Archivio del Tag ‘Corriere della Sera’
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L’umanità nuova che sorge dopo il massacro della verità
Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.Ventiduemila cittadini inermi, dunque, dilaniati dalle milizie che rispondono al governo che nel 2022 chiede di entrare nella Nato e nell’Ue, nel club d’élite della democrazia, mentre gli eroici redattori del Tg2 mandano in onda le immagini di un wargame della playstation e il “Corriere della Sera” ripropone, come documento dell’aggressione nazi-russa, un’esplosione (incidentale o no) nella capitale ucraina, risalente nientemeno che al 2015. E poi chi sono, appunto, i narratori? Chi sono – come li chiamava Giulietto Chiesa – i famosi padroni del discorso? Sono gli avventurieri vocati all’assassinio, da John Fizgelarld Kennedy a Salvador Allende. Sono i “bombardatori” fisiologici, dopo Hiroshima e Nagasaki. Bombe su ancora Guatemala, poi Indonesia e Cuba, Congo, Laos, Vietnam, Cambogia. E poi Grenada, Libia, El Salvador. Poi Nicaragua, Iran, Panama, Iraq-Kuwait, Somalia, Bosnia, Sudan. E ancora: Somalia e Pakistan, poi Yemen, di nuovo Libia e Siria.Non viene, vagamente, il vomito? Non perché gli altri siano meglio: non è che brilli, l’aliena controparte. Ma almeno non blatera di libertà e democrazia: estetica, buon gusto? I nostri sono quelli dell’11 Settembre, degli spread, della Grecia massacrata – senza anestesia – dall’uomo che riponde a un nome: Mario Draghi. I nostri sono Greta, sono la Von de Leyen, Soros, Zuckerberg, Bill Gates. Sono l’Oms, sono i lockdown e i coprifuoco. Sono le zone rosse, le mascherine in strada. Sono i “vaccini” che “immunizzano”, sono i colpiti dall’apartheid, discriminati dal Green Pass. I nostri sono i Buoni, gli schiavisti democratici con la validazione vaticana. Non è questione di Crimee, a quanto pare: le fiamme a Est sembrano voler dire che è ora che si scuota, la popolazione rintronata del rinomato Primo Mondo, sotto ipnosi. Tenevi lo Swift, dice la storia: è ora di svegliare l’uomo nuovo. Buttate i libri inutili, usate quei giornali per incartare il nulla. L’umanità che viene nasce adesso, o almeno prova a nascere. E’ questo, il Piano-B. L’unico in campo.(Giorgio Cattaneo, 28 febbraio 2022).Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.
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Il siero non immunizza: così il Green Pass aiuta il virus
Sapete perché penso che la decisione del governo di istituire un super green pass sia stupida e pericolosa? Perché si regge su una doppia menzogna, ovvero che chi è vaccinato non sia contagioso, non rischi di essere contagiato, e chi non lo è rappresenti un pericolo per la collettività. Non è così. Anche se giornalisti come Fabrizio Roncone, del “Corriere della Sera”, vanno in tv a dire che «in democrazia le minoranze vanno rispettate, ma non hanno alcun diritto di minacciare la mia salute e il mio diritto al lavoro», a minacciare la sua salute e il suo diritto al lavoro non sono solo gli 8 milioni di italiani che non si sono vaccinati, ma anche i 30 milioni che sono «immunizzati» – tra i quali probabilmente lui – e che si credono al riparo dal virus, ma in realtà non lo sono. So che è difficile da capire, per chi preferisce trovare capri espiatori invece di ragionare, ma se il “British Medical Journal” scrive che il «rischio di contagio per i vaccinati comincia ad aumentare 90 giorni dopo la seconda dose», significa che in Italia abbiamo 30 milioni di potenziali untori che circolano con un green pass che è carta straccia.Mi spiego. In base a una ricerca condotta in Israele su 83.000 persone, si è scoperto che la copertura vaccinale decresce pian piano che trascorre il tempo, al punto che, passato un periodo compreso fra i tre e i sei mesi, 7.973 degli immunizzati presi in esame sono risultati positivi al Covid. In pratica, poco meno del 10% si è contagiato nonostante avesse fatto sia la prima che la seconda dose Pfizer. Che cosa vuol dire? Che se applichiamo questa ricerca alla situazione italiana, su 45 milioni di persone che si sono vaccinate, 30 milioni di queste – tra le quali mi ci metto anche io – sono potenzialmente a rischio di contagio, in quanto hanno ricevuto la vaccinazione da parecchi mesi. Già, perché se togliete chi si è “immunizzato” di recente e i circa 5 milioni che hanno ricevuto la terza dose, significa che la metà della popolazione italiana si sente al riparo dal Covid e non lo è.Istituire un super green pass e rinchiudere agli arresti domiciliari chi non si sia vaccinato, non solo dunque non serve a nulla, ma addirittura rischia di essere pericoloso, perché si dà al vaccinato l’idea di essere immune. Non lo dico io. Lo dice Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il quale in una recente conferenza stampa si è detto preoccupato del «falso senso di sicurezza dato dai vaccini». Sì, ha usato proprio questi termini, spiegando che la pandemia non è finita. Altro che minaccia alla sua salute e al suo diritto al lavoro, come dice Roncone: il pericolo viene da chi continua a raccontare balle. Quante volte in questi mesi qualcuno si è avvicinato a me senza mascherina parlandomi a 50 centimetri dalla faccia e dicendomi «tanto siamo vaccinati», intendendo così «tanto noi non rischiamo nulla». Balle. Anzi, super balle.L’idea che non si rischi e che il green pass sia un lasciapassare che consente di ignorare il virus è una grande menzogna. E per rendersene conto, è sufficiente guardare ancora una volta a Israele, che essendo più avanti di tutti è diventato un esempio da studiare con cura. In quel paese hanno vaccinato tutte le persone che potevano e volevano essere vaccinate. Dopo di che, visto che i contagi aumentavano, hanno iniziato le terze dosi e anche la vaccinazione sui bambini da 5 a 11 anni. Risultato: sono alle prese con la quinta ondata di contagi e già hanno iniziato la quarta dose. Situazioni analoghe si registrano anche in paesi che hanno vaccinato più di Israele e più di noi. Il Portogallo, per esempio, dove nonostante un’immunizzazione a tappeto sono alle prese con nuovi contagi e altri morti. Ma anche l’Irlanda, che ho più volte citato.Il vaccino aiuta, ma non ferma l’epidemia, e continuare a criminalizzare chi non si è vaccinato non serve a niente se non a confermare le proprie piccole o grandi insicurezze. Lo ha scritto su “Lancet” uno dei più importanti ricercatori, Gunter Kampf: quella con cui siamo alle prese non è un’epidemia di non vaccinati. Un esempio? Guardate i decessi nel Regno Unito fra il 18 novembre e il 14 dicembre. Il 18,08% delle morti è avvenuto fra persone non vaccinate, ma il 78,94% è stato registrato fra persone vaccinate con due dosi. È il paradosso di Simpson? Sì, certo, ma andatelo a spiegare ai familiari di chi è andato al camposanto. E ditegli anche che è solo colpa di quel 20% di inglesi che non si è ancora rassegnato all’iniezione. Andate in quel paese e a quel paese. Voi e le vostre bugie.(Maurizio Belpietro, “Super Green Pass alleato del virus”, da “La Verità” del 26 novembre 2021, ripreso da “InfoSannio”).Sapete perché penso che la decisione del governo di istituire un super green pass sia stupida e pericolosa? Perché si regge su una doppia menzogna, ovvero che chi è vaccinato non sia contagioso, non rischi di essere contagiato, e chi non lo è rappresenti un pericolo per la collettività. Non è così. Anche se giornalisti come Fabrizio Roncone, del “Corriere della Sera”, vanno in tv a dire che «in democrazia le minoranze vanno rispettate, ma non hanno alcun diritto di minacciare la mia salute e il mio diritto al lavoro», a minacciare la sua salute e il suo diritto al lavoro non sono solo gli 8 milioni di italiani che non si sono vaccinati, ma anche i 30 milioni che sono «immunizzati» – tra i quali probabilmente lui – e che si credono al riparo dal virus, ma in realtà non lo sono. So che è difficile da capire, per chi preferisce trovare capri espiatori invece di ragionare, ma se il “British Medical Journal” scrive che il «rischio di contagio per i vaccinati comincia ad aumentare 90 giorni dopo la seconda dose», significa che in Italia abbiamo 30 milioni di potenziali untori che circolano con un green pass che è carta straccia.
