivere in un universo speciale e privilegiato, chiamato Occidente, considerato la culla della democrazia. Si continua come prima, anche se la democrazia è stata praticamente sospesa. Si continua a non fiatare, nonostante la strage nazionale aggravata delle terapie negate, nonostante l’imposizione del Green Pass e quindi il suicidio più che scontato di interi comparti economici, a partire da quello turistico. Basta non farsi domande – mai – e il baratro si spalanca improvvisamente, dietro l’angolo: trascinando tutti verso il buio, e senza sapere perché.Si comincia in modo semplice: basta non farsi domande. E si finisce per accettare il peggio. Si accetta che per 24 mesi non si parli che di Covid, e si arriva a subire la nuovissima, orrenda narrazione quotidiana. Si accettano equazioni indirettamente suggerite, in modo subdolo: se il Covid è cattivo (e ci mancherebbe altro), allora anche i russi sono cattivi. Non solo il loro bieco presidente: anche i loro scrittori, i loro scienziati, i loro artisti, i loro musicisti. Persino i loro atleti disabili, paralimpici; persino i loro gatti. Sembra di vivere in un manicomio a cielo aperto, affollatissimo di ciechi. Un brutto giorno divampa una patologia insidiosa, che semina il panico. In capo a nemmeno due mesi, però, si trovano le cure. Ma – anziché renderle disponibili, le terapie – si continua con l’orchestrazione panica (lockdown, coprifuoco) per poi arrivare all’esito programmato, la campagna “vaccinale” a tappeto con sieri sperimentali. Era la premessa obbligatoria per giungere alla meta: la libertà condizionata, vincolata al possesso di un lasciapassare.
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Salutare questo blog, dopo 14 anni di impegno quotidiano
Tragica primavera, quella che stiamo vivendo: oppressa da scenari lividi e dominata dalla menzogna, sia in Italia che sul fronte orientale, dove imperversa la ferocia del conflitto. Nel 2008 – quando avviai timidamente questo blog – non potevo certo immaginare che, 14 anni dopo, il nostro paese avrebbe inviato armi a uno Stato in guerra contro la Russia. Una nazione, l’Ucraina, affollata di milizie sfrontatamente neonaziste, addestrate dall’Occidente: formazioni protagoniste di un’atroce pulizia etnica contro le popolazioni russofone, sotto la protezione omertosa degli oligarchi di Kiev telecomandati da Washington. E invece siamo arrivati a questo: chiuso ogni spiraglio negoziale, Mosca è stata sostanzialmente indotta a ricorrere alle armi. Questo ha fornito il pretesto – lungamente inseguito – per espellere finalmente la Russia dalla “comunità internazionale” a guida occidentale, constatata l’impossibilità (per ora, almeno) di imporre un “regime change” capace di sfrattare dal Cremlino l’attuale leadership autocratica, intollerabilmente al potere da oltre due decenni.Qui sta la vera tragedia, par di capire: i russi, profondamente europei, verrebbero espulsi dall’Europa e tagliati fuori da qualsiasi possibile convivenza con l’Occidente. Come dire: si vorrebbe davvero congelare il mondo e imporre il prezzo di una guerra devastante, forse lunghissima, destinata a cambiare gli assetti del pianeta. Nel 2008, l’attenzione era puntata sui bankster di Wall Street e sulle spericolate promesse di Barack Obama. Poi sarebbero arrivate le primavere arabe, le tante rivoluzioni colorate sponsorizzate dal club di Soros (come il golpe in Ucraina) e le spietate guerre di aggressione in Libia e in Siria. Sarebbero comparsi i tagliagole dell’Isis, appena spentisi i dolori europei della crisi degli spread, con la Bce di Draghi che non aveva esitato a chiudere i bancomat ad Atene gettando i greci nella fame e nella disperazione. In Italia sarebbe spuntato Mario Monti, insieme al pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, con la benedizione del Pd di Bersani e persino del detronizzato, ammutolito Berlusconi. Pallido sollievo, quello dell’effimero e velleitario Renzi, che infatti concesse all’establishment Usa la possibilità di utilizzare l’Italia come paese-cavia per la nuova frontiera dell’obbligo vaccinale.L’ossessione vaccinale era una oscura avvisaglia dei tempi che ci sarebbero franati addosso, di lì a poco, non appena i gestori della storia avessero deciso di allungare il passo verso la dimensione definitiva, pandemica, della grande crisi occidentale, andando a colpire essenzialmente Europa e Nord America, oltre alle estreme propaggini coloniali dell’uomo bianco, Australia e Nuova Zelanda. Queste, in pratica, le regioni del mondo maggiormente sottoposte all’inaudita severità della nuova austerity, quella sanitaria. Già alla fine del 2018 – da fonti indipendenti, orientali e occidentali – era giunta voce di un imprecisato disastro globale che sarebbe potuto esplodere nella primavera 2020, avente proprio l’Italia come epicentro europeo. Una sinistra previsione, puntualmente avveratasi. Sperimentata l’inaudita durezza del lockdown, ci è toccato assaggiare anche l’ultima sensazionale trovata del governo italiano, il coprifuoco. Si viveva letteralmente al buio: in una situazione di angosciosa sospensione della libertà, con l’illusione però che si potesse trattare, ancora, di misure solo temporanee.Sinceramente, non mi aspettavo che a Palazzo Chigi finisse per approdare Mario Draghi, né che Draghi – visto il suo recente dichiarato riposizionamento, in favore di politiche sociali – restasse poi invece totalmente allineato all’ultima versione del rigore europeo: ortodossia sanitaria (obbligo vaccinale), ortodossia socio-economica (Pnrr autoritario, dettato dall’Ue in salsa “gretina”) e ortodossia geopolitica (totale sottomissione all’antico “padrone” americano, anche a costo di esporre l’Italia a pesantissime ritorsioni). Inutile spendere parole sullo scenario parlamentare nostrano: Salvini e Meloni, l’eterno Pd, gli incresciosi grillini. Politica clinicamente morta, nelle tenebre di una società violentemente retrocessa nell’oscurantismo psico-sanitario e costretta a subire il Green Pass “cinese” come orizzonte permanente, destinato a incombere per sempre sulla vita di tutti, in mezzo alle macerie delle libertà costituzionali che furono. Ce ne sarebbe abbastanza per prendere in considerazione l’idea – già abbracciata da molti, del resto – di lasciare questo paese, proprio per manifesta impraticabilità democratica.E’ figlia di una lunga maturazione ormai giunta a termine, invece, la mia decisione di abbandonare questo blog: che tra pochi giorni, probabilmente, cesserà di esistere. Aggiornarlo in modo quasi quotidiano, per ben 14 anni, ha comportato un notevole impegno e prodotto anche una buona dose di stanchezza. A volte, il blog ha sbagliato mira: succede. Se non altro, ha cercato sempre di agire secondo una linea di fondo che fosse sostanzialmente coerente: ossia cercando spiegazioni eterodosse, magari sconcertanti, in grado però di rendere meno incomprensibili gli accadimenti. Dare voce alle fonti più disparate può concorrere a svelare trame, suggerire recondite motivazioni e illuminare possibili retroscena, al di là della fumogena versione ufficiale. Non credo occorra dilungarsi sulle prodezze del mainstream: a partire dal 2001 (Torri Gemelle) la narrazione dei grandi media – con pochissime eccezioni – ha imboccato il vicolo cieco della neo-verità orwelliana, ulteriormente rafforzata dalla censura di regime introdotta nel 2020 con il cosiddetto Covid-19 e ora estesa, ad libitum, grazie al gelo della nuova guerra mondiale in corso.Sommessamente, ricordo i nomi di due illustri dissidenti occidentali: lo statunitense Edward Snowden, riparato in Russia, e l’australiano Julian Assange, detenuto in Gran Bretagna (e presto, pare, estradato negli Usa, dove rischierebbe 150 anni di carcere per aver messo in luce le carneficine americane in Iraq e in Afghanistan). Personalmente, ebbi l’onore e il privilegio di collaborare con Giulietto Chiesa: si è improvvisamente spento il 26 aprile 2020, lasciandoci orfani di una voce profeticamente preziosa. In un certo senso, si sta avverando quello che aveva a lungo paventato: l’esplosione definitiva dell’intolleranza fisiologica, da parte dell’Occidente, per qualsiasi regime politico in grado di sfuggire al suo controllo, al suo potere ormai declinante. Giulietto Chiesa denunciava vigorosamente gli avversari della democrazia, palesi e occulti: i manipolatori che, in Europa e negli Usa – utilizzando l’esteriorità formale della democrazia, dopo averne svuotato la sostanza – si comportano esattamente come i leader dei paesi autoritari, dove la democrazia non esiste neppure sulla carta.Ora, l’attualità più recente ci ha riservato continue sorprese. Chi poteva aspettarselo, che gli italiani – medici compresi – avrebbero accettato di subire l’inoculo obbligatorio di strani sieri genici sperimentali? Chi sarebbe riuscito a immaginare che la maggioranza della popolazione si sarebbe piegata così facilmente a un simile ricatto, pur di continuare a lavorare e vivere? Ricatto imposto, in modo subdolo, da un regime che ha ingigantito un’emergenza patologica negando ostinatamente l’accesso a terapie efficaci, che avrebbero fatto crollare il numero dei ricoveri. Si è trattato di un vero e proprio “genocidio della verità”, che ha finito per terremotare le menti, sotto le bombe quotidiane della disinformazione panica. I danni sociali sono tangibili, ma forse incalcolabili; basta osservare la quantità di persone che ancora circolano all’aperto con la mascherina sul viso, avendo ormai accettato di vivere nella paura: anche per sempre, eventualmente. E’ sufficiente che una voce, dall’alto, spieghi loro – anzi: intimi – che così si deve fare, senza più lasciare spazio per alcuna discussione. E chi osa contraddire la versione ufficiale, ormai, viene letteralmente cancellato.Se fino all’altro ieri la minaccia era comunque relativamente selettiva (le crisi finanziarie pilotate, i terrorismi domestici), ora l’attacco è condotto in modo indiscriminato nei confronti della totalità della popolazione: hanno dichiarato guerra a tutti noi, ripeteva Giulietto Chiesa in tempi non sospetti, quando la caccia all’uomo non era ancora arrivata nelle nostre città e in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni ufficio e in ogni scuola. Proprio la folle drammaticità della situazione, per contro, ha spinto milioni di persone – persino in Italia – a resistere a questo delirio. A insorgere moralmente sono gli italiani che hanno spento il televisore, i cittadini che hanno progressivamente imparato ad attingere informazioni da fonti alternative, dai tanti social, dai canali YouTube, dalla galassia dei blog. Una platea attenta e partecipe, matura, capace di affrontare anche psicologicamente la sfida più impegnativa: e cioè, prendere atto – dolorosamente – che la realtà è spesso lontanissima dalla versione dei fatti ufficialmente presentata, e che tante intime convinzioni (sedimentate attraverso i decenni) erano clamorosamente infondate.Gli infernali architetti dei lager nazisti confidavano proprio nella comprensibilissima incredulità dei più: non ammetteranno mai – si dicevano – la possibilità che qualcuno sia stato davvero capace di tanto. Ancora oggi, infatti, è lo scetticismo a dominare l’animo di chi ascolta le voci che dimostrano il flagrante, sanguinoso raggiro dell’11 Settembre: si stenta sempre a credere che possa davvero esistere un potere così