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Il nuovo virus (la Russia) e i centri Nato già sul suolo ucraino
Roberto Speranza è intoccabile: è veramente protetto dai poteri forti che rappresenta. Proprio lui, insieme al Pd, avrebbe appena impedito a Draghi di eliminare definitivamente il Green Pass: il primo ministro, infatti, avrebbe voluto abolirlo dal 1° aprile, con la fine dello stato d’emergenza. E invece, niente da fare: c’è chi vuole che la “schedatura digitale” resti in vigore a tutti i costi. Fonti vicine al governo mi riferiscono addirittura di pressioni, in questo senso, da parte del Vaticano: rendetevi conto. Spero quindi che questo esecutivo cada al più presto, e che i suoi componenti poi rispondano, anche a livello giudiziario, dei crimini che hanno commesso: devono essere messi in condizione di non nuocere più al paese. Ormai, un buon 30% degli italiani ha compreso di essere stato vittima della farsa pandemica. E oggi, lo stesso potere che fino a ieri ha sottomesso la popolazione col pretesto del Covid, si è inventato il nuovo virus con cui terrorizzare tutti: la Russia. Notare: mentre Francia e Germania stanno già trattando sottobanco per limitare i danni delle sanzioni, l’Italia procede verso il precipizio. Di questo passo saremo gli unici a subire conseguenze devastanti: ed è la precisa volontà demolitrice di questo governo di servi.L’operazione Covid e la disinformazione sulla crisi in Ucraina hanno gli stessi mandanti e la stessa matrice, basata sulla frode sistematica e sul capovolgimento della verità. Tanto per cominciare, sul suolo ucraino, la Russia sta colpendo decine di laboratori destinati a produrre armi biologiche e batteriologiche, anche con l’impiego di virus: laboratori finanziati dallo stesso Deep State statunitense che sta dietro alla farsa pandemica che ci ha attanagliato negli ultimi due anni. Ridicolo, poi, che i nostri media parlino delle difficoltà che starebbero incontrando le forze russe. Mosca non ha mai pensato a una guerra-lampo, concentrata su unico fronte: al contrario, l’operazione russa – accuratamente pianificata – prevedeva fin dall’inizio la “bonifica” dell’Ucraina, agendo contemporaneamente su 10 fronti ben distinti. Mi spiego: è emersa la presenza, sul territorio ucraino, di oltre una ventina di installazioni Nato. Dal golpe del 2014, che ha deposto il legittimo presidente Yanukovic e portato al regime che ha prodotto prima Poroshenko e ora l’attuale pagliaccio, la Nato non ha fatto che moltiplicare, in chiave anti-russa, le sue installazioni militari in Ucraina.Un sito web di orientamento religioso, “VeritasLiberabitVos.it”, presenta una mappa aggiornata della presenza militare Usa e Nato in Ucraina, evidenziando le basi principali, a partire dal sito operativo navale Ochakov che è stato completamente distrutto dai russi il 25 febbraio. Oppure l’Isola dei Serpenti, un centro di intelligence della Cia, catturata dai russi sempre il 25 febbraio, senza neppure dover combattere. Un’altra installazione ad uso e consumo della Nato è il porto di Yuzhny, nella regione di Odessa, utilizzato anche dalla marina militare britannica: nel centro portuale di Yuzhny (non ancora raggiunto dalle forze russe) era prevista la costruzione di una vera e propria base Nato. E non è tutto: sono stati censiti 241 campi di addestramento, per “armi combinate”, nella regione di Kherson, ora occupata dalle truppe della Federazione Russa. Quindi, come dimostrano le prove documentali: parliamo di 241 campi, con addestratori americani. A Mariupol, invece – dove i russi stanno ormai finendo di “bonificare” i residui quartieri ancora in mano alle truppe fedeli a Kiev – c’erano centri di addestramento per cecchini.Tra gli altri siti in dotazione alla Nato, c’era il “Centro internazionale per la pacificazione e la sicurezza” di Yavorov, nella regione di Lvov (Leopoli): è stato distrutto il 13 marzo dai missili russi. Un altro centro di addestramento, sempre con istruttori americani, era quello di Malaya Lyubasha, nella regione di Rovno: qui, gli Usa addestravano le unità ucraine della X Brigata dei Fucilieri da Montagna. Al momento risulta che tutti gli istruttori americani abbiano lasciato l’installazione, che ora sarebbe allo sbando. Buona parte di queste strutture, ormai, sono state completamente disabilitate dall’intervento russo. Proprio per questo, le truppe di Mosca stanno procedendo – con lentezza, necessariamente – per eseguire questi interventi di tipo selettivo e chirurgico, esattamente come previsto dai piani iniziali di Mosca. Senza contare che, nella prima settimana di guerra, l’Ucraina ha perso da subito la sua capacità aerea, la difesa antiaerea e l’80% del suo potenziale militare: l’esercito ucraino ha sostanzialmente perduto ogni capacità offensiva.Che dire? Cerchiamo di tenere alto il morale: viviamo tempi davvero difficili, la situazione economica non rifiorirà certo da un giorno all’altro. Probabilmente, nelle prossime settimane avremo ulteriori rincari dei generi alimentari, ulteriori spinte inflattive. Ci saranno problemi determinati dall’aumento del costo dei carburanti. Ma è quello che vuole il sistema: vuole le persone spaventate (e oggi distratte dalla cronaca bellica). Io però sono tendenzialmente ottimista: la mia forza d’animo interiore mi suggerisce che le cose, alla fine, andranno bene. Dal punto di vista militare, sono convinto che entro la metà di aprile questa guerra potrebbe concludersi, anche perché tecnicamente la Russia ha già vinto. Tutto dipende da quando l’Occidente autorizzerà i suoi fantocci di Kiev a trattare. In Ucraina vorrebbero già negoziare: ma la trattativa è bloccata, perché i veri padroni impediscono agli ucraini di scendere a patti, e tentano di sabotare e ritardare l’avanzata delle truppe russe. Gli stessi russi avanzano lentamente anche per limitare i danni collaterali e le vittime civili: la Russia non ha né l’interesse né la volontà di uccidere cittadini ucraini. Quindi: impariamo a riconoscere le “false flag” e non legittimiamo questa grande ondata di follia russofobica. E manteniamo alta la bandiera della libertà: in Italia non c’è più un solo politico che parli di libertà. Ce ne rendiamo conto?(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate a Gianluca Lamberti del canale YouTube “Facciamo Finta Che”, nella diretta del 20 marzo 2022 con anche Luca La Bella e Adrian Fiorelli).Roberto Speranza è intoccabile: è veramente protetto dai poteri forti che rappresenta. Proprio lui, insieme al Pd, avrebbe appena impedito a Draghi di eliminare definitivamente il Green Pass: il primo ministro, infatti, avrebbe voluto abolirlo dal 1° aprile, con la fine dello stato d’emergenza. E invece, niente da fare: c’è chi vuole che la “schedatura digitale” resti in vigore a tutti i costi. Fonti vicine al governo mi riferiscono addirittura di pressioni, in questo senso, da parte del Vaticano: rendetevi conto. Spero quindi che questo esecutivo cada al più presto, e che i suoi componenti poi rispondano, anche a livello giudiziario, dei crimini che hanno commesso: devono essere messi in condizione di non nuocere più al paese. Ormai, un buon 30% degli italiani ha compreso di essere stato vittima della farsa pandemica. E oggi, lo stesso potere che fino a ieri ha sottomesso la popolazione col pretesto del Covid, si è inventato il nuovo virus con cui terrorizzare tutti: la Russia. Notare: mentre Francia e Germania stanno già trattando sottobanco per limitare i danni delle sanzioni, l’Italia procede verso il precipizio. Di questo passo saremo gli unici a subire conseguenze devastanti: ed è la precisa volontà demolitrice di questo governo di servi.
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“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”
In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.Vale sempre, il vecchio adagio: la prima vittima della guerra è la verità. Pure in tempo di pace, però, non c’è mai da fidarsi delle versioni ufficiali. Quanto ai giornalisti, buio pesto: dei conflitti non capiscono niente, nemmeno se vanno sul posto. Anche per questo è ridicola, la roboante propaganda che l’Occidente riversa sulla strana guerra dei russi, omettendo la domanda chiave: perché Mosca sta rinunciando a sfruttare la sua schiacciante superiorità aerea, che le consentirebbe di annientare le resistenze ucraine? In appena tre giorni, dopo aver distrutto a terra i velivoli avversari, i russi hanno acquisito il pieno dominio dei cieli. Però non intendono avvalersene per fare piazza pulita degli ucraini: perché? Forse, lo choc iniziale (un’invasione così massiccia) doveva servire anche a innescare un possibile ribaltone interno, che avrebbe chiuso la partita in poche ore: ma evidentemente, i generali di Kiev – sicuramente in contatto con il Cremlino – non se la sono sentita, di rovesciare Zelensky. Così, è scattato il Piano-B: la manovra a tenaglia per imbrigliare l’Ucraina, senza però raderla al suolo.Il bombardamento su Mariupol? Colpire seriamente una sola città è uno strumento di pressione: vale come monito per tutte le altre, che però non sono state ancora prese davvero di mira. Come dire, è l’ennesima spinta verso l’obiettivo a cui la Russia punta: non la distruzione dell’Ucraina, né la sua occupazione permanente, ma una trattativa che porti a un accordo credibile. Per questo è cresciuto anche il bilancio delle perdite russe: schierare artiglierie campali “napoleoniche”, quasi senza usare missili (e senza ricorrere all’arma più efficace, l’aviazione) espone l’esercito di Mosca a rischi inevitabili. Di nuovo: è un altro modo per “comunicare”, sia pure nell’atroce linguaggio bellico, una volontà negoziale. Lo stesso dicasi per l’incentivo all’evacuazione dei civili: la guerra casa per casa, nelle città, sarebbe insostenibile sul piano dell’immagine, ma anche su quello strettamente militare, perché non farebbe altro che produrre quello che i russi non vogliono, e cioè una carneficina.Meglio quindi dissipare la “nebbia di guerra”: ad accompagnare l’insolito incedere dei russi (che potrebbero stravincere, e invece procedono al rallentatore) è proprio l’ostinazione nel tener aperti spiragli negoziali. Che infatti, nonostante tutto, sembrano destinati ad avere successo: l’Ucraina ha già annunciato possibili concessioni sull’indipendenza del Donbass e sulla rinuncia alla Nato. A quanto pare, Kiev sarebbe disposta a restituire a Mosca anche la piena titolarità della Crimea (territorio storicamente russo, “regalato” all’Ucraina ai tempi dell’Urss, quando la capitale era comunque Mosca, ndr). Io spero che si arrivi presto a una trattativa che, in Ucraina, metta fine all’orrore della guerra, dove a pagare il prezzo maggiore sono sempre i civili. Comunque mi sembra che lo stesso Zelensky non rifiuti la disponibilità negoziale dei russi. Chi vorrebbe farla fallire, allora, questa trattativa? Gli altri: la Nato, gli Usa.A ostacolare la possibilità del negoziato non è certo Putin, che – anzi – vorrebbe che la crisi fosse brevissima: ha le truppe sul terreno, gli hanno messo contro mezzo mondo. Il Cremlino spera che le ostilità fiscano al più presto, e chiaramente spera anche di ottenere alcune concessioni, per evitare di fare una figuraccia. Non è che voglia tantissimo, Putin: e lo sta dicendo. Dall’altra parte, invece, con chi abbiamo a che fare? Dobbiamo fare i conti con l’orribile “piramide gesuito-massonica” (Putin fa parte della “piramide conservatrice”: orribile anch’essa, ma in questo momento meno orribile). La vera piramide offensiva è quella gesuito-massonica: si è presa il Papato, da noi il Quirinale e la Presidenza del Consiglio, e poi l’Onu, la presidenza Ue e la Casa Bianca, insieme alla Germania e alla Francia di Macron. Sono molto all’attacco, cercano di sfruttare questo attuale vantaggio. Loro, in Ucraina, avrebbero interesse al “modello americano”. Ovvero: entro in Iraq e in Libia per “portare la pace”, e intanto faccio fuori quei disgraziati dei dittatori.Oppure: entro in Siria – in vari modi: anche “by proxy”, attraverso altre forze – e tolgo di mezzo il maledetto Assad, per poi sostituirlo con un regime “libero”, fondato sulle elezioni. Ancora: entro in Afghanistan (a suo tempo, per cacciare i sovietici), e poi, dopo l’11 Settembre ci rientro (stavolta “per combattere il terrorismo islamico”). Insomma: vado a “portare la libertà e la democrazia” là dove non ci sono. Ed è ormai dimostrato: ogni volta che lo fanno, il risultato è il contrario. In Afghanistan, con la scusa di cacciare quei comunistacci dei sovietici – che volevano controllare quello che era uno Stato-cuscinetto, com’era fino a ieri la stessa Ucraina – hanno preparano i loro combattenti: li hanno addestrati, li hanno equipaggiati con missili antiaerei e razzi anticarro. E così hanno preparato due forze distinte: Al-Qaeda e i Talebani. Il nome “Al-Qaeda” è stato inventato dalla Cia, ormai si sa. Quel gruppo doveva poi fare anche terrorismo in Occidente, sempre ai loro ordini: proprio quel terrorismo, infatti, ha prodotto l’autoritorismo degli Stati, che hanno ristretto le nostre libertà, facendo avanzare il regime mondialista.Poi, appunto, visto che un regime quasi “normale” poteva nascere persino in Afghanistan, hanno inventato i Talebani: che, in origine, erano studenti islamici (pakistani, però). Così l’Afghanistan è diventato – e lo è tuttora – l’ambiente perfetto per la nascita di qualsiasi terrorismo. E guardate anche la recente aggressione ai danni del Kazakhstan, che ha retto perché difeso dai russi: è stato invaso da decine di migliaia di terroristi, teoricamente “islamici”; ma non sono mai islamici, i personaggi che guidano il terrorismo islamico: sono sempre occidentali. Idem in Siria: si è creato l’Isis e da lì sono partiti miliziani a fare terrorismo in tutto il mondo. Ma l’Isis dove aveva potuto crescere? In un Iraq senza più Saddam Hussein. Chi ha favorito tutto questo? Sempre loro: i nostri governanti occidentali. Per inciso: Saddam li teneva in carcere, i terroristi. Sono poi stati scarcerati dagli invasori americani. Ora, l’Occidente potrebbe avere interesse a fare la stessa cosa con l’Ucraina. Cioè: creare uno Stato destabilizzato, per anni, stavolta all’interno dell’Europa, più vicino a noi e infinitamente più importante.Potrebbe essere l’alibi perfetto per verticalizzare ulteriormente il potere, in termini di Unione Europea, costruendo quindi un elemento di continua provocazione, per la Russia, destinato a durare anni. Immaginate lo scenario: milizie a non finire, anche mercenarie, in Ucraina. Perché è proprio a loro che, già adesso, stanno consegnando le armi che noi stiamo fornendo, da portare – forse – all’esercito ucraino. Ma chi dà le armi agli ucraini sa benissimo che non vinceranno, con quelle armi: sa che moriranno, con quelle armi in pugno. E sa che enormi depositi di armi rimarranno sul terreno, a disposizione dei gruppi che rispondono a loro: neonazisti, mercenari, nuovi gruppi che si formeranno. In altre parole: potrebbe essere in corso una manovra per far diventare l’Ucraina una sorta di Afghanistan o di Iraq europeo, come fomentatore permanente di altri problemi. Speriamo di no, ma già vedo che alcuni passi in questa direzione ci potrebbero essere. Quindi: speriamo proprio che le trattative vadano avanti. In fondo, lo stesso Zelensky va in questa direzione, anche se giustamente sbraita e strilla. E quindi: se Putin è cattivissimo, quanto lo è l’Occidente?(Fausto Carotenuto, estratti dal video “La grande tenaglia in Ucraina: chi fa fallire la pace”, su YouTube dal 10 marzo 2022. Già analista strategico dell’intelligence, Carotenuto – poi fattosi promotore del network “Coscienze in Rete” – vanta una lunga esperienza internazionale, in ambito geopolitico, per conto dei servizi segreti occidentali).In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.