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Venere al Quirinale: la grande lezione di Nandra Schilirò
Da una parte un potere che sembra impazzito di paura, al punto da togliere la parola ai cittadini nelle piazze, e dall’altra una donna che lo fronteggia. Una donna che parla del Vangelo della Maddalena e del Graal gnostico, tra rose e gigli e sciarpe rosa, davanti a decine di migliaia di donne accorse da tutta Italia a piazzale Michelangelo, il belvedere che domina la Firenze dei Medici con la sua Primavera del Botticelli e la Nascita di Venere. In tanti si sono cimentati nel ricamare amenità esegetiche nel tentativo di scoprire “cosa c’è dietro” il fenomeno Schilirò – l’ombra dei Rosacroce, di qualche divinità indiana – senza peraltro peritarsi di esprimere umana solidarietà, prima ancora che civile sostegno, a un alto funzionario della polizia di Stato messo da parte come una sorta di intruso imbarazzante. Una carriera-lampo, quella dell’avvocato Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore aggiunto di Roma fino al momento del fatale discorso dal palco di piazza San Giovanni contro l’infame Green Pass, il lasciapassare di cui il mondo democratico si vergogna, domandandosi cosa mai stia avvenendo, davvero, nell’Italia di Draghi e Bergoglio.Una funzionaria modello, “Nandra” Schilirò: pluri-premiata sul lavoro e dalla società civile, regolarmente spedita in televisione a illustrare tanti casi brillantemente risolti. Una scrittrice, anche: il suo romanzo “La ragazza con la rotella in più”, edito da ByoBlu, stava già in cima alle classifiche, ben prima dei recenti clamori della cronaca. Silenzio, da parte di tanti opinion maker, di fronte allo scandaloso ostracismo che ha colpito il valoroso commissario-donna, insolentito dai cani da guardia del regime e, per buon peso, messo pure alla berlina – come “gatekeeper in gonnella” – dalle menti più creative del nostrano complottismo ruspante. Sta diventando una valanga, il tam-tam tutto femminile che diffonde l’atto di consapevolezza promosso dalla manifestazione “Venere Vincerà”, ridicolmente ostacolata persino dal black-out delle telecomunicazioni. Boicottaggio riuscito: niente diretta video, per la manifestazione, in una città dove si è arrivati persino a blindare il Battistero del Duomo rendendo inaccessibile la Porta del Paradiso, meta di recenti meeting di preghiera.Sul “Corriere della Sera”, le solite grandi firme televisive si sono esercitate a insultare Robert Kennedy, trattando come un mentecatto il nipote di Jfk: come si permette di venire a Milano a spiegarci come dovremmo vivere? Ma la grande paura era concentrata su Firenze, cioè su “Nandra” Schilirò, nei panni simbolici che rinviano a un eventuale archetipo: quello della donna (madre) che smette di avere paura e quindi osa levarsi in piedi contro il Reame del Terrore che ha sostituito il vero con il falso e la scienza con la frode, in ossequio al dogma marmoreo che sta provando a strangolare il pianeta intero, come se avesse i minuti contati e fosse imminente il finimondo. Mentre i passacarte che siedono al governo e in Parlamento non pensano ad altro che al prossimo inquilino del Quirinale, Nunzia Alessandra Schilirò pensa ai bambini di 5 anni, che la Menzogna Ufficiale ha ora messo nel mirino, nell’ultimo disperato giro di valzer di un film dell’orrore che sembra non avere fine. Ecco il punto: sta a noi, soltanto a noi, scrivere i titoli di coda. Come? Restando a casa: adesso. Non ci volete più, nel vostro mondo? Bene: non ci avrete. Ecco perché inquieta tanto, la giovane donna che insegna a uscire dal tunnel della paura, dalla fabbrica nazionale dell’ignoranza e dell’odio.Da una parte un potere che sembra impazzito di paura, al punto da togliere la parola ai cittadini nelle piazze, e dall’altra una donna che lo fronteggia. Una donna che parla del Vangelo della Maddalena e del Graal gnostico, tra rose e gigli e sciarpe rosa, davanti a decine di migliaia di donne accorse da tutta Italia a piazzale Michelangelo, il belvedere che domina la Firenze dei Medici con la sua Primavera del Botticelli e la Nascita di Venere. In tanti si sono cimentati nel ricamare amenità esegetiche nel tentativo di scoprire “cosa c’è dietro” il fenomeno Schilirò – l’ombra dei Rosacroce, di qualche divinità indiana – senza peraltro peritarsi di esprimere umana solidarietà, prima ancora che civile sostegno, a un alto funzionario della polizia di Stato messo da parte come una sorta di intruso imbarazzante. Una carriera-lampo, quella dell’avvocato Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore aggiunto di Roma fino al momento del fatale discorso dal palco di piazza San Giovanni contro l’infame Green Pass, il lasciapassare di cui il mondo democratico si vergogna, domandandosi cosa mai stia avvenendo, davvero, nell’Italia di Draghi e Bergoglio.
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Covid, guarirete da casa: la tardiva verità dei mascalzoni
Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno mezzo – e 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti – non curati, e ormai gravi – finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?Non è finita: si scopre che i famosi farmaci monoclonali (basati sull’intuizione di Giuseppe De Donno, quella del plasma iperimmune) sono già disponibili dal 7 agosto. E non solo: il direttore dell’Aifa, Giuseppe Magrini, in un’intervista al “Corriere della Sera” (l’8 agosto) ha annunciato che il 30 settembre avrà termine la Grande Campagna Vaccinale di Massa, incentivata dalla “macelleria democratica” introdotta con il Green Pass e il Tso obbligatorio imposto brutalmente a medici, infermieri, insegnanti e studenti, da parte di un governo che ora preme anche sui bambini e, in ogni caso, vieta ai “renitenti” l’accesso a bar e ristoranti, cinema e teatri, mostre e musei, palestre, discoteche, stadi sportivi, concerti e mezzi di trasporto pubblici (per ora, i treni a lunga percorrenza). Misure che sfidano la Costituzione e irritano una parte del sistema giudiziario (Magistratura Democratica), dato il carattere pericolosamente discriminatorio, che ha spinto più d’uno a parlare di “apartheid”.A insorgere (come in Piemonte) sono gli stessi operatori preposti ai controlli, che annunciano che si rifiuteranno di effettuare le verifiche per scoprire chi è davvero in possesso del lasciapassare: l’avvertimento – pubblico – arriva da Protezione Civile, Croce Rossa, Anpas e Associazione Nazionale Carabinieri, mentre la stessa Regione Piemonte scrive al Garante della Privacy per spiegare perché gli esercenti piemontesi non intendono trasformarsi in gendarmi, rendendo grottesco un provvedimento adottato (in questi termini) solo dalla Francia di Macron, oltre che dall’Italia di Draghi e Mattarella. Sullo sfondo, i segnali in arrivo parlano chiaro: cure domiciliari, farmaci monoclonali e fine del tour de force del generale Figliuolo, che ormai intuisce prossima la soglia che vedrà il 70% degli italiani disposti a subire l’inoculo genico, impropriamente chiamato “vaccino”. Tutti indizi che lasciano presagire l’avvicinarsi della fine dell’incubo psico-sanitario inaugurato dal folle lockdown nazionale del 2020 e proseguito con zone rosse e coprifuoco.Scontata la responsabilità dei medici ospedalieri, incolpevoli, che nel marzo 2020 si calcola abbiano contribuito alla morte di moltissimi pazienti, cui fu somministrato ossigeno anziché eparina: i sanitari scambiarono per polmoniti le tante trombo-flebiti improvvisamente c comparse. Resta però il nodo – tutto politico – della questione: i corpi furono inceneriti senza esequie, e soprattutto senza effettuare autopsie, come richiesto dal ministero della sanità. Proprio la violazione di questa pazzesca disposizione permise poi, ai sanitari, di cominciare a “leggere” correttamente la patologia, trovando infine le contromisure cliniche. Con però un enorme limite oggettivo: all’ospedale finivano persone (quasi sempre anziane e già molto malate) ormai alle prese con difficoltà respiratorie acute e la compromissione grave degli organi vitali. Ai medici ospedalieri – rianimatori, in primis – fu quindi chiesto qualcosa di mostruoso: dover necessariamente scegliere chi salvare e chi no, data la marea dei ricoveri simultanei.E tutto questo, dopo che il governo Conte aveva “dimenticato” di aggiornare e comunque attuare il piano dell’Oms per l’emergenza pandemica, che avrebbe verosimilmente limitato i danni, attraverso misure tempestive e selettive. Ma peggio: nonostante la catastrofe della primavera 2020, le negligenze criminose e i reiterati avvertimenti di moltissimi medici (come quelli che ad aprile segnalarono a Speranza l’efficacia di farmaci come il cortisone, senza ricevere uno straccio di risposta dal ministro), si è continuato stolidamente – nell’ultimo semestre di Conte e nel primo di Draghi – a ignorare la scoperta dell’acqua calda, che poi sarebbe questa: se si viene curati in modo ordinario ma tempestivo, a casa, e con farmaci normalissimi, è quasi impossibile finire all’ospedale, anche se si è molto anziani. Lo dimostra il bilancio esibito dai medici-eroi dell’associazione Ippocrate: 60.000 guarigioni domiciliari su 60.000 pazienti, senza neppure un ricovero.Una verità semplicemente insopportabile – ha spiegato Massimo Mazzucco, nel reportage “Covid, le cure proibite” (nel frattempo rimosso da YouTube) – per chi aveva già deciso, da chissà quanto tempo, che dall’incubo di dovesse uscire in un solo modo: con l’inoculo del materiale genico abusivamente