Archivio del Tag ‘cittadini’
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Tutto, tranne la nostra coscienza: ci resta solo quella
«La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi», scrisse Karl von Clausewitz nel saggio “Della guerra”. Il conflitto bellico «non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi». Questo potrebbe contribuire a spiegare la natura squisitamente politica della guerra in corso, mentre si minacciano gli ultimi cittadini liberi: li si potrebbe braccare e stanare “casa per casa”, se ancora si ostinano a resistere a un ricatto imposto con la più spudorata delle menzogne, quella del fanta-vaccino che arginerebbe la fanta-pandemia. Sotto questo aspetto, è persino trascurabile l’atteggiamento di chi seguita a discorrere di politica (come se fossimo ancora in tempo di pace), magari calandosi – come fanno tutti i partiti – nelle gustose trame quirinalizie.Diversi anni fa, oscuramente presagendo un’incombente catastrofe, Giulietto Chiesa scomodava a sua volta la storia, naturalmente a modo suo: avete idea, ripeteva, di cosa dev’esser stato il più impensabile degli eventi antichi, cioè il crollo dell’Impero Romano? Perché si cada rovinosamente in una calamità di tale portata, deve occorrere un mosaico complesso di condizioni. Non che ne manchino più molte, oggi. Basta ascoltare il primo ministro italiano che sciorina numeri a caso, tra gli applausi, riguardo all’ultima terribile “variante”. L’ipnosi è quasi assoluta, quasi totalitaria. Tutti i fondamenti-cardine del vecchio mondo, repubblicano, sono praticamente crollati o sono stati svuotati. Un silenzio livido emargina la verità, lasciando sole milioni di persone. La parola tradimento può suonare persino eufemistica, mentre l’economia minuta – nel frattempo – non fa che franare nel caos e nella paura generalizzata.Leggendo il libro “L’altra Europa”, di Paolo Rumor, si apprende che Paolo di Tarso – considerato “l’inventore” della narrazione cristiana – agiva per conto del network occulto (“La Struttura”) a cui obbediva, ad esempio, anche lo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio, che avrebbe contribuito a trasferire nell’Urbe il nuovo “format”, destinato infine a scardinare lo stesso Impero Romano. Se Costantino sdoganò quella narrativa, per imporla fu comunque necessario il successivo editto di Teodosio: credo obbligatorio, religione di Stato. Durissime sanzioni, nell’anno 380, furono poste sul capo della stragrande maggioranza dei cives: solo il 15% di essi, si calcola infatti, avevano aderito al monoteismo di San Paolo. Guerra generalizzata contro i cittadini, Grande Reset ante litteram. Guerra ideologica, persecuzioni, esercizio violento del potere. Tutto, oggi come allora, è nelle mani dei decisori. Tutto, tranne la nostra libera coscienza.«La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi», scrisse Karl von Clausewitz nel saggio “Della guerra”. Il conflitto bellico «non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi». Questo potrebbe contribuire a spiegare la natura squisitamente politica della guerra in corso, mentre si minacciano gli ultimi cittadini liberi: li si potrebbe braccare, stanandoli “casa per casa”, se ancora si ostinassero a resistere a un ricatto imposto con la più spudorata delle menzogne, quella della fanta-pozione che arginerebbe il fanta-morbo incontenibile. Sotto questo aspetto è persino irrilevante, ormai, l’atteggiamento di chi seguita a discorrere di politica (come se fossimo ancora in tempo di pace), magari calandosi – come fanno tutti i partiti – nelle gustose, amene trame quirinalizie.
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Tanto a pochi, agli altri le briciole: riecco l’antico Draghi
«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).Rinviata la riforma delle pensioni: “Quota 102” è solo un compromesso – scrive Barbati – che «non risolve una questione che dura da anni» e in più «alimenta una narrazione, peraltro falsa, che il lavoro per i giovani si crei innalzando l’età di pensionamento, mettendo lavoratori di diverse generazioni contro». Unica nota positiva: l’aumento delle protezioni sociali per i senza lavoro. Il nodo vero? «Il Pil sale, i salari scendono». Si domanda l’analista: «Ha senso, un sistema in cui aumentano il Pil (oltre il 6% quest’anno, come dichiarato dal premier) e al tempo stesso la povertà, ormai anche tra molti lavoratori? E per quanto tempo può reggere, dopo quasi due anni di pandemia? Superare l’austerità se non si leniscono le profonde disuguaglianze degli ultimi decenni, che anzi sono accresciute con la pandemia, se non si affrontano la questione salariale e la precarietà, non ha senso». In Italia, annota Barbati, più di 5 milioni di lavoratori dipendenti hanno un reddito inferiore ai 10.000 euro annui, determinando il fenomeno della povertà che si diffonde tra chi lavora. «Rappresentazione plastica di un modello sociale da ribaltare».Una delle poche ma significative modifiche del Pnrr targato Draghi (nella versione Conte-Gualtieri c’era) è stata l’eliminazione dell’introduzione del salario orario minimo, cioè di una legge che fissi una soglia di base sotto la quale il datore di lavoro non può scendere. La misura è in vigore in 21 Stati dell’Unione Europea su 27 (comprese Germania, Francia, Spagna) e sarebbe indispensabile – scrive sempre Barbati – in un paese in cui non solo esistono una miriade di contratti collettivi nazionali diversi (900) ma anche milioni di lavoratori fuori dalla contrattazione collettiva, sfruttati con stipendi da fame e zero diritti. In Italia (e non solo) il neoliberismo «si è tradotto con offerte di lavoro, richiesta di manodopera, delle risorse intellettuali al massimo ribasso: trasformando il lavoro in una merce, anche abbastanza scadente». Ma il Belpaese «non poteva che distinguersi tra gli altri». L’Italia è infatti «l’unico Stato in Europa – dati Ocse alla mano – in cui dal 1990 ad oggi gli stipendi sono diminuiti invece che aumentare. E se negli ultimi trent’anni la ricchezza è invece aumentata, se ne deduce facilmente che sia finita in pochissime mani».Con l’aumento del costo delle materie prime dopo i blocchi pandemici (e quindi i rincari di carburante, energia, gas) quella dei salari «dovrebbe essere la priorità di un paese che si vuole rilanciare». In Germania, «l’Spd di Scholz ha vinto le elezioni con la proposta di alzare il salario minino a 12 euro all’ora». La nostra Costituzione prevede che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (articolo 36). «È la Costituzione che andrebbe applicata, ribaltando il concetto della crescita slegata dal benessere e dal lavoro delle persone, cominciando dal salario minimo orario, lasciando la contrattazione collettiva ma fissando una soglia di dignità per tutti». Riassume Barbati: «Oggi 3,5 milioni di dipendenti privati, 600.000 lavoratori domestici, 370.000 operai agricoli non raggiungono i 9 euro lordi all’ora».Vero, dall’inizio del 2021 sono stati creati oltre 830.000 posti di lavoro (in aumento, rispetto agli anni precedenti). Ma quasi il 90% di questi nuovi lavori creati «è stato attivato con un contratto a termine». Modeste – e inferiori al 2020 – le posizioni a tempo indeterminato. «Da luglio, l’eliminazione del vincolo ha prodotto 10.000 licenziamenti». In che modo, si domanda l’analista di “Micromega”, questi dati sono coerenti con le dichiarazioni che Draghi ha dedicato ai giovani? «Il mio impegno – ha detto – è seguire le vostre ambizioni, dopo anni in cui l’Italia si è dimenticata di voi». La promessa: «Fare in modo che questa ripresa sia duratura e sostenibile». La retorica del “niente sarà più come prima”, del “ne usciremo tutti migliori” che ci ha allegramente accompagnato durante la pandemia – scrive Barbati – deve ora fare i conti con una realtà dura a morire, perché frutto di politiche durate decenni. «La pandemia, che ha squadernato un paese in cui pochi hanno tanto e molti hanno poco, rischia di finire esattamente come era iniziata. Senza un cambio di direzione verso una giustizia distributiva e sociale».L’applicazione della Costituzione, continua Barbati, dovrebbe essere la stella polare per le riforme e gli investimenti del Recovery Plan. Invece il Pnrr (230 miliardi di euro di risorse insperate) «rischia di andare a favore dell’alta economia e di cambiare poco o niente nella vita comune di cittadini, studenti, lavoratori e imprese». In effetti, «già prima della pandemia globale, l’Italia era contrassegnata da forti disuguaglianze, gap e divari generazionali, di genere, territoriali e sociali». E ora «il Recovery, che è il più grande piano d’investimenti pubblici della storia