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Sarà il Sole a svegliarci: lo teme la Religione della Paura
La deriva transumanista a cui stiamo assistendo è il frutto di uno scontro di civiltà. Un emblenatico, inesauribile scontro: non solo fra due culture, fra due concezioni del mondo, ma addirittura fra due opposte e inconciliabili forme di civiltà. Una potremmo definirla algida, fredda, pseudo-lineare, agorafobica, già vecchia e stantia nonostante i suoi appena tre secoli di età. E’ una cultura sorta dal razionalismo di fine Seicento e da quella che è passata alla storia come la rivoluzione scientifica. Una cultura che è stata nutrita da una miope incomprensione dell’esperienza illuministica, pur liberatoria, che però si è incanutita precocemente, fossilizzandosi negli ingranaggi del pensiero meccanicistico. L’altra cultura è invece antica come l’alba della conoscenza (e della coscienza), come e più delle stesse piramidi e di quei miti che produssero. Eppure quella cultura è sempre giovane: perché è immortale, orgogliosa e ottimistica, come quegli stessi dèi che la donarono agli esseri umani.E’ una cultura inclusiva, conciliatrice dei complessi rapporti tra uomo e natura. E soprattutto: è profondamente radicata nella più arcaica e radicale delle esperienze umane: la percezione magica del sacro. Lo scontro in corso rappresenta una delle ultime fasi di un conflitto, molto antico, tra la dimensione gnostica – prometeica, titanica, estatica – e la sua drammatica emarginazione e persecuzione ad opera di una falsa religiosità assolutistica, quella del monoteismo patriarcale che si instaurò con il rovesciamento degli antichi dèi. Una deriva che, poi, ha portato a quel delirio teologico che è stato fatto proprio dalla cultura giudaico-cristiana. Ha pesato la sua applicazione totalmente exoterizzante, che ha escluso ogni aspetto esoterico-iniziatico. E ha voluto ritagliare, nella grande spirale del tempo eterno (venerata da tutte le antiche culture del pianeta), un segmento progettuale artificioso: quello di un dio totemico, tanto geloso quanto violento, nemico di tutte le tradizioni fondate sulla conoscenza e sull’esperienza.Razionalismo, rivoluzione scientifica e rivoluzione industriale: oggi Klaus Schwab parla di Quarta Rivoluzione Industriale, a conferma del fatto che sono sempre gli stessi, a cantarsela e suonarsela da soli. Hanno voluto separare il sacro dal profano, l’immanente dal trascendente. Negli ultimi tre secoli hanno tentato, in tutti i modi, di estirpare la spiritualità dalla concezione umana, dalle espressioni della nostra cultura. E spesso e volentieri lo hanno fatto a braccetto con la Chiesa cattolica. Ora siamo giunti a una fase ancora più avanzata: non servono neppure più, le masse. Lo spiega bene Marco Della Luna: le masse sono ormai divenute superflue, per questo potere che vorrebbe “depopolare” il pianeta. Ormai mirano solo al controllo: si aggrappano come pazzi ai residui brandelli del loro potere. Puntano al controllo totale: quindi vogliono la digitalizzazione forzata, il transumanesimo, la sostituzione definitiva dell’uomo con le macchine e la riduzione in schiavitù dei pochi superstiti.Schiavi: privati di coscienza, di libero arbitrio, di raziocinio. Privati di ogni libertà, di ogni diritto. Un po’ come recita lo slogan dell’europea Id 2030: non possiederemo più nulla, ma saremo tutti felici. Vi piacerebbe, vero? Ma non andrà così. Pensiamo a quelli che oggi recitano l’Om nelle piazze: sono comunque segnali di un risveglio spirituale. In tutte le grandi epoche di crisi e transizione, c’è sempre stato anche un grande impulso della spiritualità. L’umanità ha periodicamente compiuto balzi quantici, a livello intellettuale e spirituale. Ebbene: sono stati determinati anche dalle eruzioni solari. Ce ne ha appena riparlato anche l’astrofisica Giuliana Conforto: ci ha spiegato che il campo magnetico della Terra sta mutando velocemente, andando a saldarsi con quello del Sole, oltre che con il campo magnetico della galassia.La prima tempesta solare registrata con strumentazioni moderne risale negli anni Sessanta dell’800: mise fuori uso i telegrafi di tutto il mondo. Se dovesse avvenire oggi, una tempesta solare di quel tipo farebbe saltare tutti i satelliti e le reti di telecomunicazione, inclusa la telefonia cellulare, e probabilmente manderebbe in tilt le stesse centrali elettriche. Non è detto che certi preparativi di una crisi energetica – vera o presunta che sia – non siano anche finalizzati a “coprire” eventuali tempeste solari in arrivo. Ma attenzione: tempeste solari di entità ben maggiore, avvenute ciclicamente, sono state ben documentate: dall’analisi degli anelli degli alberi, secondo la “dendrocronologia”, e anche dai carotaggi dei ghiacci, effettuati sia in Groenlandia che in Antartide. Fra l’altro, è stato anche dimostrato che nel VII secolo avanti Cristo si verificò una tempesta solare oltre 10 volte più devastante di quella del 1864. Non esitendo la telematica, l’umanità la percepì in maniera molto diversa: al limite la videro, sotto forma di aurore boreali alle nostre latitudini e forse ancora più a Sud.Gli effetti sull’uomo, però, non tardarono a manifestarsi: nel VI secolo avanti Cristo l’umanità visse un vero salto quantico. Se è vero che può distruggere, il Sole può anche dare la vita: può fornire un impulso vitale per la nostra intelligenza. Nel VI secolo, infatti, nacquero – simultaneamente – decine di movimenti religiosi innovativi, senza contare l’esplosione della filosofia in Grecia. Nacquero Pitagora, Zarathustra, il Buddha. Fenomeni che rispondono a regole cosmiche, magnetiche? Come in alto, così in basso: quello che accade nella galassia è interconnesso con ciò che avviene sul nostro pianeta. Noi siamo un microcosmo, in rapporto con un macrocosmo. Evidentemente, le tempeste solari sono in grado di farci evolvere anche da un punto di vista spirituale. Altre tempeste solari, del resto, erano avvenute anche in precedenza: una – grandissima, risalente al 1200 avanti Cristo – si verificò in concomitanza con la nascita dei Misteri Eleusini, cioè con l’arrivo a Eleusi della dea Demetra. E ne sono avvenute moltissime altre, sempre in corrispondenza di fatti epocali.Quindi, probabilmente, i gestori della Matrix – quelli che ci dominano – sono anche terrorizzati dalla possibilità di eventi (incluse appunto le tempeste solari) che possano determinare un balzo evolutivo, un salto quantico dell’umanità. Ovvero: se l’umanità prende coscienza di sé, si libera delle proprie catene. Come hanno potuto assoggettare gli esseri umani, per oltre 10.000 anni? Con l’inganno, con i dogmi: con catene mentali e spirituali. Un bravissimo ricercatore come Sabato Scala, studioso del Cristianesimo delle origini, insiste sulla necessità del saper diversificare il Cristianesimo originario dal Cristianesimo “politico”, creato a tavolino – per fini di potere – da personaggi come Giuseppe Flavio, Paolo di Tarso e il filosofo romano Seneca. Ci sono le prove, dei loro complotti: molto abilmente, crearono una nuova religione solo in apparenza derivata dal Cristianesimo delle origini. L’obiettivo qual era? Prendere il potere a Roma e impadronirsi delle redini dell’Impero. E ci riuscirono.Il coronamento del loro delirio fu il famigerato Editto di Tessalonica, promulgato da Teodosio. Non è sbagliato paragonarlo al Green Pass: l’obbligo di aderire alla nuova religione fu imposto con la forza a una popolazione di 60 milioni di abitanti, di cui soltanto il 15% aveva aderito al nuovo credo. A tutti gli altri, il Cristianesimo “paolino” venne imposto con la violenza: chi non si fosse convertito avrebbe perso ogni diritto civile (rischiando anche la vita, in molti casi). Comunque: si perdeva il diritto a frequentare le scuole, a entrare nell’esercito, a rivestire cariche pubbliche, persino ad accedere ai pubblici edifici. Esattamente come oggi: questi non hanno fantasia, ripetono sempre gli stessi atti.Quello che Sabato Scala ci ha indicato è la presenza di precise leve psicologiche, utilizzate dalla nuova religione romana proprio per assoggettare le masse. Secondo la scienza di oggi, queste leve sono elementi certi, assodati, per la manipolazione comportamentale. Si tratta di elementi – scrive Scala – che intervengono nel minare i fondamenti di una psiche sana: perché è proprio la psiche sana, che vogliono attaccare, rendendola malata. Come? Introducendo degli effetti, rinforzati da un apparato mitologico e simbolico creato ad arte, che vanno a scardinare alla radice i pilastri di un sano equilibrio psichico (equilibrio che, nelle antiche tradizioni religiose, era sempre esistito). Quali sono, questi obiettivi? Primo: l’autostima (e l’auto-efficacia). Secondo punto: la consapevolezza delle proprie azioni, e di conseguenza l’assenza di sensi di colpa. Terzo: un equilibrato rapporto corpo-psiche, ovvero una relazione armonica con la propria istintualità.Fin dalla sua prima elaborazione, il Cristianesimo “politico” imposto a Roma, quello che poi ha preso il potere arrivando fino all’Inquisizione e alla caccia alle streghe, ha costruito ad arte un sistema mitologico, un “palinsesto” di rituali e di norme, comportamentali e morali, finalizzato a utilizzare in modo coordinato, secondo un’accurata programmazione neuro-linguistica, tutte e tre le leve citate: autostima, consapevolezza ed equilibrio corpo-psiche. In pratica, attraverso questa manipolazione, sono arrivati a sottomettere le masse con il dogma, impedendo e mortificando l’accesso alla conoscenza. Perché Eva fu cacciata, insieme ad Adamo, dal Paradiso Terrestre? Perché aveva colto il frutto dall’Albero della Conoscenza. Non sia mai: l’essere umano non deve avvicinarsi alla conoscenza. Se lo fa, i dominatori sono perduti.Prometeo, il grande dio Titano, tentò in extremis di salvare l’umanità, che già era caduta sotto il giogo dei nuovi dèi, rubando a Zeus la fiaccola della conoscenza per donarla a noi. Purtroppo quel suo gesto non servì, perché Zeus riprese il sopravvento. Ma quello di Prometeo resta un gesto simbolico importantissimo. Quella stessa fiaccola è rappresentata dalla Statua della Libertà che si erge davanti al porto di New York (e pochi sanno che il prototipo di quella statua è presente sulla facciata del Duomo di Milano). Lo ribadisco: questo è un momento storico, tutti i nodi verranno al pettine. Ci saranno tante macerie, ma siamo sicuramente all’alba di una nuova era. E c’è qualcuno che sta facendo di tutto per non farla cominciare, questa nuova era. L’intento dei dominatori è quello di ancorarsi al loro potere: per questo stanno facendo di tutto per sottomettere l’umanità, per impedirle di evolversi e di compiere questo salto quantico. Soprattutto: all’umanità vogliono impedire di ricordare chi è.Se noi ricordiamo chi siamo – se riconnettiamo la nostra parte animica, divina, con gli dèi creatori, recuperando la memoria genetica che ci hanno trasmesso – allora non ci incatena più nessuno. Se riprendiamo possesso delle nostre capacità, delle nostre vere facoltà, questo li spaventa. E tanto per essere chiari: era scomodo anche il Cristianesimo delle origini, che infatti è stato perseguitato dal Cristianesimo “politico”, progettato per il dominio. E’ proprio al Cristianesimo delle origini che si ispirarono i Catari e anche i Templari, che volevano rovesciare il Papato (si rifacevano infatti alla tradizione giovannita, che era stata spodestata). Erano scomode anche moltissime tradizioni misteriche – come quella eleusina, a cui io appartengo. Entrate in clandestinità, nel medioevo hanno tentato anch’esse, a più riprese, di spodestare la Chiesa: non ci sono riuscite, ma c’è mancato veramente poco.Il Rinascimento non è stato solo una rinascita delle arti e della cultura classica: ha rappresentato una vera rinascita delle scienze e delle coscienze, guidata (sottotraccia) proprio dalle antiche tradizioni misteriche che, come un fiume carsico, erano sopravvissute nel sottosuolo per tornare a riaffiorare e alzare la testa, con la stagione rinascimentale. Potevano farlo, avendo in mano la maggior parte degli Stati e delle signorie dell’epoca, contrapposte al Vaticano. Oggi la Chiesa è molto preoccupata, dalla rinascita di certe tradizioni, che vede esprimersi anche nella new age. Premetto: io non l’ho mai amata, la cultura new age; magari era nata con buone intenzioni, ma poi è stata manipolata (soprattutto negli Usa, dalla Cia) per finalità politiche. Diciamo che, anche in questo caso, bisogna separare la farina dalla crusca.Tornando alla Chiesa cattolica: sta procedendo ormai verso una deriva transumanista, improntata al Grande Reset di Davos. Lo dimostrano anche le scandalose politiche vaccinali del Vaticano: una deriva totalitaria che non trova invece il consenso della maggior parte delle Chiese Ortodosse. Il cattolicesimo romano, al contrario, è totalmente appiattito sull’Operazione Corona, anche perché rappresenta un potere che di cristiano non ha più niente. Ebbene: il potere cattolico è oggi spaventato anche da quello che, genericamente, chiama “gnosticismo”. Il termine però è impreciso: c’è infatti anche uno gnosticismo cristiano, c’è uno gnosticismo di origine ermetica, e c’è uno gnosticismo impropriamente definito “pagano”. Comunque, “gnosi” vuol dire “conoscenza”: quindi, nello gnosticismo possiamo annoverare tante tradizioni. Le gerarchie vaticane usano questo termine, in modo un po’ dispregiativo, per indicare qualcosa di pericoloso. E la polemica non è solo di oggi, risale agli anni Novanta.Interessante il caso di Louis Pauwels, autore de “Il mattino dei maghi”: un libro che, negli anni Sessanta, ha fatto la storia dell’esoterismo occidentale (e anche, in parte, del movimento new age). Poi, in età avanzata, Pauwels ebbe un repentino cambio di rotta: divenne un intransigente cattolico e si mise ad attaccare tutte quelle dottrine esoteriche che escono dai binari della Chiesa. Molto strana, la sua pseudo-conversione: avvenne in seguito a uno strano incidente che quasi gli costò la vita. Mi ricorda la situazione di oggi, in cui molte persone si lasciano manipolare dalla paura, al punto da rinunciare ai loro diritti costituzionali e alla propria libertà. Negli ultimi anni della sua vita, Pauwels arrivò a parlare di un “complotto mondiale neo-gnostico”, ordito da “forze anti-cristiane” che mirerebbero a “indebolire la fede dei cattolici”(sembrano parole di Don Curzio Nitoglia). Comunque, gli attacchi allo gnosticismo – che stanno avvenendo proprio in questi giorni – hanno svariati precedenti nei decenni scorsi, ben oltre il semplice caso Pauwels.Nel 1990, all’indomani del crollo dei regimi dell’Est Europa, l’arcivescovo di Bruxelles, cardinale Godfried Danneels, in una sua lettera pastorale fece una dichiarazione molto inquietante, poi pubblicata nel 1991 sul settimanale “Il Sabato”. «La riesumazione della vecchia gnosi – scrisse, testualmente – è un rischio mortale, che potrebbe portare alla distruzione del Cristianesimo. E il clima di festa e di liberazione dal comunismo non può assolutamente far dimenticare il sorgere di questo nuovo, insidioso avversario». A breve distanza, anche il Pontefice (Giovanni Paolo II) fece una dichiarazione