chiamato “vaccino”. Spiega Mazzucco: se fosse stata ammessa per tempo, in via ufficiale, l’esistenza di efficaci terapie (quella che viene ammessa oggi, con oltre un anno di ritardo), sarebbe stato impossibile ottenere dall’Ema, e quindi dall’Aifa, l’autorizzazione per i “vaccini genici”, che per legge hanno lo status di farmaci “sperimentali” fino al 31 dicembre 2023. Chiaro, no? Convalidando le cure precoci, sarebbe stato impossibile somministrare quei farmaci, non ancora testati per anni, come invece i vaccini veri e propri. Domanda Mazzucco: quante persone sono morte, nel frattempo, perché lasciate senza cure per troppi giorni e quindi ricoverate ormai tardi? Quante vittime è costato, questo scherzetto che intanto ha fruttato decine di miliardi?E a proposito di business: quello dei tamponi, finora usati come bocca della verità per quantificare i contagi, vale almeno dieci volte tanto, rispetto a quello dei “non-vaccini”. Kery Mullis, Premio Nobel per la Chimica, è l’inventore del test Pcr: ha dichiarato che, se si vuole, si scopre qualsiasi virus in chiunque. Affermazione clamorosa, che i debunker del mainstream (quelli che fanno sparire i video da YouTube) si sono affrettati a smentire in ogni modo: Mullis non avrebbe mai sconsigliato di utilizzare il tampone come cartina di tornasole per il coronavirus. Peccato che a confermarlo siano fior di medici: se si aumentano le “amplificazioni” del campione, portandole a 40-45 (contro le 20-25 consigliate) dal prelievo biologico può emergere di tutto, anche tracce di vecchie influenze, che è facilissimo protocollare come “Covid”. Il dottor Mariano Amici – 2.000 pazienti Covid curati e guariti nelle loro case, a Roma, nel giro di un anno – è diventato famoso, in televisione (fino a essere “cacciato” da Bruno Vespa) facendo risultare “positivo al Covid” un frutto come il kiwi, sottoposto a tampone.I grandi media – tutti asserviti al potere della narrazione dominante (salvo rarissime eccezioni) – hanno partecipato all’operazione psico-terroristica, incoraggiata da Conte anche con moneta sonante: per un anno e mezzo, non hanno fatto altro che amplificare il panico e silenziare chiunque annunciasse soluzioni. Negli ultimi mesi, non potendo più esibire tenebrose processioni di feretri, hanno finto di scambiare i contagi (chiamandoli “casi”) per vere e proprie patologie ospedaliere, sposando in pieno il delirio dei due governi-Covid e dei loro tecnocrati, installati nei posti di comando, a cui hanno fatto eco – ininterrottamente – i virologi televisivi nostrani (tra gli scienziati meno quotati al mondo, stando al ranking ufficiale che si basa sulla reale attività scientifica prodotta). Mai ascoltato un Nobel come Montagnier, e men che meno gli eminenti epidemiologi anti-Ebola che, attraverso la Great Barrington Declaration, già nel 2020 denunciarono la follia delle restrizioni, completamente inutili per il Covid, raccomandando invece l’unica via maestra: le terapie domiciliari sollecite.Così si è arrivati al doppio disastro: la strage sanitaria, divenuta anche umanitaria – con numeri in realtà non controllabili – e la strage politico-democratica, con le proibizioni imposte da Conte (inaudite e terribili, ma temporanee) ora trasformate nella versione di Draghi (meno drastiche ma altrettanto vessatorie, e in più a carattere potenzialmente permanente), di fronte a un ipotetico virus che – lo ha ammesso il Cdc, l’istituto superiore di sanità Usa – non è mai stato neppure “isolato” con certezza, ma solo “sequenziato”. Non a caso, infatti, il “rivoluzionario” preparato genico spacciato per vaccino, celebrato da Big Pharma come vanto della Scienza, non contiene l’agente patogeno, come invece i normali vaccini antinfluenzali: non lo contiene perché, tecnicamente, non esiste? Domanda non peregrina: il professor Stefano Scoglio, candidato al Nobel per la Medicina nel 2018, ha ricordato che lo stesso virus Hiv potrebbe non essere mai esistito, come tale.Non si tratterebbe di una frode scientifica, ha chiarito un chimico farmaceutico come Matt Martini, ma di un possibile, colossale abbaglio: le particelle molecolari oggi chiamate ancora “virus Rna”, un giorno, potrebbero rivelarsi una chimera? Ossia: impronte di materia mai davvero isolate, e “lette” come tali solo in base ad algoritmi digitali, cioè senza ordinari riscontri biologici da laboratorio? Se questa ipotesi fosse confermata, come suggeriscono alcuni scienziati di livello mondiale – aggiunge Martini – la stessa scienza potrebbe trovarsi di fronte alla storica necessità di rivedere i propri paradigmi. Ma intendiamoci: si tratta di riflessioni che in Italia hanno spazio solo su media indipendenti e minuscoli, di nicchia, subito bollati come “complottisti” da chi riesce a non vomitare di fronte allo spettacolo della menzogna offerto dall’establishment, salvo accanirsi verso chi tenta di trovare risposte, in un habitat dove la verità è diventata reato, dove i medici-coraggio come De Donno vengono trovati impiccati, e dove le cure precoci – la scoperta dell’acqua calda – arrivano solo dopo i “vaccini genici” (che non immunizzano nessuno dalla possibilità di contrarre il contagio, e di contagiare il prossimo) imposti con il disgustoso ricatto del Green Pass.Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma – in pratica – solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno e mezzo – e più di 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti (non curati, e ormai gravi) finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?
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Severgnini fa l’apripista nella “guerra” ai non vaccinati
Nel mio ultimo video, “Covid, le cure proibite”, avevo previsto che in autunno sarebbe iniziata la battaglia contro le persone non vaccinate, nel tentativo di colpevolizzarle per la eventuale persistenza del virus. In altre parole, dicevo, si sarebbe tentato di mettere cittadini gli uni contro gli altri, nella speranza di usare i vaccinati per convincere le ampie sacche di non vaccinati a cedere definitivamente ai desiderata di Big Farma. Invece, a quanto pare, si vogliono accelerare i tempi. Già oggi il “Corriere della Sera” pubblica un video di Beppe Severgnini intitolato “Quanta pazienza con gli attempati no-vax”. Con il solito ditino alzato da maestrino di provincia, il nostro ignorante nazionale si rivolge ai circa 4 milioni di sessantenni che finora non si sono vaccinati, sentenziando: «Cari attempati no-vax, se potete permettervi certe fisime è grazie a noi, alle decine di milioni di italiani che disciplinatamente si vaccinano e vi proteggono, e con voi, diciamolo, hanno una gran pazienza».Questo, per chi non l’avesse capito, sarà il refrain autunnale. Severgnini viene semplicemente mandato in avanscoperta, “per vedere l’effetto che fa”. Ritengo quindi necessario rispondere immediatamente, in modo categorico, prima che questa diventi la narrativa ufficiale sul mainstream. Caro Severgnini, è veramente tragico vedere mescolate in una sola persona tanta presunzione e tanta ignoranza: 1 – Non esiste ad oggi una sola ricerca scientifica randomizzata in doppio cieco che dimostri in modo irrefutabile quale sia l’efficacia effettiva delle nuove terapie geniche (comunemente, ma erratamente, definite “vaccini”). L’equivalenza automatica vaccino = immunizzazione esiste solo nella testa degli ignoranti. 2 – Per quanto ne sappiamo, dopo sei mesi di campagna vaccinale abbiamo delle percentuali di contagio ed un numero di morti giornalieri molto simili a quelli dell’anno scorso, nello stesso periodo.Necessitano quindi dati statistici molto più completi prima di poter affermare che le vaccinazioni abbiano avuto un qualunque effetto reale sulla riduzione della diffusione del virus. 3 – Sappiamo anche che i vaccinati possono comunque trasmettere il virus, come portatori asintomatici. Non si può quindi escludere che siano proprio i vaccinati i primi responsabili per la persistenza del virus nel nostro ambiente sociale. 4 – È addirittura lecito sospettare che siano proprio i vaccinati a favorire l’emergenza delle nuove varianti. Senza queste varianti, il virus molto probabilmente sarebbe già scomparso dalla faccia della terra. Quindi, casomai, la persistenza del virus è colpa vostra. Cordialmente, da un “attempato” che si informa ad un altro attempato che, evidentemente, ignora gli elementi più essenziali di questa discussione.(Massimo Mazzucco, “Quanta pazienza, con gli ignoranti…”, da “Luogo Comune” del 7 giugno 2021).Nel mio ultimo video, “Covid, le cure proibite”, avevo previsto che in autunno sarebbe iniziata la battaglia contro le persone non vaccinate, nel tentativo di colpevolizzarle per la eventuale persistenza del virus. In altre parole, dicevo, si sarebbe tentato di mettere cittadini gli uni contro gli altri, nella speranza di usare i vaccinati per convincere le ampie sacche di non vaccinati a cedere definitivamente ai desiderata di Big Farma. Invece, a quanto pare, si vogliono accelerare i tempi. Già oggi il “Corriere della Sera” pubblica un video di Beppe Severgnini intitolato “Quanta pazienza con gli attempati no-vax”. Con il solito ditino alzato da maestrino di provincia, il nostro ignorante nazionale si rivolge ai circa 4 milioni di sessantenni che finora non si sono vaccinati, sentenziando: «Cari attempati no-vax, se potete permettervi certe fisime è grazie a noi, alle decine di milioni di italiani che disciplinatamente si vaccinano e vi proteggono, e con voi, diciamolo, hanno una gran pazienza».