cinico e smisuratamente stragista. La medesima incredulità ha accompagnato per decenni le segnalazioni degli ufologi, ancorché incoraggiate, in fondo, da tanta fantascienza: per questo suscitano grande sconcerto le recenti ammissioni del Pentagono sull’esistenza degli Ufo, ora ribattezzati Uap. Una ristretta minoranza di osservatori, oggi, tende a unire i puntini: se i libri antichi (compresa la Bibbia) sembrano proprio alludere a presenze come quelle, sovrastanti rispetto alla comunità umana, è davvero possibile che oggi qualcuno decida di separare in modo così tragico l’Est e l’Ovest, senza che questa scelta sia stata prima concertata, in qualche modo, con i misteriosi soggetti che sarebbero alla guida degli sfreccianti Uap?Ovvero: non è forse la stessa letteratura antica, da quella indiana a quella omerica, a descrivere il ruolo superiore delle “divinità” nella conduzione delle guerre terrestri, fatte combattere dagli umani? Sono semplici pensieri, questi, liberamente espressi, con i quali mi piace concludere questa mia personale narrazione, intrapresa 14 anni fa. Un lungo lasso di tempo – un battito di ciglia, nella vita dell’universo – nel quale però il mondo ha affrontato trasformazioni vertiginose e sempre più rapide. E resta un mistero, in fondo, la gran fretta che i gestori del pianeta hanno dimostrato, a partire dalla stranissima accelerazione imposta nel 2020 con l’introduzione dell’emergenza “pandemica”. Di fatto, questo gigantesco imbuto di sapore squisitamente zootecnico, fondato sulla paura e sulla frode, ha travolto centinaia di milioni di occidentali: ha revocato diritti e libertà, incanalando i cittadini lungo una strada che, a prima vista, sembra senza ritorno. Forse sarà la storia stessa, però, a incaricarsi di smentire i pessimisti: luce e ombra finiscono per rubarsi la scena a vicenda, attraverso le imprevedibili stagioni di quella che assomiglia a una sostanziale alternanza.Certo, i periodi di buio possono essere terribili e durare a lungo: ma non in eterno, se si tiene accesa la fiaccola della ragione. Credo sia questo, in fondo, il sentimento di chi si sforza di animare un blog: la consapevolezza di offrire un’opera, civica e volontaria, al servizio del proprio paese, nell’intento cioè di contribuire – nel suo piccolo, veicolando segnalazioni e analisi – alla crescita dell’opinione pubblica. Quell’opinione pubblica che, come me, oggi si augura innanzitutto una cosa, sopra tutte le altre: che possa cessare, al più presto, l’immane tragedia dell’Ucraina. Con questo stato d’animo prendo congedo dal blog che ho aggiornato quasi quotidianamente per tanti anni. La vita è fatta di stagioni, e c’è un tempo per tutto. Ringrazio quindi sinceramente ogni lettore, dal primo all’ultimo. Se chi ha apprezzato questo blog vorrà seguirmi ancora, lo aspetto nel mio nuovo diario web – libreidee.it – nel quale, credo, mi concenterò su considerazioni più meditate, non necessariamente giornalistiche e non sempre legate in modo diretto all’impetuoso precipitare dell’attualità. Bene, è tutto. Mi auguro che questo periodo di tenebra, se non altro, possa continuare a svegliare di chi ancora sonnecchia, senza capire perché il mondo sta precipitando.(Giorgio Cattaneo, 25 marzo 2022).Tragica primavera, quella che stiamo vivendo: oppressa da scenari lividi e dominata dalla menzogna, sia in Italia che sul fronte orientale, dove imperversa la ferocia del conflitto. Nel 2008 – quando avviai timidamente questo blog – non potevo certo immaginare che, 14 anni dopo, il nostro paese avrebbe inviato armi a uno Stato in guerra contro la Russia. Una nazione, l’Ucraina, affollata di milizie sfrontatamente neonaziste, addestrate dall’Occidente: formazioni protagoniste di un’atroce pulizia etnica contro le popolazioni russofone, sotto la protezione omertosa degli oligarchi di Kiev telecomandati da Washington. E invece siamo arrivati a questo: chiuso ogni spiraglio negoziale, Mosca è stata sostanzialmente indotta a ricorrere alle armi. Questo ha fornito il pretesto – lungamente inseguito – per espellere finalmente la Russia dalla “comunità internazionale” a guida occidentale, constatata l’impossibilità (per ora, almeno) di imporre un “regime change” capace di sfrattare dal Cremlino l’attuale leadership autocratica, intollerabilmente al potere da oltre due decenni.
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Magaldi: il vero gioco, sporco, dietro al teatro dell’Ucraina
La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.Grande protagonista delle due guerre mondiali, finora la Germania è rimasta inglobata in una ragnatela di immobilismo, di cui la Merkel era l’interprete, nel suo sforzo di non far fare passi avanti all’Europa, quanto a integrazione politica ed economica: serviva a mal governare l’Ue, in nome dell’austerità. Ma adesso questo scenario è venuto meno. Non viene meno, invece, l’amicizia stretta di Angela Merkel con Putin. Né viene meno l’amicizia dell’ex cancelliere Schroeder, che infatti proprio in questi giorni è in Russia. Non viene meno neppure l’amicizia di Putin con tanti frequentatori della superloggia “Golden Eurasia”: questo dovrebbe essere uno dei temi più gettonati da parte degli analisti, che invece recitano la filastrocca dei buoni e dei cattivi. L’impossibilità di imporre una No-Fly Zone, pena lo scoppio di un conflitto nucleare e della Terza Guerra Mondiale? Ormai ci sono 5-6 “file” di chiacchiere, sempre le stesse: sia nei bar che nei talkshow. E’ giunto il momento di capire che c’è un’arte, in quanto sta succedendo. C’è stata una premeditazione: l’operazione militare in Ucraina non è stata improvvisata a febbraio. C’è tutto un lavorìo, che viene da lontano.C’è troppa ombra, in tutto questo, anche sul versante italiano. Draghi ha deluso: ha perso un’occasione per compiere una mediazione importante. Tra le opzioni di Putin non cè solo quella più spericolata, cioè quella che vorrebbe portare la Russia a essere, insieme alla Cina, il costruttore di un nuovo assetto mondiale. Beninteso: una Russia non subalterna alla Cina, ma – grazie ai suoi rapporti privilegiati con la Germania e con altri soggetti occidentali – gioca un ruolo paritetico, se non sovraordinato a quello della Cina: anche in forza del suo maggiore dinamismo militare. La Cina è più “pesante” della Russia, nel muoversi: non avrebbe mai potuto fare qualcosa che comportasse la rottura dei rapporti economici con l’Occidente, perché il suo sviluppo dipende ormai dal formidabile intreccio con l’economia occidentale. La Russia è più “leggera”, da questo punto di vista: può ricreare un altro mondo di connessioni economiche ex novo, persino più vantaggiose per Mosca, con un blocco ideologico e geopolitico da condividere con la Cina ed altri, ma mantenendo dei rapporti – strani, ambivalenti – con il colosso-Germania, che si va riarmando.Quindi: lungi dall’esercitare un’egemonia, la Cina – nelle intenzioni di Putin e di altri – viene quasi trascinata, suo malgrado; e non ha la stessa possibilità di movimento della Russia, essendo costretta a recitare questo ruolo di apparente moderazione (la Cina ha comunque visto e benedetto questa operazione di Putin, molti mesi fa). Dunque, l’ombra regna sovrana: sono soggetti totalmente invisibili alla pubblica opinione, quelli che oggi stanno tessendo trame di guerra e di pace. Tornando all’Italia: Draghi ha perso forse l’ultima occasione per accreditarsi come attore capace di segnare momenti importanti. Putin gioca sempre tenendo in piedi 3-4 ipotesi. Il suo fine è quello di ridare alla Russia una dimensione imperiale, anche rispetto alla Cina, smarcandosi cioè dal ruolo di potenza comprimaria. Naturalmente, Putin sa che questo può essere fatto con mosse più audaci e spericolate, oppure attraverso tappe differenti. E’ chiaro che l’Ucraina serve anche come laboratorio: è una sperimentazione per capire come gli occidentali (alcuni amici, altri nemici) si comportano.Per un’altra via, che risolveva questo fronte in modo meno cruento, lo stesso Putin aveva offerto a Draghi la possibilità di essere lui, il portavoce autorevole di ambienti euro-atlantici, per una trattativa da risolvere magari in breve tempo. Ma Draghi si è tirato indietro. Dopodiché non si è distanziato in alcun modo dalla vacua “ciàcola” dei leader europei. Vedo il grottesco Macron che supporta la sua ricandidatura all’Eliseo con l’imitazione di Zelensky nel vestiario e le tante telefonate infeconde a Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz? Sta strizzando l’occhio un po’ a Putin e un po’ a Schroeder, e nel frattempo sta riarmando la Germania. Boris Johnson? E’ un mattacchione: strepita verso i russi, ma tutto sommato ci va cauto. Lo spagnolo Sanchez? Non pervenuto. Come al solito, quindi, l’Europa è assente. E Mario Draghi, anche in questo caso, si è distinto per mediocrità: la stessa mediocrità che gli ha fatto fallire la corsa al Quirinale.Anche in Italia c’è dunque bisogno di luce, per rischiarare la narrativa che riguarda il futuro del nostro paese, inserito nel futuro dell’Europa e in quello di un mondo che ormai sta cambiando. Da noi non esiste un’opposizione effettiva: come la stessa Lega, anche un partito come Fratelli d’Italia è rimasto frastornato in modo epocale da tutto quello che è successo. Come al solito, tiriamo a campare: adesso ci sono i rincari, c’è l’inflazione, gli stipendi e le pensioni al palo da decenni. E dopo la canzone sull’energia pulita, adesso scopriamo che dobbiamo tornare al carbone. Un’incongruenza dietro l’altra, con una mancanza di visione: una lungimiranza adeguata avrebbe tenuto conto del fatto che questa tensione con la Russia poteva scoppiare da un momento all’altro, visto che da otto anni sapevamo del bubbone Crimea-Ucraina, con tutte le conseguenze energetiche del caso. Ha detto bene Tremonti: il Pnrr è già vecchio, per gli investimenti sull’energia va già riscritto. Lo hanno detto persino importanti player internazionali, che pure sarebbero a favore di una svolta “verde”: innanzitutto, dobbiamo comunque mantenere i livelli di consumo energetico di cui abbiamo bisogno.Ai cittadini viene lasciata una classe politica incompetente, incapace di navigare nella storia. Quelli che le cose le sanno, invece, lasciano che – nel tritacarne – questi piccoli leader siano maciullati uno dopo l’altro; e ora, nel caos, fanno i loro conti. E intanto abbiamo un Parlamento pieno di “leaderini” disinformati su quanto avverrà nei prossimi anni: hanno punato sui cavalli sbagliati, non sanno che cosa devono fare. Parliamoci chiaro: si preannuncia una crisi gravissima, sul piano economico, finanziario e sociale, e anche sul piano geopolitico e militare. Forse questo aspetto non è stato ancora messo a fuoco, ma il riarmo della Germania è epocale: o è incastonato in una prospettiva europea, o è un sinistro preludio di cose che non sappiamo. Tutte le volte che la Germania si è riarmata, sono scoppiate guerre mondiali. Altro che “guerra mondiale se si istiuisce la No-Fly Zone” in Ucraina: le guerre mondiali sono esplose quando la Germania si è riarmata. E una Germania riarmata, con una Russia già armata fino ai denti, non è una prospettiva su cui sorridere.Credo quindi che sia venuto il momento di investire sulla luce: queste sono corse che, forse, nemmeno avrei voluto dire, sugli sviluppi dei prossimi anni (previsti da alcuni attori significativi). Queste