simile, poi inclusa nel libro-intervista “Varcare le soglie”, curato da Vittorio Messori. Lo stesso Wojtyla, dunque, espresse preoccupazione per «la rinascita delle antiche idee gnostiche». Rinascita definita «un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell’atteggiamento dello spirito che, in nome di una profonda e presunta conoscenza di Dio, finisce poi per stravolgere la sua parola».Obiettivamente parlando, qui siamo al ridicolo. Una religione che si considera solida – plurimillenaria – di cosa può mai avere paura? Del risorgere di forme di consapevolezza legate al passato? Evidentemente sì: ne ha tanta paura. E in questi giorni, sempre in ambiti cattolici – anche ambienti giornalistici, persino quelli della cosiddetta controinformazione – si levano le voci di chi pure asserisce di essere contrario alla “deriva autoritaria” in corso, ma poi si mette, curiosamente, ad attaccare proprio lo gnosticismo. Mi domando: ma dov’è, questo gnosticismo? Vedete chiese gnostiche? Movimenti gnostici al potere? Evidentemente, costoro temono una presa di coscienza: temono la riscoperta, da parte delle masse, di antiche tradizioni spirituali (mai sopite). E in maniera un po’ generica e ipocrita, le definiscono con l’etichetta di “gnosticismo”. Lo fanno per non nominarle, per non pronunciare i loro veri nomi.E’ emblematico, il fenomeno: conferma la paura del risveglio. A Firenze, il 14 novembre, sono state schierate le camionette della polizia davanti alla Porta del Paradiso, al Battistero del Duomo, dove si erano radunate migliaia di persone a recitare l’Om. A chi potevano far paura, quelle persone? Alla Curia, immagino, ben più che al governo Draghi. A quanto pare, a quella ritualità di piazza viene attribuita un’importanza enorme. In effetti, davanti alla Porta del Paradiso si prega per qualcosa che va contro i dettami globalisti e transumanisti dell’attuale Chiesa. E allora si sprecano gli attacchi contro queste “nuove forme di gnosticismo”, pericolosissime. In realtà attaccano la rinascita della consapevolezza: è quella, che fa paura. Parallelamente, da parte dell’élite di potere, ci sono progetti per arrivare a una nuova religione mondiale. In realtà risalgono all’Ottocento, e molti sono già naufragati: ma certe fazioni non vi hanno mai rinunciato. Nell’ottica della Quarta Rivoluzione Industriale, vorrebbero arrivare a fondere le tre grandi religioni monoteistiche in una nuova pseudo-religione con i suoi dogmi, i suoi riti e i suoi simboli.Il piano però è già fallito in partenza, sia per il rifiuto (motivato) da parte dell’ebraismo, che per il rifiuto (più che motivato) da parte dell’Islam: quando Bergoglio è andato a Baghdad, per poi animare un incontro interreligioso davanti alla ziqqurat babilonese di Ur, il grande ayatollah Al-Sistani (una delle massime guide spirituali dell’Islam sciita) gli ha risposto: potevi anche fare a meno di venire qui. Come a dire: noi non ci stiamo, non accettiamo questa deriva globalista né tantomeno accettiamo di rinunciare alla nostra tradizione, per fonderci in una religione che sia consona ai poteri di certe élite. Non ha funzionato nemmeno l’incontro interreligioso tenutosi nella Piramide di Astana, in Kazakhstan, perché non ci sono i presupposti per realizzare quel progetto. Aderendo a questa operazione, fino ad imporre addirittura il Green Pass a messa (siamo al delirio, ormai), la Chiesa dimostra di aver perso ogni legittimità residua, agli occhi dei fedeli.Così come gli stessi media manistream, giudicati inattendibili, anche il Vaticano sconta ormai la sfiducia della maggioranza della popolazione: oltre il 60% dei cattolici italiani, probabilmente, rifiutano la piega mondialista del pontificato di Bergoglio, non riconoscendosi più in questa Chiesa. E’ probabile che il cattolicesimo romano vada incontro a uno scisma, che per ora è stato soltanto rimandato. Ed è interessante che gli attacchi anti-gnostici provengano anche da ambienti clericali tradizionalisti: alcuni sono stati sferrati da personaggi come quel noto arcivescovo (Carlo Maria Viganò, ndr) che pure ha fatto proclami importanti, contro la politica di Bergoglio. Anche lui s’è messo a denunciare lo gnosticismo montante. Mi domando: di cosa hanno paura? Del risveglio delle coscienze? Temono di non riuscire più a irreggimentarle?Intendiamoci: la spiritualità non può essere ingabbiata, recintata. Secondo me, l’umanità è destinata (in buona parte) a un grande balzo evolutivo, a una rinascita della coscienza, a una nuova consapevolezza. E questo la porterà davvero ad evolversi, e a liberarsi finalmente da tante catene e da tanti condizionamenti. Il che spaventa enormemente il potere. E’ probabile che ci sarà il tentativo di creare nuovi movimenti di stampo new age, riadattati al presente, per cercare di ingabbiare le persone. E invece, secondo me, oggi possono nascere nuove, grandi correnti spirituali, di portata epocale. Perché siamo veramente a un momento di svolta. Chi vivrà vedrà, ma a mio parere assisteremo a eventi incredibili. Se ci sarà un risveglio della consapevolezza, ci sarà anche un balzo in avanti della società, sotto tutti gli aspetti: un salto quantico, dal mondo scientifico fino alla dimensione del sociale. C’è solo da augurarselo. Prima, però, deve cadere questa impalcatura malvagia, legata all’anti-umanesimo.(Nicola Bizzi, “La spiritualità della nuova era”: dichiarazioni rilasciate a Gianluca Lamberti il 14 novembre 2021, nella trasmissione “Il Sentiero di Atlantide”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”).La deriva transumanista a cui stiamo assistendo è il frutto di uno scontro di civiltà. Un emblematico, inesauribile scontro: non solo fra due culture, fra due concezioni del mondo, ma addirittura fra due opposte e inconciliabili forme di civiltà. Una potremmo definirla algida, fredda, pseudo-lineare, agorafobica, già vecchia e stantia nonostante i suoi appena tre secoli di età. E’ una cultura sorta dal razionalismo di fine Seicento e da quella che è passata alla storia come la rivoluzione scientifica. Una cultura che è stata nutrita da una miope incomprensione dell’esperienza illuministica, pur liberatoria, che però si è incanutita precocemente, fossilizzandosi negli ingranaggi del pensiero meccanicistico. L’altra cultura è invece antica come l’alba della conoscenza (e della coscienza), come e più delle stesse piramidi e di quei miti che produssero. Eppure quella cultura è sempre giovane: perché è immortale, orgogliosa e ottimistica, come quegli stessi dèi che la donarono agli esseri umani.
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Il sonno di Biden: via libera a Israele, nel mirino l’Iran
Come sempre accade in questo paese, è partita la gara al crucifige del potente decaduto di turno. Joe Biden ormai è trattato come un anziano in preda ad attacchi di narcolessia, incapace di gestire una delle operazioni militari più importanti dal Vietnam in poi e totalmente in preda al panico di fronte alle conseguenze dirette e immediate del suo errore. Il giorno dopo la sua elezione era praticamente Napoleone con residenza nel Delaware. Oggi, un vecchietto che guarda i cantieri con le borse della spesa in mano. In effetti, sic transit gloria mundi. Il carro del vincitore è comodo ma anche rischioso come mezzo di locomozione a lungo termine: in questo caso, peggio di una Tesla con pilota automatico. C’è però un problema, molto serio. La stampa spara su Biden, ma non si pone la domanda più importante. E inquietante: chi comanda davvero in America? Perché è ovvio che non sia Biden a farlo, almeno stando all’ultima settimana.Altrimenti occorrerebbe davvero invocare il ritiro delle sue prerogative presidenziali, visto che avrebbe deciso di testa sua di ritirarsi dall’Afghanistan contro tutte le indicazioni di intelligence e buona parte degli alti papaveri del Pentagono: uno così, meglio che non sia dotato dei codici nucleari. E se invece Joe Biden fosse stato messo a Pennsylvania Avenue proprio perché serviva un pensionato presentabile e innocuo, in servizio permanente ed effettivo? Dopo il ciclone Trump, in grado di garantire una falsa guerra commerciale con la Cina che sostenesse gli indici in attesa che la Fed tornasse a sua volta operativa nel settembre 2019, serviva un normalizzatore che tranquillizzasse il mondo. Occorreva la percezione esterna di una primavera americana, citando il titolo di un incensato libro apologetico invecchiato precocemente. E non particolarmente bene.Già, perché al netto di tutti i difetti di Donald Trump, occorre riconoscergli una certa predisposizione all’essere una mina vagante, proprio come assicurazione sulla vita: difficile mettere in campo strategie parallele con uno così, il rischio che salti tutto all’aria diventa preponderante. E non vale la candela. Joe Biden, invece, è perfetto. È il nonno che comincia i preparativi per il pranzo di Natale già a fine novembre, l’uomo dalla lacrima facile e dall’eloquio talmente soporifero che rende superfluo ogni contenuto espresso. Nessuno lo ascolta. Chi comanda allora? I corpi intermedi, si sa, in America dopo gli insediamenti presidenziali cominciano le loro guerre interne di posizionamento per decidere chi darà le carte almeno fino al voto di mid-term. Agenzie in testa, quindi Fbi e Cia. Più la Dea, quando di mezzo c’è il Sud America. C’è poi il Pentagono, un’idrovora di denaro capace però di garantire storicamente un effetto leva al Pil tramite il warfare, la guerra permanente.Di colpo, terrorismo e Isis – in accezione K, quasi fosse la versione light di una bibita – sono tornati sulla scena a colpi di bombe. Note a tutti, talmente note da essere annunciate. E poi distrutte preventivamente come domenica: peccato che l’auto centrata dai droni fosse una normale utilitaria vuota e i pericolosi terroristi uccisi, solo sei bambini e tre adulti altrettanto disgraziati. Perché altrimenti, se fosse davvero stata imbottita di esplosivo per un attentato devastante, la conta delle vittime sarebbe almeno tripla. C’è però una cosa che la stampa, tutta, si è dimenticata di raccontarvi di queste giornate convulse seguite alla presa di Kabul. Abbandonando in fretta e furia la seconda conferenza stampa sul tema, Joe Biden si è congedato dai giornalisti con un perentorio «ora ho un altro impegno, davvero». Ed era vero. Doveva incontrare il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, costretto suo malgrado a un giorno in più di attesa a Pennsylvania Avenue.Ecco le poche parole che Biden, formalmente impegnato h24 nella risoluzione del caos afghano, avrebbe utilizzato come discorso introduttivo al dialogo nello Studio Ovale: «Discuteremo anche della minaccia rappresentata dall’Iran e del nostro impegno per assicurare che Teheran non sviluppi mai un’arma nucleare… Se la diplomazia fallirà, siamo pronti a indirizzarci verso altre opzioni». E che la discussione non fosse puramente un atto di cortesia del presidente Usa verso l’ospite e l’ossessione del suo paese verso gli ayatollah, lo dimostrano le parole dello stesso Bennett sull’argomento, riferite solo pochi giorni prima di imbarcarsi per Washington e riprese dal “New York Times”: «I nostri attacchi clandestini contro l’Iran proseguiranno, continueremo a punire Teheran attraverso attività da zona grigia». Tradotto: spionaggio, sabotaggio e false flags.E se il concetto fosse stato poco chiaro, ecco che il “Jerusalem Post” ha pubblicato un retroscena nel quale il capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano (Idf), generale Aviv Kohavi, confermava come «i progressi del programma nucleare iraniano ci hanno spinto ad accelerare i nostri piani operativi e il budget della difesa recentemente approvato garantisce copertura a queste attività». Quindi, con ogni probabilità, nel meeting tenutosi allo Studio Ovale – nel corso del quale Joe Biden si sarebbe appisolato, suscitando ieri l’ilarità sulla prima pagina di un quotidiano italiano (meno pronto nel rendere noti gli intenti bellicosi di Tel Aviv, però) – si sarebbe parlato di una campagna di operazioni militari e para-militari sotto copertura che Israele intende intensificare contro l’Iran e obiettivi iraniani.Il tutto mentre la Russia, player di primo piano rispetto a quanto sta accadendo in Afghanistan, chiedeva l’esatto contrario alla comunità internazionale: ovvero, il ritorno immediato al tavolo delle trattative di Vienna per discutere, appunto, sull’accordo relativo al nucleare di Teheran. Strana coincidenza: forse Israele vuole sabotare quell’accordo ed è andata a comunicare allo storico e potente alleato il via alle operazioni, ottenendo un tacito via libera a colpi di russate? Chissà se Biden avrà capito, viene da chiedersi a questo punto. Soprattutto le conseguenze di una possibile provocazione strutturale e di larga scala contro Teheran, le cui implicazioni geopolitiche e militari renderebbero la presa di Kabul e l’evacuazione di massa una passeggiata nel parco. Sempre casualmente, poi, domenica scorsa un attacco congiunto di artiglieria e droni ha ucciso 30 soldati della coalizione saudita in Yemen, ferendone una sessantina.Ovviamente, la responsabilità è stata immediatamente attribuita ai guerriglieri Houthi, i quali però – a differenza del solito – non hanno immediatamente rivendicato l’atto. Chi finanzia e sostiene i guerriglieri Houthi nella loro lotta contro Ryad? L’Iran. Guarda caso, dopo settimane e settimane di silenzio, la Penisola Arabica torna a far parlare di sé. A colpi di mortai. E questa volta, anche con l’ausilio di droni. Ovviamente, trattasi di mera casualità. Cosa? Ma il fatto è che a pochi giorni, forse solo ore, dalla conferma di Israele – da parte nientemeno che del primo ministro e del capo dell’esercito – di una campagna di “grey actions” contro Teheran, di colpo i rozzi guerriglieri Houthi diventano infallibili perpetratori di attacchi chirurgici. Addirittura contro una base militare saudita. Roba da professionisti. Un po’ come certe operazioni con i droni a Kabul. Chi comanda in America, dunque? Per la seconda volta in pochi giorni, vi rimando al mio articolo del 31 luglio scorso. Sempre più apparentemente profetico, purtroppo.(Mauro Bottarelli, “Il sonno di Biden e il rischio che Teheran sia peggio di Kabul”, dal “Sussidiario” del 31 agosto 2021).Come sempre accade in questo paese, è partita la gara al crucifige del potente decaduto di turno. Joe Biden ormai è trattato come un anziano in preda ad attacchi di narcolessia, incapace di gestire una delle operazioni militari più importanti dal Vietnam in poi e totalmente in preda al panico di fronte alle conseguenze dirette e immediate del suo errore. Il giorno dopo la sua elezione era praticamente Napoleone con residenza nel Delaware. Oggi, un vecchietto che guarda i cantieri con le borse della spesa in mano. In effetti, sic transit gloria mundi. Il carro del vincitore è comodo ma anche rischioso come mezzo di locomozione a lungo termine: in questo caso, peggio di una Tesla con pilota automatico. C’è però un problema, molto serio. La stampa spara su Biden, ma non si pone la domanda più importante. E inquietante: chi comanda davvero in America? Perché è ovvio che non sia Biden a farlo, almeno stando all’ultima settimana.
