Archivio del Tag ‘Charlie Hebdo’
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Bizzi: no al regime, appello massonico di Sceusa ai giudici
Il comunicato del 6 agosto con cui l’Aifa autorizza i farmaci a base di anticorpi monoclonali? Di fatto non cambia niente: rappresenta una prima apertura, ma non è sufficiente a far decadere la campagna Covid attualmente in corso. La legge europea parla chiaro: occorre che una delle nazioni Ue adotti questa cosiddetta cura in maniera generalizzata, cioè non limitata a singole fasce della popolazione. Va adottata in modo ufficiale e con un procedimento legislativo, e l’unico paese che si sta apprestando a farlo è la Germania (c’è anche la Svizzera, che però non è nell’Unione Europea). Da Berlino mi è giunta voce che Angela Merkel – che è arrivata a fine corsa, e che mira a poltrone importanti a Bruxelles o all’Onu – starebbe portando avanti una “exit strategy” europea, seguita anche dalla Spagna. La Merkel infatti ha convocato una commissione governativa, che probabilmente terminerà i propri lavori verso metà settembre, per ufficializzare – in Germania – la terapia dei monoclonali. Sarebbe il colpo di grazia, per questa campagna di inoculazioni “eugenetiche”.In Italia quindi per ora non cambia niente, anzi: siamo alla demenza totale, con i bagnanti che, sulle spiagge, portano la “museruola” per compiere il tragitto dall’ombrellone al mare. Moltissimi italiani hanno ormai accettato questa “pseudo-nuova-normalità”. Non molti, purtroppo, hanno il coraggio di opporre una sana resistenza civile: se l’avessero fatta tutti, dall’inizio, i gestori dell’emergenza sarebbero già caduti da un pezzo. La gente vuole tornare alla normalità? Non manca molto: tra poco riavrà la “normalità” degli attentati, quelli del terrorismo cosiddetto islamico. Ve ne sarete accorti: c’è un cambio di narrazione, in corso. Quando certi giochi di potere si fanno difficili, è sempre necessario un cambio di narrativa: per tenere la gente impegnata. Il cambio di narrazione lo stanno servendo su un piatto d’argento, con l’Afghanistan: i possibili nuovi attentati (magari in Germania) serviranno a mantenere lo stato di paura, visto che ormai l’emergenza sanitaria non basta più. Evidentemente si sono accordati per soprassedere, per ora, e allentare la presa.Faranno questa “exit strategy”, che dovrebbe partire da ottobre, e la narrazione verrà semplicemente sostituita con una narrazione terroristica: vedrete che il Green Pass decadrà, perché non verranno convertiti in legge quegli aberranti decreti liberticidi, ma tenteranno di reintrodurlo per questioni di sicurezza. Dal Green Pass sanitario al Green Pass sociale, di sicurezza? Si inventeranno di tutto, pur di tenerci legati, incatenati. Ci tengo però a ricordare l’evento secondo me più significativo degli ultimi giorni. Pensate all’Afghanistan? No: di quello voglio parlare il meno possibile, perché la questione mi fa un po’ ridere. Sono tutti pronti a seguire la nuova narrazione. Gli stessi coglioni che sul loro profilo social avevano messo l’arcobaleno con la scritta “andrà tutto bene”, sono i medesimi che qualche anno fa avevano esibito lo slogan “Je suis Charlie”. Sono quelli sempre pronti a dire “siamo tutti questo, siamo tutti quello”. E adesso, guardacaso, stanno tutti parlando delle donne afghane.Gli italiani, parliamoci chiaro, non sanno nemmeno dov’è, l’Afghanistan: 8 italiani su 10 non hanno la minima cognizione geografica di quel paese. Gli americani anche il peggio: il 98% degli statunitensi non sa dove si trovi, esattamente, l’Afghanistan, cioè il paese del papavero da oppio. Parlando di cose serie: negli ultimi giorni c’è stato un cambio di rotta, sul fronte dei media. Merito dell’intervento di Paolo Sceusa, che è un grandissimo giurista, docente e direttore della Scuola Superiore di Diritto e Protezione dei Minori. E’ stato anche presidente del Tribunale dei Minori di Trieste, e prima ancora, di quello di Trento. Ed è un avvocato, un professore di diritto, nonché consigliere giuridico della Regione Friuli Venezia Giulia. In un video dirompente, che pochi hanno compreso fino in fondo, ha lanciato un affondo mortale alla narrazione Covid, dal punto di vista giuridico. Ha detto che il patto sociale si è spezzato, e ha invitato la magistratura a rientrare nei ranghi.Non so quanto potere abbia, effettivamente, Paolo Sceusa. Mi auguro che abbia una certa influenza, perché il suo è stato un discorso squisitamente massonico (per chi l’ha saputo leggere tra le righe). Ha dato una stoccata molto dura a certi poteri massonici italiani, in primis il Grande Oriente d’Italia, che si sono piegati a questo delirio totalitario snaturando i loro stessi ideali, che praticano ormai solo sulla carta. Sceusa si è definito un sincero libertario, nel senso pieno della parola, e ha detto che è venuto il momento di cambiare strategia. Badate: Sceusa si intende molto, di bambini, e ha capito sicuramente dove vogliono andare a parare certi criminali che già parlano di vaccinare i bambini sotto i 12 anni, e