cose inzierò a dirle, perché la situazione sta precipitando: anche questa crisi poteva essere “imbracata” meglio. In questi giorni ho sperato che ci fosse il guizzo, da parte di alcuni, nel fermare le cose. Non parlo di Putin e Zelensky: parlo di tutta la corte di gente che – da Oriente a Occidente – partecipa di questo teatro. Speravo cioè che qualcuno provasse a obbligare tutti quanti a fermarsi, a trovare uno “stop” per riconfigurare la situazione. E invece no, questo non è accaduto. E quindi, prepariamoci al peggio. La guerra in Ucraina può fermarsi anche tra poco. Ma a preoccupare è quello a cui prelude: quello che implica. La guerra è solo l’avvio della partita che è stata inaugurata, non è che il primo tassello. O meglio: il secondo tassello inquietante, perché il primo è stato quello della pandemia. Non a caso, l’impianto dell’emergenza sanitaria – anche se a breve decadrà l’odioso Green Pass – è stato lasciato virtualmente in piedi, evocando lo spettro di eventuali, nuove pandemie.Draghi ha perso smalto, fascinazione credibilità. Doveva restare in disparte, dispensando buoni consigli dall’alto e preparandosi ad arrivare al Quirinale (e da lì, poi, fare quello che aveva promesso, cioè intervenire per un cambio di passo in Europa). Invece, quest’anno lo ha sprecato facendo il presidente del Consiglio, barcamenandosi per non scontentare nessuno e sperando così di arrivare più falcilmente al Colle, ma trascurando i rapporti con i politici. Quindi Draghi ha sbagliato tutto, dal punto di vista tattico e strategico. E lo schiaffo subito sulla via del Quirinale ha minato anche il credito di cui godeva a livello sovranazionale, dopo una lunghissima carriera coronata solo da successi (da cui il suo peso e il suo prestigio). E adesso si ritrova col cerino in mano. Forse, quella che gli aveva concesso Putin non era l’ultima occasione, ma la penultima. Mi spiego: se per caso, prima di essere liquidato insieme al suo governo e prima che le cose precipitino davvero, Draghi si accordasse con Putin per un incontro in cui si trovasse una soluzione – e l’Italia con Draghi farebbe la parte del leone, in questa mediazione – allora sarebbe questa, l’ultima occasione. Finora, però, Draghi ha lasciato che l’Italia avesse la stessa posizione degli altri paesi europei: nonostante il fatto che Putin non lo abbia inserito tra i leader occidentali colpiti dalle contro-sanzioni russe.Io sarei per rimovere le sanzioni immediatamente: sono una iattura per gli imprenditori e per i cittadini che, sia in Russia che in Occidente, ne subiscono le conseguenze in modo grave. Presentandosi con questa proposta in mano – abolire le sanzioni – Draghi poteva anche andare da Putin, chiedendogli in cambio la sospensione dell’avanzata militare (e magari anche minacciandolo, in caso di mancato accordo, di istituire la No-Fly Zone). Dunque, una mano amichevole e l’altra minacciosa: questa la posizione che doveva caratterizzare l’Italia. Anche se poi la richiesta non fosse stata accolta, un Draghi che avesse detto, agli Usa e all’Ue, “l’Italia non partecipa alle sanzoni, e tuttavia chiede a Putin di fermarsi”, avrebbe espresso una posizione politicamente molto forte. Invece, oggi, Draghi sembra un vecchio arnese della peggior Dc, quella che esibiva politici grigi e untuosi. Draghi si è ridotto a questa figurazione: non un’idea originale su come risolvere questa crisi, non una differenziazione dell’Italia nella politica estera (assente, peraltro) dell’Unione Europea.Perché ripetere che l’Europa e l’Occidente si sarebbero ricompattati, e che questo Putin non se l’aspettava? E dove sarebbe, questo ricompattamento? Putin sta per entrare a Mariupol, completando l’occupazione della fascia Sud dell’Ucraina, e “non si aspettava” il compattamento occidentale (nelle chiacchiere)? “Non si aspettava”, Putin, che questi inviassero um po’ di armi, per evitare che la resa dell’Ucraina fosse immediata? Dove sarebbe il grande compattamento dell’Occidente, con un Biden che – strumentalmente – chiede che a mediare sia la Cina? L’Occidente si sarebbe compattato se avesse detto: in Ucraina non si passa, però alla Russia offriamo la neutralità dell’Ucraina (fermando l’espansionismo della Nato) e un compromesso su Crimea e Donbass, previ referendum con osservatori Onu. Questo sì, sarebbe stato un compattare l’Occidente. E invece, si preferisce il piagnisteo attuale (l’angoscia, la condanna morale), e nel frattempo si lascia fare il bello e il cattivo tempo a Putin, che avanza inesorabilmente.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube del 21 marzo 2022).La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.
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Dugin: rassegnatevi, tutto procede secondo i piani di Mosca
Tutti abbiamo paura dell’uso dell’atomica. Questo è l’unico vero problema, anche per noi. Tutto dipende dagli Stati Uniti. Se Washington si limita alle sanzioni, alle pressioni politiche e agli appoggi economici all’Ucraina, insomma se l’Occidente sosterrà indirettamente Kiev – tutte azioni legittime – non succederà nulla. Se però ci sarà un attacco diretto della Nato, allora la Russia risponderà con mezzi simmetrici. Se ci sentiremo minacciati sul nostro territorio, useremo le armi nucleari. L’invasione dell’Ucraina? È un’operazione militare. Putin ne ha spiegato molto bene gli scopi, che sono due. Primo: denazificare un paese il cui governo ha non solo tollerato, ma appoggiato i gruppi neonazisti per dare forza a una identità nazionalista ucraina basata sull’odio contro i russi. Una identità artificiale creata attraverso una ideologia che l’Occidente ha finto di non vedere, perché odiare i russi è più importante che odiare i nazisti. Secondo: cambiare il regime politico a Kiev per fare ritornare l’Ucraina nella sfera politica, militare e strategica russa.Attenzione: l’operazione militare in corso non è una guerra contro la Nato, ma una operazione per difendere una zona di interesse vitale per la Russia, la quale zona è stata a lungo indirettamente occupata dal potere occidentale durante un momento di debolezza di Mosca. La guerra non sembra andare bene per Putin? Non credo proprio. Putin sapeva che l’Ucraina ha un grande esercito e che prendere il controllo di un paese con 40 milioni di persone non sarebbe stato semplice. Ecco perché le operazioni sul campo si prolungano. Non è facile sconfiggere un esercito di 600.000 soldati, che ha dalla propria parte l’appoggio e la propaganda di tutto l’Occidente. Nessuno qui credeva in una vittoria breve. Intanto la Russia però ha il controllo totale dei cieli. La guerra durerà ancora un mese, o più, ma l’esercito russo vincerà. Per Putin, in questa guerra, non c’è alcun elemento inaspettato. La situazione a Mosca? Tutto molto tranquillo. La popolazione appoggia completamente Putin.Non c’è una vera opposizione. E non tanto perché c’è una censura contro chi critica le operazioni militari in Ucraina, ma perché il popolo russo è davvero solidale con il presidente. L’opinione pubblica qui ha ben chiari gli scopi di Putin ed è preparata perché comprende che la pressione della Nato conto le nostre frontiere è inaccettabile. Sui giornali e in tv vediamo arresti e proteste a Mosca? Io vivo nel centro di Mosca. Non c’è nessuno che protesta, a parte piccolissimi gruppi, o singoli individui, e neppure collegati tra loro. La percezione di una protesta interna è frutto della disinformazione dei media occidentali. Si prendono immagini di manifestazioni del passato, in contesti differenti, e si fanno passare per contestazioni. Gli analisti dicono che Putin è malato, poco lucido, staccato dalla realtà? I modelli della disinformazione, in casi del genere, sono sempre gli stessi: far passare l’idea che un leader politico sgradito sia pazzo, malato, che non controlla più la situazione. Invece Putin è sano, lucido e molto forte: mai stato meglio.Cosa sta succedendo in Ucraina? Per capirlo occorre risalire alle cause e leggere la dissoluzione dell’Urss dentro un contesto non solo ideologico, ma geopolitico. E se la geopolitica è la scienza che considera il mondo come il campo di battaglia tra potere marittimo e potere terrestre, in questo senso la fine dell’Urss è stata la vittoria del potere del mare e il crollo del potere della terra. Dopo il 1989 la Russia ha perso autorità sulle sue zone di controllo a favore dell’Occidente. E l’Occidente ha acquistato influenza in questo vuoto, che era la conseguenza della debolezza del potere terrestre. Si è dissolto il patto di Varsavia e si è rafforzata la Nato. E l’Ucraina è rimasta nel mezzo. Quando si è separata dalla Russia ed è diventata indipendente, a poco a poco si è avvicinata alla Nato. Ma ha potuto farlo perché, negli anni Novanta, quella di Gorbaciov e poi di Eltsin era una Russia debole. Ma quando è tornata forte, con Putin, la pressione permanente della Nato contro i nostri confini – qualcosa che nessuno può negare – non è stata più accettabile.Putin è diventato più forte e con una coscienza geopolitica più sviluppata. E così, gli equilibri sono cambiati. E si è risposto a una situazione intollerabile: prima in Georgia, poi in Crimea, poi nel Donbass, dove l’esercito ucraino era un pericolo costante: la popolazione veniva bombardata e i civili uccisi. Il resto è venuto da sé: l’appello della Russia a non far entrare l’Ucraina nell’area di influenza dell’Occidente è stato rifiutato, e così ecco la guerra. Sì, nei miei libri distinguo un Putin lunare e un Putin solare. Il Putin solare è il Putin della Grande Eurasia, il Putin patriota e sovranista, l’uomo che rompe con la postmodernità occidentale, contro la globalizzazione. Il Putin lunare è quello invece che scende a compromessi con l’Occidente, il Wto, Davos, l’élite liberale atlantista. Che Putin è, quello di oggi? Iper-solare.(Aleksandr Dugin, dichiarazioni rilasciate a Luigi Mascheroni per l’intervista “L’ideologo di Putin: la Nato e gli Usa non entrino in campo o useremo l’atomica”, pubblicata dal “Giornale” il 14 marzo 2022. Filosofo e politologo russo che vanta stretti legami con il Cremlino, Dugin è considerato “l’ideologo di Putin” e descritto come un suo consigliere e ispiratore. Molto letto dai sovranisti, è un pensatore non allineato che vede la Russia con occhi completamente diversi dai nostri).Tutti abbiamo paura dell’uso dell’atomica. Questo è l’unico vero problema, anche per noi. Tutto dipende dagli Stati Uniti. Se Washington si limita alle sanzioni, alle pressioni politiche e agli appoggi economici all’Ucraina, insomma se l’Occidente sosterrà indirettamente Kiev – tutte azioni legittime – non succederà nulla. Se però ci sarà un attacco diretto della Nato, allora la Russia risponderà con mezzi simmetrici. Se ci sentiremo minacciati sul nostro territorio, useremo le armi nucleari. L’invasione dell’Ucraina? È un’operazione militare. Putin ne ha spiegato molto bene gli scopi, che sono due. Primo: denazificare un paese il cui governo ha non solo tollerato, ma appoggiato i gruppi neonazisti per dare forza a una identità nazionalista ucraina basata sull’odio contro i russi. Una identità artificiale creata attraverso una ideologia che l’Occidente ha finto di non vedere, perché odiare i russi è più importante che odiare i nazisti. Secondo: cambiare il regime politico a Kiev per fare ritornare l’Ucraina nella sfera politica, militare e strategica russa.