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Alieni, Covid, Atlantide: è la “resurrezione” della verità?
Ora non potranno più raccontarci la solita favoletta: l’ammissione della Us Navy ha la portata storica e definitiva di un cambio d’epoca, preceduta di pochissimo dall’annuncio – da parte di Donald Trump – della creazione di una Space Force, unità militare per la difesa aerospaziale. Roberto Pinotti è uno degli ufologi più prestigiosi che esistano: ha collaborato con autorità militari e, negli Usa, ha partecipato al grande progetto internazionale Seti, che ricerca le eventuali “intelligenze non terrestri”. Ha scritto libri tradotti in tutto il mondo, ha fondato e diretto il Cun (centro ufologico nazionale) che ha spesso cooperato con l’aeronautica militare italiana. Quando si parla di Ufo, Pinotti finisce spesso in televisione: nel 2019, ospite della Rai, ha sottolineato il carattere inequivocabile delle esternazioni della Us Navy sugli incontri (frequenti) con oggetti volanti non identificati. Affermazioni poi confermate ufficialmente dal Pentagono nel 2020, mentre il mondo era già intrappolato nel disastro globale chiamato Covid.
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Putin a lezione di democrazia dal favoloso Tony Blinken
Un coraggio da leone, quello di Tony Blinken: l’uomo che impartisce lezioni di democrazia a Vladimir Putin, contestando la dura repressione delle manifestazioni pro-Navalny, è un tizio che oggi fa il segretario di Stato nell’amministrazione di Joe Biden, l’uomo che sostiene di essere stato eletto presidente degli Stati Uniti. E’ stato insediato col favore delle tenebre, grazie alla misteriosa sospensione notturna dello scrutino e al miracoloso afflusso di voti postali, anche fuori tempo massimo e in violazione delle norme elettorali previste dalla Costituzione di alcuni degli Stati in bilico. Un lavoretto completato dagli algoritmi della Dominion Voting Systems, che si sospetta siano stati taroccati in partenza e poi ri-tarati in corso d’opera, viste le inattese dimensioni della valanga di voti a favore del probabilissimo vincitore reale, Donald Trump, ultimo vero presidente degli Stati Uniti per la maggioranza degli americani (sondaggi Gallup) e primo nella storia ad aprire ora un Ufficio dell’Ex Presidente, in Florida. Ebbene: dall’alto di questo capolavoro di trasparenza squisitamente democratica, l’eterno scudiero di Sleepy Joe Biden – uno dei politici più mediocri e corrotti della storia politica americana – adesso si permette di ammonire lo Zar: non osi procedere oltre, nel fare strame delle libertà democratiche in Russia.Affabilmente, Giulietto Chiesa canzonò l’anziano Eugenio Scalfari per aver descritto Putin come “il capo del comunismo mondiale”, nientemeno, dimenticando il microscopico dettaglio rappresentato da un bruscolino come la Cina, il più esteso, popoloso e potente paese al mondo che sia mai stato retto da un partito comunista. Anni fa, lo studioso italiano Igor Sibaldi, di madre russa, espose la seguente tesi: già ai tempi dell’Urss, l’impero di Mosca era retto da una trentina di grandi famiglie, al di là della vernice cosmetica del Pcus. In piena sintonia con quella ristretta cerchia di oligarchi, secondo Sibaldi, il lungimirante Jurij Andropov – temendo l’inevitabile collasso socio-economico del “socialismo reale” – trasformò il vecchio Nkvd staliniano nel micidiale, efficientissimo Kgb, come nerbo irriducibile dell’élite, capace di sopravvivere all’eventuale disfacimento dell’Unione Sovietica. Non è un caso che venisse dal Kgb lo stesso Gorbaciov, storico pupillo di Andropov, né che provenga dai ranghi di quell’intelligence lo stesso Putin. Sono sempre quelle famose “trenta famiglie”, le detentrici del vero potere in Russia, al di là del ruolo che ha saputo ritagliarsi, di suo, uno statista di levatura mondiale come l’attuale uomo del Cremlino, da vent’anni ininterrottamente in sella?E’ noto che Putin fu chiamato in servizio quando il potere russo ne ebbe abbastanza dell’esausto Boris Eltsin, che aveva letteralmente svenduto il paese alle multinazionali americane. Qualcosa del genere, secondo uno schema invariabile, si ripeté nel 2014 con la finta “rivoluzione arancione” in Ucraina contro il corrotto presidente filorusso Yanukovic, accusato di aver truccato le elezioni dopo aver estromesso l’opposizione. All’arbitrio dell’autocrate ucraino si rispose gonfiando le piazze in modo pacifico, ma a un certo punto furono misteriosi cecchini a sparare sulla polizia, a Maidan, per provocare la repressione violenta che segnò la fine di Yanukovic e il passaggio di Kiev dall’orbita di Mosca a quella di Washington, secondo il più classico e opaco dei copioni, in mezzo a falangi di miliziani armati di fucili e bandiere neonaziste. Letteralmente automatica, a quel punto, la secessione dell’Est dell’Ucraina, il Donbass a maggioranza russa, e la scelta della Crimea di tornare sotto l’ala della madrepatria russa, di cui la penisola del Mar Nero aveva sempre fatto parte. Altrettanto scontata la reazione della “comunità internazionale”, alias Washington Consensus: dure sanzioni alla Russia (con anche gravissimi danni al made in Italy).Dettaglio non scontato, invece, la presenza della famiglia Biden nel ricco “affaire” ucraino: dopo gli infiniti viaggi a Kiev dell’allora vice di Obama, fu affidato a Hunter Biden l’opulento malloppo di Burisma, colosso del petrolio e del gas ucraino. Inutile aggiungere che l’attuale segretario di Stato americano, Tony Blinken, era già il braccio destro di Sleepy Joe (non così “addormentato”, a quanto pare, se si trattava di incassare cospicui dividendi, non solo politici). Lo stesso Blinken era accanto a Biden anche rispetto al teatro siriano, quando Obama – anche attraverso un falco come John McCain – favorì l’esplosione del bubbone Isis, a partire dall’Iraq, dove fu improvvissamente rilasciato un personaggio che poi si sarebbe fatto chiamare Abu Bakr Al-Bagdadi. Da quasi una decina d’anni, Vladimir Putin si trova di fronte lo stesso avversario, pronto a promuovere la guerra, che la scena si svolga in Ucraina o in Siria, dove è stata proprio la Russia a sgominare le bande di tagliagole dello Stato Islamico, che gli americani facevano finta di non conoscere.In questo, stando a Wikipedia, Tony Blinken è persino trasparente: «Non ho mai visto una decisione più coraggiosa presa da un leader», disse nel 2011, applaudendo il Barack Obama che aveva appena raccontato di aver fatto uccidere Osama Bin Laden, già operativo della Cia in Afghanistan, morto quasi certamente parecchi anni prima. Può sembrare ridicolo, almeno quanto la storiella dell’inabissamento in mare della presunta salma del redivivo Bin Laden, ma nessun tribunale statunitense ha mai potuto imputare legalmente al capo di Al-Qaeda alcuna responsabilità formale nel super-attentato che distrusse le Torri Gemelle, spalancando la strada al Nuovo Secolo Americano vagheggiato dai Bush con le loro guerre, approvate senza riserve dal democratico Joe Biden, presidente della commissione esteri del Senato. Gli era accanto sin da allora Tony Blinken, favorevole nel 2003 alla brutale invasione dell’Iraq motivata dalle (inesistenti) armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Blinken ha definito la determinazione a invadere l’Iraq «un voto per una diplomazia dura».Finita la prima parte del “lavoro”, scrive sempre Wikipedia, Tony Blinken «ha assistito Biden nella formulazione di una proposta al Senato per stabilire in Iraq tre regioni indipendenti, divise lungo linee etniche o settarie». Un orrore, trasformato in un fiasco: «La proposta è stata respinta in modo schiacciante in patria, così come in Iraq, dove il primo ministro si è opposto al piano di spartizione». Dal 2009 al 2013, Blinken è stato consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vicepresidente Biden. Dal 2015 al 2017 è stato poi vicesegretario di Stato di John Kerry e viceconsigliere della sicurezza nazionale dal 2013 al 2015, sotto la presidenza Obama. Ruoli molto importanti, che gli hanno permesso di «contribuire a elaborare la politica statunitense su Afghanistan e Pakistan», con esiti letteralmente imbarazzanti. Lo stesso Blinken si è anche impegnato «sul programma nucleare dell’Iran», al quale si era fermamente opposto Donald Trump. Invano: oggi, la squadra di Biden è già al lavoro per ripristinare buone relazioni con Teheran.«Può usare Twitter anche l’Ayatollah, ma non Trump», ha protestato in questi giorni un parlamentare trumpiano, denunciando la scandalosa censura di Big Web praticata in modo unilaterale a vantaggio di “democratici” come Biden e Blinken, nell’ex “paese della libertà” che si sente in vena di dare lezioni alla Russia. Parla da solo, del resto, il vasto curriculum di Blinken: «Un profilo del 2013 lo descriveva come “uno degli attori chiave del governo nella stesura della politica sulla Siria”», il paese letteralmente fatto a pezzi dall’Isis, mentre le truppe Usa stavano a guardare. Un recidivo, Blinken: già nel 2011 aveva «sostenuto l’intervento militare in Libia e la fornitura di armi ai ribelli siriani». Tecnicamente: un professionista del Nuovo Disordine Mondiale, a suon di bombe. «Nell’aprile 2015, Blinken ha espresso sostegno all’intervento guidato dall’Arabia Saudita nello Yemen». Ha detto che «come parte di questo sforzo, abbiamo accelerato le consegne di armi, abbiamo aumentato la nostra condivisione di intelligence e abbiamo istituito una cellula di pianificazione del coordinamento congiunto nel centro operativo saudita».Questo sarebbe dunque il profilo essenziale del nuovo Mister America in funzione di ministro degli esteri. Un uomo accorto, di origine ebraica, membro del potentissimo Council on Foreign Relations, santuario paramassonico del massimo potere. Politica e affari, come il suo maestro Biden: nel 2017, Blinken ha co-fondato WestExec Advisors, una società di consulenza strategica politica. Tra i clienti figurano Jigsaw (Google), la società israeliana di intelligenza artificiale Windward e il produttore di droni di sorveglianza Shield Ai, che ha firmato un contratto da 7,2 milioni di dollari con l’Air Force. “The Intercept” ha descritto «il ruolo di WestExec nel facilitare i rapporti tra le aziende della Silicon Valley, il Dipartimento della difesa e le forze dell’ordine», un po’ come nel caso della storica Kissinger Associates. Così come altri membri del “transition team” di Biden, tra cui il neo-ministro della difesa Lloyd Austin, Blinken è partner della società finanziaria (”private equity”) Pine Island Capital Partners, socio strategico della stessa WestExec. «Il presidente di Pine Island è John Thain, l’ultimo presidente di Merrill Lynch prima della sua vendita a Bank of America».«Blinken – precisa ancora Wikipedia – è andato “in congedo” da Pine Island nell’agosto 2020 per unirsi alla campagna di Biden come consulente senior di politica estera. Ha detto che si sarebbe liberato della sua partecipazione in Pine Island, se confermato per una posizione nell’amministrazione Biden». Salvare le forme: non suona bene, l’espressione “conflitto d’interessi”. Lo scorso autunno, Pine Island ha raccolto 218 milioni di dollari «per una società di acquisizione di scopo speciale (Spac)», un’offerta pubblica per investire in «difesa, servizi governativi e industrie aerospaziali», nonché sulla gestione dell’emergenza Covid, considerata redditizia in quanto il governo Trump «si rivolgeva ad appaltatori privati per affrontare la pandemia». A dicembre, persino il “New York Times” ha sollevato domande sui potenziali conflitti d’interesse tra i dirigenti di WestExec, i consulenti di Pine Island (incluso Blinken) e loro ruolo nell’amministrazione Biden.«I critici hanno chiesto la piena divulgazione di tutte le relazioni finanziarie di WestExec e Pine Island, la cessione della proprietà di partecipazioni in società che fanno offerte per contratti governativi o godono di contratti esistenti», raccomandandosi che Blinken e altri «si ritirino dalle decisioni che potrebbero avvantaggiare i loro precedenti clienti». E’ questo, dunque, il background del Blinken che vorrebbe mantenere a Gerusalemme l’ambasciata americana in Israele e critica giustamente la Cina come feroce tecno-autocrazia: Blinken si schiera con le proteste di Hong Kong e si dichiara pronto a difendere Taiwan con ogni mezzo, di fronte alle minacciose provocazioni anche militari di Pechino. Non che gli antichi vizi siano scomparsi: lo stesso Blinken ha ribadito il suo sostegno a mantenere aperta la porta della Nato per la Georgia, destabilizzando così la frontiera con la Russia e violando gli storici accordi stupulati ai tempi di Gorbaciov. Fu George W. Bush a far precipitare la situazione nel Caucaso, incoraggiando il sanguinoso bombardamento della capitale dell’Ossezia del Sud, Tskhinvali, rimasta filo-russa. Gente dal grilletto facile, quella tornata alla Casa Bianca? Niente paura: sempre Wikipedia ci informa che Tony Blinken suona la chitarra e ha persino tre canzoni disponibili, su Spotify, con l’alias ABlinken (pronunciate come “Abe Lincoln”). Queste sì, sono notizie confortanti.Un coraggio da leone, quello di Tony Blinken: l’uomo che impartisce lezioni di democrazia a Vladimir Putin, contestando la dura repressione delle manifestazioni pro-Navalny, è un tizio che oggi fa il segretario di Stato nell’amministrazione di Joe Biden, l’uomo che sostiene di essere stato eletto presidente degli Stati Uniti. E’ stato insediato col favore delle tenebre, grazie alla misteriosa sospensione notturna dello scrutino e al miracoloso afflusso di voti postali, anche fuori tempo massimo e in violazione delle norme elettorali previste dalla Costituzione di alcuni degli Stati in bilico. Un lavoretto completato dagli algoritmi della Dominion Voting Systems, che si sospetta siano stati taroccati in partenza e poi ri-tarati in corso d’opera, viste le inattese dimensioni della valanga di voti a favore del probabilissimo vincitore reale, Donald Trump, ultimo vero presidente degli Stati Uniti per la maggioranza degli americani (sondaggi Gallup) e primo nella storia ad aprire ora un Ufficio dell’Ex Presidente, in Florida. Ebbene: dall’alto di questo capolavoro di trasparenza squisitamente democratica, l’eterno scudiero di Sleepy Joe Biden – uno dei politici più mediocri e corrotti della storia politica americana – adesso si permette di ammonire lo Zar: non osi procedere oltre, nel fare strame delle libertà democratiche in Russia.