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Magaldi: via i D’Alema Boys: ieri Conte, oggi Speranza
Per quanto Mattarella, D’Alema e Bersani perorino la causa di Speranza, il ministro della sanità è un grosso problema, per Draghi. C’è un’inchiesta che porterà fatalmente a lui: non può non portare a lui, come in effetti sta già avvenendo. Non solo: c’è un’inchiesta con la quale il ministero della sanità non è collaborativo. Già soltanto questo dovrebbe bastare, credo, a decretare un allontanamento prudenziale. Faccia Draghi, con il solito stile: spieghi a Speranza che, per l’interesse collettivo, sarebbe più opportuno che facesse un passo indietro. Naturalmente, il Pd di Letta (non avevo dubbi) si è subito attivato in difesa di Speranza: ma questo è un motivo in più, per cacciarlo a calci in culo. Intanto, osservo con piacere che anche il “Corriere della Sera” è arrivato a porsi delle domande, sull’opacità di tutto il Ministero della Malasanità, come lo chiamo io: proprio in queste ore, anche al giornale si pongono il problema, dopo che gli inquirenti di Bergamo si sono trovati in un ministero in cui la mano destra non sa quello che ha fatto la mano sinistra.Ognuno scarica sugli altri le responsabilità: e c’è un ministro che è reticente, e non si prende alcuna responsabilità: ma se un ministero è organizzato così, la responsabilità non è del ministro stesso? Vale anche per Brusaferro, sempre secondo il “Corriere”: mi fa piacere, perché sono le tesi che avevo espresso io qualche giorno fa. In questa storia non si tratta soltanto di Rainieri Guerra. Quella vicenda in cui Francesco Zambon viene rampognato perché ha fatto il suo dovere e perché voleva raccontare la verità, in quanto funzionario dell’Oms, coinvolge Ranieri Guerra, ma coinvolge anche il capo di gabinetto di Speranza (e perciò Speranza) e coinvolge Brusaferro, che nello scambio di chat con Raineri Guerra era del tutto concorde. E non si creda che la posizione di Speranza sia così salda, solo perché è legato al massone D’Alema e magari perché è stato accolto nella Fabian Society: la Fabian resta una entità paramassonica, senza la capacità di incidere a livello decisionale.Ricordo che il “fratello” D’Alema è stato molto in auge, ma dietro le quinte, in tutta la vicenda del governo Conte-bis. E’ lui il padrone di Leu, ha finanziato “Liberi e Uguali” senza riuscire poi a essere eletto. Una beffa, che però l’ha indotto ad accettare il ruolo di burattinaio, anziché stare in prima fila. E’ lui, comunque, che ha messo i quattrini, per fondare Leu: da dove li abbia presi, qualche Procura magari un giorno potrebbe anche indagarlo, visto che correvano tante voci sul fatto che, all’epoca di D’Alema, Palazzo Chigi era visto come una “merchant bank”. Attenzione: D’Alema è stato “l’uomo che sussurrava a Conte”, il quale andava a prendere consigli da D’Alema. In televisione, D’Alema spedisce Bersani, con quell’aria da buon padre di famiglia, da vecchio uomo di sinistra, di estrazione popolare, che si è immolato per chissà quale causa; però ha dimostrato anche la modernità sufficiente per affrontare le liberalizzazioni: è uno strano ibrido, Bersani, molto presente nei salotti televisivi. E in questo triangolo con D’Alema e Speranza è stato molto attivo, in questo anno di malgoverno dell’esecutivo Conte.A D’Alema si deve Arcuri, e ci sono tante altre persone – vari boiardi di Stato – che rispondono alla filiera di D’Alema: sarebbe interessante farne una mappatura adeguata. Speranza, ripeto, non è che sia lì perché collocato dalla Fabian Society, che – come ogni entità paramassonica – non è un luogo decisionale (è un luogo di incontro, un club di confronto tra diversi: consente di “nobilitarsi”, ma non ha una capacità operativa). Speranza è stato sponsorizzato anche e soprattutto da Mattarella. Ma è un castello di carte, quello di Mattarella, di D’Alema e di Bersani. Intanto perché la loro è una forza opaca, che si muove dietro le quinte. Sul piano elettorale hanno avuto il risultato di Leu, che parla da solo. Mattarella, poi, è prossimo al pensionamento. E D’Alema deve stare attento, perché da un giorno all’altro potrebbe risultare implicato in qualcuna delle operazioni che di recente hanno visto i suoi fidi cadere, ad uno ad uno. Quindi non farei Speranza più forte di quello che è.Certamente, Speranza – nella sua pochezza, e nella sua ricettività estrema rispetto alle “suggestioni” che gli vengono da questo o da quello – è stato l’uomo giusto al posto giusto. E’ lo stesso discorso di Conte: le figure di scarsa intelligenza, di scarse capacità e di scarso spessore, ma molto disponibili a portare l’asino dove vuole il padrone (e per “padrone” intendo le circostanze dominanti, che sono rappresentate poi da diversi soggetti) sono una delle chiavi di selezione della attuale classe dirigente italiana, che per questo fa pena. Non ci sono grandi personalità, ci sono soprattutto dei maggiordomi: più sei maggiordomo e cameriere, e meglio è (vedasi il ritorno del grande maggiordomo Enrico Letta). Questo consente il “disordine mondiale” che oggi soffriamo.Finché non vi sia una classe politica di gente forte, in grado di esprimere una propria visione, e quindi di contrastare quelle che sono le linee egemoniche (di matrice privatistica) a livello sovranazionale, non c’è speranza di uscire dal disordine: perché nel disordine politico-sociale globale, a dare le carte è chi è organizzato sul piano privato. Nel libro “Perché guariremo”, che poi non ha osato distribuire nelle librerie, a certo punto Speranza scrive, testualmemte: «Sono nervoso al pensiero di qualsiasi aggregazione di più di due persone. Mi turba persino veder passare le automobili per strada». Uno che si esprime in questi termini sembra un soggetto sociopatico. Aver scritto quel libro, e averlo poi rititato, già di per sé getta una brutta luce sull’uomo. Io Speranza non lo conosco, personalmente. Ma dato che l’albero si giudica dai frutti, credo che Speranza – come uomo e come ministro – abbia bisogno di un lungo periodo di lockdown personale, in qualche convento, a meditare.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate il 15 aprile 2021 nella trasmissione web-streaming “Massoneria On Air” condotta dal giornalista Fabio Frabetti, direttore di “Border Nights”. Presidente del Movimento Roosevelt e “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, Magaldi è un esponente italiano del circuito massonico progressista sovranazionale che oggi incoraggia l’azione del governo Draghi, sia pure in modo vigile. Nel bestseller “Massoni”, pubblicato nel 2014 da Chiarelettere – che contiene un’inedita mappa massonica del potere mondiale, quello esercitato dalle Ur-Lodges – Magaldi presenta l’ex premier Massimo D’Alema come esponente di ben due superlogge di matrice reazionaria e “neoaristocratica”, la “Pan-Europa” e la “Compass Star-Rose / Rosa-Stella Ventorum”, grandi ispiratrici del neoliberismo privatizzatore e dell’atroce stagione dell’austerity europea, che ha minato il welfare e colpito duramente gli strati più fragili della società).Per quanto Mattarella, D’Alema e Bersani perorino la causa di Speranza, il ministro della sanità è un grosso problema, per Draghi. C’è un’inchiesta che porterà fatalmente a lui: non può non portare a lui, come in effetti sta già avvenendo. Non solo: c’è un’inchiesta con la quale il ministero della sanità non è collaborativo. Già soltanto questo dovrebbe bastare, credo, a decretare un allontanamento prudenziale. Faccia Draghi, con il solito stile: spieghi a Speranza che, per l’interesse collettivo, sarebbe più opportuno che facesse un passo indietro. Naturalmente, il Pd di Letta (non avevo dubbi) si è subito attivato in difesa di Speranza: ma questo è un motivo in più, per cacciarlo a calci in culo. Intanto, osservo con piacere che anche il “Corriere della Sera” è arrivato a porsi delle domande, sull’opacità di tutto il Ministero della Malasanità, come lo chiamo io: proprio in queste ore, anche al giornale si pongono il problema, dopo che gli inquirenti di Bergamo si sono trovati in un ministero in cui la mano destra non sa quello che ha fatto la mano sinistra.