addirittura i neonati. Ebbene: il video di Sceusa ha iniziato a sortire i primi effetti. E infatti Paolo Mieli, personaggio di grande peso mediatico, in televisione ha iniziato subito a “sputtanare” i colleghi giornalisti, accusandoli di non ammettere – in pubblico – i timori e le perplessità che invece condividono, in privato, sulla campagna vaccinale.Anche Marco Travaglio, a modo suo, ha iniziato a tirare bordate contro il governo: ben venga pure Travaglio (che non mi piace) se serve a dare uno scossone. C’è dunque in atto un’incrinatura, sul fronte mediatico: una spaccatura sempre maggiore. Persino la “Repubblica” contribuisce a questa spaccatura: ben venga pure lei. E’ bene che qui cambi radicalmente la situazione, perché siamo a una dittatura conclamata. Vogliamo forse fare la fine dell’Australia? Ha fatto notizia la raccapricciante “convocazione” di 24.000 bambini in un grande centro vaccinale, completamente sottratti al controllo tutelare dei loro genitori. Clover Moore, prima cittadina di Sydney, in un tweet (che poi le hanno subito fatto ritirare) aveva scritto: «Benvenuti del Terzo Reich». E in effetti, oggi in Australia c’è una situazione veramente dittatoriale, che può far impallidire il ricordo della Germania nazista.Rammento una dichiarazione della regina Elisabetta d’Inghilterra, che fra l’altro è a capo del Commonwealth, cui l’Australia appartiene. Cinque anni fa, la sovrana disse: «La Brexit è assolutamente necessaria, perché altrimenti succederà qualcosa, al cui confronto la Seconda Guerra Mondiale vi sembrerà una passeggiata in bicicletta». Credo fosse perfettamente consapevole di quello che stava per arrivare, perché la situazione di oggi deve esser stata pianificata molto tempo fa. E la Brexit, dunque, sarebbe servita all’Inghilterra per potersi smarcare, da tutto questo (come infatti è avvenuto). Immaginate invece i paesi che sono totalmente succubi di certe politiche: quindi, datevi una svegliata e aprite gli occhi. Ora o mai più, perché – veramente – questa è l’ultima battaglia. Gettiamo più sabbia possibile negli ingranaggi di questa deriva dittatoriale. Devono soccombere, devono crollare: dobbiamo dargli la spallata definitiva. Resistenza e disobbedienza civile: informatevi, ragionate. E non fatevi distrarre dalle narrazioni afghane: concentratevi sulla lotta contro questo regime.(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate il 19 agosto 2021 nella trasmissione web-streaming “L’Orizzonte degli Eventi”, condotta su YouTube con Tom Bosco e Matt Martini).Il comunicato del 6 agosto con cui l’Aifa autorizza i farmaci a base di anticorpi monoclonali? Di fatto non cambia niente: rappresenta una prima apertura, ma non è sufficiente a far decadere la campagna Covid attualmente in corso. La legge europea parla chiaro: occorre che una delle nazioni Ue adotti questa cosiddetta cura in maniera generalizzata, cioè non limitata a singole fasce della popolazione. Va adottata in modo ufficiale e con un procedimento legislativo, e l’unico paese che si sta apprestando a farlo è la Germania (c’è anche la Svizzera, che però non è nell’Unione Europea). Da Berlino mi è giunta voce che Angela Merkel – che è arrivata a fine corsa, e che mira a poltrone importanti a Bruxelles o all’Onu – starebbe portando avanti una “exit strategy” europea, seguita anche dalla Spagna. La Merkel infatti ha convocato una commissione governativa, che probabilmente terminerà i propri lavori verso metà settembre, per ufficializzare – in Germania – la terapia dei monoclonali. Sarebbe il colpo di grazia, per questa campagna di inoculazioni “eugenetiche”.
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Uccidere, ma con amore: attenti al Vangelo secondo Biglino
Sicuri che la Bibbia dica esattamente quello che la dottrina cattolica sostiene sia esplicitato, nelle sacre scritture? L’ultima sfida culturale di Mauro Biglino, traduttore di 19 libri dell’Antico Testamento per conto delle Edizioni San Paolo, parte dall’analisi del nuovissimo volume del “Catechismo della Chiesa cattolica”, edizione aggiornata con il nuovo testo sulla pena di morte. Un’analisi a puntate, proposta nella serie di video “Catechismo alternativo in pillole”, sul nuovissimo canale YouTube “Il vero Mauro Biglino“, aperto durante il lockdown: canale che, in pochi mesi, ha già collezionato un milione e mezzo di visualizzazioni e quasi 40.000 iscritti. In Italia e non solo, Biglino è un caso editoriale: ha all’attivo ormai 14 volumi, pubblicati da UnoEditori e da Mondadori, che mettono la Bibbia (o meglio, la sua interpretazione teologica) alla prova della verità: quella offerta dalla lettura testuale dall’ebraico antico, da cui si evince che il “dio” dell’Antico Testamento – meno potente dei “colleghi” assiri, egizi e romani – non era la sola “divinità” in circolazione, né era onnisciente e tantomeno infallibile. Biglino svela che, per la Bibbia, Yahwè è soltanto l’El dei giudei, un soggetto “diverso e distinto” dagli umani, né più né meno come gli altri 20 Elohim che compaiono nel testo antico.