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Carotenuto: l’ombra dei gesuiti sulla presidenza Biden
Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.«Per intenderci: la destra classica promuove apertamente l’egoismo sociale, mentre la nuova sinistra postmoderna (quella “gesuitica”, appunto) è più insidiosa, visto che riesce a mascherare i suoi reali intenti dietro il velo dei buoni sentimenti, dei diritti civili e del politicamente corretto, sfornando “bidoni” perfetti: ieri Obama, e oggi Biden». Stessa regia, assicura Carotenuto: e i sapienti “stregoni” della manipolazione sarebbero sempre loro, i gesuiti. In un interessante video sul web, Carotenuto invita a dare un’occhiata alla squadra del nuovo inquilino della Casa Bianca: «Compaiono uomini della Cia come George Tenet e lo stesso Robert Gates, altro specialista in materia di terrorismo mediorientale: sono stati tutti formati alla gesuitica Georgetown University, dove insegnava un certo Henry Kissinger. Non è un segreto per nessuno: Joe Biden è intimo dei gesuiti e di personaggi usciti da Georgetown».Carotenuto sottolinea la vocazione storica dei seguaci di Ignazio de Loyola, nati come educatori dei giovani principi: «Una volta formati non li mollano più: li fanno diventare Ciampi, Monti, Draghi, Rutelli, creando una vera e propria struttura, una rete fatta di carriere in qualche modo “assitite”». Per la prima volta nella storia, un gesuita occupa addirittura il Soglio Pontificio: Trump lo ha attaccato frontalmente, attraverso Mike Pompeo, per la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. E Biden? All’opposto: è devoto a Bergoglio, gli obbedisce. «Biden fa tutto quello che Papa Francesco chiede: aperture sull’aborto, sui gay, sulla green economy, sui migranti, sulla povertà, sul clima». Beninteso: «Sono temi anche condivisibili, ma vengono adoperati come cosmesi per ricevere i voti delle classi medie, dei benpensanti, per poi spingere le agende del potere vero: guerre, elettromagnetizzazione del pianeta, Great Reset».Attenzione ai gesuiti, insiste Carotenuto: è uscito da Georgetown il nuovo, potente capo di gabinetto della Casa Bianca, cioè Ron Klein. «Cattolico e vicino agli ambienti gesuiti è anche William Burns, appena nominato direttore della Cia, molto impegnato nella destabilizzazione del Medio Oriente quando lavorava per Obama». Viene da Georgetown anche Avril Haines, messa a capo della direzione generale dell’intelligence. Allievo dei gesuiti è lo stesso barone della medicina Anthony Fauci, che neppure Trump era riuscito a sloggiare. «Pubblicamente, Fauci ha dichiarato di aver appreso proprio dai gesuiti i fondamenti del senso della vita. E adesso Biden l’ha posto a capo della delegazione che segnerà il rientro trionfale degli Stati Uniti nell’Oms», l’opaca struttura mondialista da cui Trump si era ritirato, in polemica per la gestione poco trasparente (e troppo “cinese”) dell’emergenza Covid, utilizzata per sospendere diritti e libertà in nome della sicurezza.Gesuiti dietro a Biden? Eccome, assicura Carotenuto: viene dalle scuole della Compagnia di Gesù buona parte del team del nuovo presidente, probabilmente abusivo data l’ingente massa di prove che documentano i clamorosi brogli elettorali (che nessuna corte giudiziaria si è finora degnata di esaminare, in dettaglio). «Joe Biden è vicinissimo ai gesuiti, e ha citato Bergoglio già nel suo primo discorso dopo la “vittoria” elettorale». Ma attenzione: chi lo ha “incoronato”, formalmente? A pronunciare la preghiera per la cerimonia di inaugurazione della presidenza Biden, il 20 gennaio, è stato un gesuita molto imporante, padre Leo O’Donovan, per molti anni rettore della Georgetown University. «Quell’uomo ha “allevato” ministri, dirigenti della Cia e presidenti americani, come Bill Clinton». Strano cattolico, secondo Carotenuto: «Alla Georgetown, O’Donovan aveva fatto fare conferenze ai grandi editori americani della pornografia, e aveva anche dato il via a ricerche sull’utilizzo biomedico dei feti: un fatto non comune, per un cristiano».Proprio non piacciono, a Carotenuto, i gesuiti vicini al potere: «Sono formatori di forme-pensiero che sanno un po’ di “mago nero”, o forse prendono ordini da qualche “mago nero”». Nel suo saggio sull’apparente “mistero” della geopolitica, quasi sempre votata al disastro, l’analista definisce “maghi neri” alcuni uomini-chiave, che spesso agiscono nell’ombra per condizionare le dinamiche del vivere collettivo attraverso sofisticate manipolazioni, impartendo precisi ordini all’intera catena di comando della “piramide”, di cui i politici rapprestano i semplici terminali. Surreale? Fate voi, sembra dire Carotenuto. «Ma sappiate che, per 11 lunghi anni, da metà Novanta a metà Duemila, padre Leo O’Donovan è stato uno dei direttori della Walt Disney. E in quel periodo, tanti elementi oscuri sono stranamente entrati nei film della Disney». L’ex rettore della Georgetown University è legatissimo ai Biden: ha presieduto la messa per il funerale del figlio del neopresidente, Beau Biden, morto nel 2015 per un tumore al cervello.Quand’era vice di Obama, Biden ha partecipato qualche volta anche alla messa nella chiesa dell’università, dove ha anche tenuto una conferenza sulla fede e la vita pubblica. Joe Biden, peraltro, è l’autore dell’introduzione al libro di O’Donovan, “Blessed Are the Refugees: Beatitudes of Immigrant Children” (“Beati i rifugiati: Beatitudini per i bambini migranti”). Fonti di stampa ricordano che, proprio sul tema delle migrazioni, Biden è intervenuto lo scorso novembre a una raccolta fondi del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, di cui O’Donovan è direttore, assicurando che avrebbe portato i numeri di accoglienza dagli attuali 15.000 previsti dall’amministrazione Trump a 125.000. Buoni sentimenti da esibire con la mano destra, mentre con la sinistra si dà il via libera alla guerra e magari al terrorismo “false flag”? Ipocrisie del politically correct, per far digerire meglio la cosiddetta agenda mondialista neoliberale? Tipico, in un certo senso, del nuovo globalismo delle anime belle, che tifano per le Ong anche quando a finanziarle è un uomo spregiudicato come George Soros.Ovviamente, sottolinea Carotenuto, non ci sono solo i gesuiti, a fare da guida, nel gruppo che si è sostanzialmente ripreso l’America dopo la parentesi Trump: «C’è anche la massoneria, che però è sempre più “massa di manovra”». L’analista steineriano di “Coscienze in Rete” non ha una buona opinione, dei grembiulini, ma non va confuso con le voci del complottismo massonofobico: la massoneria si è corrotta, sostiene, divenendo organica al potere più deteriore. «Un tempo – afferma – le massonerie erano al servizio di potenze “bianche”, quando erano un frutto dei Templari e dei Rosa+Croce. Poi, appunto, sono diventate essenzialmente “massa di manovra” delle peggiori potenze mondiali, anche se alcune di esse si dipingono come progressiste». Non a caso sono anch’esse, insieme ai gesuiti, nella cabina di regia che gestirà «le decisioni che poi verranno fatte firmare a Biden».Una regia composita e, per Carotenuto, poco rassicurante: «Ci sono gesuiti e pezzi di massoneria, pezzi di Vaticano, nonché potentati finanziari enormi, anche ebraici e cinesi, equamente suddivisi tra le due “piramidi” del grande potere». Problema evidente: «Cosa potrà fare, Biden, se non obbedire a quelli che l’hanno messo lì?». E attenzione: «Ce l’hanno messo nonostante i tanti sospetti sessuali, i suoi strani atteggiamenti, le accuse sessuali ritirate anni fa da tre donne. Veramente penoso, poi, quel suo strusciarsi addosso alle bambine e alle ragazzine, in evidente imbarazzo nei video che sono circolati sul web». Eppure, i media l’hanno acclamato subito, senza riserve, come nuovo presidente: e l’hanno fatto prima ancora che finisse la conta dei milioni di voti postali arrivati fuori tempo massimo e gestiti (col favore delle tenebre) attraverso la piattaforma digitale Dominion. Ed ecco che oggi Joe Biden siede alla Casa Bianca. A fare cosa? «Se ne starà lì con la sua faccetta ripulita, stirata, limata, botulinata e ritoccata: gli toccherà fare bei discorsi, e soprattutto firmare decisioni prese da altri».Per Carotenuto, l’agenda del potere oggi dominante è frutto di una strategia profonda, precisa, organica. «Rispetto al gruppo di Trump, questa “piramide” ha un vantaggio enorme: dispone di molti uomini preparati, in grado di portare avanti queste stretegie». Quali? Presto detto: «Mondializzazione, emergenze, vortici di paura e di odio, sfruttamento propagandistico del surriscaldamento climatico, falsa rivoluzione green. E poi guerre, squilibri, vaccinazioni di massa, condizionamenti culturali, meccanizzazione digitale degli esseri umani». Sottolinea Carotenuto: «Non è che in questo manchino elementi buoni: ma, ripeto, sono essenzialmente cosmetici, per mantenere un certo consenso». Una tattica che l’analista riconosce come eminentemente gesuitica: sottile, raffinata. Trump faceva la faccia feroce? Che ingenuo: meglio sorridere, se si hanno nel cassetto determinati piani, che prevedono coercizioni e sottrazione di libertà. Un marchio di fabbrica: «Non dico che tutti quelli che sono stati a Georgetown lavorino per i gesuiti, ma quelli che fanno carriera vi assicuro di sì. E il loro stile è inconfondibile».Con Biden, sintetizza Carotenuto, gli Usa tornano in scena come lo strumento principale di una accurata strategia della tensione internazionale, basata su una grande destabilizzazione geopolitica del pianeta. «Trump l’aveva evitata, frenando su tutto: era il meglio che poteva fare, coi limitati mezzi che aveva». Joe Biden, che si presenta come un anziano bonario (una specie di colomba) è stato invece un falco di prima grandezza. «E’ stato presidente della commissione esteri del Senato per tanti anni, ed era un sostenitore del rifacimento di tutte le mappe del Medio Oriente, a colpi di guerre e scontri interreligiosi». Motivo: «Era quello che volevano i vertici della “piramide”: creare in Medio Oriente un vortice di odio e di violenza». Quasi invisibile, eppure onnipresente: «Joe Biden ha lavorato alle false “primavere arabe”, insieme a uomini che oggi entrano nella sua amministrazione. Prima ancora, era stato un grande sostenitore dell’invasione dell’Iraq: negli Usa era in prima linea, nel vendere al pubblico la favola delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam».Un gran bel bilancio: un milione di morti, nella regione, con una destabilizzazione spaventosa che si trascina da 18 anni, in un mare di sangue. «Nel 2011, sempre Biden ha fatto fallire una trattativa che doveva servire a mantenere gli Usa a presidiare alcune zone del nord dell’Iraq. Invece gli Stati Uniti, grazie a Biden, hanno ritirato le truppe. Così i curdi sono rimasti soli e sono stati massacrati, e Daesh ha potuto creare l’Isis». Stragi, terrorismo, lutti infiniti. «Molti di quei morti dovrebbe averli sulla coscienza Joe Biden (se solo ce l’avesse, una coscienza)». Un veterano del peggio: «Un vero servo dei poteri oscuri: è stato uno dei 29 senatori democratici che diedero i voti a Bush per fare la guerra in Iraq». Ecco perché Fausto Carotenuto non è affatto ottimista: «Rivedremo gli Usa in azione in Libia, in Siria, nel Golfo Persico: devono tornare a creare vortici di guerra e di odio, cioè “malattie dell’umanità” per conto dei loro padroni oscuri. Il business delle armi? C’è anche quello, ma è solo un corollario».Da navigato analista geopolitico, il fondatore di “Coscienze in Rete” considera un disastro anche la probabile distensione con l’Iran, «che ha seriamente intenzione di fabbricare la sua atomica». Nei primi anni ‘80, Carotenuto era a Teheran: «Conosco bene quel regime, so che la bomba la voleva già allora, per difendersi in caso di attacco. Lentamente, la “piramide” cui fa capo Biden ha lasciato che l’Iran si avvicinasse alla meta: pensate al vortice di tensione che si innescherebbe, con un Iran trasformato in potenza nucleare per stare al pari di Israele. Non a caso, l’orrido regime di Teheran è felice della nomina di Biden. E’ sollevato anche il popolo, perché si toglieranno le sanzioni: ma vi assicuro che a essere felici sono soprattutto gli ayatollah». A peggiorare saranno ovviamente le relazioni con la Russia, «perché Putin fa parte dell’altra “piramide”, quella che ha utilizzato lo stesso Trump». Joe Biden ha grandi credenziali, del resto, come nemico di Mosca: ha promosso la “rivoluzione colorata” in Ucraina, il “golpe di piazza” gestito anche da neonazisti, per poi passare all’incasso attraverso il figlio Hunter, coperto di dollari come dirigente del colosso petrolifero Burisma.La parte del leone, naturalmente, potrebbe farla la Cina: «Trump aveva chiuso le porte, ai cinesi, ma adesso le riapriranno», profetizza Carotenuto. «Non è nell’interesse degli Usa, riaprire alla nuova superpotenza mondiale. Ma i “dem”, appunto, non fanno gli interessi degli Stati Uniti: assecondano invece quelli del grande gruppo mondialista che ha già deciso che i mercenari del futuro “impero” non saranno più gli americani, ma i cinesi: sono più lavoratori, sono tanti ed eseguono gli ordini senza fare storie, e in più non sono impigriti dal troppo benessere, dall’alimentazione sbagliata e dai farmaci sbagliati con i quali gli americani sono stati nutriti e curati per decenni». Possibili anche nuove tensioni con la Corea del Nord, focolaio ieri abilmente spento da Trump: «E’ sempre comodo, per creare tensione, avere un “diavolo” minaccioso». Per Carotenuto, poi, migliorerà «un’altra cosa contraria agli interessi Usa», ovvero «le relazioni con l’Unione Europea». Il gruppo che manovra Biden «vuole un’Ue forte, perché rappresenta un anticipo del mondialismo».Per gli Usa, dal punto di vista del mero interesse nazionale, «sarebbe meglio avere a che fare con un’Europa spezzettata, più facilmente dominabile». Ovvio: «Se l’Europa si unisce davvero, rischia di diventare più potente degli Usa». Eppure lo faranno: «Miglioreranno i rapporti con Bruxelles, proprio perché non servono gli interessi statunitensi. Si potrebbero definire traditori della patria, ammesso parlare di patria che abbia ancora un senso». In primo piano anche poi il clima: «Scontato il rientro immediato negli accordi di Parigi: è all’insegna del mondialismo e del “gretismo”, cioè la favola dell’origine antropica del “climate change”, largamente provocato dall’azione del sole». Un modo ultra-digitale, sempre più wireless? «Con l’elettrificazione si creano enormi campi magnetici: il che non è esattamente “green”, dati i loro effetti sull’organismo e sull’ambiente». E via così: «Si ridarà forza e finanziamenti all’Onu, all’Oms e a tutte le grandi organizzazioni internazionali, che non sono altro che l’anticipazione del globalismo che verticalizza il potere e marginalizza l’individuo».Per Carotenuto, la “piramide gesuitica” di Biden è quella più attiva nella sua missione storica: frenare il risveglio delle coscienze, che starebbe letteralmente sul punto di esplodere, coinvolgendo ormai un essere umano su tre. «Si evita il risveglio anche con i vaccini, con farmaci sbagliati, con lo sfruttamento di un virus che si poteva curare e non si è curato adeguatamente. Tutto quello che indebolisce le nostre forze vitali, fisiche e psichiche, indebolisce il nostro risveglio». Ora, dice Carotenuto, il drago si è ripreso l’America e vuole il Grande Reset. Ne saremo travolti? «No, è solo il ritorno della vecchia politica, che comunque non ci ha travolto. Anzi: l’umanità ha cominciato a crescere proprio per reazione a queste politiche balorde, il cui carattere orribile diventa sempre più evidente». Un auspicio: «Il cielo non consentirà a questo gruppo di fare più di quanto possiamo sopportare, e finirà col produrre un’ulteriore crescita interiore, come infatti è successo finora: le dittature della Seconda Guerra Mondiale hanno prodotto nel dopoguerra l’esplosione della democrazia, la voglia di libertà».Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.