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“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”
In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.Vale sempre, il vecchio adagio: la prima vittima della guerra è la verità. Pure in tempo di pace, però, non c’è mai da fidarsi delle versioni ufficiali. Quanto ai giornalisti, buio pesto: dei conflitti non capiscono niente, nemmeno se vanno sul posto. Anche per questo è ridicola, la roboante propaganda che l’Occidente riversa sulla strana guerra dei russi, omettendo la domanda chiave: perché Mosca sta rinunciando a sfruttare la sua schiacciante superiorità aerea, che le consentirebbe di annientare le resistenze ucraine? In appena tre giorni, dopo aver distrutto a terra i velivoli avversari, i russi hanno acquisito il pieno dominio dei cieli. Però non intendono avvalersene per fare piazza pulita degli ucraini: perché? Forse, lo choc iniziale (un’invasione così massiccia) doveva servire anche a innescare un possibile ribaltone interno, che avrebbe chiuso la partita in poche ore: ma evidentemente, i generali di Kiev – sicuramente in contatto con il Cremlino – non se la sono sentita, di rovesciare Zelensky. Così, è scattato il Piano-B: la manovra a tenaglia per imbrigliare l’Ucraina, senza però raderla al suolo.Il bombardamento su Mariupol? Colpire seriamente una sola città è uno strumento di pressione: vale come monito per tutte le altre, che però non sono state ancora prese davvero di mira. Come dire, è l’ennesima spinta verso l’obiettivo a cui la Russia punta: non la distruzione dell’Ucraina, né la sua occupazione permanente, ma una trattativa che porti a un accordo credibile. Per questo è cresciuto anche il bilancio delle perdite russe: schierare artiglierie campali “napoleoniche”, quasi senza usare missili (e senza ricorrere all’arma più efficace, l’aviazione) espone l’esercito di Mosca a rischi inevitabili. Di nuovo: è un altro modo per “comunicare”, sia pure nell’atroce linguaggio bellico, una volontà negoziale. Lo stesso dicasi per l’incentivo all’evacuazione dei civili: la guerra casa per casa, nelle città, sarebbe insostenibile sul piano dell’immagine, ma anche su quello strettamente militare, perché non farebbe altro che produrre quello che i russi non vogliono, e cioè una carneficina.Meglio quindi dissipare la “nebbia di guerra”: ad accompagnare l’insolito incedere dei russi (che potrebbero stravincere, e invece procedono al rallentatore) è proprio l’ostinazione nel tener aperti spiragli negoziali. Che infatti, nonostante tutto, sembrano destinati ad avere successo: l’Ucraina ha già annunciato possibili concessioni sull’indipendenza del Donbass e sulla rinuncia alla Nato. A quanto pare, Kiev sarebbe disposta a restituire a Mosca anche la piena titolarità della Crimea (territorio storicamente russo, “regalato” all’Ucraina ai tempi dell’Urss, quando la capitale era comunque Mosca, ndr). Io spero che si arrivi presto a una trattativa che, in Ucraina, metta fine all’orrore della guerra, dove a pagare il prezzo maggiore sono sempre i civili. Comunque mi sembra che lo stesso Zelensky non rifiuti la disponibilità negoziale dei russi. Chi vorrebbe farla fallire, allora, questa trattativa? Gli altri: la Nato, gli Usa.A ostacolare la possibilità del negoziato non è certo Putin, che – anzi – vorrebbe che la crisi fosse brevissima: ha le truppe sul terreno, gli hanno messo contro mezzo mondo. Il Cremlino spera che le ostilità fiscano al più presto, e chiaramente spera anche di ottenere alcune concessioni, per evitare di fare una figuraccia. Non è che voglia tantissimo, Putin: e lo sta dicendo. Dall’altra parte, invece, con chi abbiamo a che fare? Dobbiamo fare i conti con l’orribile “piramide gesuito-massonica” (Putin fa parte della “piramide conservatrice”: orribile anch’essa, ma in questo momento meno orribile). La vera piramide offensiva è quella gesuito-massonica: si è presa il Papato, da noi il Quirinale e la Presidenza del Consiglio, e poi l’Onu, la presidenza Ue e la Casa Bianca, insieme alla Germania e alla Francia di Macron. Sono molto all’attacco, cercano di sfruttare questo attuale vantaggio. Loro, in Ucraina, avrebbero interesse al “modello americano”. Ovvero: entro in Iraq e in Libia per “portare la pace”, e intanto faccio fuori quei disgraziati dei dittatori.Oppure: entro in Siria – in vari modi: anche “by proxy”, attraverso altre forze – e tolgo di mezzo il maledetto Assad, per poi sostituirlo con un regime “libero”, fondato sulle elezioni. Ancora: entro in Afghanistan (a suo tempo, per cacciare i sovietici), e poi, dopo l’11 Settembre ci rientro (stavolta “per combattere il terrorismo islamico”). Insomma: vado a “portare la libertà e la democrazia” là dove non ci sono. Ed è ormai dimostrato: ogni volta che lo fanno, il risultato è il contrario. In Afghanistan, con la scusa di cacciare quei comunistacci dei sovietici – che volevano controllare quello che era uno Stato-cuscinetto, com’era fino a ieri la stessa Ucraina – hanno preparano i loro combattenti: li hanno addestrati, li hanno equipaggiati con missili antiaerei e razzi anticarro. E così hanno preparato due forze distinte: Al-Qaeda e i Talebani. Il nome “Al-Qaeda” è stato inventato dalla Cia, ormai si sa. Quel gruppo doveva poi fare anche terrorismo in Occidente, sempre ai loro ordini: proprio quel terrorismo, infatti, ha prodotto l’autoritorismo degli Stati, che hanno ristretto le nostre libertà, facendo avanzare il regime mondialista.Poi, appunto, visto che un regime quasi “normale” poteva nascere persino in Afghanistan, hanno inventato i Talebani: che, in origine, erano studenti islamici (pakistani, però). Così l’Afghanistan è diventato – e lo è tuttora – l’ambiente perfetto per la nascita di qualsiasi terrorismo. E guardate anche la recente aggressione ai danni del Kazakhstan, che ha retto perché difeso dai russi: è stato invaso da decine di migliaia di terroristi, teoricamente “islamici”; ma non sono mai islamici, i personaggi che guidano il terrorismo islamico: sono sempre occidentali. Idem in Siria: si è creato l’Isis e da lì sono partiti miliziani a fare terrorismo in tutto il mondo. Ma l’Isis dove aveva potuto crescere? In un Iraq senza più Saddam Hussein. Chi ha favorito tutto questo? Sempre loro: i nostri governanti occidentali. Per inciso: Saddam li teneva in carcere, i terroristi. Sono poi stati scarcerati dagli invasori americani. Ora, l’Occidente potrebbe avere interesse a fare la stessa cosa con l’Ucraina. Cioè: creare uno Stato destabilizzato, per anni, stavolta all’interno dell’Europa, più vicino a noi e infinitamente più importante.Potrebbe essere l’alibi perfetto per verticalizzare ulteriormente il potere, in termini di Unione Europea, costruendo quindi un elemento di continua provocazione, per la Russia, destinato a durare anni. Immaginate lo scenario: milizie a non finire, anche mercenarie, in Ucraina. Perché è proprio a loro che, già adesso, stanno consegnando le armi che noi stiamo fornendo, da portare – forse – all’esercito ucraino. Ma chi dà le armi agli ucraini sa benissimo che non vinceranno, con quelle armi: sa che moriranno, con quelle armi in pugno. E sa che enormi depositi di armi rimarranno sul terreno, a disposizione dei gruppi che rispondono a loro: neonazisti, mercenari, nuovi gruppi che si formeranno. In altre parole: potrebbe essere in corso una manovra per far diventare l’Ucraina una sorta di Afghanistan o di Iraq europeo, come fomentatore permanente di altri problemi. Speriamo di no, ma già vedo che alcuni passi in questa direzione ci potrebbero essere. Quindi: speriamo proprio che le trattative vadano avanti. In fondo, lo stesso Zelensky va in questa direzione, anche se giustamente sbraita e strilla. E quindi: se Putin è cattivissimo, quanto lo è l’Occidente?(Fausto Carotenuto, estratti dal video “La grande tenaglia in Ucraina: chi fa fallire la pace”, su YouTube dal 10 marzo 2022. Già analista strategico dell’intelligence, Carotenuto – poi fattosi promotore del network “Coscienze in Rete” – vanta una lunga esperienza internazionale, in ambito geopolitico, per conto dei servizi segreti occidentali).In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.