repubblicana, rischia di vedere il mercato e non la politica come principale regolatore dell’economia». Non solo. «Concretamente, il Piano rischia di essere una sommatoria di progetti, al momento senza un coordinamento visibile, con misure eterogenee che mancano di un progetto-paese in grado di creare un modello di sviluppo sostenibile non a favore di alta finanza e poche grandi imprese – come avvenuto negli ultimi 30 anni – ma a vantaggio della vita delle persone in armonia con l’ambiente».Per Barbati, «manca un riscontro sulla ricaduta nella creazione di lavoro, nella rigenerazione urbana, nella riconversione ambientale». Il portale che il governo ha dedicato al Recovery Plan (“Italia Domani”) prevede la condivisione sugli esiti dei singoli progetti, ma senza informazioni su ogni fase del processo attuativo, come tra l’altro chiesto dall’Europa. «Sul piatto della transizione ecologica ci sono 70 miliardi, ma nei documenti inviati a Bruxelles mancano impegni chiari sulla sostituzione graduale del carbone e del gas naturale». La mobilità sostenibile? Vale 31 miliardi in nuove infrastrutture: ma «privilegia i treni Av anziché il trasporto locale, regionale e cittadino». C’è anche il rischio di aumentare, anziché diminuire, «il divario tra nord e sud, tra aree ricche e povere». E questo «perché ci saranno enti locali in grado di sfruttare i bandi e altri incapaci di farlo». La quarta missione (istruzione e ricerca) stanzia complessivamente 33 miliardi, di cui quasi 12 per la ricerca. «Sparisce il piano Amaldi, che proponeva un aumento dei fondi per la ricerca pubblica nella misura di 15 miliardi in 5 anni, per far sì che l’Italia passasse dallo 0,5% del Pil in ricerca pubblica allo 0,7% francese».Se Barbati approva (almeno sulla carta) il piano per l’edilizia scolastica e gli asili nido, punta il dito sul tema della concorrenza: la soluzione è davvero aprire ai mercati, in tutti i settori, «in nome dell’ideologia neoliberista superata dai fatti e dalla storia»? Nel Piano si impone agli enti pubblici «una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto del mancato ricorso al mercato». Soluzione che in alcuni casi potrebbe essere utile – dice Barbati – per spezzare le rendite, i monopoli troppo garantiti, i legami clientelari con la politica; in altri casi, però, «potrebbe essere deleteria, perché in passato le “liberalizzazioni” hanno riguardato servizi di interesse generale, come i monopoli naturali attraverso concessioni esclusive ai privati». Esempi? «Il caso Autostrade: 11 miliardi di utili per Benetton & soci, continui aumenti delle tariffe, risparmi e negligenza assassina sugli investimenti in sicurezza. La storia recente dimostra che le “public utilities” (il trasporto pubblico, i servizi idrici, le reti ad alta velocità) non dovrebbero più dipendere dal dominio di logiche di profitto, perché sono servizi di interesse generale». Conclude Barbati: non si capisce come il Pnrr possa contrastare la precarietà. «Istruzione, sanità, welfare universale rischiano ancora una volta di essere sacrificate sull’altare delle grandi opere e degli affari per pochi».«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).
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Parla a tutti gli italiani il coraggio di “Nandra” Schilirò
Mezza Italia s’è desta, in difesa di “Nandra” Schilirò, commissario di polizia (vicequestore a Roma) che ha trovato il coraggio di salire sul palco di piazza San Giovanni a ricordare agli italiani di essere, appunto, cittadini italiani, non sudditi della Corea del Nord intimiditi dal ricatto e rintronati dalle frottole ufficiali sparate all’infinito, a reti unificate. In un paese normale, chi sedesse al governo dovrebbe semplicemente morire di vergogna, di fronte ad affermazioni tanto urticanti, se avesse ancora in funzione una coscienza capace di suscitarlo, il sentimento della vergogna: sentirebbe quanto è avvilente che un valoroso funzionario delle forze dell’ordine, pluri-premiato per la sua difficile attività, avverta il bisogno di esporsi al rischio di provocare imbarazzo, mettendo a repentaglio il suo avvenire, pur di ribadire le ragioni che portarono una ragazza di Catania a studiare legge e arruolarsi in polizia. Si chiama: civiltà del diritto. Sintetizzando: giustizia e libertà, come avrebbe detto Ferruccio Parri, uno che di dittature se ne intendeva.Di Nunzia Alessandra Schilirò parlano gli occhi, innanzitutto: non hanno esitazioni, non ammettono la possibilità di tollerare il lezzo della codardia e della disonestà, nei giorni dell’infamia nazionale inflitta a sessanta milioni di persone. Se la verità diventa reato, e la libertà un lusso risalente a lontani giorni felici, da qualche parte spuntano la maglietta blu e i pantaloni verdi di chi porta l’Annunciazione già nel nome di battesimo, come osserva Silvana De Mari, fotografando il valore profetico di un’inquietudine sofferta e temerariamente esposta ai riflettori, sapendo che non c’è più tempo per fingere che tutto si sistemi da sé. “Alea iacta est”, disse il condottiero, rompendo gli indugi: sembrano belle, le frasi dei libri di storia. E lo sono, quando si ha la certezza che non sia la storia stessa, un giorno, a crollarci addosso: basta essere convinti di vivere ancora al riparo di leggi che tutelano l’inviolabilità della persona e i suoi fondamentali diritti umani.Tutti a sbranarla, adesso, l’Antigone in uniforme: rischia il licenziamento, gongolano i fogliacci di regime che intascano incentivi per pubblicare solo veline, costringendo i non-morti a sintonizzarsi su Radio Londra per sapere come vanno davvero le cose. Sibilano voci vuote, piene di polvere: masticano ghiaia e carne umana, tritano muscoli, allungano le zampe sui bambini. Nunzia Alessandra Schilirò aveva già chiarito come la pensa, pubblicando con “ByoBlu” il romanzo “La ragazza con la rotella in più”, che lei stessa ha definito “real spiritual fantasy”, genere crossover «che più di ogni altro consente di raccontare la realtà più cupa, quella che non si può raccontare». Premonizioni: un faro acceso su «ciò che non va, nel mondo», impastando la realtà con «elementi sovrannaturali e di mistero». Vale a dire: la dimensione “magica” della vita. Chi emana editti e decreti la conosce fin troppo bene, probabilmente, al punto da pregustare il 15 ottobre l’apertura della Porta dell’Inferno, quella di Rodin, davanti al Quirinale.Ecco come la vede, “Nandra” Schilirò: «Non siamo esseri mortali e razionali, ma molto di più, esattamente così come la vita non è solo ciò che vediamo, visto che esiste un mondo invisibile che governa il mondo esteriore». Letteratura, certo: fantasy. Però fa effetto, se l’autrice poi – in altra veste – sale su una pedana a recitare il credo di Gandhi, a ricordare l’esempio di Falcone e Borsellino, sapendo che sarà letteralmente fatta a pezzi da chi non tollera un gesto come il suo. La rivoluzione (morale, interiore) è sempre una scommessa, come ricorda Maurizio Maggiani nel suo strepitoso ultimo libro, “L’eterna gioventù”. Qualcosa che sfida la ragione della paura, scavalca la dura legge del bisogno e umilia la mediocrità della rassegnazione sporca, della rinuncia a vivere. Oggi, chi dirige il Truman Show ha un’opportunità straordinaria: non nasconderlo più, il valore non solo professionale che tracima da certe divise. E’ l’intransigenza obbligatoria, inevitabile, di chi ricorda che – ovunque capiti di trovarsi – non si può mai dimenticare di riconoscersi, innanzitutto, come persone: esseri umani, capaci di usare anche il cuore.(Giorgio Cattaneo, 28 settembre 2021).Mezza Italia s’è desta, in difesa di “Nandra” Schilirò, commissario di polizia (vicequestore a Roma) che ha trovato il coraggio di salire sul palco di piazza San Giovanni a ricordare agli italiani di essere, appunto, cittadini italiani, non sudditi della Corea del Nord intimiditi dal ricatto e rintronati dalle frottole ufficiali sparate all’infinito, a reti unificate. In un paese normale, chi sedesse al governo potrebbe semplicemente morire di vergogna, di fronte ad affermazioni tanto urticanti, se avesse ancora in funzione una coscienza capace di suscitarlo, il sentimento della vergogna: sentirebbe quanto è avvilente che un valoroso funzionario delle forze dell’ordine, pluri-premiato per la sua difficile attività, avverta il bisogno di esporsi al rischio di provocare imbarazzo, mettendo a repentaglio il suo avvenire, pur di ribadire le ragioni che portarono una ragazza di Catania a studiare legge e arruolarsi in polizia. Si chiama: civiltà del diritto. Sintetizzando: giustizia e libertà, come avrebbe detto Ferruccio Parri, uno che di dittature se ne intendeva.