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L’allegro becchino: un “utile idiota” per il lavoro sporco
L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).Il grande punto interrogativo è come mai il premier abbia cambiato tutta la filiera di comando della squadra anti-Covid, dal commissario Arcuri al ministro per le Regioni Boccia, dal capo della Protezione Civile Borrelli al coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico, Miozzo, ma si sia tenuto Speranza, il ministro ossimoro, dispensatore di ottimismo nel nome, uccellaccio del malaugurio nei fatti. Decisione davvero inspiegabile, giacché l’Italia pullula di luminari della medicina e non sarebbe stato difficile sostituire Speranza, che non è neppure odontotecnico, con qualcuno che conoscesse l’esistenza di un virus chiamato Covid prima del gennaio scorso, quando ancora il precedente governo assicurava ai cittadini che l’Italia era «prontissima» a fronteggiare la pandemia.Certo il ministro non deve il mantenimento della poltrona alla forza parlamentare che rappresenta. “Liberi e Uguali” ha un esiguo 3% e non si sa neppure se alla prossima tornata elettorale si ripresenterà. Le ragioni della resistenza di Speranza stanno probabilmente nel ruolo che il premier Draghi gli ha ritagliato. SuperMario ci tiene alla propria immagine e non intende sbriciolarla con l’esperienza di governo, anche perché ambisce a vette più elevate. Ecco così che, da buon comunista, mister chiusure risulta perfetto nella parte dell’utile idiota del grande banchiere. Se c’è da comunicare qualche rogna o mettere la faccia su una disgrazia, il ministro è l’unica speranza per il presidente del consiglio di sfangarla e continuare a passare per fenomeno agli occhi degli italiani. Perché l’uomo si presti a fare il punching-ball di Draghi, rimediando anche una sequela di esecrabili insulti e intollerabili minacce, non è difficile capirlo.Come ogni politico di seconda fila, Speranza non perde occasione per stare al centro della scena, anche se il prezzo è rimediare figuracce. Lo ha fatto anche nel Pd, prima di andarsene, dove ha giocato per oltre un anno a fare la minoranza della minoranza, parte ingrata ma che gli garantiva presenza mediatica altrimenti non ottenibile. Una sovraesposizione che però ha poco capitalizzato nelle urne, malgrado il ruolo di leader di partito. Il titolare della salute infatti da oltre un anno decide delle vite di sessanta milioni di italiani dal basso delle meno di quattromila preferenze personali prese nel seggio di casa, in Lucania; a dimostrazione di quanto la nostra democrazia sia scarsamente rappresentativa. Sembrerà incredibile, ma il leader di “Liberi Uguali” è convinto di agire nell’interesse della sinistra.Nello sfortunato libro dal titolo “Così guariremo”, che il kamikaze rosso voleva pubblicare a ottobre e ha ritirato dalle librerie in un estremo sussulto di decenza e realismo, il ministro teorizzava che il Covid sarebbe stato un’occasione unica per la sinistra per rimodellare la società secondo la propria ideologia. Tutti incarcerati, azzerati, schizzati e rinciuliti, un po’ come i popoli dell’antico blocco comunista. L’epidemia come una panacea, uno strumento di appiattimento sociale e culturale, la soluzione per chi non sa cosa fare della propria vita e va in panico se deve organizzarsi il sabato sera, il disincentivo naturale a qualsiasi iniziativa imprenditoriale e lo scivolo universale alla sussistenza patologica.Forse Speranza insegue ancora questo sogno quando annuncia di non potere indicare le date delle riaperture. Eppure sarebbe semplice. I vaccini rendono immuni, o nel peggiore dei casi consentono di sviluppare il Covid in maniera leggera e mai letale. Il governo ha annunciato l’arrivo di decine di milioni di fiale. La vituperata Lombardia, per esempio, ha fatto sapere che, se il governo non ci sta illudendo ancora e farà arrivare le dosi promesse, l’8 maggio avrà vaccinato tutti i cittadini sopra i settant’anni, che costituiscono il 96% dei decessi. Un politico che fosse degno di questo nome, incline ad assumersi le proprie responsabilità e che davvero lavorasse per liberare gli italiani, avrebbe annunciato la riapertura totale e l’addio alle zone colorate entro metà maggio.Capisco che aver dichiarato il virus sconfitto a settembre scorso abbia scottato non poco il leader rosso, però non possiamo accogliere come una buona notizia la sua minacciosa prudenza. Per chiuderci a ottobre, ci aveva promesso un Natale libero, che invece ci ha fatto passare in gabbia paventando la ripresa di gennaio, poi slittata a Carnevale, quando ristoratori e albergatori hanno saputo la sera prima dell’annunciata riapertura che la clausura sarebbe stata invece prorogata. Ora ci arriva questa mancata previsione, con il ritorno della bella stagione e i ragazzi che, al posto di andare a scuola con la mascherina, giocano a calcio nei parchi a volto scoperto. In questa clausura senza speranza siamo ormai liberi di fare tutto tranne che lavorare, studiare e imbastire qualcosa di utile al paese.(Pietro Senaldi, “Allegro becchino, per conto di chi fa il lavoro sporco”, da “Libero” del 4 aprile 2021).L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).
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Letta, il paramassone gentile, al bivio fra Draghi e Prodi
«Circola una foto di Micron giulivo a tavola con Macron; il pisano ha un cartellino al collo, come accade ai congressisti e agli oggetti appena comprati, col prezzo ancora appeso». Marcello Veneziani fotografa così il personaggio appena cooptato alla guida del Pd dopo Zingaretti. «Pure il suo predecessore, brav’uomo sempre ridente, era piuttosto mediocre: e non solo perché il suo titolo di studio fosse quello di odontotecnico». Con Letta, scrive Veneziani su “La Verità”, «si ha la conferma che siamo entrati nella fase della serietà, inaugurata dall’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi al posto di un nullivendolo vanitoso e logorroico. Un fatto positivo, c’è da rallegrarsi». A favore di Letta, Veneziani registra un paio di cose: «È una persona per bene, almeno così ci è parso finora, piuttosto corretto nei rapporti politici e misurato nel linguaggio e nel comportamento. E innalza la media assai scadente dei leader ignorantoni che guidano la politica allo stato attuale».Ancora: «Enrico Letta è il trattino di congiunzione tra Sergio Mattarella e Mario Draghi. Metà democristiano e metà tecnico, Letta impersona l’anello mancante al disegno evoluzionista o involuzionista del suo partito, tra la sinistra e l’eurocrazia. In passato fu l’anello di congiunzione tra Gianni Letta e Romano Prodi». Il primo problema per lui «è stato quello di cancellare l’immagine del professorino, garbatino e sfigatino, che sta sereno e rassegnato a passare campanelli di comando ad altri». Veneziani lo descrive «moderato per indole, famiglia e corso di studi». Infatti «si è presentato senza cravatta per farsi sbarazzino e ha sparato subito due cose scapigliate che contrastano con la sua immagine vecchigna e compassata: ha detto largo ai giovani, inteso come ius soli, e voto ai sedicenni. E delle due la seconda mi è parsa perfino peggiore della prima», annota Veneziani: «Gli manca solo un tatuaggio dark sulla carotide per smentire il suo curriculum e la sua immagine canonica».“Enrichetto” ha usato toni da decisionista «per far dimenticare la prudentocrazia di cui è stato flebile portavoce negli anni scorsi, travolto dal ciclone Matteo». Il suo modello di riferimento più prossimo è Emmanuel Macron, «ma senza la grandeur francese», e in più «con l’umiltà e la sobrietà del moderato progressista pronto a “morire per Maastricht”, come titolava un suo pamphlet». Il giovane Letta ebbe per padrino Andreatta, l’uomo del fatale divorzio (insieme a Ciampi) fra Tesoro e Bankitalia: l’inizio della fine, per il sistema-paese che aveva ereditato il boom economico sorretto dall’industria di Stato. Cattolico e tecnocrate democristiano, Andreatta: un uomo «d’indubbio prestigio», ma legato alla funesta stagione della Grande Privatizzazione dell’Italia, decretata in ossequio al super-potere (massonico) che fece del neoliberismo globalista la nuova religione. Questi i natali di politici di Enrico Letta, che ha per zio «il cardinale in borghese Gianni Letta, maestro di curia e cerimonie», e inoltre – aggiunge Veneziani – ha per suocera il “Corriere della Sera”, «avendo sposato una sua figlia redattrice».Per questo, sempre secondo Veneziani, il nuovo segretario del Pd non rappresenta la storia, la cultura e l’ideologia del mondo di sinistra. «Ma non si sa mai, a volte la funzione sviluppa l’organo». Ma che significa, oggi, «una sinistra guidata da un non leader di una non-sinistra, peraltro non eletto da un congresso?». E’ come avere «un flacone sterile», in pratica «un segretario senza carisma né appeal politico», un uomo di potere «che viene dalla Trilateral e dall’Aspen». Si crede davvero che potrà trasformare, come lui stesso ha promesso, «il partito del potere», quel partito-establishment «che si è posto in questi anni come una sorta di Protezione Civile, da tenere comunque al governo per impedire l’arrivo di calamità naturali e popolari», in un partito a sua volta popolare, alleato ai grillini populisti, benedetto dal Papa populista, e aperto al populismo verde-Greta? Oppure, invece, «la sinistra sarà solo usata come una cipria per imbellettare con una pallida ombretta rossa un partito che in realtà è solo l’esecutore testamentario dell’Europa, che da Paolo Gentiloni a David Sassoli non ha altro dio all’infuori di lei?».Al tempo di Veltroni e dell’Ulivo – ricorda Veneziani – si sceglieva per il governo un Prodi, venuto dal parastato parademocristiano, «ma il partito restava nelle mani del ceppo storico di sinistra». Ora, invece, non è più solo il governo: «E’ il partito, che viene euro-commissariato». Ci sarà un riallineamento generale dei pianeti al nuovo corso “eurodragato”, che riguarderà pure l’altro versante, o (proprio per spirito di polarizzazione) la Lega e Fratelli d’Italia rimarcheranno il loro tratto pop, nazionale ed eurocritico? «Le scadenze imminenti tra vaccini, recovery e Quirinale possono innescare processi imprevisti», segnala Veneziani. «Le variabili sono tante», cominciando da Matteo Renzi: «Il