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Mini: Ucraina e nazisti, Russia sotto attacco Nato dal 1997
Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbass poi dichiaratesi indipendenti. Da allora le forze ucraine hanno martoriato la popolazione russofona ai limiti del massacro e nessuno ha detto niente. Per quella popolazione in rivolta contro il regime ucraino non è stata neppure usata la parola guerra di liberazione o di autodeterminazione così care a certi osservatori internazionali. E’ bastato dire che la “Russia di Putin” voleva tornare all’impero zarista per liquidare la questione. L’ipocrisia è l’atteggiamento della propaganda occidentale pro-Ucraina che, prendendo atto che esiste una guerra, finge di non sapere chi e che cosa l’ha causata e si stupisce che qualcuno spari, qualcun altro muoia e molti siano costretti a fuggire. Ipocrisia ancor più grave della propaganda è il silenzio omertoso di coloro che tacciono sul fatto che dal 2014 Stati Uniti e Nato hanno riversato miliardi in aiuti quasi interamente destinati ad armare l’Ucraina e migliaia di professionisti della guerra per addestrare e arricchire i gruppi estremisti e neonazisti.Non credo che dall’Europa sia stata sottovalutata, la questione ucraina esplosa nel 2014: è stata volutamente indirizzata verso la trasformazione graduale del paese in un avamposto contro la Russia, a prescindere dalla sua ammissione alla Nato. Di qui la pseudo-rivoluzione arancione (2004), il sabotaggio interno ed esterno di ogni tentativo di stabilizzazione, l’alternanza di governi corrotti, la pseudo-rivolta di Euromaidan, il colpo di stato contro il presidente Yanukovich (2014) fino alla elezione di Zelensky. Quest’ultimo è passato da un programma elettorale contro gli oligarchi, contro la corruzione politica e la promessa di “servire il popolo” ad una politica dichiaratamente provocatoria nei confronti della Russia. E questo era esattamente ciò che volevano gli Stati Uniti, e quindi la Nato, dal 1997. L’espansione della Nato a Est, iniziata in quell’anno dopo una serie di prove di coinvolgere nella “cooperazione militare i paesi dell’Europa orientale (programma “Partnership for peace”) è stata una provocazione continua per 24 anni. Per oltre un decennio, la Russia non ha potuto opporsi. E la Nato, sollecitata in particolare da Gran Bretagna, Polonia e repubbliche baltiche, ha pensato di poter chiudere il cerchio attorno ad essa “attivando” sia Georgia sia Ucraina.La Russia è intervenuta militarmente in Georgia, e questo ha dato un segnale forte agli Usa e alla Nato, che non hanno voluto intervenire. Durante la crisi siriana del 2011, la Russia si è schierata con il governo di Bashar Assad. E successivamente, con la guerra all’Isis, è intervenuta militarmente, dando un contributo sostanziale alla sua neutralizzazione. Bashar Assad è ancora lì. Le operazioni russe in Siria, ancorchè concordate e coordinate sul campo con la coalizione a guida americana, hanno disturbato i piani di chi voleva approfittare dell’Isis e delle bande collegate per destabilizzare l’intero Medio Oriente. Un altro segnale del mutato umore russo è stata l’annessione della Crimea subito dopo il colpo di stato contro Yanukovic sostenuto dagli Stati Uniti e in particolare dall’inviata del Dipartimento di Stato Victoria Nuland e dall’allora vice presidente Biden. Dal 2014 in poi, l’Ucraina – con il sostegno degli Stati Uniti e della Nato – ha assunto una linea ancora più ostile nei confronti della Russia e iniziato ad integrare nelle forze armate e nella polizia i gruppi neonazisti che si erano “distinti” negli scontri di Maidan. Gli stessi che ora organizzano la “resistenza ucraina” e coordinano i circa 16.000 mercenari sparsi per il paese. Per tutto questo mi sento di dire che la Nato non ha trascurato l’Ucraina, anzi l’ha spinta con forza in un’avventura pericolosa per entrambi e soprattutto per noi europei.All’inizio dell’invasione ho cominciato a vedere i segni non di una “operazione speciale”, come l’ha definita Putin, ma di una serie di operazioni ad obiettivi limitati, unite dallo scopo strategico di impedire all’Ucraina di diventare il fulcro della minaccia militare alla Russia, ma tatticamente indipendenti. Le operazioni riguardavano la messa in sicurezza di territori del Donbass, la fascia costiera del Mar d’Azov e del Mar Nero fino a Odessa e, se necessario, fino al confine con la Moldavia neutrale. L’avanzata su Kiev doveva essere l’operazione principalmente politica di pressione per i negoziati e l’eventuale instaurazione di un governo favorevole alla linea russa. Questa operazione non è vincolata né al tempo né agli obiettivi: dipende dagli eventi. Se quelli diplomatici, politici e operativi evolvono in maniera soddisfacente, l’operazione può essere interrotta. In caso contrario, dalla marcia d’afflusso le forze possono passare allo schieramento attorno alla città; e se ancora gli eventi sono negativi, possono passare alla “preparazione” di fuoco poi al fuoco aereo; e poi, se e quando la città è allo stremo, potrà iniziare la presa vera e propria della città.Questo tipo di operazioni con la tecnica del carciofo ha spiazzato tutti gli analisti della domenica che si aspettavano (e forse cinicamente si auguravano) di vedere la tempesta di fuoco alla quale ci hanno abituato gli americani in tutte le loro guerre. Ovviamente questa incredulità ha alimentato le speculazioni sull’effettiva potenza dell’apparato russo e sulla eroica resistenza ucraina che avrebbe arrestato l’invasione. L’apparato che vediamo in televisione dice però una cosa diversa: l’operazione è ancora intenzionalmente alla prima fase, in attesa di eventi. In questa situazione i vantaggi vengono soltanto dall’efficacia e credibilità della pressione. Gli svantaggi riguardano sia le provocazioni esterne (da parte della Nato) sia il rafforzamento della resistenza interna, che non muterebbe il risultato dell’operazione ma farebbe molti più danni. Non credo proprio che le armi inviate dall’Italia, e gli stessi mercenari, potranno incidere sulle sorti del conflitto; però lo renderanno più sanguinoso e anche di livello operativo più elevato. In caso di squilibrio di forze tattiche, si tende a passare a quello strategico: e allora potranno essere impiegate armi di livello strategico come bombardieri, missili e perfino armi nucleari tattiche; tutte cose che porterebbero ad uno scontro diretto fra Nato e Russia.Le richieste russe, come in qualsiasi negoziato sono la base di una discussione. Se non è soddisfacente, ciascuna parte deve finirla di dire cosa vuole e cominciare a pensare cosa può cedere. In genere, il più forte è quello più disponibile a cedere: perché ritiene di “concedere” e quindi mantiene il prestigio intatto. La parte più debole deve solo ridimensionare il livello di ambizione. In questo caso, ogni minima riduzione dell’ambizione ucraina porterebbe una grande concessione: la salvezza del paese. Il nostro paese ha decretato unilateralmente, come se parlasse per tutti, la fine dei negoziati, fra l’altro con un atteggiamento bullistico. L’atteggiamento degli altri è molto meno arrogante. E questo li rende in sintonia. Ma anche nel bullismo non siamo fra i migliori. La Gran Bretagna e la Polonia ci battono. La dichiarazione di “No fly zone” dei cieli dell’Ucraina sarebbe un modo per accelerare il disastro. Chi la sta chiedendo a gran voce vuole il disastro e dimostra la propria incapacità di controllare il proprio spazio aereo. Vuole un pretesto per trascinare in guerra tutta l’Europa. Non dobbiamo cedere a questa tentazione perversa, soprattutto nei momenti come questi, quando un attacco aereo finisce per colpire un padiglione di ospedale e l’emozione soffoca la razionalità.La narrativa occidentale cerca oggi di censurare la presenza di neonazisti nei battaglioni incorporati alle forze ucraine? La “denazificazione” a cui si riferisce Putin non riguarda l’Ucraina, ma il suo apparato governativo in cui tali elementi si trovano anche in posizione di vertice. I reportage hanno tutti ragione e comunque non rendono l’esatto conto della presenza e dell’influenza di questi gruppi. Sono state proprio le forze di polizia e dell’intelligence ucraina ad opporsi all’inserimento di tali elementi nei loro ranghi. Hanno dovuto subire, ma oggi la caccia al russo (o filorusso) potrà mutare in “caccia al nazi”. E visti i numeri e la frenesia degli interessati, non mi stupirei se domani l’Ucraina cadesse dalla padella della guerra contro la Russia nella brace di una guerra civile. Cosa dovrebbe fare il governo italiano in questo contesto e più in generale l’Europa? Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento: non con le chiacchiere, ma con atti concreti. E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui.(Fabio Mini, dichiarazioni rilasciate a “L’Antidiplomatico” nell’intervista “Guerra in Ucraina, invio di armi e propaganda”, pubblicata il 10 marzo 2022. Il generale Mini, già dirigente della Nato, è stato a capo di operazioni strategiche nei Balcani).Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbass poi dichiaratesi indipendenti. Da allora le forze ucraine hanno martoriato la popolazione russofona ai limiti del massacro e nessuno ha detto niente. Per quella popolazione in rivolta contro il regime ucraino non è stata neppure usata la parola guerra di liberazione o di autodeterminazione così care a certi osservatori internazionali. E’ bastato dire che la “Russia di Putin” voleva tornare all’impero zarista per liquidare la questione. L’ipocrisia è l’atteggiamento della propaganda occidentale pro-Ucraina che, prendendo atto che esiste una guerra, finge di non sapere chi e che cosa l’ha causata e si stupisce che qualcuno spari, qualcun altro muoia e molti siano costretti a fuggire. Ipocrisia ancor più grave della propaganda è il silenzio omertoso di coloro che tacciono sul fatto che dal 2014 Stati Uniti e Nato hanno riversato miliardi in aiuti quasi interamente destinati ad armare l’Ucraina e migliaia di professionisti della guerra per addestrare e arricchire i gruppi estremisti e neonazisti.