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Imbarazzante: Biden “eletto” col favore delle tenebre
E’ pensabile che si possa vivere nella vergogna, cioè all’ombra del Presunto Presidente Eletto? L’autorità giudiziaria statunitense si è finora categoricamente rifiutata di esaminare l’oceano di prove a supporto del presunto maxi-broglio che avrebbe decretato la “magica” vittoria dell’ectoplasmatico Joe Biden, mentre un ex dirigente della Cia come Bradley Johnson sostiene che il trionfo elettorale di Trump sia stato così enorme da spiazzare i bari, costretti nella notte a sospendere lo spoglio dei voti e potenziare l’algoritmo-truffa, che avrebbe definitivamente frodato gli elettori americani “restituendo” le schede (taroccate) alle macchine digitali di Dominion, addirittura via satellite, dall’Italia. La sede operativa della truffa, affidata a esecutori dell’intelligence inglese, sarebbe stata l’ambasciata statunitense di Roma: avrebbe utilizzato la tecnologia satellitare di Leonardo, sotto il controllo degli 007 di “Giuseppi”. Tutto da provare, certo. Ma intanto: non è scandaloso, il rifiuto sistematico di analizzare indizi, sospetti ed evidenze? La difesa legale di Trump ha inutilmente presentato oltre 1.000 testimoni, disposti a giurare di aver assistito ad ogni sorta di irregolarità.Si parla di voti attribuiti a morti, a elettori non registrati e non residenti negli Stati dove hanno votato. In alcuni Stati si calcola che abbiano votato anche 2-300.000 persone in più, rispetto a quelle previste, e con modalità improvvisate all’ultimo minuto, violando le disposizioni costituzionali in materia elettorale. Negli Stati-chiave si parla anche di pacchi di 50 schede, sempre le stesse, fatte conteggiare – fino a 8 volte consecutive – dagli scanner di Dominion. Accadde in quell’inspiegabile blackout notturno: due ore, in capo alle quali il trionfatore Trump (che stava dilagando, ovunque) si scoprì sconfitto grazie a centinaia di migliaia di voti prodigiosamente arrivati, in ritardo e tutti insieme, per Sleepy Joe. «Sarà l’imbroglio più colossale della storia», si lasciò scappare in un lapsus, alla vigilia, il Presidente-Fantasma, del cui declino mentale sono in pochi a dubitare. Si può lasciar cadere tutto questo nel nulla? Certo, che si può. Si può anche fingere di non vedere che la sgangherata invasione del Congresso, il 6 gennaio, era speculare allo sgangheratissimo election-day: la rabbia popolare contro il Falso Tempio della Democrazia, per rispondere simbolicamente alle False Elezioni.Sangue e fake: il drammatico epilogo (la dimostrante inerme, colpita a morte) sembra la bara politica perfetta, in cui inchiodare il Trump che aveva osato sfidare l’establishment neoliberista, il Covid, la Cina e il Vaticano, il Deep State terroristico in quota “dem” e il globalismo-canaglia delle Ong di Soros. Delenda Carthago: la damnatio memoriae è giunta all’atto finale, col presidente degli Stati Uniti insultato dai media, espulso dalla televisione, oscurato dai social (privati) come se si trattasse di un teppista criminale. Gli si è tolta la parola, per paura che dicesse la sua, come si fa in Cina e in Corea del Nord, calpestando anche i diritti degli 80 milioni di americani che hanno votato per lui. Non un riflesso di giornalismo, di sincerità, di verità: il mascalzone deve sparire, e nessuno deve sognarsi di riparire il dossier delle presidenziali, scoprendo cos’è accaduto davvero – all’America e al mondo – il 3 novembre 2021, quando Joe Biden è stato dichiarato vincitore col favore delle tenebre. Come se si pensasse davvero, per i prossimi anni, di poter vivere senza onore: nell’impunità, nella menzogna e nella vergogna.E’ pensabile che si possa vivere nell’imbarazzo, cioè all’ombra del Presunto Presidente Eletto? L’autorità giudiziaria statunitense si è finora categoricamente rifiutata di esaminare l’oceano di prove a supporto del presunto maxi-broglio che avrebbe decretato la “magica” vittoria dell’ectoplasmatico Joe Biden, mentre un ex dirigente della Cia come Bradley Johnson sostiene che il trionfo elettorale di Trump sia stato così enorme da spiazzare i bari, costretti nella notte a sospendere lo spoglio dei voti e potenziare l’algoritmo-truffa, che avrebbe definitivamente frodato gli elettori americani “restituendo” le schede (taroccate) alle macchine digitali di Dominion, addirittura via satellite, forse dall’Italia. La sede operativa della truffa, affidata a esecutori dell’intelligence inglese, sarebbe stata l’ambasciata statunitense di Roma: avrebbe utilizzato la tecnologia satellitare di Leonardo? Tutto da provare, certo. Ma intanto: non è scandaloso, il rifiuto sistematico di analizzare indizi, sospetti ed evidenze? La difesa legale di Trump ha inutilmente presentato oltre 1.000 testimoni, disposti a giurare di aver assistito ad ogni sorta di irregolarità.
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Ex Cia: brogli via Italia, spiazzati dal trionfo di Trump
«I due 007 che hanno manipolato i voti delle presidenziali americane ora sono in pericolo di vita: saranno uccisi, perché in questi casi è così, che funziona». L’appello arriva da un ex dirigente della Cia, Bradley Johnson, che ai due operatori dell’intelligence rivolge un pressante appello: «Affrettatevi ad autodenunciarvi e mettetevi al riparo presso le uniche autorità che possono proteggervi, cioè il Dipartimento di Giustizia». I due, sostiene Johnson in una video-intervista a “Detoxed.info”, sono due agenti dell’Mi6, il servizio segreto inglese. «Non li abbiamo ancora identificati, ma è solo questione di tempo: una foto li ritrae davanti all’ambasciata americana di Roma, nei giorni delle presidenziali Usa». Proprio la sede diplomatica statunitense nella capitale italiana, secondo Bradley, sarebbe stata la centrale operativa dei maxi-brogli “invisibili” con cui sarebbe stata costruita, a tavolino, la falsa vittoria di Joe Biden. Una frode che, per le sue dimensioni, sembra non avere precedenti nella storia delle elezioni americane: «Sono stati truccati, per via digitale, i risultati delle elezioni nei 6 Stati che per ore sono stati considerati “in bilico”, ma dove in realtà Donald Trump era da subito apparso il notevole vantaggio, con un distacco incolmabile per Biden».«Proprio l’entità della vittoria a valanga di Trump – afferma Johnson – ha costretto i manipolatori a rivedere precipitosamente l’algoritmo che era stato inizialmente programmato per far vincere Biden: non bastava più, a causa dell’enorme vantaggio di Trump, non previsto in quella misura». E’ per questo, aggiunge l’ex capostazione Cia, che nella notte dello spoglio le operazioni di scrutinio sono state misteriosamente interrotte, per due ore: «Ai manipolatori serviva tempo per riprogrammare l’algoritmo che avrebbe spostato i voti da Trump a Biden». L’ex dirigente dei servizi segreti statunitensi ricostruisce la filiera della frode: i dati elettorali affluivano in tempo reale via web a un server a Francoforte, visto che le macchine elettorali di Dominion erano effettivamente connesse in Rete. Dalla Germania i dati finivano all’ambasciata americana di Roma, dove venivano manipolati da agenti britannici: anche per questo, il governo di Boris Johnson potrebbe essere travolto dallo scandalo. Ultimo passaggio: i dati (truccati) venivano re-immessi nelle macchine elettorali di Dominion, cioè nei seggi americani, attraverso un satellite militare criptato dell’azienda Leonardo, strettamente controllata dal governo italiano.«Non giurerei sulla sopravvivenza politica di Giuseppe Conte», dice Bradley Johnson: «Trump lo aveva chiamato già prima delle elezioni, dopo aver avuto sentore del fatto che l’Italia poteva essere coinvolta in qualcosa di poco chiaro, rispetto alle elezioni». Non solo: «Sappiamo – dice Johnson – che i servizi segreti italiani (che rispondono a Conte) non hanno puntualmente avvisato le autorità Usa delle attività in corso, da parte degli agenti inglesi, che i colleghi italiani stavano certamente monitorando». Imbarazzante, poi, la concessione del satellite di Leonardo per la trasmissione in America dei dati truccati. Emergerà qualcosa, di tutto questo? Johnson non sa cosa rispondere, vista la cortina di silenzio che avvolge la scandalosa manipolazione delle elezioni americane. Si è parlato a vanvera dell’ipotetico raid per sequestrare i server di Francoforte, ma era una falsa pista: «Quei server sono stati sequestrati, ma senza nessun blitz. Inoltre, hanno solo registrato un’altissima intensità di trasmissione di dati, ma non contengono prove». Un depistaggio, per proteggere gli inglesi e gli italiani? Nel dubbio, Johnson insiste: chiede ai due agenti britannici di consegnarsi, onde evitare che possano essere uccisi per cancellare i testimoni e qundi le prove dell’ipotetico, epocale misfatto.«I due 007 che hanno manipolato i voti delle presidenziali americane ora sono in pericolo di vita: saranno uccisi, perché in questi casi è così, che funziona». L’appello arriva da un ex dirigente della Cia, Bradley Johnson, che ai due operatori dell’intelligence rivolge un pressante appello: «Affrettatevi ad autodenunciarvi e mettetevi al riparo presso le uniche autorità che possono proteggervi, cioè il Dipartimento di Giustizia». I due, sostiene Johnson in una video-intervista a “Detoxed.info“, sono due agenti dell’Mi6, il servizio segreto inglese. «Non li abbiamo ancora identificati, ma è solo questione di tempo: una foto li ritrae davanti all’ambasciata americana di Roma, nei giorni delle presidenziali Usa». Proprio la sede diplomatica statunitense nella capitale italiana, secondo Bradley, sarebbe stata la centrale operativa dei maxi-brogli “invisibili” con cui sarebbe stata costruita, a tavolino, la falsa vittoria di Joe Biden. Una frode che, per le sue dimensioni, sembra non avere precedenti nella storia delle elezioni americane: «Sono stati truccati, per via digitale, i risultati delle elezioni nei 6 Stati che per ore sono stati considerati “in bilico”, ma dove in realtà Donald Trump era da subito apparso il notevole vantaggio, con un distacco incolmabile per Biden».