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Rispunta Draghi, e brucia un’altra cattedrale in Francia
Tanti anni fa, Guido Ceronetti scrisse che in fondo al cuore malato di ogni piromane c’è sempre un impulso irrefrenabile e sacrilego, forse neppure consapevole, nel fare strage dell’ancestrale sacralità del bosco, a lungo venerato come antica dimora delle divinità. Nel medioevo furono i maestri massoni, dall’alto delle loro conoscenze vitruviane e pitagoriche, a erigere spettacolari cattedrali dominate da imponenti colonnati, vere e proprie “foreste di pietra” che ricordano da vicino la maestà dei grandi alberi. Lo sottolinea Michele Giovagnoli, nel saggio “La messa è finita” (UnoEditori): dopo aver sterminato gli alberi secolari, il culto romano sostituì il bosco naturale con quello artificiale, urbano e marmoreo. Giovagnoli cita il Concilio di Nantes, che si svolse attorno all’anno 890, quando le campagne europee brulicavano ancora di ferventi pagani: all’epoca, scrive l’autore, l’albero millenario – meta di pellegrinaggio – era venerato come un’entità divina. Per questo, la Chiesa medievale dispose che le grandi querce venissero abbattute, eradicate, fatte a pezzi e infine bruciate: un rogo rituale, come quello destinato agli eretici. Fa notizia, oggi, l’incendio che il 18 luglio ha devastato proprio la cattedrale di Nantes, irrequieta città storicamente incline a essere associata alla Bretagna, più che alla Francia.E’ il secondo incendio, nel giro di un anno, che colpisce una cattedrale francese: il 15 aprile 2019 andò in fumo il tetto di Notre Dame de Paris, monumento-simbolo della capitale e grandiosa chiesa di origine templare consacrata alla Maddalena, patrona della Francia, paese che ancora oggi coltiva la memoria leggendaria del presunto sbarco in Camargue, a Sainte-Marie-de-la-Mer, delle “Marie venute dal mare”, dopo i fatti di Gerusalemme, a diffondere il cristianesimo in Europa. Una missione che si vuole propiziata dal misterioso Giuseppe d’Arimatea, il potente armatore che secondo la tradizione evangelica riscattò da Pilato le spoglie del Nazzareno dopo la crocifissione. Un evento su cui in tanti hanno ricamato storie, fino al “Codice da Vinci” di Dan Brown, ipotizzando una discendenza terrena di Jeoshua-Gesù. Il templarismo, che sognava una sorta di unità europea ante litteram basata sul superamento delle frontiere, custodiva probabilmente il ricordo della primissima Chiesa cristiana, quella di Giacomo, lungo la rotta del “campo di stelle” (Compostela), un tratto di Via Lattea destinato a unire idealmente Gerusalemme a Roma. Sulle rive del Tevere, invece, in capo a tre secoli si sarebbe poi insediato il potere cattolico, per volere dell’imperatore Costantino: una solidissima burocrazia religiosa basata sull’alleanza – storicamente infondata – degli apostoli Pietro e Paolo, quelli a cui è dedicata la cattedrale di Nantes ora colpita dalla furia incendiaria.Era l’8 aprile 2020 quando prese fuoco, a Città della Pieve, il tetto della dimora umbra di Mario Draghi: dell’ex presidente della Bce si parlava con insistenza, come possibile successore di Giuseppe Conte. A fine marzo, con una clamorosa lettera pubblicata dal “Finacial Times”, Draghi aveva annunciato una svolta copernicana per uscire dalla crisi economica prodotta dall’austerity europea e aggravata dal lockdown imposto in occasione del coronavirus. La sua ricetta: emissione illimitata di moneta, per soccorrere Stati, aziende e famiglie con aiuti immediati e a fondo perduto. In passato artefice di primissimo piano dell’euro-sistema basato sul rigore finanziario, Draghi ha compiuto un dietrofront inaudito, richiamandosi al New Deal di Roosevelt e alla lezione di Keynes basata sull’intervento diretto dello Stato nell’economia. Afferma Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014): già distintosi tra i massimi leader del fronte massonico reazionario, protagonista del neo-feudalesimo europeo basato sull’austerity, Draghi ha abbandonato i circuiti massonici “neoaristocratici” per essere accolto nei ranghi della massoneria sovranazionale “progressista”, che predica la fine dell’attuale governance Ue dominata da oligarchie finanziarie neoliberiste e post-democratiche. Si tratta di un network massonico sovranazionale che, secondo Magaldi, è lo sponsor occulto del nuovo superpotere globale cinese, vero protagonista dell’evento-Covid interpretato come laboratorio anche sociale, fondato sulla sospensione delle libertà occidentali.Sui giornali, lo stesso Draghi è tornato il 10 luglio scorso, quando Papa Francesco lo ha nominato tra i membri eccellenti della prestigiosa Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: un “endorsement” decisamente vistoso, che sembra preludere a un imminente ingresso di Draghi alla guida dell’Italia. Evento che pare confermato dai recenti, reclamizzati colloqui con politici italiani, tra cui lo stesso Di Maio, proprio mentre Giuseppe Conte (vicinissimo all’Oltretevere) annaspa ancora nella palude di Bruxelles, senza riuscire a portare a casa alcun risultato utile a risollevare l’economia nazionale, ormai in stato di drammatica emergenza. Segnali incrociati: luce verde a Draghi, che in ultima analisi punterebbe al Quirinale dopo Mattarella, e fuoco doloso – ancora – ad accompagnare, in qualche modo, il ritorno sulla scena pubblica dell’ex banchiere centrale europeo? E’ forse un oscuro messaggio indirizzato al Vaticano, il rogo della cattedrale consacrata a Pietro e Paolo in un paese come la Francia, oggi retto dall’oligarca Macron, già banchiere della scuderia Rothschild? Semplici coincidenze, curiose analogie o precise suggestioni cifrate? Solo due anni fa, Bergoglio accolse Macron in Vaticano con tutti gli onori, proprio mentre il presidente francese conduceva un durissimo attacco contro il governo italiano, allora “gialloverde”, col pretesto della politica contro i migranti (a cui però la Francia, per prima, aveva chiuso le frontiere).Negli ultimi anni, sempre la Francia è stata al centro di eventi oscuri come l’opaco “neoterrorismo” targato Isis, dalla strage di Charlie Hebdo (gennaio 2015) alla carneficina di Nizza (14 luglio 2016), passando per la mattanza del Bataclan. Identico il copione: il terrorista spara sulla folla – mai sui simboli del potere – per poi essere ucciso dalle forze di sicurezza, prima di poter essere interrogato. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione, 2016) il simbologo Gianfranco Carpeoro ha svelato la precisa simbologia – non islamica, ma massonica – dietro a quei sanguinosi attentati europei, imputati a una torbida “sovragestione” favorita da settori dell’intelligence, come quelli risultati coinvolti nel fornire le armi al commando di Charlie Hebdo (da cui la decisione del governo francese di “tombare” le indagini sul caso, apponendo il segreto di Stato). Oggi, l’Europa vive un momento decisivo: l’Italia, allo stremo, chiede soccorso all’Ue degli oligarchi ma rimedia l’ennesimo rifiuto, con l’alibi dell’intransigenza olandese. Nel frattempo, Mario Draghi si scalda in panchina, anche col placet del Papa. E pochi giorni dopo va a fuoco la cattedrale di Nantes. Il rogo è doloso: gli inquirenti hanno rinvenuto tre inneschi. Dal canto suo, Magaldi annuncia: sono in vista rivolgimenti epocali, nel mondo massonico fino a ieri dominato dall’ala reazionaria, fautrice del rigore. C’è dunque un nesso, con gli incendi? Nel paese più amato dai neo-terroristi, c’è chi fa sapere di non gradire l’ipotetica svolta che si preparerebbe?Tanti anni fa, Guido Ceronetti scrisse che in fondo al cuore malato di ogni piromane c’è sempre un impulso irrefrenabile e sacrilego, forse neppure consapevole, nel fare strage dell’ancestrale sacralità del bosco, a lungo venerato come antica dimora delle divinità. Nel medioevo furono i maestri massoni, dall’alto delle loro conoscenze vitruviane e pitagoriche, a erigere spettacolari cattedrali dominate da imponenti colonnati, vere e proprie “foreste di pietra” che ricordano da vicino la maestà dei grandi alberi. Lo sottolinea Michele Giovagnoli, nel saggio “La messa è finita” (UnoEditori): dopo aver sterminato gli alberi secolari, il culto romano sostituì il bosco naturale con quello artificiale, urbano e marmoreo. Giovagnoli cita il Concilio di Nantes, che si svolse attorno all’anno 890, quando le campagne europee brulicavano ancora di ferventi pagani: all’epoca, scrive l’autore, l’albero millenario – meta di pellegrinaggio – era venerato come un’entità divina. Per questo, la Chiesa medievale dispose che le grandi querce venissero abbattute, eradicate, fatte a pezzi e infine bruciate: un rogo rituale, come quello destinato agli eretici. Fa notizia, oggi, l’incendio che il 18 luglio ha devastato proprio la cattedrale di Nantes, irrequieta città storicamente incline a essere associata alla Bretagna, più che alla Francia.
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Rivoluzione e nausea, nell’oceano delle fake news ufficiali
Il 14 luglio 1789 venne presa d’assalto la Bastiglia, simbolo della tirannide assolutistica dell’Ancien Régime, mentre il 14 luglio 2016 fece 86 morti e oltre 300 feriti il camion bianco del franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, lanciato come una bomba sulla folla dopo esser stato distrattamente “dimenticato” per giorni sulla Promenade des Anglais, il lungomare accuratamente sgomberato per accogliere l’anniversario nel migliore dei modi, coi fuochi d’artificio scintillanti sulle onde notturne della Costa Azzurra. Gli specialisti in oscuri presagi potrebbero almanaccare decine di indizi, per illuminare l’opacissima vigilia di questo indimenticabile 2020. In Italia lo spettacolo si declina in modo più casereccio, coi giornali che sparano in prima pagina il grido di un infermiere di Cremona che annuncia il ritorno dell’inferno; poi l’ospedale lo smentisce all’istante, ma per i narratori la notizia della direzione sanitaria (nessun allarme in corso, a Cremona) è del tutto trascurabile. Non fanno eccezione i colleghi francesi che nel 2015 archiviarono come suicidio la morte del commissario Helric Fredou, all’indomani della strage di Charlie Hebdo, su cui il poliziotto indagava. Silenzio anche sull’esito delle indagini, “tombate” dal segreto di Stato dopo la scoperta della manina della Dgse, i servizi segreti parigini, nella fornitura di armi ai terroristi, subito uccisi, non senza prima aver aver lasciato un passaporto in bella vista sull’auto usata per raggiungere la redazione del giornale satirico.Viviamo nel migliore dei mondi possibili, del resto. Wikipedia racconta ancora che a sparare a John Kennedy fu Lee Harvey Oswald, con un vecchio fucile Mannlicher-Carcano. L’arma rinvenuta nella stanza di Oswald era invece un Mauser 7,65: lo disse alla “Cnn” il vice-sceriffo di Dallas, Roger Dean Craig, presente nel corso della perquisizione. A beneficio del pubblico, magicamente, il fucile cambiò identità nei giorni seguenti, quando chi pilotava le indagini si accorse che il Mauser non avrebbe potuto esplodere i proiettili del Carcano, ritrovati sulla scena del crimine. A sparare a Kennedy – da una palazzina attigua a quella di Oswald – fu il mafioso Charles “Chuck” Nicoletti, coordinato da ganster trasportati a Dallas con un volo della Cia: lo racconta il pilota, Tosh Plumlee. A vuotare il sacco, in punto di morte, fu Howard Hunt, allora numero due dell’agenzia di intelligence: Jfk fu liquidato da loro, in complicità con l’Fbi, usando manovalanza mafiosa. La sera prima, a Dallas, il via libera definitivo scaturì da un summit a cui parteciparono il vicepresidente Lyndon Johnson e due futuri presidenti americani, Richard Nixon e George Bush senior. Anni dopo, l’agente Zack Shelton (Fbi) passò a un investigatore privato, Joe West, il nome di un secondo possibile killer: James Files. Il killer ha confermato di aver sparato a Kennedy il colpo letale con un fucile Fireball, facendogli esplodere il cranio.Detenuto fino al 2016 per altri reati, James Files attende ancora che qualcuno si degni di interrogarlo sulla vicenda, dopo quello che ha detto. Ovvero: se riesumerete il corpo di Kennedy gli troverete nella testa evidenti tracce di mercurio, minerale di cui era stato imbottito il proiettile del Fireball. Di Kennedy ha riparlato Bob Dylan il 27 marzo 2020 pubblicando sul web la canzone “Murder Most Foul”, che rievoca l’omicidio di Dallas. Il brano appartiene all’album “Rough and Rowdy Ways”, uscito il 19 giugno dopo altre anticipazioni, tra cui “False Prophet”, presentato da un’immagine eloquente: la morte vestita a festa sta bussando alla porta, con sottobraccio un pacco regalo e nell’altra mano una siringa. «Mettetevi al riparo», ha