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Addio Italia: se siamo all’apartheid, la democrazia è finita
E’ semplice: basta cedere su un punto cruciale (la verità) e la rovina sarà garantita. La verità omessa è questa: il Covid è curabilissimo, da casa. La menzogna: il “vaccino” (che vaccino non è) resta l’unica soluzione. Falso: la terapia genica sperimentale introdotta nel 2021, che mai sarebbe stata autorizzata se si fosse ammessa l’esistenza delle normali terapie, non solo non riduce affatto i contagi, che di per sé oltretutto non significano nulla; il “non-vaccino” è anche la corda con cui impiccare quel che resta della democrazia italiana. Addio giustizia, diritti, libertà, privacy. Addio economia, addio socialità. Addio cinema e teatro, addio bar e ristoranti. Addio Italia. Imperdonabile, la scelta di Mario Draghi: puntare tutto solo sul “non-vaccino”, trascurando in modo sciagurato le terapie. L’associazione medica “Ippocrate” ha appena presentato il suo bilancio, dopo 60.000 pazienti Covid curati e guariti da casa: nessun ricovero, nessuna vittima. Lo scandalo: l’Italia non ha ancora adottato un protocollo come quello di “Ippocrate”.
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Vaccini, o niente libertà: perché vivere nella menzogna
Vivere nella menzogna quotidiana? Accade da sempre nelle dittature, di qualsiasi colore: la verità ufficiale è lontanissima da quella che i cittadini assaggiano, dal mattino alla sera, toccando con mano il fatto che non è affatto vero che un giorno “spezzeremo le reni alla Grecia”, o che “il partito, cioè il popolo”, lavori incessamente per la felicità di tutti. Provoca un leggero sconforto scoprire che le mitiche Riaperture del governo Draghi alle soglie dell’estate 2021 siano ancora più timide, deludenti e tardive di quelle concesse dalla graziosa signoria del Ceffo col Ciuffo, nel fatidico maggio 2020, quando il paese – ancora frastornato dal carosello delle bare di Bergamo – era appena uscito dall’ecatombe, aggravata dalle inaudite negligenze dei gestori dell’emergenza: il piano pandemico rimasto in un cassetto, le autopsie proibite, le terapie ospedaliere sbagliate, le misure di prevenzione e profilassi disincentivate. E poi le cure salva-vita: rapidamente scoperte e subito negate, in omaggio al grandioso copione della paura.Come ricorda l’esemplare reportage di Massimo Mazzucco sulle terapie “proibite”, sistematicamente boicottate dalla burocrazia sanitaria (per poter raccontare che non c’era alternativa al vaccino, che in presenza di farmaci efficaci non si sarebbe mai potuto autorizzare in tempi così brevi), l’aver privato migliaia di pazienti della possibilità di venir guariti in pochi giorni ne ha dilatato le sofferenze, e in molti casi ne ha probabilmente causato addirittura la morte. Tachipirina e vigile attesa? Il fatto che non si tratti di uno scherzo, o di un brutto sogno, lo conferma la permanenza – sulla sua poltrona – dello stesso ministro che per un anno intero ha remato contro la guarigione, con ogni mezzo, dando quasi l’impressione di divertirsi a opprimere la popolazione, soffocandola a colpi di divieti insensati. L’intera narrazione panica, prescritta a livello mondiale dalla Compagnia della Buona Morte – distanziamento e mascherine, lockdown e zone rosse – oggi emerge in tutta la sua maleodorante consistenza: una frode mostruosa, dolosamente riversata sulla nuda verità della strage.La truffa dei tamponi, la guerra all’idrossiclorochina basata sull’imbroglio: esalano miasmi irrespirabili, tra le macerie dell’impostura internazionale che nel 2020 scelse proprio l’Italia di Giuseppe Conte come paese ideale, per fare da apripista e sprofondare nel fango l’intero Occidente democratico. Nel mirino, le nazioni ancora dotate di libertà di voto e di parola, sia pure sapientemente pilotate da ombrose oligarchie in grado di decretare successi e fallimenti, crisi e catastrofi, ascese e cadute di questo o quel partito, anche attraverso la soffocante narrazione falsificata del Telegiornale Unico, megafono perfetto della Verità Unica della Scienza, vero e proprio mostriciattolo grottesco, utile per testare l’estinzione dell’opinione pubblica fondata sul pensiero critico. Nuova terribile religione, quella dello scientismo prezzolato, comparsa per la prima volta, nella storia moderna, con l’intenzione di restare qui a presidiare saldamente l’oggi e il domani, con i suoi dogmi da straccioni della conoscenza e la sua vocazione totalitaria, tendenzialmente terroristica.Nel 2020 seriva un valletto, per dirigere il coro e imporre tutto questo: era perfetto, l’infimo Conte venuto dal nulla, per ottenere l’impossibile a colpi di decreti, emanati col favore delle tenebre. Serviva un grande paese come l’Italia per dimostrare al resto dell’Europa che l’impensabile sarebbe stato praticabile, e che sarebbe stato addirittura agevole sospendere libertà e democrazia senza suscitare rivolte, e nemmeno proteste, vomitando una narrazione bugiarda destinata a produrre paura e rassegnazione, fino a trasformare i cittadini in pecorelle. Da qualche mese, alla guida dell’esecutivo non c’è più nessun valletto: l’attuale capo del governo – insediato improvvisamente in base a logiche imperscrutabili, attraverso un’operazione di palazzo – ha l’aria di muoversi come uno statista, anche sul piano internazionale, riuscendo a pronunciarsi sulla filosofia della governance europea e sulle spinose faccende del Mediterraneo. Utilizza il suo intatto prestigio per farsi ascoltare, riuscendovi, nel tentativo di sfrattare gradualmente l’autoritarismo per fare posto finalmente all’autorevolezza.Il salto è abissale, tra il piccolo valletto e il grande tecnocrate: voce ferma, anziché striduli annunci di promesse ridicole, mai mantenute, nell’ammorbante zona grigia infestata di figure impresentabili che adesso, una alla volta, il nuovo capo sta allontanando dal potere. La sensazione netta è che qualcuno, lassù, abbia giocato il tutto per tutto – puntando proprio sull’Italia massacrata dai mandanti di Conte – per provare a ribaltare il tavolo, cambiando prospettiva, nella speranza di invertire le sorti della guerra vera: quella contro il grande nemico, i signori dell’austerity, di cui la cosiddetta pandemia (la sua gestione tirannica) è solo l’ultimo capolavoro, il peggiore di tutti, dopo i golpe e gli attentati, le rivoluzioni colorate, la colonizzazione universale della scuola, dell’editoria, dei media, fino ad arrivare ai recentissimi terrorismi, quello finanziario e quello stragistico, in una cornice di conflitti scandalosamente attivi, permanenti, a disegnare un orizzonte di degrado e sofferenza spacciato per inevitabile, orrenda normalità.La morte lenta del pensiero politico, si dice, ha preceduto tutte le altre morti degli ultimi decenni, fino a piegare l’Occidente: se il paradigma-Covid doveva servire a metterlo in ginocchio definitamente, cominciando proprio dall’Italia, non si può fare a meno di notare che, sempre dal nostro paese, impegnando uno dei suoi pesi massimi, una parte del grande potere (quella non complice, rispetto all’Operazione Corona) abbia inteso affarmare l’intenzione di muovere guerra, alla lunga guerra contro i popoli condotta dall’oligarchia neoliberale. Queste, in teoria, le premesse sottostanti all’avvento governativo dell’ex capo della Bce, alle prese con una missione virtualmente epocale: rimediare al disastro provocato dalla banda-Covid, annullando i veri obiettivi dell’operazione. Che erano chiari: colpire l’economia in modo mortale, con i lockdown, e spezzare la resistenza democratica della società, terrorizzandola e sottoponendola a vessazioni medievali, per la prima volta imposte nell’era postmoderna.Viene da domandarsi per quali linee strategiche intenda muoversi, l’ipotetico Piano-B, e a quale prezzo, con quali potenti partner (non ancora pienamente manifesti, dietro le ambigue parole d’ordine come la “resilienza”, la palingenesi ultra-digitale del mondo post-industriale e per nulla piacevole che affiora dalle visioni offerte a Davos). Mentre ancora si finge di combattere il Covid con le restrizioni, non è nidito l’orizzonte nel quale si configurerà il Grande Reset, nella versione che Mario Draghi sembra apprestarsi a recitare. Non è chiaro a quali