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Hudson: tre poteri lucrano sulla guerra alla Russia (e a noi)
Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.Quali sono questi interessi americani che vogliono la guerra? E’ Hudson a entrare nei dettagli. «La domanda da porsi è: cosa sta cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi?». Dal 1991, la forza di aggressione è stata ininterrottamente incarnata dagli Usa, che non hanno “smontato” la Nato (nonostante la fine del Patto di Varsavia) e hanno seminato terrore e morte in molte aree del mondo in nome della “sicurezza nazionale”, espressione «utilizzata per interessi speciali che non devono essere nominati». Di fatto, «la Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto di dominare gli interessi economici interni». Aggiunge Hudson: «Il recente incitamento alla Russia, attraverso l’espansione della violenza etnica anti-russa da parte del regime neonazista ucraino», insediato con il “golpe Maidan” del 2014, ha centrato il bersaglio: «Forzare una resa dei conti». Il movente, però – ragiona il professore – è economico: tenere legati a sé i membri Nato e altri satelliti dell’area del dollaro, «poiché questi paesi hanno visto le loro maggiori opportunità di guadagno risiedere nell’aumento del commercio e degli investimenti con Cina e Russia».Per capire esattamente quali obiettivi e interessi degli Stati Uniti sono minacciati – prosegue Hudson – è necessario comprendere la politica statunitense e il suo “blob”, cioè la pianificazione centrale del governo, «che non può essere spiegata guardando alla politica apparentemente democratica», cioè l’alternanza tra repubblicani e democratici. Secondo Hudson, è più realistico considerare la politica economica ed estera degli Stati Uniti «in termini di complesso militare-industriale, di petrolio e gas (e minerario) e di complesso bancario e immobiliare». I deputati-chiave che siedono in Parlamento? «Non rappresentano i loro Stati e distretti, quanto piuttosto gli interessi economici e finanziari dei loro principali contributori elettorali». Ovvero: i tre grandi blocchi d’interesse che oggi avrebbero forzato l’Occidente verso la tragedia cui stiamo assistendo. Tre entità che, secondo Hudson, «hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa».Chi sono, questi tre soggetti? «Il primo è il Military-Industrial Complex (Mic): i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin». Per Hudson, «la loro base economica è la rendita monopolistica, ottenuta soprattutto dalla vendita di armi alla Nato, agli esportatori di petrolio del Vicino Oriente e ad altri paesi». Attenzione: «Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, guidando un’impennata del mercato azionario», sapendo che il Pentagono «fornirà un ombrello di “sicurezza nazionale” garantito per i profitti del monopolio per le industrie belliche». Il cartello delle armi, ricorda Hudson, è tradizionalmente rappresentato – alle Camere – da politici di Washington e della California, oltre agli Stati del Sud. In questi giorni, si brinda: l’escalation militare in corso «promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla Nato e ad altri alleati degli Usa». Esempio: «La Germania ha rapidamente accettato di aumentare la spesa per le armi a oltre il 2% del Pil».Il secondo grande blocco oligarchico, prosegue l’economista, è il settore dell’estrazione di petrolio e gas, cui si aggiunge l’estrazione mineraria (Ogam). «Come il settore bancario e immobiliare, che cerca di massimizzare la rendita economica per acquistare alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore Ogam è massimizzare il prezzo della sua energia e delle materie prime». Non a caso, «il monopolio del mercato petrolifero dell’area del dollaro e l’isolamento dal petrolio e dal gas russi è stata una delle principali priorità degli Stati Uniti da oltre un anno, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale e quella russa». Chi sono i principali lobbysti dell’Ogam? Soprattutto i senatori del Texas, spiega Hudson. Sicché, «l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore», ma anche «la rinascita del fracking statunitense». Fuori dai confini, «l’estensione della politica estera mira a impedire ai paesi stranieri di competere sui mercati mondiali, dove siano più convenienti dei fornitori statunitensi». Ergo: «L’isolamento della Russia (e dell’Iran) dai mercati occidentali ridurrà l’offerta di petrolio e gas, facendo aumentare di conseguenza i prezzi e i profitti aziendali».Il terzo grande gruppo oligarchico, continua Hudson, è il settore simbiotico “Finance, Insurance and Real Estate” (Fire). Di fatto, «è il moderno successore del capitalismo finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria post-feudale europea, che vive di rendite fondiarie». Cifre enormi: «Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono al settore immobiliare», che agisce «gonfiando i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, esenti dalle tasse». Questo blocco bancario e immobiliare incentrato su Wall Street, osserva Hudson, è ancora più ampiamente basato sul supporto politico dei parlamentari lobbysti. Chuck Schumer, senatore di Wall Street ora a capo del Senato, è stato «sostenuto a lungo da Joe Biden», a sua volta protettore storico «dell’industria delle carte di credito». A livello nazionale, «l’obiettivo di questo settore è massimizzare la rendita fondiaria e le plusvalenze derivanti dall’aumento della rendita fondiaria». A livello internazionale, invece, l’obiettivo del settore “Fire” è quello di «privatizzare le economie straniere (soprattutto per assicurarsi il privilegio della creazione di credito nelle mani degli Stati Uniti)».Si mira quindi a «trasformare le infrastrutture governative e i servizi di pubblica utilità in monopoli in cerca di rendita per fornire servizi di base (come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, comunicazioni e informatica) a prezzi massimi anziché a prezzi agevolati». E Wall Street, ovviamente, «è sempre stata strettamente fusa con l’industria petrolifera e del gas (vale a dire: i conglomerati bancari Citigroup e Chase Manhattan dominati dai Rockefeller)». Ecco quindi spiegato come il Fire finanziario-immobiliare, il Mic militare e l’Ogam energetico «sono i tre settori “rentier” che dominano l’odierno capitalismo finanziario postindustriale». Le loro fortune reciproche «sono aumentate vertiginosamente». E le mosse per escludere la Russia dal sistema finanziario occidentale, insieme agli effetti negativi dell’isolamento delle economie europee dall’energia russa, promettono di stimolare un afflusso di titoli finanziari dollarizzati. «Questo è il motivo per cui né l’industria né l’agricoltura svolgono oggi un ruolo dominante, nella politica estera degli Stati Uniti». La convergenza degli obiettivi politici dei tre grandi “rentier” «travolge gli interessi del lavoro e persino quelli del capitale industriale».Come ha spiegato lo stesso Biden, l’attuale escalation militare orchestrata dagli Stati Uniti (“Provocare l’Orso”) non riguarda proprio l’Ucraina. «Biden ha promesso dall’inizio che le truppe statunitensi non sarebbero state coinvolte, ma ha chiesto per oltre un anno che la Germania impedisse al gasdotto Nord Stream 2 di rifornire la sua industria e le sue abitazioni con gas a basso prezzo», in modo che Berlino «si rivolgesse ai fornitori statunitensi a prezzi molto più alti». E così, dopo un anno di pressioni a vari livelli sui politici tedeschi, la Germania non ha messo in funzione il super-gasdotto. Uno degli obiettivi principali dell’odierna Nuova Guerra Fredda – sottolinea Hudson – è quello di monopolizzare il mercato del gas: già sotto Trump, la Merkel era stata costretta a promettere di spendere 1 miliardo di dollari per costruire nuove strutture portuali per le navi-cisterna statunitensi. Poi, l’avvicendamento alla Casa Bianca e il ritiro della Cancelliera hanno congelato l’investimento portuale, lasciando la Germania senza alternative al gas russo. Ed ecco dunque la stretta di oggi: obiettivo, «l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, soprattutto a scapito della Germania».Oltre a creare profitti e guadagni sul mercato azionario per le compagnie petrolifere statunitensi – rileva Hudson – l’aumento dei prezzi dell’energia sottrarrà gran parte del vigore all’economia tedesca. Certo, il rincaro di benzina, riscaldamento e altri servizi danneggerà tutti, anche i cittadini statunitensi, riducendo il loro tenore di vita. «Ciò potrebbe spremere i proprietari di case e gli investitori emarginati, portando a un’ulteriore concentrazione della proprietà», accelerando le acquisizioni a danno di «proprietari immobiliari in difficoltà, in altri paesi che devono far fronte all’aumento dei costi del riscaldamento e dell’energia». Aumenteranno anche i prezzi dei generi alimentari, guidati dal grano: Russia e Ucraina rappresentano il 25% delle esportazioni mondiali, nei cereali. «Ciò comprimerà molti paesi del Vicino Oriente e del Sud del mondo con deficit alimentari, peggiorando la loro bilancia dei pagamenti e minacciando l’insolvenza del debito estero».E non è tutto: le esportazioni russe di materie prime potrebbero essere bloccate dalla Russia in risposta alle sanzioni e all’esclusione dallo Swift. Questo «minaccia di causare interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali chiave, tra cui cobalto, palladio, nichel e alluminio». Se poi la Cina decidesse di considerarsi la prossima nazione minacciata e si unisse alla Russia in una protesta comune contro la guerra commerciale e finanziaria degli Stati Uniti, le economie occidentali subirebbero un grave shock. Il sogno a lungo termine dei fautori americani della Nuova Guerra Fredda, riassume Hudson, «è quello di rompere la Russia, o almeno di ripristinare la sua cleptocrazia manageriale di Eltsin», assistita dagli “Harvard Boys”, «con gli oligarchi che cercano di incassare le loro privatizzazioni nei mercati azionari occidentali». Il cartello Ogam «sogna ancora di acquistare il controllo di maggioranza di Yukos e Gazprom». Quanto a Wall Street, «vorrebbe ricreare un boom del mercato azionario russo». E gli investitori del Mic (armamenti) vorrebbero «anticipare felicemente la prospettiva di vendere più armi, per contribuire a realizzare tutto questo».Sul fronte opposto, invece, «l’obiettivo a lungo termine della Russia è di strappare l’Europa dal dominio della Nato e degli Stati Uniti e, nel frattempo, creare con la Cina un nuovo ordine mondiale multipolare centrato su un’Eurasia economicamente integrata». Dato che la Russia non invaderà mai l’Europa, riflette Hudson, gli europei finiranno per chiedersi perché mai pagare cifre esorbitanti per l’armamento Usa, e perché mai strapagare l’energia fornita da Washington, oltre a «pagare di più per il grano e le materie prime prodotte dalla Russia», perdendo anche la possibilità di fare profitti con l’export verso la Russia e, domani, forse, anche verso la Cina. Ma le complicazioni non finiscono qui: «La confisca da parte degli Stati Uniti delle riserve monetarie russe, a seguito del recente furto delle riserve dell’Afghanistan (e del sequestro dell’Inghilterra delle scorte auree venezuelane ivi detenute) minaccia l’adesione di ogni paese al Dollar Standard, e quindi il ruolo del dollaro come veicolo per il risparmio in valuta estera da parte delle banche centrali del mondo. Ciò accelererà il processo di de-dollarizzazione internazionale già avviato da Russia e Cina, facendo affidamento sulle reciproche partecipazioni delle valute dell’altra».A lungo termine, conclude l’economista, è probabile che la Russia si unisca alla Cina nel formare un’alternativa al Fmi e alla Banca mondiale, tuttora dominati dagli Stati Uniti. «L’annuncio della Russia di voler arrestare i nazisti ucraini e tenere un processo per crimini di guerra sembra implicare che un’alternativa alla corte dell’Aia sarà istituita dopo la vittoria militare della Russia in Ucraina. Solo un nuovo tribunale internazionale – aggiunge il professor Hudson – potrebbe processare i criminali di guerra che vanno dalla leadership neonazista ucraina fino ai funzionari statunitensi responsabili di crimini contro l’umanità come definiti dalle leggi di Norimberga». Hudson si aspetta che Mosca si ritiri a breve, dopo aver raggiunto gli obiettivi: proteggere i russofoni e allontanare da Kiev la minaccia diretta alla propria sicurezza. Infine, emerge l’autogol del “blob americano”: «La più enorme conseguenza involontaria della politica estera statunitense è stata quella di portare Russia e Cina insieme, insieme a Iran, Asia centrale e altri paesi, lungo la Belt and Road Initiative».Se la Russia sognava di «creare un nuovo ordine mondiale», finalmente in armonia con l’Occidente, «è stato l’avventurismo statunitense a portare il mondo in un ordine completamente nuovo». Un assetto «che sembra essere dominato dalla Cina, come vincitore predefinito, ora che l’economia europea è essenzialmente dilaniata e che l’America è rimasta con ciò che ha preso dalla Russia e dall’Afghanistan, ma senza la possibilità di ottenere un sostegno futuro». Sperando che, ovviamente, tra Putin e Biden esista un accordo, sotto banco, per non far degenerare oltre la situazione, evitando cioè lo scontro diretto. Tutti sanno che, in quel caso, non ci sarebbero vincitori. Discorsi che sembrano folli, nel 2022: eppure, Usa e Russia sono entrate in “allerta atomica”. E paesi come l’Italia si accingono a varare aiuti militari al regime di Kiev. Lo schema è tragicamente evidente: dipingere la Russia come aggressore, demonizzandola, così come graziosamente richiesto dai tre grandi cartelli che, secondo Hudson, avrebbero pianificato l’intero disastro: armamenti, energia e finanza.Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.