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Trump “usato e gettato” per rottamare speranze: le nostre
Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?Vuoi vedere che, così facendo – ragiona il potere – un po’ alla volta la gente tornerà ai nostri temi? Ma intanto, dicono, mandiamolo avanti: perché la gente sta uscendo dall’ovile, e nell’ovile la dobbiamo riportare. Allora cosa serve? Un incantatore: ed ecco Trump. Così come Grillo ha avuto il ruolo di incantatore, da noi. I temi dei 5 Stelle, peraltro, erano migliori di quelli di Trump: meravigliosi, libertari. Trasparenza, scoperchiamo i palazzi, no ai vaccini, niente Tav né Tap. Come è andata a finire, lo si è visto. Ma la manovra è riuscita: mandi avanti il comico, rompi i problemi, crei un seguito di persone e poi tradisci la causa. Nel 2016, in America l’operazione parte nello stesso modo. Trump fa mosse populiste: sugli immigrati, sulla speculazione creata attorno al problema climatico. Si rende conto della minaccia cinese e della vera minaccia atomica iraniana, e le combatte. Ma tutto viene sempre ridicolizzato, dai grandi media: quello è uno col ciuffo biondo, è strano, si appoggia alla destra estremista. Come fa, a essere credibile? E poi: chissà come ha fatto i soldi, probabilmente è stato aiutato da Putin, eccetera. Tutti elementi potenzialmente veri: lui infatti è stato scelto proprio perché ricattabile. Così come, a suo tempo, Berlusconi.Al che, fin dal primo giorno, si passa a erodere incessantemente il suo consenso. Probabilmente il consenso c’è ancora, e le elezioni sono state truccate: poco o tanto, le elezioni sono sempre truccate. Ma c’è un problema: Trump resiste. Lo fa perché ha capito, o perché non ha ancora capito? Io temo che non abbia capito, perché non è un’aquila. Ma resiste: fa cose che piacciono alla gente, ma non al potere. Se la prende con la Fed, controllata in fondo dai Rothschild e dai loro alleati della finanza internazionale. Se la prende con la Cina, che – per i poteri oscuri – è destinata ad essere il nuovo strumento imperialista mondiale. Se la prende con gli eccessi della propaganda mondialista (Greta Thunberg) sul ruolo umano nel riscaldamento climatico. Trump non vuole l’immigrazione incontrollata, e la gente lo approva: ma anche qui il presidente esagera – nelle forme, nello stile – e così viene attaccato. Però rimane fedele a queste idee: vuole rimettere in piedi l’America, a partire dall’industria nazionale.Ma un po’ alla volta gli scandali, il ridicolo, determinano un’erosione che lo indebolisce, producendo un risultato sul quale poi, alle elezioni, non è difficile intervenire. Conteggi strani, schede fantasma: nulla è impossibile, per il Deep State. Tutto poi viene “sistemato” dalla magistratura, che è uno dei principali strumenti di controllo di cui il Deep State dispone. Le magistrature occidentali, in genere, fanno giustizia solo se la giustizia colpisce l’avversario della corrente dominante. E siamo ai giorni nostri: Trump, pensano, bisogna portarlo in una trappola. Una trappola che lo “sporchi” totalmente: così, “sporcando” lui, “sporchermo” anche tutti i temi (persino quelli “buoni”) che sono contro i mondialisti, i democratici, i gesuito-massonici. Come dire: non ce l’abbiamo con Trump, ce l’abbiamo con quei temi dei quali l’opinione pubblica si stava innamorando. Quelli, vogliamo abbattere, se vogliamo riportare la gente ad apprezzare le politiche degli avversari di Trump (perché sono più tranquilli, più buoni, in apparenza più puliti): non faranno neppure caso, al ritorno delle vecchie politiche. Non piaceranno, ma penseranno: Trump era peggio.Per fare questo, occorre montare un’ultima pantomima, forte ed efficace. E allora si sfrutta la campagna elettorale: Trump si rivolge sempre più alle frange estremiste (Q-Anon, Proud Boys), cioè la destra eversiva e ridicola, capace di spaventare un po’ anche l’opinione pubblica repubblicana. Si evidenzia un aspetto estremista, quasi nazista, e le facce dure di quel poveraccio di Trump aiutano, a dipingerlo come un Hitler col ciuffo biondo: un pericolo, per la democrazia. Ma quale pericolo, se quand’era alla Casa Bianca il Deep State gli impediva di fare quasi tutto, costringendolo a cambiare continuamente consiglieri e ministri? Nessuno, in fondo, faceva quello che diceva lui: erano tutti più fedeli al Deep State tradizionale, che non al presidente. Quindi: gli si lascia gonfiare le manifestazioni affollate da questi quattro gatti ridicoli, presentati come pericolossimi, e poi – dopo che tutti i giudici hanno fatto fallire i tentativi di Trump di ribaltare legalmente il risultato delle elezioni – arriva il giorno clou, quello della certificazione parlamentare, dopo la quale non si potrà fare più nulla. Trump che fa? Annuncia una grande manifestazione: invita i suoi a scendere in piazza e a marciare verso il Campidoglio, per protestare. E qui scatta il piano.I manifestanti vengono fatti avanzare in modo indisturbato, e qualcuno li guida. Succede sempre: in Italia, succedeva quando c’era la strategia della tensione. I servizi segreti (italiani, inglesi, israeliani, americani) infiltravano tutti i movimenti eversivi, per poterli usare: io faccio il morto, metto le bombe, rapisco, così la gente si spaventa e mi diventa più facile governarla, mandare i governi in certe direzioni, prendere delle misure, rendere le persone meno libere. I servizi segreti non fanno altro: durante il caso Moro, il capo delle Brigate Rosse era un ex fascista infiltrato dei servizi, e nella direzione strategica delle Br uno dipendeva dal Mossad, uno dalla Cia, uno dai servizi inglesi, e così via. Non ce lo dicono mai, ma funziona così: e per un servizio segreto, infiltrare movimenti fatti da ragazzi sprovveduti e fanatizzati è facilissimo. Ed è facilissimo scalare i gradini del gruppo, fino a comandare: è molto semplice. Perché non dovrebbero farlo? E infatti lo fanno sempre. Quindi lo capite, ora, chi c’era alla testa di quei gruppi di invasati che il 6 gennaio si stavano avviando verso Capitol Hill? Persone che dipendevano da quegli stessi soggetti che avevano deciso di montare la pantomima.Funziona: la polizia lascia fare, la Guardia Nazionale non arriva, e così si sfondano le finestre. Un assalto ridicolo, che ha smesso di essere ridicolo quando qualcuno ha creato i morti, rendendolo drammatico (altrimenti sarebbe rimasto una pagliacciata). La fine della democrazia? L’attacco alle istituzioni? Ma no: sono entrati quattro gatti, hanno detto qualche stupidaggine e poi se ne sono usciti in buon ordine, dopo qualche scontro. La gravità del fenomeno è venuta da chi ha sparato ad altezza uomo, mirando. Immagino Trump, che pensava a un ultimo atto dimostrativo, veemente ma pacifico, per restare almeno leader dell’opposizione. Immagino la faccia di Trump, quando ha visto che la polizia ha lasciato avanzare i manifestanti, consentendo loro addirittura di entrare nel Parlamento. Se è una persona veramente intelligente l’avrà capito: ecco, mi stranno fregando. Da quel momento in poi, i suoi consiglieri non riescono più a raggiungerlo. Lui a quel punto non si fida più di nessuno, e non sa che pesci pigliare. Quindi, passa del tempo. Per questo, riappare in televisione solo dopo che Biden l’ha spinto a intervenire. Alla fine, Trump si decide a chiamare la Guardia Nazionale. Ma è chiaramente la risposta di uno che ha perso.Un minuto dopo, si scatenano tutti: capi di Stato, giornalisti, professoroni. La più grave offesa mai fatta, alla democrazia americana. Certo: era esattamente previsto che si dovesse montare una cosa che dovesse sembrare “la più grave offesa alla democrazia americana”. Per renderla credibile andava resa più drammatica: per questo poi fanno, scientemente, quei poveri morti. E naturalmente, è tutta colpa di Trump: anche le destre, a livello mondiale, ormai ne prendono le distanze. E’ troppo grossa: un assalto al Parlamento, organizzato da Trump? No: Trump aveva promosso una marcia di protesta che arrivasse fin davanti al Parlamento, non dentro. Il troppo facile ingresso non pensiamo che l’abbia organizzato lui. Tutti a gridare al colpo di Stato: un golpe fatto in quel modo? Siamo seri. Non si può fare un colpo di Stato con quei quattro disgraziati, guidati dallo “sciamano con le corna”. Per fare un golpe serve più della metà dei servizi segreti, serve la maggior parte delle forze armate, gli stati maggiori. Servono pezzi di Fbi, di Cia, di Nsa. Dalla tua parte devono esserci la finanza e i veri poteri. Eppure, questa balla – il tentato golpe – viene riferita da tutti i media, quelli che ci ammorbano ogni giorno con la loro versione del virus.Non è Trump che ha cercato di fare un colpo di Stato, sono i poteri oscuri ad aver messo a segno un colpo: non solo ai danni di Trump, ma di una vasta fetta dell’opinione pubblica, che ormai sta rientrando nell’ovile. E il colpo, principalmente, è stato dato a tutti quei temi (quegli ideali, quegli interessi) che andavano contro il mondalismo, contro i “papati scientifici”, contro l’Oms, contro un’Onu depravata, contro un’Ue guidata da un gruppo osceno, contro una Cina neo-imperialista. Tutto depotenziato: già durante la presidenza Trump, e ora con questa pantomima finale. Ora si torna all’antico, alla tradizione che gli americani cominciavano a odiare: quella dei Bush, dei Clinton, degli Obama. Tutti finti buoni, come i finti buoni europei. Come Joe Biden, “il nonno d’America”. Guardate quei filmati, in cui riceve le famiglie: voi affidereste un bambino a Biden? Glielo fareste avvicinare? Il “nonno d’America” è suadente, ma solo nelle forme: quando aveva a fare con l’Iraq era un assatanato guerrafondaio, uno dei più feroci. Adesso fa la faccia del buono: così hanno sempre fatto, questi democratici americani. Apparenza vellutata, per mascherate azioni orribili.Non è che l’altra piramide di potere sia migliore, quella repubblicana e conservatrice: è solo meno brava, a fare il male. E’ più confusionaria: e quindi, in questa fase, meno pericolosa. E’ il classico gioco delle piramidi oscure, del divide et impera, del potere. Un gioco che, con le sue pantomime e le sue sceneggiate puntualmente riprese dai media, tende a ipnotizzarci. E’ un gioco che ci vuole distrarre, quando in realtà ci vogliono togliere la libertà, quando ci vogliono iper-vaccinare e iper-tassare, così come quando vogliono cambiare i programmi scolastici, devastare l’ambiente, elettromagnetizzare il mondo. Ci distrae, il gioco delle piramidi di potere, quando vogliono renderci degli automi sensoriali. Questo vogliono fare, ma noi resistiamo: per questo sono costretti a inventarsene sempre di nuove. L’umanità, infatti, è in risveglio: un po’ alla volta, cresce l’impulso a volere il bene dell’ambiente, delle persone intorno a noi. Non vogliamo limitazioni alla libertà, vogliamo ideali buoni: una pedagogia sana, una medicina buona che non danneggi la salute.Loro cercano di distrarci, per sottometterci alle loro politiche anti-umane. Noi che facciamo? Non certo i colpi i Stato in America o a Palazzo Chigi, e nemmeno in Vaticano, o in Germania. Però una cosa la possiamo fare, quella che a loro dà più fastidio: continuare a essere liberi interiormente. Criticarli, guardarli. Denunciare in tutti modi, senza malanimo, quello che fanno: denunciarlo come cosa, semplicemente, da non fare. Indignarsi, restando però sereni, per poter fare la cosa che a questi poteri dà più fastidio: fare il bene, intorno a noi. Per non cadere nelle loro trappole, coltivare ideali, amare il prossimo. Il nostro compito è orizzontale, intorno a noi: aumentiamo la nostra capacità di fare il bene, e vinceremo questa battaglia contro i poteri, il cui unico intento è ipnotizzarci, per poterci catturare. Restiamo liberi di fare il bene: l’importante è non dare alcuna credibilità, alle voci mediatiche del potere, sapendo che stanno cercando di fregarci. Riuniamoci in gruppi, per fare il bene. Da questi gruppi, un giorno, nascerà una nuova società. Una nuova politica, una nuova collettività: migliore, e più sana.(Fausto Carotenuto, estratto dal video-intervento “Colpo di Stato fallito o manovra del Deep State riuscita?”, pubblicata su “Coscienze in Rete” il 7 gennaio 2021. Carotenuto è stato, per lunghi anni, analista strategico dell’intelligence Nato).Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?