pupo fiorentino irrequieto che sta lì accucciato, ormai senza giocattoli perché li ha rotti tutti, cos’altro s’inventerà per farsi notare?». Be’, dipende: bisognerà vedere che tipo di spartito sarà “consigliato” di recitare, a Renzi, a Letta e agli altri attori della politica italiana in emergenza politico-pandemica, letteralmente annullata da Conte e ora “riformattata” da Draghi.A parte l’ottima disamuina di Veneziani, per leggere la situazione vale la pena scendere anche nelle cantine del “back office” del potere (massonico) illuminato frequentemente da Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”. Enrico Letta? Tecnicamente, un paramassone. Tradotto: un non-massone, a disposizione dei poteri che, attraverso le superlogge, governano il pianeta utilizzando super-strutture come l’Ue. Pessimo il giudizio di Magaldi sul Letta di ieri, quello che sedeva a Palazzo Chigi: si è limitato ad eseguire gli ordini della peggiore oligarchia massonica, prolungando l’effetto devastante dei tagli senza anestesia inferti dal massone “neoaristocratico” Mario Monti, «chiamato in servizio da un supermassone della medesima tendenza, cioè Napolitano». Di mezzo c’è sempre anche l’eterno establishment nazionale “collaborazionista”, vassallo dei poteri anti-italiani che ispirano il mercantilismo franco-tedesco, dietro la facciata di un europeismo sbandierato ma inesistente. Prestanome di poteri forti, Enrico Letta – come rivelò una fonte di stampa – quand’era premier partecipò a una cenetta a casa di Eugenio Scalfari, presenti anche Napolitano (allora presidente) e Mario Draghi, che era a capo della Bce.Qualche anno fa, il massone “rooseveltiano” Gianfranco Carpeoro ha ricordato che Enrico Letta non ha nulla che fare con la massoneria, ma in compenso è un esponente dell’Opus Dei (insieme a suo zio Gianni Letta e al berlusconiano Marcello Dell’Utri). Quanto a Matteo Renzi, che licenziò brutalmente Letta nel 2014, Magaldi racconta: chiese inutilmente di entrare nelle superlogge più reazionarie (grazie all’amico Tony Blair, solo in apparenza esponente della sinistra). Dopo il lungo esilio, Renzi è tornato alla ribalta affossando Conte: ora spera finalmente di poter entrare nel grande giro mondiale della supermassoneria, stavolta però nel campo “progressista”, al quale è approdato lo stesso Mario Draghi, fino a ieri presente in ben 5 Ur-Lodges di segno oligarchico. Un mondo parallelo, rispetto a quello visibile, utilissimo per guardare oltre la superficie: Draghi, dice Magaldi, oggi si propone di rompere il neo-feudalesimo del finto europeismo a guida tedesca.Anche qui, attenzione: l’attuale leadership politica della Germania è solo lo strumento del quale si è finora servita l’oligarchia massonica che ha ispirato l’austerity per indebolire la democrazia, sabotando il benessere diffuso. Un altro dei suoi cavalli di razza? L’italiano Romano Prodi, spacciatosi per uomo di sinistra. «Prodi è un altro massone “neoaristocratico”, come Monti e Napolitano, e come lo stesso Draghi fino a qualche anno fa: solo che, a differenza di Draghi – rileva Magaldi – Prodi non hai mai fatto ammenda dei suoi errori, né si è sognato (come invece l’attuale premier) di mettersi a disposizione della causa progressista». Un equivoco vivente, Romano Prodi, grande rottamatore (col Draghi del Britannia) dell’Italia che funzionava, e che dava fastidio all’industria tedesca. L’ex capo della Bce si è pentito, mentre Prodi no: e spera ancora di tagliare il traguardo del Quirinale, bruciando Mario Draghi. Gli darà una mano Enrico Letta, a salire al Colle?Magaldi non scopre le carte, ma su Letta si mostra scettico: resta pur sempre un semplice paramassone, in attesa di disposizioni dall’alto. Certo – aggiunge il presidente “rooseveltiano” – rispetto a Zingaretti, il salto è enorme: il Pd era guidato da uno scolaretto, ora invece dispone di un professore prestigioso. Un uomo accorto, garbato e colto. Ma, appunto: a disposizione dei poteri superiori. “Morire per Maastricht”, come ricordava Veneziani, era stato il suo libro-bandiera. Tradotto: sangue, sudore e lacrime. Paracadutato nel Pd allo sbando (al governo con la Lega, dopo aver subito la coabitazione coi catastrofici 5 Stelle e il presenzialismo dell’imbarazzante Conte), Enrico Letta deve supportare un leader di caratura mondiale come Draghi, che – già un anno fa, scrivendo sul “Financial Times” – ha lasciato intendere che non dovrà mai più essere chiesto a nessuno, per alcuna ragione, di “morire per Maastricht”. Sarà capace, Enrico Letta, di capovolgere anche lui le sue convinzioni, rimettendo il Pd a disposizione di un progetto finalmente progressista, capace cioè di ripudiare il rigore di Maastricht e imporre l’introduzione della democrazia a Bruxelles?«Circola una foto di Micron giulivo a tavola con Macron; il pisano ha un cartellino al collo, come accade ai congressisti e agli oggetti appena comprati, col prezzo ancora appeso». Marcello Veneziani fotografa così il personaggio appena cooptato alla guida del Pd dopo Zingaretti. «Pure il suo predecessore, brav’uomo sempre ridente, era piuttosto mediocre: e non solo perché il suo titolo di studio fosse quello di odontotecnico». Con Letta, scrive Veneziani su “La Verità“, «si ha la conferma che siamo entrati nella fase della serietà, inaugurata dall’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi al posto di un nullivendolo vanitoso e logorroico. Un fatto positivo, c’è da rallegrarsi». A favore di Letta, Veneziani registra un paio di cose: «È una persona per bene, almeno così ci è parso finora, piuttosto corretto nei rapporti politici e misurato nel linguaggio e nel comportamento. E innalza la media assai scadente dei leader ignorantoni che guidano la politica allo stato attuale».
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Silurato Arcuri: Draghi vuole uscire dall’emergenza
«Il rapporto fra Domenico Arcuri e Giuseppe Conte andrà studiato dai cultori della scienza politica come esempio di ciò che può portare la scaltrezza e l’acciecamento del potere in un contesto di istituzioni deboli». Sul “Corriere della Sera”, Federico Fubini parla di equivoci, errori e scarichi di responsabilità, per inquadrare la caduta di Arcuri, nominato da “Giuseppi” super-commissario per l’emergenza Covid e silurato senza complimenti da Mario Draghi un anno dopo, il 1° marzo 2021. Al posto di Arcuri ora c’è un militare, Francesco Paolo Figliuolo, generale di brigata esperto in logistica. E’ la seconda testa a cadere, in pochi giorni, dopo quella del capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, sostituito con Fabrizio Curcio. Difficile, scrive “Dagospia”, che la rovinosa caduta di Arcuri (ormai lambito da troppe inchieste sulle forniture per l’emergenza) non colpisca, sul piano politico, lo stesso Conte, covinto da Beppe Grillo a impegnarsi come zattera di salvataggio per i naufraghi di un Movimento 5 Stelle ormai allo sbando.Sul “Corriere”, Fubini descrive Arcuri come «manager pubblico da sempre vicino alla tradizione del Pd». La sua missione: colmare le voragini del governo Conte, colto di sorpresa dalla prima esplosione (lombarda) della pandemia. Arcuri si è formato alla scuola militare della Nunziatella a Napoli, per poi laurearsi alla Luiss e avviare una carriera da manager: prima l’Iri, quindi Deloitte e infine Invitalia. Tra i primi compiti di Arcuri, un anno fa: procurarsi mascherine e organizzarne una produzione italiana, procacciare respiratori per le terapie intensive e, man mano, qualunque cosa gli venisse richiesta: dai banchi a rotelle alle siringhe per i vaccini, fino alla fornitura di fiale (Pfizer, Moderna e AstraZeneca), organizzando anche la somministrazione delle dosi. Conte ha dato mostra di non fidarsi di nessun altro, «quasi che l’Italia intera non avesse altro talento gestionale se non quello di Arcuri», scrive Fubini. Tra i due si era instaurato «un legame sempre sul limite del cortocircuito istituzionale», relegando in un cono d’ombra la stessa Protezione Civile.Rendendo Arcuri «il dominus dell’emergenza», scrive ancora il “Corriere”, Conte ne aveva fatto anche il parafulmine per qualunque cosa dovesse andare storta: «Lo scudo umano perfetto, per il governo e per l’inquilino di Palazzo Chigi». In molti, a un certo punto, hanno iniziato a pensare che fosse proprio Arcuri, sia pure a nome di Conte, a prendere le decisioni su come gestire la pandemia. Tanti gli errori commessi, come ricordato da Milena Gabanelli sempre sul “Corriere”: in settembre ha fatto comprare per 100 milioni di euro mascherine «a prezzi irrealistici» da un’impresa a controllo cinese incorporata in Olanda, che non aveva altri clienti «se non la struttura commissariale di Roma». Attorno all’operato dei collaboratori di Arcuri, intanto, sono in corso inchieste: l’ormai ex commissario non risulta personalmente indagato, ma certo la sua immagine si è progressivamente appannata in modo grave. Di fronte all’ultimo fallimento, l’operazione-vaccini con le costosissime “primule” nelle piazze, è arrivato l’alt di Mario Draghi: l’uscita dall’emergenza non sarà più appannaggio di un commissario che per un anno ha lavorato per un governo (e un premier) interessato a prolungarla all’infinito, l’emergenza, pur di restare in sella.«Il rapporto fra Domenico Arcuri e Giuseppe Conte andrà studiato dai cultori della scienza politica come esempio di ciò che può portare la scaltrezza e l’acciecamento del potere in un contesto di istituzioni deboli». Sul “Corriere della Sera”, Federico Fubini parla di equivoci, errori e scarichi di responsabilità, per inquadrare la caduta di Arcuri, nominato da “Giuseppi” super-commissario per l’emergenza Covid e silurato senza complimenti da Mario Draghi un anno dopo, il 1° marzo 2021. Al posto di Arcuri ora c’è un militare, Francesco Paolo Figliuolo, generale di brigata esperto in logistica. E’ la seconda testa a cadere, in pochi giorni, dopo quella del capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, sostituito con Fabrizio Curcio. Difficile, scrive “Dagospia”, che la rovinosa caduta di Arcuri (ormai lambito da troppe inchieste sulle forniture per l’emergenza) non colpisca, sul piano politico, lo stesso Conte, covinto da Beppe Grillo a impegnarsi come zattera di salvataggio per i naufraghi di un Movimento 5 Stelle ormai allo sbando.