condizioni si vorrebbe traghettare l’Italia nel post-coronavirus, verso quale nuova organizzazione sociale, sia pure alimentata dalla nuova linfa di chi sembra deciso a chiudere per sempre l’oscura stagione del rigore, attraverso cui poche mani sapienti hanno riconfigurato l’identità stessa della società occidentale, togliendole il sorriso e la voglia di metter su famiglia. Di che pasta sia fatto, quel potere, lo dimostra oggi la barbarie di una Germania in cui Angela Merkel autorizza la polizia a entrare nelle case, senza un mandato, criminalizzando i sudditi come potenziali untori pandemici.L’unica sgradevole evidenza, per ora, riguarda il cedimento alla somma menzogna dei vaccini, spacciati come unico possibile elisir per riconquistare la perduta libertà, a fronte di una patologia facilissimamente curabile con svariate terapie dall’effetto praticamente immediato. Al fatale inoculo messianico, spiega Mazzucco, si doveva arrivare ad ogni costo, negando l’evidenza e mortificando i successi dei migliori medici. Se ora il vaccino diventa il lasciapassare ricattatorio per tornare in possesso dei propri diritti, la genuflessione pubblica alla falsa religione scientista – così come l’accondiscendenza di fronte alle bugie sanitarie alla base delle perduranti restrizioni – ha l’aria di essere un rischioso pedaggio, concordato: lo scotto da pagare per provare a uscire dalla Grande Guerra. L’ingiustizia sociale della politica in vigore – vaccini, o niente riaperture – offre la misura, probabilmente, delle difficoltà dell’impresa, data l’estrema pericolosità di un nemico che, nell’ultimo mezzo secolo, ha conquistato ogni spazio e piegato qualunque resistenza per affermare il suo progetto di dominio.Vivere nella menzogna quotidiana? Accade da sempre nelle dittature, di qualsiasi colore: la verità ufficiale è lontanissima da quella che i cittadini assaggiano, dal mattino alla sera, toccando con mano il fatto che non è affatto vero che un giorno “spezzeremo le reni alla Grecia”, o che “il partito, cioè il popolo”, lavori incessantemente per la felicità di tutti. Provoca un leggero sconforto scoprire che le mitiche Riaperture del governo Draghi alle soglie dell’estate 2021 siano ancora più timide, deludenti e tardive di quelle concesse dalla graziosa signoria del Ceffo col Ciuffo, nel fatidico maggio 2020, quando il paese – ancora frastornato dal carosello delle bare di Bergamo – era appena uscito dall’ecatombe, aggravata dalle inaudite negligenze dei gestori dell’emergenza: il piano pandemico rimasto in un cassetto, le autopsie proibite, le terapie ospedaliere sbagliate, le misure di prevenzione e profilassi disincentivate. E poi le cure salva-vita: rapidamente scoperte e subito negate, in omaggio al grandioso copione della paura.
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Magaldi: chi vi multa rischia di pagarvi 15.000 euro
«Serve una rivoluzione silenziosa: disobbedire in massa a tutte le restrizioni imposte con decreti scritti da mentecatti, in aperta violazione della Costituzione». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, avverte le forze dell’ordine: è lo stesso Supu (sindacato unitario personale in uniforme) a spiegare ai suoi iscritti che sono passibili di denuncia, se comminano sanzioni sulla base di norme incostituzionali come l’obbligo di portare la mascherina all’aperto. «Attraverso gli avvocati del suo servizio di Sostegno Legale – annuncia Magaldi – il Movimento Roosevelt, che ha assistito moltissimi italiani colpiti da sanzioni nel periodo del lockdown, sta ora valutando la possibilità di rivalersi sugli agenti che comminassero ulteriori sanzioni, inclusa quella per violazione del coprifuoco: i verbalizzatori ne risponderebbero personalmente in sede civile, con richiesta di risarcimenti pecuniari». Il Supu è esplicito: si rischia la condanna a sborsare 15.000 euro, più le spese processuali.Citando la gerarchia delle leggi, e qindi la debolezza dei Dpcm (che non hanno forza di legge), il Supu ricorda che gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza, nell’atto di emettere un verbale nei confronti dei cittadini sprovvisti di mascherina, commettono una serie di reati: istigazione a commettere delitti (articolo 414 del codice penale) e violenza privata (articolo 610), nonché procurato allarme (658), abuso di autorità (608) e attentato ai diritti politici del cittadino (articolo 294). Il sindacato di polizia cita anche l’articolo 28 della Costituzione, mettendo in guardia gli agendi dal contestare il mancato uso della mascherina: «Potreste essere perseguiti individualmente, sia penalmente e civilmente». A conferma di questo – scriveva il Supu, già nel settembre scorso – esistono già «sentenze di giudici di pace che hanno annnullato i vostri verbali». Idem il coprifuoco: «Il base alla Costituzione – sottolinea Magaldi – il coprifuoco può essere imposto solo in caso di guerra: eventuali sanzioni per la sua eventuale violazione, quindi, saranno immancabilmente annullate».Nel frattempo, però, lo stato d’emergenza (con i suoi decreti “illegali”) sta letteralmente devastando interi settori dell’economia italiana. «E’ inaudito che moltissimi alberghi siano ancora chiusi, a Roma, una delle maggiori mete turistiche al mondo, per colpa di restrizioni folli. Ed è altrettanto demenziale – aggiunge Magaldi – che possano restare aperti solo i ristoranti con dehors». Dal leader “rooseveltiano”, un appello accorato agli esercenti: «Riaprite tutto, perché la vostra disobbedienza onora la Costituzione. Se vi multano, non temete: il verbale finirà cestinato. Piuttosto: denunciate chi vi sanziona e chiedetegli i danni, così recupererete almeno un po’ dei soldi che avete perso, nell’ultimo anno». Magaldi non scherza: «Sto istigando chi mi ascolta a violare le disposizioni, ne sono consapevole. E so quello che dico: non è legittimo imporre vessazioni come il coprifuoco, che la Costituzione ammette solo in caso di guerra».Magaldi rivendica con orgoglio le violazioni commesse sabato 1° maggio a Roma, in occasione della Festa del Lavoro: «Come largamente annunciato a mezzo stampa, noi del Movimento Roosevelt ci siamo riuniti e quindi assembrati nel pomeriggio, poi abbiamo cenato al ristorante (al chiuso) e infine abbiamo infranto il coprifuoco, passeggiando a Campo dei Fiori verso mezzanotte, sotto la statua di Giordano Bruno, come già avevamo fatto lo scorso 17 febbraio, quando i giornali tentarono di presentarci come disobbedienti clandestini colti sul fatto, nonostante avessimo preannunciato l’iniziativa». Allora, la polizia aveva almeno identificato i presenti. «Stavolta invece non s’è proprio vista: era presente nella piazza un’ora prima, ma non più al nostro arrivo. Eppure, a poca distanza, era costante il passaggio di pattuglie: non possono non averci visti. Nel caso – ribadisce Magaldi – confermo tutte le infrazioni da noi commesse, nuovamente alla luce del sole: restiamo a disposizione, per qualunque chiarimento».Insiste Magaldi: perché la polizia non è intervenuta? «Non sarà che questo coprifuoco è essenzialmente una buffonata? Non sarà che viene rispettato solo in virtù della paura immotivata di troppi cittadini, trasformatisi in “pecoroni” e proprio per questo vessati da norme surreali, che sarebbero spazzate via da una disobbedienza diffusa?». Il presidente del Movimento Roosevelt rileva anche l’atteggiamento civile e cordiale dimostrato dai poliziotti che l’indomani, domenica 2 maggio, sono intervenuti in un parco della capitale, dove gli attivisti “rooseveltiani” (con tanto di bandiere) si erano dati appuntamento, per un pic-nic e una partita a pallone. «Gli agenti ci hanno spiegato che era stata loro segnalata una manifestazione politica non autorizzata», racconta Magaldi. «Mi domando chi abbia potuto fare una simile segnalazione: magari qualcuno vicino a Virginia Raggi oppure a Roberto Speranza, due cialtroni che hanno osato invitare gli italiani alla delazione, come ai tempi del nazismo e della Stasi comunista nella Germania Est».Magaldi elogia gli agenti intervenuti: preso atto che non era in corso nessuna manifestazione, si sono complimentati con il Movimento Roosevelt per il suo impegno nella difesa dei diritti democratici. «Alla fine ci siamo anche stretti la mano, come si fa tra uomini: evitando cioè di toccarci coi gomiti, in modo grottesco, come forse farebbe solo un orango». Pur apprezzando gli allentamenti varati da Draghi già il 26 aprile, Magaldi però stigmatizza «l’arrendevolezza con cui Draghi ha lasciato al ministero della sanità (che è putrescente, da cima a fondo) anche la gestione di questa fase di riaperture, troppo prudenti». E lancia un’accusa: «Esperti di statistica confermano che sono infondati i numeri dell’emergenza, sulla base dei quali in questi mesi si sono decise le sorti di milioni di persone, che hanno visto distruggere le loro speranze di una vita serena e lavorativamente attiva». Ai ristoratori, un appello: «Riaprite tutti, anche a cena, senza più temere sanzioni: e vedrete che i gestori del panico saranno travolti, da una disobbedienza basata sul rispetto della Costituzione».