scritto Dylan accompagnando il brano su Kennedy: un modo per mettere il coronavirus in relazione diretta con il complotto che decretò la morte del presidente della New Frontier. Come dire: gli eredi di quella gente sono ancora in giro, e ora pensano di minacciare e terrorizzare il mondo, confiscando la libertà grazie a “falsi profeti” che si affrettano a somministrare ricette inquietanti e trattamenti sanitari obbligatori, dopo averci spiegato che non torneremo mai più alla vita di prima.I rumeni ricordano ancora il pallore di Nicolae Ceaușescu, travolto dalle proteste di piazza che il 21 dicembre 1989 interruppero il suo discorso dal palazzo presidenziale di Bucarest, tanto da spingerlo a scappare come un ladro, in elicottero. Nove anni prima, in una situazione analoga, il dittatore somalo Siad Barre fece sparare sulla folla che lo contestava. Non pochi dietrologi oggi considerano la tempesta Covid una sorta di colpo di coda, sferrato da un regime imparuito e forte morente, esteso da Wall Street a Pechino, infinitamente pervasivo e protetto dal grande mainstream che ancora oggi racconta che la colpa di ogni disgrazia è sempre da imputare ai cittadini comuni, incorreggibili. Non importa se persino il governo francese ha accreditato la versione del professor Jean-Luc Montagnier, scopritore del virus Hiv, secondo cui il Sars-CoV-2 uscito dal laboratorio di Wuhan era chiaramente un Rna modificato da mani umane, come quelle che da trent’anni tentano inutilmente di fabbricare un vaccino contro l’Aids. Fredde, in Italia, le reazioni alle parole di Montagnier: notoriamente, il Premio Nobel per la Medicina viene conferito a emeriti imbecilli.Non importa nemmeno che il laboratorio di Wuhan fosse strettamente controllato dall’Oms, il cui primo finanziatore privato è il “falso profeta” Bill Gates. Non importa che il primo farmaco impiegato con successo contro il Covid, l’idrossiclorochina, sia stato messo all’indice da “The Lancet” (e a ruota, da svariati governi), salvo poi assistere all’incresciosa ritrattazione degli autori dello studio, costretti ad ammettere che quell’antimalarico impedisce effettivamente che un malato di Covid si possa aggravare. E non importa neppure che trenta medici e scienziati italiani abbiano segnalato inutilmente al ministero della sanità l’efficacia decisiva di un altro farmaco, a base di normalissimo cortisone, senza aver avuto il minimo riscontro né da parte del ministro, né da funzionari del ministero. Due mesi dopo, la notizia del cortisone – la cui efficacia è stata certificata addirittura dall’Oms – ha fatto il giro del mondo, ripresa da medici inglesi che sono giunti alle stesse conclusioni dei colleghi italiani. Non importa nemmeno questo, ai padroni del discorso: l’unica cosa che pare interessi è mantenere l’allarme attorno a un fenomeno che sembra sia stato creato appositamente per scatenare il panico, nonostante le stesse statistiche – Istat, Iss – dimostrino che nei primi mesi del 2020 in Italia sono morte meno persone, per esempio, di quelle decedute negli anni precedenti, durante inverni caratterizzati da virulente epidemie influenzali.Non fa notizia neppure il fatto che il super-speculatore George Soros – fonte, il “Guardian” – abbia appena richiesto all’Unione Europea “una stretta sui social network”, che sarebbero ormai “una minaccia pubblica”. Lo sanno benissimo anche i giornalisti reclutati a Palazzo Chigi dal sottosegretario Andrea Martella, Pd, che dal suo Ministero della Verità monitora con attenzione le voci sgradite, in modo che poi i social media e i motori di ricerca – da YouTube a Google – trovino il modo di rimuovere o almeno rendere invisibili le voci più scomode. Inutile aggiungere che nemmeno questo fa notizia, nemmeno la nausea che milioni di italiani ormai provano per il disprezzo reiterato della verità, per la facilità con cui ogni possibile indizio finisce alla velocità della luce tra la cosiddetta spazzatura complottista, la discarica delle fake news, il paradiso delle bufale. E tutto questo, mentre il governo più sconcertante della storia – Conte e Di Maio, il fido Gualtieri, l’incredibile Azzolina, il grottesco Speranza (coi loro accessori Ricciardi, Arcuri e Colao) – ora si attrezza per blindare il paese ed eventualmente barricarlo in casa un’altra volta, dopo averlo lasciato senza assistenza economica. Gli spari sulla folla, nella storia italiana, risalgono a Portella della Ginestra (le cannonate, mezzo secolo prima, a Bava Beccaris). Memorabile lo spettacolo recente dei droni che inseguono pensionati, a spasso col cane. Per qualcosa che assomigli a una rivoluzione, invece, in Italia bisogna risalire agli anni che precedettero le gesta di Garibaldi.(Giorgio Cattaneo, “Rivoluzione”, dal blog del Movimento Roosevelt del 14 luglio 2020).Il 14 luglio 1789 venne presa d’assalto la Bastiglia, simbolo della tirannide assolutistica dell’Ancien Régime, mentre il 14 luglio 2016 fece 86 morti e oltre 300 feriti il camion bianco del franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, lanciato come una bomba sulla folla dopo esser stato distrattamente “dimenticato” per giorni sulla Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza accuratamente sgomberato per accogliere l’anniversario nel migliore dei modi, coi fuochi d’artificio scintillanti sulle onde notturne della Costa Azzurra. Gli specialisti in oscuri presagi potrebbero almanaccare decine di indizi, per illuminare l’opacissima vigilia di questo indimenticabile 2020. In Italia lo spettacolo si declina in modo più casereccio, coi giornali che sparano in prima pagina il grido di un infermiere di Cremona che annuncia il ritorno dell’inferno; poi l’ospedale lo smentisce all’istante, ma per i narratori la notizia della direzione sanitaria (nessun allarme in corso, a Cremona) è del tutto trascurabile. Non fanno eccezione i colleghi francesi che nel 2015 archiviarono come suicidio la morte del commissario Helric Fredou, all’indomani della strage di Charlie Hebdo, su cui il poliziotto indagava. Silenzio anche sull’esito delle indagini, “tombate” dal segreto di Stato dopo la scoperta della manina della Dgse, i servizi segreti parigini, nella fornitura di armi ai terroristi, subito uccisi, non senza prima aver aver lasciato un passaporto in bella vista sull’auto usata per raggiungere la redazione del giornale satirico.