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Il resto del mondo sta con la Russia: la pagheremo cara
Secondo me, i russi si sono resi conto del fatto che gli occidentali – guerra o non guerra – avrebbero comunque imposto sanzioni molto pesanti. E così, hanno deciso di togliere anche l’ultimo paletto che sorreggeva la narrazione dell’Occidente, ora chiamato da Putin “l’impero della menzogna”. L’isolamento della Russia, da parte nostra, avrà ripercussioni internazionali gravissime. Noi adesso siamo chiusi nel nostro mondo e guardiamo solo a quello che succede qui. Il resto del mondo, invece, è alla finestra: sta vedendo che c’è una nazione che ha deciso di dire “no”, ponendosi come un ostacolo. La Russia è diventata un Kathécon, nei confronti del nulla della cultura occidentale che sta avanzando. E questo baluardo potrebbe essere di esempio per il resto del mondo. I presidenti del Brasile e dell’Argentina, che sono appena stati a Mosca, hanno detto di non avere nessuna intenzione di imporre sanzioni alla Russia (così anche il presidente del Messico, ndr).Paesi africani – come la Repubblica Centrafricana – hanno immediatamente riconosciuto le repubbliche del Donbass. Il Mali ha cacciato l’ambasciatore francese e ha detto alle truppe di Parigi che devono sloggiare, il prima possibile. Le reazioni dello stesso Oriente si diversificano in vari modi dalle posizioni occidentali. Il Pakistan giudica sostanzialmente corretta l’azione russa. L’India, idem con patate. Quindi: il resto del mondo comincia a domandarsi: vuoi vedere che, forse, è possibile ribellarsi al dominio anglosassone? Secondo me, le ripercussioni future saranno gravissime per noi. Faccio un esempio: se una azienda indiana facesse un appalto e trovasse, a parità di punteggio, una ditta francese e una compagnia malese, credo che preferirebbe lavorare con quella malese, perché sa che a quella francese, un giorno – magari dopo una telefonata da Washington – potrebbe essere chiesto di applicare sanzioni contro il committente e quindi non portare a termine il lavoro.L’Europa, soprattutto, rischia di rimanere isolata, rispetto al resto del mondo. Pian piano, nei prossimi anni, gli altri paesi potrebbero iniziare a rifiutarsi di lavorare con noi, se continuiamo con questa isteria. Questo, a mio parere, sarà un problema grave, da affrontare in futuro. Del resto, la manovra in atto in Ucraina – manovra di origine statunitense: tagliare i ponti con la Russia – è chiaramente mirata a colpire proprio l’Europa. Il fatto di continuare a sostenere questo regime ucraino, addirittura fornendogli armi e favorendo il reclutamento di mercenari, potrebbe essere considerato come un atto di guerra vero e proprio, capace di causare incidenti molto gravi: e ora vedremo quali contromisure la Russia deciderà di intraprendere, per contrastare queste nostre azioni.Certamente, il piano americano era quello di interrompere totalmente i rapporti economici tra la Russia e l’Europa, quindi non solo la fornitura del gas, e di sostituirsi come fornitore di energia e di altri beni e materie prime, nei confronti degli europei. Questo, a mio avviso, in Europa causerà una crisi terribile: già dobbiamo ancora percepire il contraccolpo della crisi post-Covid; figuriamoci se ora si aggiunge anche una terribile crisi energetica, oltre a una crisi delle materie prime, che infatti sta arrivando. Pensiamo anche solo al grano, per esempio: la Russia è il primo esportatore di grano, nel mondo. Noi avremo l’impossibilità di ricevere grano russo, mentre loro lo venderanno altrove, senza problemi (tutto l’Oriente ne ha bisogno). Chi avrà problemi di approvvigionamento di materie prime saremo noi. C’è anche da scontare il problema dei trasporti, della logistica: l’aumento dei costi, specie delle merci in partenza dalla Cina, è enorme.Quindi l’Occidente, progressivamente isolato dal resto del mondo, secondo me va verso un periodo molto buio. Se gli americani avevano una posizione preconcetta, nei confronti della Russia, gli europei hanno dimostrato di scontare un grande difetto: non hanno capito che la Russia è il diaframma tra l’Oriente e l’Occidente. Quindi, diventerà il nuovo punto di bilanciamento della politica e dell’economia mondiale. E dunque, diventando la Russia uno dei prossimi centri del mondo, se noi ci auto-escludiamo dall’accesso a questo mercato (che apre le porte ad altri mercati), questo potrebbe avere conseguenze gravissime, per la nostra economia.(Marco Pata, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta “Russia: quello che devi sapere”, in streaming su YouTube dal 1° marzo 2022. Pata è un avvocato d’affari con vasta esperienza negli scambi imprenditoriali tra Europa e Russia).Secondo me, i russi si sono resi conto del fatto che gli occidentali – guerra o non guerra – avrebbero comunque imposto sanzioni molto pesanti. E così, hanno deciso di togliere anche l’ultimo paletto che sorreggeva la narrazione dell’Occidente, ora chiamato da Putin “l’impero della menzogna”. L’isolamento della Russia, da parte nostra, avrà ripercussioni internazionali gravissime. Noi adesso siamo chiusi nel nostro mondo e guardiamo solo a quello che succede qui. Il resto del mondo, invece, è alla finestra: sta vedendo che c’è una nazione che ha deciso di dire “no”, ponendosi come un ostacolo. La Russia è diventata un Kathécon, nei confronti del nulla della cultura occidentale che sta avanzando. E questo baluardo potrebbe essere di esempio per il resto del mondo. I presidenti del Brasile e dell’Argentina, che sono appena stati a Mosca, hanno detto di non avere nessuna intenzione di imporre sanzioni alla Russia (così anche il presidente del Messico, ndr).