«Serve una rivoluzione silenziosa: disobbedire in massa a tutte le restrizioni imposte con decreti scritti da mentecatti, in aperta violazione della Costituzione». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, avverte le forze dell’ordine: è lo stesso Supu (sindacato unitario personale in uniforme) a spiegare ai suoi iscritti che sono passibili di denuncia, se comminano sanzioni sulla base di norme incostituzionali come l’obbligo di portare la mascherina all’aperto. «Attraverso gli avvocati del suo servizio di Sostegno Legale – annuncia Magaldi – il Movimento Roosevelt, che ha assistito moltissimi italiani colpiti da sanzioni nel periodo del lockdown, sta ora valutando la possibilità di rivalersi sugli agenti che comminassero ulteriori sanzioni, inclusa quella per violazione del coprifuoco: i verbalizzatori ne risponderebbero personalmente in sede civile, con richiesta di risarcimenti pecuniari». Il Supu è esplicito: si rischia la condanna a sborsare 15.000 euro, più le spese processuali.
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Vaccini e mascherine, vietato parlare dei tanti flop-Covid
L’altra sera Lilli Gruber se n’è uscita dicendo che le dispiaceva del fallimento dell’Europa sui vaccini perché la cosa avrebbe alimentato le ragioni degli euroscettici e dei sovranisti. Ovviamente si tratta di una frase intrisa non solo di cieco fanatismo ma anche di una certa stupidità giornalistica, in quanto la notizia si piega all’opinione. E la propaganda prevale sulla verità. Non è la prima volta. L’Europa non soltanto ha fallito sul piano vaccinale, ma ha fallito su tutta l’emergenza Covid, dai suoi primi allarmi ad un protocollo comune. Non è una novità che Bruxelles fallisca sulle emergenze (l’immigrazione è l’esempio più noto, per quanto anche sulle vicende bancarie abbiamo visto le differenze di trattamento). Il fanatismo che avvolge in una pellicola protettiva ciò che non si può criticare a prescindere è un caposaldo della retorica dei Buoni e dei Giusti: guai a soffermarsi troppo sugli errori di quel che dev’essere preservato nella sua sacralità. L’Europa non ha fallito sui vaccini per una miopia, ma perché l’errore si è avvitato nel peccato originale del progetto stesso, ovvero favorire le lobby, le multinazionali, la finanza.La negoziazione con le multinazionali del farmaco era stata protetta dal segreto e la firma sui contratti manda ogni critica alle ortiche: il potere di Big Pharma è nero su bianco, persino nella sua asimmetria. Fatto sta che, nell’emergenza, ora bisogna arrangiarsi con l’aiuto della comunicazione mainstream: il vaccino diventa efficace dopo la sola prima dose; il vaccino preserva l’efficacia anche a fronte delle varianti; le dosi prevalgono sulle fiale e così via. Di balla in balla. Il paradosso di tutta questa vicenda è che la Gran Bretagna ha fatto meglio di tutti i paesi dell’Eurozona, superando magnificamente il primo esame del post-Brexit. All’Europa pertanto non resta che mettere le toppe e scaricare sui governi e sui cittadini ogni responsabilità, come quella del passaporto vaccinale (corbelleria giuridica, visto che in assenza di obbligatorietà vaccinale viene meno il principio della libera circolazione dentro l’Unione Europea).Di conseguenza, invece di ammettere che l’Unione non è affatto attrezzata ad essere nemmeno lontanamente alla stregua degli Stati Uniti d’Europa, si procede con la propaganda. Una tattica analoga si sta seguendo in Italia su tutta la linea. Dei vaccini abbiamo già detto: siamo indietro rispetto alle richieste, mancano le fiale, le strutture e il personale medico-infermieristico. Per fortuna le “primule” pensate da Boeri e immediatamente fatte proprie dall’aquila Arcuri sono state mandate in soffitta; ma i buchi restano. E non mancheremo di conoscere tutte le falle dell’operazione vaccini non appena la magistratura ci metterà il naso. Per il momento, quel che sta trapelando è legato alle mascherine. In questi giorni non solo assistiamo all’ennesimo passaggio sulle colorazioni delle regioni e pure di qualche provincia, ma ci toccano pure i soliti pistolotti sugli assembramenti e sui cosiddetti atteggiamenti irresponsabili dei cittadini, in pieno spirito “blame the victim” ossia “colpevolizza la vittima”.La propaganda cela che, se c’è una responsabilità in corso, non è quella dei cittadini (i quali escono perché possono farlo), bensì di un sistema che da un anno reitera gli stessi errori e le stesse falsità. La faccio breve: la gente esce perché può uscire; ed esce con le mascherine indosso. Eppure nessuno da un anno dice che quelle mascherine, per buona parte, sono il prodotto di “autocertificazioni” garantite dalle case di produzione come se fossimo ancora nella fase emergenziale, quando non si trovavano mascherine. Ecco, dopo un anno non è cambiato nulla. Non c’è un format di requisiti comune a tutte le mascherine divise per “tipologia”, non ci sono standard che consentano una omologazione a livello europeo (tipo i caschi, per esempio: i caschi non omologati non possono essere messi in commercio): pertanto ci stiamo “proteggendo” con delle mascherine la cui efficacia non è affatto certa, tant’è che prove di laboratorio evidenziano quanto sto dicendo.“Striscia la Notizia” per esempio aveva “smascherato” l’efficacia delle mascherine realizzate da Fca per conto della Presidenza del Consiglio. E lo stesso sta accadendo per le mascherine Ffp2. Per amor di patria, taccio (ma solo in questo articolo) sulle inchieste in corso che riguardano l’import di mascherine dalla Cina. Ora, mentre il dito dei media è puntato sugli assembramenti e sulle colorazioni, dopo un anno, gli italiani non sanno la verità sul mercato redditizio dei cosiddetti sistemi di protezione. Eppure la retorica è tutta concentrata sulla irresponsabilità delle persone. Giusto per chiudere, informo che il ministro Speranza da mesi ha alcune mie interrogazioni su questi argomenti e non si degna di rispondere. Forse perché teme di dover raccontare agli italiani che lui è il primo a non sapere quanto siano efficaci queste miracolose mascherine. E che le stiamo indossando soltanto perché non abbiamo voglia di rotture di scatole.(Gianluigi Paragone, “Vaccini, l’Ue fa flop ma è vietato parlare in Tv”, da “Il Tempo” del 1° marzo 2021).L’altra sera Lilli Gruber se n’è uscita dicendo che le dispiaceva del fallimento dell’Europa sui vaccini perché la cosa avrebbe alimentato le ragioni degli euroscettici e dei sovranisti. Ovviamente si tratta di una frase intrisa non solo di cieco fanatismo ma anche di una certa stupidità giornalistica, in quanto la notizia si piega all’opinione. E la propaganda prevale sulla verità. Non è la prima volta. L’Europa non soltanto ha fallito sul piano vaccinale, ma ha fallito su tutta l’emergenza Covid, dai suoi primi allarmi ad un protocollo comune. Non è una novità che Bruxelles fallisca sulle emergenze (l’immigrazione è l’esempio più noto, per quanto anche sulle vicende bancarie abbiamo visto le differenze di trattamento). Il fanatismo che avvolge in una pellicola protettiva ciò che non si può criticare a prescindere è un caposaldo della retorica dei Buoni e dei Giusti: guai a soffermarsi troppo sugli errori di quel che dev’essere preservato nella sua sacralità. L’Europa non ha fallito sui vaccini per una miopia, ma perché l’errore si è avvitato nel peccato originale del progetto stesso, ovvero favorire le lobby, le multinazionali, la finanza.