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Capodanno, sventata strage in Russia. Putin: grazie, Trump
In un comunicato stampa ufficiale, Vladimir Putin ha ringraziato Donald Trump e l’agenzia di sicurezza federale degli Usa per una soffiata che ha permesso di sventare una serie di attentati terroristici. «Gli attacchi, che si sarebbero dovuti compiere nella città baltica di San Pietroburgo, avrebbero dovuto interessare più punti della città», scrive Andrea Massardo su “InsideOver”, l’inserto geopolitico del “Giornale”. La notizia: «L’intervento dell’unità investigativa americana ha permesso alle forze dell’ordine russe di intervenire in tempo per evitare il compiersi degli attentati». Nell’azione, aggiunge Massardo, sarebbero stati coinvolti due cittadini russi con l’intenzione di colpire l’antica capitale degli Zar durante le celebrazioni del capodanno, col rischio di coinvolgere un numero molto alto di persone. «Nonostante il clima teso che interessa le due nazioni per le questioni riguardanti il gasdotto del Mar Baltico e la difficile situazione di guerra civile che interessa l’Ucraina – sottolinea Massardo – i due leader sono stati in grado di tenere in piedi le comunicazioni necessarie per gestire al meglio la crisi». Fattore, questo, molto importante «nell’evidenziare come, in situazioni esterne alle logiche economiche e politiche internazionali, i due paesi siano in grado di cooperare nonostante le difficoltà nella gestione della politica estera e nonostante le due linee di pensiero spesso agli antipodi».La notizia potrebbe rivelare retroscena anche più clamorosi, a proposito della “sovragestione” occulta del cosiddetto neoterrorismo, di marca Isis, sostanzialmente pilotato da settori deviati dell’intelligence. Lo sostiene il simbologo Gianfranco Carpeoro, massone e avvocato di lungo corso (vero nome, Pecoraro), nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia “supermassonica” di spezzoni dei servizi segreti che avrebbero orchestrato i più sanguinosi attentati europei degli ultimi anni, a cominciare da quelli messi a segno in Francia (Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza). «Vedo un ritorno di quel tipo di terrorismo», aveva detto Carpeoro un mese fa nella sua video-chat su YouTube, con Fabio Frabetti di “Border Nights”, dopo il riaffiorare dei nuovi segnali di violenza, per iniziativa di “kamizake” in apparenza isolati. «Temo siano il preludio di una escalation, verso un attentato stragistico di grandi proporzioni», era stata la previsione dell’avvocato. Quello appena sventato in Russia – per capodanno, addirittura – sarebbe dunque potuto essere il maxi-attentato così precisamente paventato da Carpeoro, anche sulla base di informazioni provenienti dal network massonico internazionale? E in questo caso: che significato rivestirebbe la tempestiva collaborazione tra il massone Trump e il massone Putin? E’ noto infatti che entrambi i presidenti militano in superlogge sovranazionali, in costante contatto tra loro al di là dei protocolli della politica estera.«Non è la prima volta che, grazie alla collaborazione americana viene sventato un attentato in Russia», ricorda comunque Massardo sul quotidiano diretto da Sallusti: «Due anni fa la stessa città di San Pietroburgo sarebbe stata il bersaglio di un altro attacco, questa volta alla cattedrale di Kazan». Anche in quel caso, spiega il reporter, l’intervento di Washington aveva permesso di anticipare i dinamitardi, permettendone la cattura prima che il gesto fosse stato portato a compimento. E anche in quella situazione, «i ringraziamenti di Putin per il presidente americano Trump e per i servizi investigativi d’oltreoceano non erano mancati, evidenziando come la collaborazione internazionale sia pietra fondante della lotta ai terrorismi internazionali». Attenzione: com’è gli Usa sono stati in grado di sventare attentati, dimostrando di conoscere le intenzioni degli attentatori? La risposta è nella domanda: come ha ricordato il presidente siriano Bahar Assad nell’intervista concessa a Monica Maggioni (e poi non trasmessa dalla Rai), le milizie terroristiche attive per anni in Siria erano state reclutate, finanziate, armate e addestrate da apparati militari Nato. Una celebre foto immortala il senatore John McCain, inviato speciale di Obama in Medio Oriente, a colloquio in Siria con Abu Bakr Al-Baghdadi, il capo dell’Isis che ora gli Usa hanno dichiarato di aver ucciso (senza mostrarne le prove, come già per Osama Bin Laden).La Russia è naturalmente nel mirino dei gestori del terrorismo, dopo l’intervento militare in Siria che ha salvato il governo di Assad e liberato il paese, invaso dalle milizie jihadiste. Evidente che gli sponsor clandestini dell’Isis – Turchia in testa, ma anche Francia e Gran Bretagna – hanno cambiato politica, cessando di garantire il proprio appoggio ai terroristi, peraltro (secondo molti osservatori) “assistiti” in modo discreto anche da paesi come Israele e Arabia Saudita, tutti alleati degli Usa. Con Trump, la musica è cambiata: il presidente succeduto a Obama ha sostanzialmente smilitarizzato l’area, lasciando campo libero al Cremlino. Potrebbe quindi essere una semplice conseguenza, dunque, la collaborazione con Mosca anche sul