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Prigionieri del Grande Imbroglio: dai media, bugie mondiali
Gli italiani sono chiusi in casa nelle zone rosse, mentre i migranti africani sbarcano a migliaia: alla propaganda di Salvini (che ha bisogno di farsi perdonare l’aver accettato il lockdown-bis) aderisce improvvisamente Di Maio, alimentando così i “rumor” sull’improvvisa precarietà del premier Conte, spaventato dalle proteste in corso contro il coprifuoco prenatalizio che rischia di stroncare definitivamente un paese il cui debito pubblico, denominato in euro e quindi non azzerabile, si sta avvicinando al 180% del Pil. Se si legge il “Corriere della Sera”, si va a sbattere contro due notizie da prima pagina che fanno a pugni tra loro: Walter Ricciardi invoca la clausura a oltranza, mentre Roberto Bernabei ribadisce che, di Covid, continuano a morire quasi solo persone molto anziane e molto malate. Ricciardi, longa manus dell’Oms e deus ex machina del ministero della sanità, dice testualmente: «Due settimane di lockdown non bastano, Wuhan insegna che serve più tempo» (come se l’Italia non si fosse già fermata per 80 giorni, in primavera: con quali risultati?). Il geriatra del Policlinico Gemelli, membro del Comitato Tecnico-Scientifico, sembra replicare a distanza: «Per morire di Covid devi avere più di 80 anni e almeno tre patologie». Per cosa stiamo bloccando il paese, allora? Ha forse a che fare con qualcos’altro? Per esempio, con l’incredibile rissa elettorale statunitense, che i giornali faticano a raccontare in modo corretto?
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La fine del mondo, per Severgnini: se Trump viene rieletto
«Se Donald Trump viene rieletto, significa che l’America ha perso la sua speciale innocenza, quella che in tanti ammiravamo, e ha fatto la sua fortuna. Quella che sbuca nei discorsi di Barack Obama e nelle canzoni di Bruce Springsteen, ma era presente anche nell’intuizione di Ronald Reagan o nel decoro coraggioso di John McCain». Parole che Beppe Severgnini, giornalista famosissimo per acuminati bestseller come “Interismi”, ovvero “Il piacere di essere neroazzurri”, ha pubblicato il 1° novembre 2020 sul “Corriere della Sera”, giornale di cui era vicedirettore un certo Federico Fubini, che lo scorso anno ha ammesso di aver nascosto la strage dei bambini in Grecia, provocata dall’austerity, per non compromettere il prestigio dell’Unione Europea. Dalla Luna, o dal pianeta remoto dal quale Severgnini scrive, la Terra è così semplicisticamente infantile da apparire bianca o nera, senza gradazioni cromatiche: i buoni di qua, i cattivi di là. O meglio, il cattivo è uno solo: l’Uomo Nero. Un mostro orribile, che «ha dimostrato la sua inadeguatezza – politica, economica, culturale, morale, psicologica – a ricoprire un ruolo tanto importante».Dalla galassia da cui scrive Severgnini, però, a colpire davvero sono i buoni, presentati come i testimonial di una virtù teoricamente incompatibile con la politica: l’innocenza. Il primo è Barack Obama, Premio Nobel alle Buone Intenzioni: l’uomo che il lunedì firmava ordini di morte, esecuzioni remote affidate ai missili montati sui droni. Obama, il “primo presidente nero” che in otto anni non ha fatto niente per riformare la polizia americana, sradicandone i comportamenti razzisti. E’ il “commander in chief” che nel 2011 ha rivendicato l’uccisione di un anziano, in Pakistan, sostenendo – di fronte al mondo – che si trattasse di Osama Bin Laden: la salma crivellata di colpi, trasportata su una portaerei e poi inabissata in mare, lontano dagli occhi e dai fotografi, dopo un (inesistente) “rito islamico”. L’innocente Obama, il buono: quello che ha scatenato focolai di guerra in mezzo mondo, assediato la Russia e gestito il golpe colorato in Ucraina, innescato le ambigue primavere arabe, promosso l’assassinio di Gheddafi. Sempre lui, Obama, è l’uomo che ha spedito in Siria l’altro grande innocente citato da Severgnini, quel John McCain il cui «decoro coraggioso» evidentemente traspare dalle foto che lo ritraggono in compagnia dei futuri tagliagole dell’Isis, incluso il tristemente famoso Al-Baghdadi, rilasciato poco prima dal centro di detenzione americano per jihadisti.Ai tempi del turbo-neoliberista Ronald Reagan – altro innocente, avvistato dal pianeta di Severgnini – i dissidenti dell’Unione Sovietica guardavano ancora all’America come porto sicuro; all’epoca dell’innocente Obama, invece, un ragazzo di nome Edward Snowden ha dovuto scappare in Russia, dopo aver rivelato lo spionaggio orwelliano di massa eseguito dalla più vasta agenzia statunitense di intelligence, la Nsa. Strana innocenza, quella che si nasconde nella caccia all’uomo. Ma dev’essere proprio difettosa, la visuale, dal pianeta di Severgnini, se è vero che – parlando di America e di musica pop – si vede benissimo la purezza di Bruce Springsteen ma non quella, ancora più lucida, del suo maestro riconosciuto, Bob Dylan, decano di tutti gli aedi contemporanei e autore del brano-monumento (”Murder Most Foul”) in cui si rappresenta precisamente la mitica “perdita dell’innocenza”, il 22 novembre 1963, con lo scioccante omicidio di John Fizgerald Kennedy, macellato a Dallas sotto il naso dell’apparato di sicurezza più efficiente del pianeta. Analogo spettacolo – l’innocenza massacrata in mondovisione, al cospetto di autorità distratte – quando vennero giù le Torri Gemelle: ma non c’è pericolo che le colonne di fumo, insieme al puzzo della menzogna, potessero essere individuate dal telescopio del nerazzurro Servergnini.Dovettero arrossire, i custodi dell’innocenza, quando Colin Powell agitò la sua fialetta di profumo alle Nazioni Unite, o quando le televisioni mostrarono i poveri cormorani inzuppati di petrolio e il pianto della falsa infermiera (in realtà, figlia dell’ambasciatore del Kuwait), in lacrime per la strage dei neonati – mai avvenuta – da parte dei brutali soldati di Saddam. Veri e propri orchi sanguinari: dipinti come untermenschen, sotto-uomini hitleriani, né più né meno come oggi viene presentato il presidente uscente degli Stati Uniti d’America, l’uomo che non si è piegato al “China-virus” e che ha trascorso quattro anni – da vero malvagio qual è – a ritirare truppe, evitare provocazioni, rinunciare a guerre, disinnescare crisi grottesche come quella con la Corea del Nord. «Se Donald Trump viene rieletto, vuol dire che gli Usa hanno scelto di voltare le spalle al pianeta», scrive l’interista astronautico, a cui è riuscita indigesta l’evidente antipatia dell’Uomo Nero per i kapò di Bruxelles, i loro mandanti e la loro sicurezza-colabrodo, in un’Europa trasformata in purgatorio eterno, dove – proprio adesso, guardacaso – si sono rifatti avanti (in Francia, in Austria) i manovali dell’orrore che, qualche anno fa, avevano strettissime relazioni con i gentiluomini siriani e iracheni coi quali si intratteneva amabilmente l’innocente McCain. Bella lezione astronomica, quella impartita ai poveri terrestri: i Trump e i Biden passano, i Severgnini invece restano.(Giorgio Cattaneo, “La fine del mondo, per Servergnini: se Trump viene rieletto”, dal blog del Movimento Roosevelt del 3 novembre 2020).«Se Donald Trump viene rieletto, significa che l’America ha perso la sua speciale innocenza, quella che in tanti ammiravamo, e ha fatto la sua fortuna. Quella che sbuca nei discorsi di Barack Obama e nelle canzoni di Bruce Springsteen, ma era presente anche nell’intuizione di Ronald Reagan o nel decoro coraggioso di John McCain». Parole che Beppe Severgnini, giornalista famosissimo per acuminati bestseller come “Interismi”, ovvero “Il piacere di essere neroazzurri”, ha pubblicato il 1° novembre 2020 sul “Corriere della Sera”, giornale di cui era vicedirettore un certo Federico Fubini, che lo scorso anno ha ammesso di aver nascosto la strage dei bambini in Grecia, provocata dall’austerity, per non compromettere il prestigio dell’Unione Europea. Dalla Luna, o dal pianeta remoto dal quale Severgnini scrive, la Terra è così semplicisticamente infantile da apparire bianca o nera, senza gradazioni cromatiche: i buoni di qua, i cattivi di là. O meglio, il cattivo è uno solo: l’Uomo Nero. Un mostro orribile, che «ha dimostrato la sua inadeguatezza – politica, economica, culturale, morale, psicologica – a ricoprire un ruolo tanto importante».