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Magaldi: con Draghi, l’Italia cambia la storia europea
«L’Italia, l’Europa e persino il mondo attendono parole nuove: chi saprà interpretarle senza deludere sarà protagonista nella storia, a partire da questo momento». Una frase che sembra scolpita, quella che Gioele Magaldi utilizza per chiarire, in modo inequivocabile, il senso autenticamente post-keynesiano della rivoluzionaria missione di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Lui, l’ex principe del massimo rigore (Grecia docet) ora si appresta a capovolgere tutto: non solo il disastro nazionale firmato Conte-Casalino, con la collaborazione dei vari Arcuri, Ricciardi, Speranza e virologi televisivi di complemento. Non si tratta esclusivamente di sventare il collasso del sistema-paese e fare uscire l’Italia dall’incubo-Covid alla velocità della luce, archiviando la psicosi da coprifuoco. La partita è epocale: in gioco è la sopravvivenza degli italiani, con la loro libertà e la loro dignità. Una questione che coinvolge l’intero Occidente, finito sul precipizio dei lockdown forsennati. Se ne esce in un solo modo: trovando il coraggio di azzerare il debito, cioè lo strapotere abusivo e i diktat dell’élite che ha usato ogni mezzo, dalla finanza privatizzatrice alla crisi pandemica, per svuotare la democrazia.
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Battaglia civile: via il segreto sui contratti per i vaccini
«Mi meraviglio che nessuno protesti: rinfacciano i cappucci alla massoneria, e poi fanno i contratti incappucciati? Ora basta, con queste clausole secretate e questi accordi sottobanco, “catacombali”». Parola di Gianfranco Carpeoro, per trent’anni avvocato (all’anagrafe, Pecoraro), ora vicepresidente del Movimento Roosevelt. Nel mirino, i segreti della campagna vaccinale italiana. In cantiere, una raccolta di firme nazionale per chiedere trasparenza sui contratti per le forniture dei vaccini Covid. I dettagli verranno anche richiesti alle Prefetture italiane dagli avvocati del Movimento Roosevelt, che ha attivato un servizio di Sostegno Legale per supportare i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste. E’ un’offensiva a tutto campo, quella annunciata da Carpeoro. Imperativo categorico: la trasparenza. «E’ vero che l’ente che ha trattato l’acquisto dei vaccini-Covid è l’Unione Europea. Ma visto che l’Italia quei vaccini li paga, quanto meno, le condizioni di quei contratti dovrebbero essere rese note alle persone da cui quel denaro proviene, cioè noi», afferma l’avvocato. «Una norma generale impone allo Stato di essere trasparente, sull’impiego dei soldi pubblici. I cittadini devono sapere».E’ uno scandalo, insiste Carpeoro: «Per questo, il Movimento Roosevelt lancerà una pubblica sottoscrizione per chiedere la desecretazione di questi contratti, nonché – attraverso gli avvocati del Sostegno Legale “rooseveltiano” – una diffida, a tutte le Prefetture, perché esibiscano i contratti per la fornitura dei vaccini (perché è la Prefettura che rappresenta il governo). L’eventuale diniego verrebbe poi impugnato dai nostri legali, davanti agli organi competenti». Conferma il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi: «Al di là del fatto che il vaccino Pfitzer non sia stato sufficientemente testato e possa esporre l’organismo a reazioni avverse, ci siamo accorti del fatto che le dosi recapitate in Italia (acquistate dall’Ue per spuntare un prezzo più conveniente) sono calate in modo brusco. E così abbiamo scoperto che c’è il segreto, privatistico, su una materia che in realtà è di interesse pubblico». Per Magaldi, siamo di fronte all’ennesimo fenomeno di privatizzazione indebita: «Il contratto ha natura privatistica, ma è stato stipulato con istituzione pubbliche: e il pubblico deve rendere conto ai cittadini».E’ vero, ammette Magaldi, che la stessa Commissione Ue non risponde al Parlamento Europeo democraticamente eletto, «preferendo rapportarsi direttamente con gruppi d’interesse privati». Ma appunto, proprio per questo, «forse è venuto in momento di vederci chiaro: non solo sui vaccini, ma anche su altre cose (opache) che turbano l’interesse pubblico». Se poi qualcuno «si è improvvisato avvocato, e ha detto che l’Italia non avrebbe titolo per pretendere di rendere pubblici i termini dei contratti per i vaccini», l’avvocato Pecoraro-Carpeoro risponde che l’Italia – che usufruisce del servizio – ha gli stessi diritti del contraente: «Nei confronti delle ditte che producono i vaccini l’Italia ha i medesimi diritti legali dell’Unione Europea, che infatti quei contratti li ha stipulati per conto dell’Italia». La Pfitzer inoltre è inadempiente, non avendo consegnato le dosi nelle modalità prestabilite? Tanto peggio: «Non potrebbe in nessun modo, essa stessa, invocare l’adempienza di un contratto al quale essa stessa non ha adempiuto».Per Carpeoro, «questo dei contratti vaccinali secretati è davvero uno scandalo». Precisa l’avvocato: «Io non sono un no-vax, e questa non è un’iniziativa contro i vaccini: è un’azione che stabilisce il diritto, dei cittadini, di sapere cosa lo Stato fa dei loro soldi. Fare contratti secretati, impiegando soldi pubblici, sono convinto che non faccia parte delle auspicabili regole di trasparenza e di democraticità del nostro sistema». In Israele, Netanyahu ha stretto un accordo proprio con la Pfitzer per diventare una sorta di centro sperimentale mondiale sui vaccini Covid? «Ognuno ha fatto i suoi interessi, e la cosa non mi stupisce. Quello che mi meraviglia, invece – dice Carpeoro – è che noi italiani non facciamo mai i nostri». Tutto è stato gestito da Domenico Arcuri. «E’ assolutamente inaccettabile che lo stesso soggetto riceva un tale numero di incarichi, anche per cose non collegate tra loro». Quanto al capo del governo, Carpeoro considera Giuseppe Conte «una persona ipocrita, bugiarda e opportunista».Rincara la dose lo stesso Gioele Magaldi: «Il governo Conte ha campato solo sull’emergenza: senza il Covid sarebbe crollato un anno fa». Il presidente del Movimento Roosevelt segnala il caso della Svizzera, che a giugno – con un apposito referendum – chiamerà i cittadini a pronunciarsi sui lockdown, giudicati poco utili ma, in compenso, molto dannosi. «Dalla Svizzera giunge una esemplare prova di democrazia diretta, per limitare i poteri dell’esecutivo. Da noi, invece – dice Magaldi – dominano figure come quelle di Walter Ricciardi e Massimo Galli, che vedrei bene agli arresti domiciliari: questi profeti di sventura, che raccomandano i lockdown, non hanno fatto nulla, finora, per diffondere notizie utili sulle terapie: che oggi esistono, sono efficaci e riducono il Covid a malattia per lo più curabile da casa, senza intasare gli ospedali».Il lockdown, aggiunge Magaldi, «è la scelta più facile e più conveniente: per chi governa, ma non per i cittadini, dei quali nessuno si preoccupa. E non solo per il disastro dell’economia, ma anche per le conseguenze psico-fisiche del distanziamento, che lede la libertà». Se questa lesione dovesse diventare permanente, dice ancora Magaldi, citando le strutture di reclusione che si stanno approntando in Germania per i cittadini che resistono alle restrizioni, «ricordiamoci che nel ‘900 la democrazia è costata milioni di morti, ben più vittime di quante ne avrebbe mietute il Covid, e nel secolo scorso la Germania non ha certo brillato in tema di democrazia e diritti umani». E a proposito di segreti da portare alla luce, la giornalista Monica Soldano (coordinatrice del Sostegno Legale “rooseveltiano”, che ora assiste anche i ristoratori aderenti all’iniziativa “Io Apro”) ricorda che la magistratura romana ha appena imposto al ministro della sanità, Roberto Speranza, di rendere pubblico il piano sull’emergenza Covid, finora rimasto secretato, esattamente come i contratti per i vaccini.«Mi meraviglio che nessuno protesti: rinfacciano i cappucci alla massoneria, e poi fanno i contratti incappucciati? Ora basta, con queste clausole secretate e questi accordi sottobanco, “catacombali”». Parola di Gianfranco Carpeoro, per trent’anni avvocato (all’anagrafe, Pecoraro), ora vicepresidente del Movimento Roosevelt. Nel mirino, i segreti della campagna vaccinale italiana. In cantiere, una raccolta di firme nazionale per chiedere trasparenza sui contratti per le forniture dei vaccini Covid. I dettagli verranno anche richiesti alle Prefetture italiane dagli avvocati del Movimento Roosevelt, che ha attivato un servizio di Sostegno Legale per supportare i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste. E’ un’offensiva a tutto campo, quella annunciata da Carpeoro. Imperativo categorico: la trasparenza. «E’ vero che l’ente che ha trattato l’acquisto dei vaccini-Covid è l’Unione Europea. Ma visto che l’Italia quei vaccini li paga, quanto meno, le condizioni di quei contratti dovrebbero essere rese note alle persone da cui quel denaro proviene, cioè noi», afferma l’avvocato. «Una norma generale impone allo Stato di essere trasparente, sull’impiego dei soldi pubblici. I cittadini devono sapere».