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Eshed, Israele e alieni. Biglino: pure i teologi parlano di Ufo
Qualcuno si stupisce, che il generale Haim Eshed, già a capo del programma spaziale israeliano, abbia parlato della collaborazione con gli alieni? A prescindere da come si possano valutare le affermazioni del professor Eshed, Mauro Biglino – autore di 14 saggi sull’analisi della Bibbia partendo dalla sua rilettura letterale – ricorda anche il famoso “brief” in cui la Cia avrebbe relazionato Reagan sui contatti con extraterrestri. Quello che invece sorprende, sottolinea Biglino in un video pubblicato il 12 dicembre, è la posizione di molti teologi, su questo tema. Il reverendo Barry Downing, pastore presbiteriano laureato anche in fisica, non ha dubbi: «Scrive che la religione mosaica è stata fondata dagli Elohim, che non sono “Dio”: sono invididui in carne e ossa, che – dice – viaggiavano su macchine volanti». Scrive Downing: «Mi sembra strano, che gli insegnanti della religione cristiana ignorino la presenza degli Ufo», presenti a suo dire anche nella Bibbia. «I leader religiosi come possono ignorare tutto questo?». Secondo lui, gli Elohim sono ancora qui e ci stanno controllando: e questa convinzione – sottolinea Biglino – è perfettamente in linea con l’ipotesi di intelligenze superiori e dominanti: un’élite nascosta, che starebbe controllando l’umanità.Da Hans Küng in giù, sintetizza Biglino, sono tanti i teologi cattolici che credono nell’esistenza di intelligenze superiori, provenienti da mondi non terrestri. Uno di loro, il professor Armin Kreiner, docente di teologia all’università di Monaco di Baviera, ha condotto un’analisi molto penetrante dei rapporti tra ufologia e Chiesa. «Chi è convinto che un uomo crocifisso sia ritornato in vita dopo tre giorni – scrive Kreiner – non dovrebbe storcere il naso troppo velocemente, a proposito di uomini che credono negli Ufo e negli extraterrestri, o che sono convinti di averli incontrati». Ovviamente non esistono certezze, ammette il teologo: ma se ignorassimo il tema delle intelligenze extraterrestri – sostiene – allora dovremmo anche “archiviare” «l’intero complesso delle questioni teologiche, poiché effettivamente noi non sappiamo se Dio esista». Lo stesso Kreiner riconosce che la la funzione dei «miti religiosi» è quella di «diffondere un’aura di soprannaturale, per conferire un’origine e un’autorità sovrumana». Offrire una prospettiva di salvezza, redenzione e immortalità: «Essenzialmente è questa, la funzione dei miti e delle religioni tradizionali, a cui si ricollegano direttamente anche le religioni degli Ufo».Non sorprende, aggiunge Kreiner, che i messaggi delle religioni degli Ufo siano sfaccettati e contraddittori. «In questo, le religioni tradizionali dell’umanità non sono diverse: anche i loro messaggi si contraddicono reciprocamente». Per il teologo tedesco, «c’è un punto assolutamente decisivo, su cui la fede cristiana e quella negli Ufo sono sulla stessa barca». Ovvero: «Entrambe dipendono dall’affidabilità di testimoni oculari». Afferma Kreiner: valutare come inaffidabili i racconti sugli Ufo e invece affidabili quelli su Gesù «significa adottare due pesi e due misure». Se invece il problema lo si osserva in modo imparziale, aggiunge, si deve ammettere che «l’esistenza di rapimenti da parte di Ufo è un dato meglio testimoniato, rispetto ad ogni altro evento storico a cui la tradizione cristiana (o anche di altre religioni) può richiamarsi». Escludere gli Ufo, quindi, vorrebbe dire «essere ciechi da un occhio». Biglino conferma che la Bibbia è affollata di oggetti volanti. «Si possono intuire tante cose – dice – se si fa finta che che i testi antichi raccontino eventi realmente accaduti».«Se invece si dice gli autori antichi scrivevano in codice (”quando scrivevano una cosa, in realtà ne volevano dire un’altra”), o si arriva a sostenere che i testi antichi sarebbero solo favole, allora – aggiunge Biglino – ci si priva della possibilità di capire: cioè di individuare il filo rosso che collega tutto, nella storia del controllo della conoscenza». A proposito di “Great Reset”, lo stesso Biglino ricorda le recenti denunce di monsignor Carlo Maria Viganò nonché l’espressione “Grande Opera”, con la quale secondo Paolo Rumor (autore de “L’altra Europa”) un’élite occulta – in campo da almeno 12.000 anni – intenderebbe il controllo dell’evoluzione dell’umanità, mediante l’influenza delle società segrete di cui parlò lo stesso Rudolf Steiner. La teoria del controllo “zootecnico” non è certo di oggi, aggiunge Biglino, citando il vescovo Eusebio di Cesarea (Padre della Chiesa) che attraverso il greco Filone di Byblos rivaluta gli scritti del sacerdote fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1.200 avanti Cristo: «Già nell’antichità si sottolinea come le antiche caste sacerdotali tenessero nascoste le conoscenze reali coprendole con l’allegoria, la metafora e la simbologia, e inventando la categoria del mistero, per tenere i popoli all’oscuro delle verità che potrebbero mettere in discussione tutto».Eusebio scrive che Sanchuniaton «riconosce come divinità non il Dio supremo né degli dei celesti», bensì «semplici individui mortali, maschi e femmine, non di costumi talmente incorrotti da dover essere accolti per la loro virtù o imitati per la loro saggezza, ma ricolmi di malvagità di perversioni di ogni genere». Nei suoi testi, Biglino ha sottolineato molti tratti non entusiasmanti della figura biblica di Yahweh: un leader che appare dispotico e violento, pronto allo sterminio. Si parla di bambine da riservare al “dio”, che fa sacrificare i primogeniti e mercifica la vita degli uomini di cui si considerava “proprietario”. Da un lato, riassume Biglino, «i testi antichi non portano alla possibilità di elaborare il concetto di un Dio spirituale». In compenso, tendiamo ancora a rifiutare come un tabù l’eventuale ingerenza aliena di cui ha appena parlato anche il generale israeliano Eshed. Ma cosa ne pensano, i teologi, della “domiciliazione” del Dio spirituale nelle cosiddette Sacre Scritture? Nel 2016, Biglino ha avuto un appassionante confronto con importanti esponenti religiosi. «Non è possibile parlare di una evidenza, rispetto alle nostre conoscenze su Dio: il credere in Dio sarebbe un assioma», ha detto Ariel Di Porto, rabbino capo della Comunità Ebraica di Torino.«Non posso dimostrare la fonte certa della conoscenza; ma se volete, c’è la fiducia che in quelle scritture sia risuonata veramente la voce di Dio», ha aggiunto l’insigne biblista valdese Daniele Garrone: «Non c’è nulla di divino, in quel libro». Alludendo ai cattolici, definiti «i miei cugini fondamentalisti», Garrone ha affermato: «Pensano di rendere un servizio a Dio divinizzando le Scritture», e invece «fanno una idolatria della carta». Netta anche la chiosa di Ermis Segatti, teologo universitario cattolico: «Bisogna togliere la certezza su Dio: perché, se noi avessimo certezza di Dio, Dio non sarebbe (saremmo noi)». Nel suo ultimo video, Biglino chiama in causa anche il professor Luigi Moraldi: un grande esegeta, citato dagli esperti. Nell’edizione dei manoscritti di Qumran (Utet), Moraldi menziona i rumorosi Cherubini che si muovono nella “dimora di Dio” e nei suoi “accampamenti”. Cherubini che poi cessano di emettere rumore e brezza, quando si posano e smettono di “funzionare”. In quelle pagine si parla anche di “carri celesti”. E in una nota, Moraldi dice che al capitolo 24 del Libro Ebraico di Enoch si parla di ben 23 specie di “carri divini”. «Io faccio finta che i testi antichi abbiano un fondo di verità», ribadisce Biglino. «Quello di Enoch non è un libro canonico per i cattolici romani, ma lo è per i cristiani copti: se fossimo copti, quindi, dovremmo credere che nella dimora del capo degli Elohim ci sono 23 tipi diversi di “carri”».“Carri celesti” e accampamenti di Dio? «Qualcuno dirà: ma il Libro di Enoch è un testo apocrifo». Niente paura: analoghe conferme vengono dai testi canonici. Nel capitolo 32 della Genesi, Giacobbe e Labano giurano di rispettare i reciproci confini. E si dice che la tutela del giuramento è garantita da un lato dagli Elohim di Abramo, e dall’altro dagli Elohim di Nahor («altro ramo della famiglia di Abramo, rimasto in Mesopotamia»). A Giacobbe si fanno incontro “gli angeli degli Elohim”, cioè in ebraico i Malachim: i portaordini, i guatrdiani, i controllori. «Giacobbe, al vederli, esclamò: questo è l’accampamento degli Elohim! E chiamò quel luogo Machanaim», che significa “due accampamenti”. Il più impottante commentatore ebreo di tutti i tempi, Rashi – continua Biglino – dice che in quel punto Giacobbe vide i due accampamenti che tutelavano lo stesso confine dalle due parti. «Si può essere più chiari di così?». Dalle esternazioni del genarale Eshed al leggendario “brief” della Cia con Reagan, rieccoci a parlare del ruolo degli alieni nelle nostre vicende: «Se per caso fosse vero, sarebbe totalmente in linea con la Bibbia», ribadisce Biglino. «Se leggiamo quei testi con mente aperta, dobbiamo sempre aspettarci delle entusiasmanti sorprese».Qualcuno si stupisce, che il generale Haim Eshed, già a capo del programma spaziale israeliano, abbia parlato della collaborazione con gli alieni? A prescindere da come si possano valutare le affermazioni del professor Eshed, Mauro Biglino – autore di 14 saggi sull’analisi della Bibbia partendo dalla sua rilettura letterale – ricorda anche il famoso “brief” in cui la Cia avrebbe relazionato Reagan sui contatti con extraterrestri. Quello che invece sorprende, sottolinea Biglino in un video pubblicato il 12 dicembre, è la posizione di molti teologi, su questo tema. Il reverendo Barry Downing, pastore presbiteriano laureato anche in fisica, non ha dubbi: «Scrive che la religione mosaica è stata fondata dagli Elohim, che non sono “Dio”: sono invididui in carne e ossa, che – dice – viaggiavano su macchine volanti». Scrive Downing: «Mi sembra strano, che gli insegnanti della religione cristiana ignorino la presenza degli Ufo», presenti a suo dire anche nella Bibbia. «I leader religiosi come possono ignorare tutto questo?». Secondo lui, gli Elohim sono ancora qui e ci stanno controllando: e questa convinzione – sottolinea Biglino – è perfettamente in linea con l’ipotesi di intelligenze superiori e dominanti: un’élite nascosta, che starebbe controllando l’umanità.
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“I militari vegliano su Trump: sventeranno il golpe di Biden”
Perché nessuno dice le cose come stanno? Negli Usa «molto probabilmente è stato tentato un colpo di Stato», con i brogli delle presidenziali a vantaggio di Biden. E in attesa che le prove vengano valutate dalla Corte Suprema, «i militari Usa fanno capire che difenderanno la Costituzione a qualsiasi costo». Lo scrive Mitt Dolcino, analizzando la convulsa fase post-elettorale. Le prove del “golpe” verranno presentate alla Corte Suprema, che le valuterà fra qualche settimana. «Questo sarà l’iter legale: chiaro, ormai». Da ciò deriva che, ancora oggi, «non possiamo affermare che Biden sarà il prossimo presidente Usa», checché ne dicano i media, «che ormai sembrano un organo di propaganda globale e globalista». I dettagli salienti sarebbero infatti altri: «Da quanto è emerso fino ad ora, sia il virus di Wuhan che i dati elettorali derivanti dalle macchinette di voto e dai voti postali correlati non sono analizzati dai federali, dalla Cia o dalla polizia, ma dai militari Usa: che sono il controllore ultimo della correttezza elettorale e della sopravvivenza dello Stato costituzionale statunitense, anche e soprattutto in questi casi». Come ha specificato il capo di stato maggior, generale Mark Milley, i militari Usa «non giurano fedeltà al presidente, ma alla Costituzione: che difendono a costo della morte».Ergo: potrebbero non riconoscere (e anzi, contrastare) un presidente eletto in modo fraudolento? La seconda considerazione ancora è più intrigante, secondo Mitt Dolcino: «Forse per la prima volta in tempi di pace – diciamo, da 150 anni a questa parte – i militari Usa sono stati davvero dentro al potere esecutivo, con Trump». Fin dall’inizio del suo mandato, il presidente non ha scelto di farsi proteggere dai servizi segreti o dall’Fbi, «ossia da coloro che avevano permesso gli attentati a Jfk e Reagan». Trump «ha preferito i militari, di cui si è circondato: infatti è ancora vivo, senza postumi di traumi». Parallelamente, nel caso della più che sospetta frode elettorale di novembre, «ben ricordando come – prima del computo del voto postale e annesse macchinette – Trump aveva vinto ampiamente le elezioni, saranno sempre loro, i militari, a indagare sui flussi di dati sospettamente golpisti». I media alternativi affermano che, nel 2016, Trump avrebbe vinto «perché i militari all’ultimo momento avrebbero staccato i collegamenti satellitari (che viaggiano su canali non pubblici) con le macchinette Dominion, già presenti per il voto di allora, impedendo così la frode». Ad avvertire Trump dei sotterfugi sarebbe stato il generale Michael Rogers, allora direttore della Nsa.«Sta di fatto che, ancora oggi, sono gli apparati militari a reperire le prove della eventuale frode elettorale». Ossia: «I militari saranno quelli che supporteranno Sidney Powell (avvocato, ex procuratore, registrata anche come giudice militare) nelle sue cause alla Corte Suprema, provando il golpe elettorale». E lo faranno «con i dati dei voti ottenuti e decifrati dai canali Internet tradizionali, decrittabili alla bisogna». Secondo Mitt Dolcino, «i militari saranno dunque quelli che potranno poi intervenire, nel caso ritenessero che qualche forma di golpe elettorale fosse in corso, anche imponendo la legge marziale». Per Mitt Dolcinio, «il momento è topico». E attenzione: «Nessuno, in nessuna parte del mondo, è davvero al sicuro. A maggior ragione in Europa. E soprattutto in Italia, dove le basi militari Usa si sprecano». In altre parole: i militari americani potrebbero intervenire con la massima decisione anche sul territorio europeo, se dovesse emergere il ruolo di politici o funzionari italiani (o tedeschi) nella manipolazione elettorale negli Usa.«Faccio solo presente che il sottosuolo della base livornese di Camp Darby contiene, si dice, più carri armati di tutti i tank italiani a disposizione del nostro esercito, senza contare le grandi basi di Aviano, Ghedi e Sigonella, più altri siti coperti». In tale contesto, aggiunge Dolcino, «è pazzesco che paesi alleati facciano finta di non vedere che negli Usa, forse, un golpe c’è davvero stato». Il tentativo di “esautorare” gli Usa, recalcitranti di fronte al Grande Reset globalista, «non può finire bene, comunque vada», perché i militari lo sventerebbero. Nel caso paesi stranieri avessero ingerito contro gli Usa, «la reazione ci sarà, statene certi», scrive ancora Mitt Dolcino. «E’ infatti notizia degli scorsi giorni che militari di altissimo grado si siano espressi per la legge marziale, negli Usa, in caso di prove sufficienti – che, lo ricordo, saranno i militari stessi a reperire ed analizzare – di tentato colpo di Stato elettorale». Nel caso le prove emergessero concrete, forti e decisive, i militari – nel rispetto dei limiti costituzionali – potrebbero anche «intervenire militarmente per porre fine a tale, per ora ipotetico, tentativo di ribaltamento costituzionale “golpista”».Perché nessuno dice le cose come stanno? Negli Usa «molto probabilmente è stato tentato un colpo di Stato», con i brogli delle presidenziali a vantaggio di Biden. E in attesa che le prove vengano valutate dalla Corte Suprema, «i militari Usa fanno capire che difenderanno la Costituzione a qualsiasi costo». Lo scrive Mitt Dolcino, analizzando la convulsa fase post-elettorale. Le prove del “golpe” verranno presentate alla Corte Suprema, che le valuterà fra qualche settimana. «Questo sarà l’iter legale: chiaro, ormai». Da ciò deriva che, ancora oggi, «non possiamo affermare che Biden sarà il prossimo presidente Usa», checché ne dicano i media, «che ormai sembrano un organo di propaganda globale e globalista». I dettagli salienti sarebbero infatti altri: «Da quanto è emerso fino ad ora, sia il virus di Wuhan che i dati elettorali derivanti dalle macchinette di voto e dai voti postali correlati non sono analizzati dai federali, dalla Cia o dalla polizia, ma dai militari Usa: che sono il controllore ultimo della correttezza elettorale e della sopravvivenza dello Stato costituzionale statunitense, anche e soprattutto in questi casi». Come ha specificato il capo di stato maggiore, generale Mark Milley, i militari Usa «non giurano fedeltà al presidente, ma alla Costituzione: che difendono a costo della morte».