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Magaldi: fango sulla Marogna, vogliono ucciderla in carcere
Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con poca spesa padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati appena spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.«In questa operazione i veri bersagli sono tanti: nel mirino c’è anche Papa Francesco, che aveva nominato il cardinale Giovanni Angelo Becciu come “numero due” della Segreteria di Stato vaticana. Ma quello più grosso – assicura Magaldi – è costituito da un’impresa prestigiosa come Leonardo SpA, punta di lancia dell’hi-tech italiano nel mondo e, ormai, unico soggetto in grado di svolgere un po’ di politica estera per conto del nostro paese, vista l’assenza di ministri all’altezza (e anzi, la presenza alla Farnesina di emeriti imbecilli)». Il presidente roosvetiano lancia quindi un’accusa gravissima: dietro al «polverone mediatico-giudiziario» scatenato contro Cecilia Marogna, valente operatrice collegata all’intelligence italiana e vaticana (presentata invece come un’avventuriera dalle mani bucate) c’è un preciso avvertimento, di stampo intimidatorio, rivolto proprio al generale Luciano Carta, passato dall’Aise a Leonardo: guai, se si lascia scappare qualcosa riguardo al lucroso business che ruota attorno agli italiani rapiti in Africa. «Funziona così: rapitori e liberatori si mettono d’accordo sulla durata del sequestro, in modo da far lievitare la cifra pattuita per il loro rilascio».Magaldi è lettaralmente furibondo con il sistema mediatico italiano: il 13 ottobre, la trasmissione “Fuori dal coro” (Rete 4) non ha mandato in onda una sua intervista, in cui chiariva i retroscena inconfessabili dell’arresto di Cecilia Marogna, fermata il 15 ottobre a Milano su mandato di cattura internazionale emesso dal Vaticano. «E non è tutto: l’agenzia “Adn Kronos” ha pubblicato solo una parte (quella meno rilevante) dell’intervista che ho concesso il 19 ottobre, omettendo quindi gli aspetti sostanziali delle mie rivelazioni». Per questo, annuncia Magaldi l’indomani, nella diretta web-streaming su YouTube condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt denuncerà la direzione dell’”Adn Kronos” all’Ordine dei Giornalisti e anche in altre sedi, comprese quelle giudiziarie. «Lo stesso – aggiunge – accadrà se il “Corriere della Sera” ostacolerà la pubblicazione dell’intervista concessa all’ottimo Ferruccio Pinotti, che ho scoperto essere in possesso di informazioni concordanti con le mie». Magaldi segnala – come “voce nel deserto”, finora – il reportage pubblicato da Luca Fazzo il 15 ottobre sul “Giornale”, dal titolo “La guerra tra spie dietro Lady Vaticano”: «Un articolo imperfetto, ma che almeno non si beve la storiella della “dama del cardinale”: eppure, è rimasto lettera morta».Attenzione, avverte Magaldi: nel caso accadesse qualcosa di irreparabile, a Cecilia Marogna, i «giornalisti cialtroni» ne sarebbero moralmente corresponsabili: «Non hanno indagato sul vero ruolo di quella donna, appassionata di intelligence e preparatissima in materia di questioni geopolitiche». Al contrario: «L’hanno dipinta come una millantatrice anche un po’ ladruncola, che avrebbe estorto mezzo milione di euro al Vaticano: come se la Segreteria di Stato fosse una comitiva di babbei, a cominciare dal cardinale Becciu». Di più: «Mezzo milione di euro in cinque anni, tra compensi e spese operative, in quel modo sono un’inezia: e Cecilia Marogna – rivela Magaldi – era arrivata a un passo dalla liberazione di padre Pierluigi Maccalli, detenuto in Mali. Liberazione che invece è poi stata ritardata deliberatamente per far salire il prezzo del riscatto, 5 milioni di euro a carico del governo italiano e altri 5 sborsati direttamente dal Vaticano».E’ questo – afferma Magaldi – il verminaio per coprire il quale è stata arrestata e messa alla gogna la Marogna, e non solo lei: «Di questo disegno fa parte anche la recentissima condanna, per una questione legata al caso Mps, di Alessandro Profumo, attuale amministratore dell’ex Finmeccanica», galassia cui appartiene la stessa Leonardo. «Anziché straparlare di come la Chiesa di Francesco scialacquerebbe l’obolo dei fedeli – dichiara Magaldi – ai cialtroni come Mario Giordano di “Fuori dal coro” consiglio di controllare i “balletti” di Borsa subiti in questi giorni dal gruppo Leonardo-Finmeccanica, che evidentemente si vuole intimorire». L’arma di ricatto? «Le tangenti che ogni operatore internazionale di qual calibro deve normalmente versare, purtroppo, se vuole lavorare in paesi senza democrazia». Soldi che passano di mano in mano, tra politici africani, 007 e «sedicenti terroristi», quelli che tengono in piedi «l’industria dei sequestri, che colpisce anche religiosi (da qui l’inevitabile coinvolgimento del Vaticano, per cui operava Cecilia Marogna, agendo in stretto contatto con il capo dell’intelligence italiana all’estero)».Secondo Magaldi, la donna è ora in pericolo di vita: «Se da San Vittore venisse estradata Oltretevere, dove la giustizia è meno trasparente di quella italiana, c’è chi pensa che potrebbe venir “suicidata”: c’è infatti un “progettino”, per far fare anche a lei la stessa fine già toccata a tanti altri, in passato, anche nelle carceri italiane». Facilissimo, oggi, inscenare una sua disperazione da “peccatrice pentita”, «dopo l’infame trattamento a cui l’hanno sottoposta i giornali, senza un minimo di pudore e di scrupolo professionale». Giornali che alle inchieste serie preferiscono le “veline” di regime e il facile scandalismo, che produce solo disinformazione (in questo caso addirittura criminale, se finisse per mettere a repentaglio la vita della detenuta). «Troppi giornalisti si guardano bene dal fare i necessari collegamenti, che consentirebbero loro di domandarsi, per esempio, chi trae vantaggio dall’attacco condotto in Borsa contro il gruppo Leonardo-Finmeccanica». Ma attenzione, avverte Magaldi: «Cecilia Marogna non è sola: c’è chi vigila sulla sua incolumità personale». E non è tutto: «I manipolatori sono avvisati: monitoriamo le loro mosse, daremo loro battaglia e li cacceremo a pedate».Vogliono “suicidare” in carcere Cecilia Marogna, dopo che la stampa nazionale l’ha dipinta a reti unificate come fatua e disonesta millantatrice. Vero obiettivo: minacciare l’ex capo dei nostri 007 (ora presidente di Leonardo), in modo che taccia sull’infame business dei rapimenti e delle lucrose liberazioni degli ostaggi italiani in Africa. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del circuito massonico progressista internazionale. Forte di solide relazioni coi servizi segreti, italiani e non solo, Magaldi denuncia «la squallida montatura (giudiziaria e mediatica) che ha colpito la donna arrestata a Milano, che in realtà aveva scoperto come riscattare con largo anticipo e con meno denaro padre Pierluigi Maccalli, sequestrato in Mali, per la cui liberazione invece sono stati poi spesi 10 milioni di euro». L’improvviso arresto della Marogna, diffamata come “la dama del cardinale Becciu”, per Magaldi è un avvertimento di stampo mafioso rivolto al generale Luciano Carta, di cui la Marogna è stata strettissima collaboratrice. Obiettivo: indurre l’ex direttore dell’Aise a non rivelare nulla sulla verminosa speculazione che si organizza regolarmente dilatando i tempi di rilascio degli ostaggi, allo scopo di aumentare il prezzo del riscatto.