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“Ho ucciso per molto meno”: la pandemia vista da Rasputin
«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?La prima cosa che noterebbe, il vecchio Rasputin, è la labilità della nostra memoria, purtroppo cortissima. Davvero è così facile raccontarci qualsiasi storia? Quella della cosiddetta pandemia, com’era prevedibile, ha cancellato in un battibaleno tutte le altre. Ulteriore prodigio, grazie al sapiente uso della paura – maneggiata manipolando i numeri reali della crisi sanitaria – la narrazione corrente non ha spento solo le memorie, ma anche molte altre risorse umane, legate alle capacità collettive di raziocinio. Se ne ricava uno spettacolo spaventoso, il peggiore possibile: da un lato la sceneggiatura omette in modo sistematico l’esistenza delle terapie ormai praticate con successo, dall’altro la platea seguita a dividersi in opposte tifoserie, il plaudente “popolo delle mascherine” contro gli “irresponsabili” che osano protestare, declassati al rango di dementi “negazionisti”. La canzone in voga ormai un secolo fa era semplicissima: “Io resto a casa”. La si cantava da migliaia di balconi, in soave letizia, come se si trattasse di una faccenda di qualche settimana: la classica quarantena. Poi si vide che il copione fiduciosamente illustrato era tutt’altro che attendibile: paura e speranza non erano esattamente gli ingredienti adatti a uscire dai guai. Semplice imperizia italica o colossale imbroglio, cinicamente progettato lontanissimo dai soliti palazzi?«Ho ucciso per molto meno», ripeterebbe il nerissimo “Raspa”, di fronte al devastante show planetario: la reticenza dei sapienti e la censura imposta agli scienziati dissidenti, il bavaglio alle verità scomode (vulgo, “fake news”), l’apparente stato confusionale della politica, i governi in bambola. E le moltitudini annientate nella loro dignità ordinaria di studenti, lavoratori ed esercenti, imprenditori, pensionati, esseri umani. Cittadini del mondo trasformati in pecorelle da zittire, causa forza maggiore, non si sa fino a quando, nell’attesa vagamente umoristica di un vaccino salvifico, sfuggente come la genetica mutevole del virus Rna. Forse, quello che va accadendo inesorabilmente lo si vedrebbe meglio dalla Luna, con un telescopio: la devastazione planetaria finirà per spalancare, uno alla volta, tutti gli occhi che ancora si ostinano a fissare solo l’indice puntato verso il cielo? Alla fine, il senso degli oscuri avvenimenti in corso servirà a riconquistare l’accesso a una nuova dimensione terrestre, orientata dalla luce? In altri termini: era “necessario” un infarto globale di questa portata, per mostrare all’intera famiglia umana l’inderogabile urgenza – a quale prezzo, lo si comincia a vedere – di gettare nella spazzatura il vecchio mondo?E’ nel naufragio, spiega Coleridge, che l’umana stirpe offre sempre il peggio di sé. Quale esito sortirà, dunque, questo naufragio così ferocemente inquinato dalla follia di tante dicerie? Davvero c’è chi crede ancora all’incidente, alla fatalità malata di una piaga senza soluzioni? Davvero c’è chi ancora pensa che, domani, il mare tornerà tranquillo e il campionato ricomincerà? Di fronte agli scettici, Giulietto Chiesa ripeteva: non crediate che un collasso del pianeta non sia da prendere in considerazione, pensate solo a cosa dev’esser stato, all’epoca, il crollo dell’Impero Romano. Negli ultimi decenni c’era chi temeva seriamente per la tenuta dell’ecosistema, e un giorno s’è trovato di fronte la piccola Greta. C’era chi paventava il pericolo di guerre nucleari, e invece ha dovuto fare i conti con terroristi esotici, gente con il turbante e il Rolex d’oro al polso. Altri ancora, inascoltati, segnalavano la stranissima insistenza, da parte di famosi personaggi, sull’improvvisa necessità di un trattamento sanitario obbligatorio, universale, reso letteralmente inevitabile da un’imminente pandemia. Se fosse come Astolfo a cavalcioni della Luna, riuscirebbe l’immortale Rasputin a recitare, ancora – persino da lassù – quella sua mitica battuta, che sembra scritta oggi. Davvero siete conciati così male? Per molto meno – direbbe il furfante – io avrei messo mano alla pistola. E non mi dite, aggiungerebbe, che non è colpa vostra, se non sapete più a chi credere.(Giorgio Cattaneo, “Ho ucciso per molto meno: la pandemia vista da Rasputin”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 ottobre 2020).«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?