piano della lotta al terrorismo: con Trump, la Casa Bianca avrebbe “staccato la spina” a quei settori del cosidetto Deep State (Cia, Pentagono) sospettati di condurre sottobanco una sorta di strategia della tensione, con l’utilizzo spregiudicato di cellule terroristiche che agiscono dietro il paravento del fanatismo islamista. Che la Russia resti comunque un obiettivo dell’eversione lo dimostrerebbe anche il recente attentato-kamikaze compiuto da uno sparatore solitario, che ha aperto il fuoco nel palazzo dei servizi segreti a Mosca: l’antipasto dell’escalation sventata a San Pietroburgo?Come già sottolineato due anni fa, scrive ancora Massardo sul “Giornale”, anche stavolta Putin ha tenuto a precisare come il legame che unisce le unità investigative russe e americane nelle questioni di sicurezza internazionale e lotta al terrorismo sia rodata ed efficiente, per il merito di entrambe le fazioni. L’avvicinamento dimostrato dall’ennesimo scampato pericolo, secondo il giornalista, potrebbe persino riaprire il dialogo tra i due colossi mondiali, attualmente ai ferri corti non solo riguardo all’Ucraina, ma anche al Medio Oriente, con differenti alleati e tentativi di inserirsi nelle aree sotto influenza rivale. «Nonostante al momento tali contatti si siano limitati alle unità investigative dei due paesi e ai rapporti tra i due presidenti – aggiunge Massardo – non è escluso che nuovi canali di comunicazione vengano aperti nel prossimo futuro». Ragione in più per concludere che il neoterrorismo sia uno strumento squisitamente politico, anche se inconfessabile: a seminare strage si può anche inviare uno squilibrato, alterato da droghe o da tecniche di condizionamento mentale, ma alle sue spalle agisce una sapiente regia, che ne protegge le mosse. Non è un caso che tutti i terroristi in azione sul suolo europeo in questi anni siano stati immediatamente uccisi, prima che i magistrati potessero interrogarli. L’aiuto americano a San Pietroburgo vuol forse dire, dunque, che il vertice del massimo potere ha finalmente messo fuori gioco gli insospettabili impresari, altolocati, del più efferato e cinico stragismo “false flag”, compiuto sotto falsa bandiera?In un comunicato stampa ufficiale, Vladimir Putin ha ringraziato Donald Trump e l’agenzia di sicurezza federale degli Usa per una soffiata che ha permesso di sventare una serie di attentati terroristici. «Gli attacchi, che si sarebbero dovuti compiere nella città baltica di San Pietroburgo, avrebbero dovuto interessare più punti della città», scrive Andrea Massardo su “InsideOver“, l’inserto geopolitico del “Giornale”. La notizia: «L’intervento dell’unità investigativa americana ha permesso alle forze dell’ordine russe di intervenire in tempo per evitare il compiersi degli attentati». Nell’azione, aggiunge Massardo, sarebbero stati coinvolti due cittadini russi con l’intenzione di colpire l’antica capitale degli Zar durante le celebrazioni del capodanno, col rischio di coinvolgere un numero molto alto di persone. «Nonostante il clima teso che interessa le due nazioni per le questioni riguardanti il gasdotto del Mar Baltico e la difficile situazione di guerra civile che interessa l’Ucraina – sottolinea Massardo – i due leader sono stati in grado di tenere in piedi le comunicazioni necessarie per gestire al meglio la crisi». Fattore, questo, molto importante «nell’evidenziare come, in situazioni esterne alle logiche economiche e politiche internazionali, i due paesi siano in grado di cooperare nonostante le difficoltà nella gestione della politica estera e nonostante le due linee di pensiero spesso agli antipodi».
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Al-Baghdadi, Us Navy, baby-schiavi liberati e guerre stellari
Non sono ancora notizie vere e proprie, ma sono teoricamente enormi: difficili persino da commentare. «Vere? Non saprei. Ma, se lo fossero, potremmo assistere – addirittura nei prossimi giorni – a fatti clamorosi e inattesi, a livello geopolitico, per una volta di segno positivo anziché negativo». La “profezia” di Tom Bosco, redattore dell’edizione italiana della rivista australiana “Nexus”, è datata 22 ottobre. Appena cinque giorni dopo, nel mondo è rimbalzata la notizia delle notizie: l’uccisione del capo dell’Isis, Abu Bakr Al-Baghdadi, nei dintorni di Idlib, in una Siria ampiamente liberata dalla poderosa operazione militare avviata a fine 2016 dalla Russia di Putin. Autori dell’accerchiamento finale di Al-Baghdadi: gli Usa, sotto la regia di Trump. E le “notizie enormi” evocate da Bosco appena cinque giorni prima, a “Border Nights”? Devastanti: una raccapricciante, l’altra fantascientifica. La prima: forze della Us Navy – la stessa arma che ha appena ammesso l’esistenza degli Ufo – circa venti giorni fa avrebbero «liberato 2.1000 bambini detenuti in stato di schiavitù in bunker sotterranei, in California». La seconda “notizia”, di fonte tedesca: nei giorni seguenti, precisamente tra il 19 e il 21 ottobre, si sarebbe svolta nei nostri cieli una decisiva battaglia aerospaziale, con astronavi gigantesche. Esito: i “buoni” avrebbero sconfitto i “cattivi”. Di qui la deduzione di Bosco: se queste voci fossero veritiere, potremmo assistere a eventi geopolitici sbalorditivi in senso positivo.