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La Russia divorzia dall’Occidente: ora il mondo cambierà
L’intervento militare russo in Ucraina ha segnato la fine di un’epoca nello stato degli affari globali dopo che il presidente Vladimir Putin ha lanciato l’azione la scorsa settimana. Il suo impatto si farà sentire negli anni a venire, ma Mosca si è posizionata per “diventare un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero”. L’operazione delle forze armate russe in Ucraina segna la fine di un’era. Ha avuto inizio con la caduta dell’Unione Sovietica e la sua dissoluzione nel 1991, quando una struttura bipolare abbastanza stabile è stata ribaltata da quello che alla fine è diventato noto come “Ordine mondiale liberale”. Ciò ha aperto la strada agli Stati Uniti e ai loro alleati per svolgere un ruolo dominante nella politica internazionale incentrata sull’ideologia universalista. La crisi si è manifestata molto tempo fa, anche se non ci sono state resistenze significative da parte delle grandi potenze che sono rimaste insoddisfatte della loro posizione nel nuovo campo di gioco politico.In effetti, per un periodo piuttosto lungo (almeno un decennio e mezzo), non c’era stata praticamente alcuna opposizione. I paesi non occidentali, in particolare Cina e Russia, hanno compiuto sforzi per integrarsi nella gerarchia. Pechino è riuscita non solo a farlo, ma ha anche sfruttato al meglio la situazione per prendere piede come giocatore dominante. Mosca, tuttavia, ne è uscita molto peggio e ha impiegato più tempo per adattarsi a questo nuovo ordine mondiale e consolidare un posto rispettabile all’interno delle sue fila. Il sistema si è rivelato allo stesso tempo rigido e traballante poiché escludeva concettualmente qualsiasi equilibrio di potere. Ancora più importante, tuttavia, non ha consentito un livello sufficiente di diversità culturale e politica, che è intrinsecamente essenziale per il funzionamento sostenibile del mondo. Una visione del mondo uniforme che escludeva tutte le altre è stata imposta utilizzando vari mezzi, compresi gli atteggiamenti nei confronti dell’attività militare.L’operazione russa è un’immagine speculare di ciò che gli Stati Uniti ei loro alleati hanno fatto più di una volta negli ultimi decenni in diverse parti del mondo. Secondo la leggenda, lo zar Pietro il Grande brindava ai suoi “maestri svedesi” dopo la battaglia di Poltava nel 1709. Ora, l’attuale leadership russa può anche dire di aver imparato molto dall’Occidente. Nelle azioni della Russia in Ucraina, è facile individuare gli elementi – dall’esercito all’informazione – che erano presenti in America e nelle campagne della Nato contro la Jugoslavia, l’Iraq e la Libia. La tensione è stata a lungo in ebollizione e l’Ucraina è ora diventata la prima linea decisiva. Questa non è una battaglia ideologica come quella a cui si è assistito nella seconda metà del Novecento. L’egemonia mondiale è attualmente sfidata a favore di un modello molto più distribuito. Il vecchio concetto di “sfere di influenza” della Guerra Fredda non è più applicabile perché il mondo è diventato molto più trasparente e interconnesso, rendendo possibile l’isolamento solo in misura limitata. Almeno, questo è quello che abbiamo pensato – fino ad ora.Come spesso è accaduto in passato, la lotta attuale si sta svolgendo per un territorio strategicamente importante. Il vecchio adagio “la storia si ripete” è evidente quando si passa da un media all’altro. Due diversi approcci si sono scontrati. Da un lato, c’è l’esercizio dell’hard power classico, che è guidato da principi semplici, rozzi, ma chiaramente comprensibili: sangue e terra. Dall’altro, dall’altro, un metodo moderno di propagazione degli interessi e dell’influenza, realizzato attraverso un insieme di strumenti ideologici, comunicativi ed economici, efficaci e, allo stesso tempo, malleabili, comunemente chiamati “valori”. Dalla Guerra Fredda, il più moderno di questi approcci è stato quasi sempre il metodo di riferimento. Chiamiamola con il suo nome alla moda, ma impreciso, “guerra ibrida”. Per la maggior parte, tuttavia, questo non ha mai incontrato una seria resistenza, per non parlare di uno scontro armato diretto. L’Ucraina 2022 è il test decisivo che dimostrerà quale di questi approcci regnerà vittorioso. In questo senso, hanno ragione coloro che sospettano che le conseguenze potrebbero essere molto più profonde di quanto pensassero.La dirigenza russa, che ha deciso misure estremamente drastiche, probabilmente ne ha compreso le conseguenze, o addirittura vi ha consapevolmente aspirato. La pagina della cooperazione con l’Occidente è stata voltata. Ciò non significa che l’isolazionismo diventerà la norma, ma segna la fine di un importante capitolo storico delle relazioni politiche. La nuova Guerra Fredda non finirà presto. Dopo qualche tempo, gli effetti che l’attuale operazione militare ha causato molto probabilmente cominceranno a placarsi, e alcune forme di interazione riprenderanno, ma la linea è inevitabilmente tracciata. Anche in uno scenario favorevole, passeranno molti anni prima che le sanzioni vengano revocate e che i legami vengano ripristinati in modo graduale e selettivo. La ristrutturazione delle priorità economiche richiederà un approccio diverso, che stimolerà lo sviluppo in alcuni modi e lo rallenterà in altri. La parte più attiva della società russa dovrà rendersi conto che il suo vecchio modo di vivere è scomparso. “Fort Russia” ha deciso di mettere alla prova la sua forza e, allo stesso tempo, è diventato un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero.(Fëdor Lukyanov, “La fine di un’era: la pagina della cooperazione con l’Occidente è stata voltata”, da “Russia Today” del 1° marzo 2022. Caporedattore di “Russia in Global Affairs”, Lukyanov è presidente del Council on Foreign and Defence Policy e direttore della ricerca del Valdai International Discussion Club).L’intervento militare russo in Ucraina ha segnato la fine di un’epoca nello stato degli affari globali dopo che il presidente Vladimir Putin ha lanciato l’azione la scorsa settimana. Il suo impatto si farà sentire negli anni a venire, ma Mosca si è posizionata per “diventare un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero”. L’operazione delle forze armate russe in Ucraina segna la fine di un’era. Ha avuto inizio con la caduta dell’Unione Sovietica e la sua dissoluzione nel 1991, quando una struttura bipolare abbastanza stabile è stata ribaltata da quello che alla fine è diventato noto come “Ordine mondiale liberale”. Ciò ha aperto la strada agli Stati Uniti e ai loro alleati per svolgere un ruolo dominante nella politica internazionale incentrata sull’ideologia universalista. La crisi si è manifestata molto tempo fa, anche se non ci sono state resistenze significative da parte delle grandi potenze che sono rimaste insoddisfatte della loro posizione nel nuovo campo di gioco politico.
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L’umanità nuova che sorge dopo il massacro della verità
Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.Ventiduemila cittadini inermi, dunque, dilaniati dalle milizie che rispondono al governo che nel 2022 chiede di entrare nella Nato e nell’Ue, nel club d’élite della democrazia, mentre gli eroici redattori del Tg2 mandano in onda le immagini di un wargame della playstation e il “Corriere della Sera” ripropone, come documento dell’aggressione nazi-russa, un’esplosione (incidentale o no) nella capitale ucraina, risalente nientemeno che al 2015. E poi chi sono, appunto, i narratori? Chi sono – come li chiamava Giulietto Chiesa – i famosi padroni del discorso? Sono gli avventurieri vocati all’assassinio, da John Fizgelarld Kennedy a Salvador Allende. Sono i “bombardatori” fisiologici, dopo Hiroshima e Nagasaki. Bombe su ancora Guatemala, poi Indonesia e Cuba, Congo, Laos, Vietnam, Cambogia. E poi Grenada, Libia, El Salvador. Poi Nicaragua, Iran, Panama, Iraq-Kuwait, Somalia, Bosnia, Sudan. E ancora: Somalia e Pakistan, poi Yemen, di nuovo Libia e Siria.Non viene, vagamente, il vomito? Non perché gli altri siano meglio: non è che brilli, l’aliena controparte. Ma almeno non blatera di libertà e democrazia: estetica, buon gusto? I nostri sono quelli dell’11 Settembre, degli spread, della Grecia massacrata – senza anestesia – dall’uomo che riponde a un nome: Mario Draghi. I nostri sono Greta, sono la Von de Leyen, Soros, Zuckerberg, Bill Gates. Sono l’Oms, sono i lockdown e i coprifuoco. Sono le zone rosse, le mascherine in strada. Sono i “vaccini” che “immunizzano”, sono i colpiti dall’apartheid, discriminati dal Green Pass. I nostri sono i Buoni, gli schiavisti democratici con la validazione vaticana. Non è questione di Crimee, a quanto pare: le fiamme a Est sembrano voler dire che è ora che si scuota, la popolazione rintronata del rinomato Primo Mondo, sotto ipnosi. Tenevi lo Swift, dice la storia: è ora di svegliare l’uomo nuovo. Buttate i libri inutili, usate quei giornali per incartare il nulla. L’umanità che viene nasce adesso, o almeno prova a nascere. E’ questo, il Piano-B. L’unico in campo.(Giorgio Cattaneo, 28 febbraio 2022).Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.
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Spread, Isis, Covid: se la guerra russa mette fine alla farsa
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli Usa – risalente ai tempi dei Bush: non era affatto previsto (anzi: era solennemente vitetato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici, alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina. Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata: in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria. La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan; la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca, fiero avversario della narrazione “pandemica”. Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello: mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti. Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev, mentre i tagliagole dello Stato Islamico terrorizzavano la popolazione siriana.Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni: dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan, facendo volare lo jihaidsmo, gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia, e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani. Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama. Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso: la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi. Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia. E’ lo stesso potere che – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid, denunciandone il carattere golpista e corruttivo. Lo stesso Putin si è distinto anche nello smascherare la distorsione politica messa in piedi, sempre sulla base di menzogne, per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario, se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.Probabilmente mai, negli ultimi cent’anni, si era scesi così in basso: l’impero marittimo euro-atlantico, mercantilista e bellicista dietro il paravento della democrazia e della libertà (in casa propria), dopo le atomiche sui civili di Hiroshima e Nagasaki deve ancora scontare l’infame, sanguinosa menzogna dell’11 Settembre, e oggi parla attraverso l’ometto finito alla Casa Bianca nel 2020 in mezzo al colossale imbroglio del voto postale e dei software di Dominion. E’ esattamente il potere che ha trasformato la Cina nel paese-mostro della tessera a punti che misura la buona condotta del suddito, il potere che – d’intesa coi cinesi – ha trasformato un ipotetico virus (mai isolato biologicamente) in una micidiale arma di distruzione di massa: distruzione sociale, politica, economica, psicologica. E’ il potere che ieri usava lo spread e oggi il Tso, i lockdown, i coprifuoco, il Green Pass. Il potere che finge di idolatrare Greta, per imporre la sua legge possibilmente con le buone, ma – nel caso, come si è visto – anche con le cattive. Ora, in modo drammatico, le cannonate russe sembrano interropere questa farsa mondiale, fondata sull’ipnosi. Nessuno azzarda previsioni precise, sugli eventuali sviluppi dell’improvviso cambio di copione. La sensazione, però, è che un’intera epoca stia letteralmente per crollare, in modo pericoloso e inevitabilmente rovinoso.(Giorgio Cattaneo, 26 febbraio 2022).«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
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Meluzzi: accelerano, temono che la strage diventi vistosa
Personaggi come Umberto Galimberti e Giuliano Cazzola criminalizzano e patologizzano il dissenso, come ai tempi della psichiatria di Stato introdotta da Stalin? Credo che ci sia una grande strumentalità, e una serie di vantaggi sociali ed economici che derivano da questa parte in commedia, questa commedia tragicomica e grottesca alla quale siamo sottoposti tutti i giorni dai media mainstream. E credo ci sia anche un atteggiamento screziato di paranoia, a fronte di una patologia che ha una letalità bassissima. Però ricordo, a questi vecchi malvissuti, che chi pensa di poter sacrificare la libertà alla sicurezza, alla fine, non avrà né l’una né l’altra. Non avrà la sicurezza (non avrà “l’immortalità”), mentre alla libertà ha già rinunciato da tempo. E, avendo rinunciato alla libertà, ha rinunciato anche alla dignità, al poter andare con la propria faccia di fronte ad uno specchio al mattino (e di fronte al Tribunale della Storia, in tempi – ritengo – medio-brevi).