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Magaldi: violerò i divieti. Delazioni? Denunceremo Speranza
«Se diventa illegale tenere feste in casa con più di 10 persone, ne organizzanerò una ogni sera. E invito sin d’ora polizia e carabinieri a venirmi a trovare: avrò il piacere di spiegare loro che le misure dell’ultimo Dpcm sono incostituzionali, e che gli stessi pubblici ufficiali possono rifiutarsi di eseguire ordini basati su norme illegittime». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, annuncia la sua disobbedienza civile nei confronti delle ultime imposizioni del governo Conte: «L’obbligo di indossare sempre la mascherina, anche all’aperto e persino se si è soli – afferma – contraddice una legge dello Stato che impone ai cittadini di rendersi sempre riconoscibili alle forze dell’ordine». Le eventuali sanzioni – aggiunge – saranno tutte impugnate: «Il servizio di Sostegno Legale del Movimento Roosevelt mette gratuitamente i suoi avvocati a disposizione dei cittadini, che invito a non indossare all’aperto la mascherina». Nel mirino di Magaldi, in particolare, il ministro della salute Roberto Speranza, già capogruppo del Pd alla Camera: intervistato da Fabio Fazio, ha detto di aspettarsi “segnalazioni” dai vicini di casa degli eventuali “trasgressori”, nel caso di feste domestiche affollate.«Non ho mai capito – premette Magaldi – in nome di quale virtù politica Speranza fosse stato scelto da Bersani per un incarico importante in Parlamento. Ora è addirittura ministro? Evidentemente – aggiunge – per fare il ministro della sanità devi proprio essere un mediocre passacarte: uno che non solo non ha sale in zucca, ma si fa latore delle peggiori stronzate, quando non sono nefandezze». Speranza viene da sinistra, e quindi – per Magaldi – «dovrebbe avere ogni giorno il pudore di dire “non sono comunista”, e invece ora propone l’applicazione di quella che era la peggior consuetudine nella Germania Est, ben rappresentata dal film “Le vite degli altri”, che racconta la delazione quotidiana e il controllo asfissiante sui cittadini». La stessa piaga, aggiunge Magaldi, affliggeva gli italiani anche durante il fascismo: «In ogni condominio c’era chi spifferava alla polizia politica fascista quello che facevano i condomini». Il presidente del Movimento Roosevelt non fa sconti: «Si vergogni, Speranza: l’incitamento alla delazione è una cosa schifosa e vergognosa. Il ministro, oltretutto, è passibile di denuncia: la sua è un’incitazione alla violazione della privacy (che è una cosa pesante, tutelata dalle nostre leggi)».Lungi dal negare l’esistenza dell’epidemia, Magaldi contesta radicalmente la sua narrazione “terroristica” e manipolata, a partire dalle cifre fornite, e senza dimenticare che «purtroppo, la scorsa primavera, ad aggravare il bilancio hanno provveduto anche gli errori iniziali dei medici, nella gestione dei pazienti in terapia intensiva». Oggi, continua il presidente “rooseveltiano”, si gioca ancora sulla paura esibendo la crescita dei contagiati (per lo più asintomatici), fingendo di non sapere che quel numero dipende dall’aumento vertiginoso del volume dei test eseguiti. «Mi domando: per quanto ancora si potrà continuare a raccontare alla gente che siamo insidiati da una sorta di peste nera?». Per Magaldi, la situazione – drammatica per il paese, specie sul lato economico e sociale – ha persino aspetti comici: «Mentre si procura il terrore generale, “giovanotti” non certo di primo pelo (da Briatore a Berlusconi, lo stesso Trump) guariscono dal Covid in pochi giorni, grazie a terapie che ormai esistono. Alla fine, il contrasto tra la narrazione ufficiale e la realtà dei fatti si imporrà di per sé, anche con il nostro aiuto». Certo, a pesare è anche la massa dei cittadini impauriti e rassegnati alla sottomissione: «Ogni dittatura – chiosa Magaldi – si è sempre affermata grazie alla passività dei cittadini e anche alla complicità di molti di essi».«Se diventa illegale tenere feste in casa con più di 10 persone, ne organizzerò una ogni sera. E invito sin d’ora polizia e carabinieri a venirmi a trovare: avrò il piacere di spiegare loro che le misure dell’ultimo Dpcm sono incostituzionali, e che gli stessi pubblici ufficiali possono rifiutarsi di eseguire ordini basati su norme illegittime». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, annuncia la sua disobbedienza civile nei confronti delle ultime imposizioni del governo Conte: «L’obbligo di indossare sempre la mascherina, anche all’aperto e persino se si è soli – afferma – contraddice una legge dello Stato che impone ai cittadini di rendersi sempre riconoscibili alle forze dell’ordine». Le eventuali sanzioni – aggiunge – saranno tutte impugnate: «Il servizio di Sostegno Legale del Movimento Roosevelt mette gratuitamente i suoi avvocati a disposizione dei cittadini, che invito a non indossare all’aperto la mascherina». Nel mirino di Magaldi, in particolare, il ministro della salute Roberto Speranza, già capogruppo del Pd alla Camera: intervistato da Fabio Fazio, ha detto di aspettarsi “segnalazioni” dai vicini di casa degli eventuali “trasgressori”, nel caso di feste domestiche affollate.
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Covid: il silenzio dello spettacolo e la lezione di Montesano
«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».«Io non ho mai negato che esista il Sars-Cov-2, perché purtroppo c’è», dichiara Montesano all’agenzia “Adn Kronos” il 9 ottobre, alla vigilia della “Marcia della Liberazione” (a cui ha aderito) promossa per il 10 ottobre a Roma da Sara Cunial e associazioni come Alleanza Italiana Stop 5G e Movimento 3V. Montesano esprime la sua posizione in modo netto: «Mi metto la mascherina nei posti al chiuso e mantengo la distanza di sicurezza, ma so anche che ora i medici hanno molti strumenti in più, e che nonostante ciò lo Stato ci sta togliendo assurdamente alcune libertà fondamentali. La mia è disobbedienza civile, pacifica, la stessa che metteva in pratica Martin Luther King». Ecco il punto: a differenza della scorsa primavera, oggi i sanitari sanno come affrontare il virus, ma il governo Conte si comporta come se non lo sapessero. «Non ho mai messo in pericolo la sicurezza dello Stato, né la sicurezza dei cittadini italiani», assicura Montesano, che protesta: «Sono indignato: io non posso abbracciare una persona che conosco, non posso darle la mano, e la gente accetta questo passivamente». Altra verità desolante, infatti, la rassegnazione di milioni di italiani.«Dissentire da tutto questo non è né “di destra” né “di sinistra”, tantomeno “fascista”», insiste Montesano: «Basta, dividere gli italiani: ancora non hanno capito che la divisione non è “destra-sinistra”». La faccenda è serissima, infatti: «La divisione e longitudinale, orizzontale, tra chi sta sopra e chi sotto». Riflessione squisitamente intellettuale, politica, sul vero volto della realtà di oggi: ma perché i colleghi di Montesano continuano a tacere? Possibile che a sciorinare tante verità sia un grande attore di 75 anni, mentre moltissimi altri – giovani e meno giovani – non osano fiatare di fronte allo scempio quotidiano della disinformazione? «Ci sono tanti medici, esperti, da Montagnier alla dottoressa Gatti, a Tarro, a Citro, a Tirelli, che dicono che la mascherina all’aperto è inutile e dannosa», ribadisce Montesano. «E io ho più fiducia in questi professionisti, che non appaiono mai in televisione, piuttosto che nel virologo da Tv». Chiosa Montesano, sarcastico: «Questo posso dirlo, o se lo dico sono “fascio-negazionista”, e ora anche no-mask? Non c’è scampo».Quanto alla “marcia” indetta da Sara Cunial e dalle associazioni civiche (ribattezzate “negazioniste” dai disinformatori), Montesano spiega: «Ho detto che aderivo alla manifestazione perché concordo con molto dei punti per i quali si svolge». Puntualizza: «Aderire non vuol dire partecipare, e infatti non sarò presente». La spiegazione non tarda: «Non parteciperò perché queste manifestazioni di piazza, che nascono bene e con tutte le migliori intenzioni, poi non si sa come vanno a finire e da chi vengono prese in mano, e io non voglio condividere la mia presenza con gruppi che non mi piacciono». Peraltro, aggiunge, «aderisco anche a molti dei punti che ha enunciato Marco Rizzo del Partito Comunista alla manifestazione ai Santi Apostoli», sempre prevista per il 10 ottobre nella capitale. In sintesi, conclude l’attore, «credo di avere tutto il diritto di esprimere la mia opinione di dissenso su alcune cose». La generosità civile di Montesano è palesemente offerta agli italiani, specie ai “dormienti” che non hanno ancora ben capito cosa stia davvero succedendo, alla loro democrazia.«C’è modo e modo di imporre divieti», ha detto qualche sera fa in televisione il presidente della Regione Friuli, Massimiliano Fedriga, rispondendo al professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano, protagonista di uno scontro polemico con Nicola Porro nella trasmissione “Stasera Italia” condotta da Barbara Palombelli su “Rete 4″. «Anch’io all’inizio dell’emergenza ho firmato ordinanze discutibili», ha ammesso Fedriga, leghista, «ma poi mi sono impegnato affinché lo sforzo di protezione dei cittadini fosse condiviso al massimo, da tutti». Morale: «Se guardate i dati del Friuli, scoprite che siamo tra le Regioni con meno problemi: ma il merito non è mio, è dei fiuliani». Politica, infatti: coinvolgere e spiegare, rinunciando a imporre in modo autoritario. Non si tratta di “negare” nulla, sostiene Fedriga, ma di trattare i cittadini per quello che sono: adulti responsabili, non bambini da spaventare. Verità semplicissima da afferrare (e da applicare), se vivessimo in un paese diverso. Avrebbe un forte impatto, sull’opinione pubblica, se a rilanciarla fossero gli artisti. Tacciono? A maggior ragione si staglia, nella desolazione del silenzio generale, tutto il valore del coraggio civile di Enrico Montesano.«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».