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Menti raffinatissime: i poteri a cui Grillo ora svende l’Italia
“Fare la storia, cambiare l’Italia: occasione irripetibile”. Ogni volta che parte la supercazzola di Beppe Grillo, ci siamo: sta per succedere qualcosa di orrendo. Il segnale: basta che il padrone del Movimento 5 Stelle si metta a parlare come un rivoluzionario dei cartoni animati. Caricatura di se stesso solo in apparenza, l’infido Grillo: è il servitore decisivo del potere europeo, l’unico capace di ripristinare la totale sottomissione del Belpaese. Dopo l’ambigua e velleitaria sbornia gialloverde, che aveva illuso la Lega (e gli italiani) che le regole potessero davvero cambiare, è intervenuto l’uomo del Britannia: è stato l’ex comico a dare il via libera alla “soluzione finale”. Senza il suo intervento padronale, i valletti grillini – pur traumatizzati dall’incubo delle elezioni anticipate – non ce l’avrebbero fatta, a calare le brache fino al punto di arrendersi all’odiato Matteo Renzi, decretando in questo modo la morte politica del Movimento 5 Stelle. L’indecorosa trattativa è stata affidata a manovali recalcitranti come Di Maio e Zingaretti, che hanno finto di prendere sul serio l’imbarazzante prestanome Giuseppe Conte. Ma è evidente che a decidere è stato il Giglio Magico, che ha colto al volo l’assist – decisivo – del Mago di Genova.
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Francia, strage di poliziotti: un “suicidio” ogni quattro giorni
Strana sequenza di suicidi fra i poliziotti francesi: addirittura 5 in una sola settimana, uno per ciascuno degli ultimi 5 giorni, secondo “Le Figaro”. Lo riporta Massimo Mazzucco il 1° agosto sul suo blog, “Luogo Comune”. «Padri di famiglia, con 20-30 anni di servizio, apparentemente tutti scollegati l’uno dall’altro – uno a Nîmes, un altro in Val D’Oise, un terzo a Parigi – che tornano una sera a casa e decidono di spararsi un colpo con la pistola di ordinanza, senza motivo apparente». Un bollettino di guerra: “Suicidio di un ufficiale di polizia ad Aulnay-sous-Bois, il 44esimo in Francia dall’inizio dell’anno”, titola “SudOuest”. Nei Pirenei, sud-ovest della Francia, un poliziotto di Pau testimonia l’esaurimento: «Siamo considerati materiali usa e getta», per di più impiegati in modo indiscriminato nella brutale repressione dei Gilet Gialli. Altro titolo, sempre del newsmgazine della Francia sud-occidentale: “Suicidio di un poliziotto vicino a Grenoble, il terzo in Francia in due giorni”. La notizia: «Padre di tre figli, il funzionario si è sparato». Nella Gironda, altri due suicidi nella polizia e nella Gendarmerie.I numeri sono impressionanti, fa notare Mazzucco: «Di fatto nel 2018 vi erano stati 68 fra poliziotti e gendarmi che si erano tolti la vita in Francia. E sono già 44 i loro colleghi che hanno fatto la stessa fine nei primi 6 mesi del 2019. Praticamente uno ogni 4 giorni». Per Mazzucco «sono cifre chiaramente fuori dalla norma, al punto che i due sindacati francesi dei poliziotti hanno chiesto al governo “misure urgenti per fermare questo massacro”». Tra i motivi dei suicidi, i sindacati citano «la fatica accumulata che continua ad affliggere quelli fra noi che sono più vulnerabili in termini di disponibilità di fronte ad un lavoro difficile». Sulla settimana nera delle forze di polizia francesi, “Le Figaro” scrive: il sindacato Alternative Police-Cfdt chiede «azioni concrete» per arginare questo «flagello». “Le Parisien” avverte: alcuni casi sono “sospetti suicidi”, la certezza sulle cause della morte degli agenti arriverà solo con le autopsie. L’associazione Mpc (Mobilitazione di Poliziotti Arrabbiati) scrive su Twitter che è come se fossero state eliminate, da inizio anno, «due brigate di polizia».Ma basta davvero la “fatica accumulata” per un “lavoro difficile” a portate tutte queste persone ad una scelta così drastica? Si domanda Mazzucco: se uno non ce la fa più, non può semplicemente dare le dimissioni e cercarsi un altro lavoro? E quindi: quale può essere la vera causa di un malessere così diffuso e così drammatico nelle forze di polizia francesi? Il primo presunto suicidio (eccellente) tra le forze di polizia francesi fu quello di Helric Fredou, commissario a Limoges, incaricato di indagare sulla strage di Charlie Hebdo. Aveva scoperto che la fidanzata di uno degli attentatori aveva stretti rapporti con un funzionario della Dgse, il servizio segreto nazionale. Il governo Hollande “seppellì” le indagini su Charlie Hebdo – apponendo il segreto di Stato (segreto militare, in questo caso) – quando un magistrato di Parigi, poco convinto del “suicidio” del commissario Fredou, aveva scoperto che il commando terrorista aveva usato dei Kalashnikov di fabbricazione slovacca appena acquistati da funzionari della Dgse presso un mercante d’armi, in Belgio.Strana sequenza di suicidi fra i poliziotti francesi: addirittura 5 in una sola settimana, uno per ciascuno degli ultimi 5 giorni, secondo “Le Figaro”. Lo riporta Massimo Mazzucco il 1° agosto sul suo blog, “Luogo Comune”. «Padri di famiglia, con 20-30 anni di servizio, apparentemente tutti scollegati l’uno dall’altro – uno a Nîmes, un altro in Val D’Oise, un terzo a Parigi – che tornano una sera a casa e decidono di spararsi un colpo con la pistola di ordinanza, senza motivo apparente». Un bollettino di guerra: “Suicidio di un ufficiale di polizia ad Aulnay-sous-Bois, il 44esimo in Francia dall’inizio dell’anno”, titola “SudOuest”. Nei Pirenei, sud-ovest della Francia, un poliziotto di Pau testimonia l’esaurimento: «Siamo considerati materiali usa e getta», per di più impiegati in modo indiscriminato nella brutale repressione dei Gilet Gialli. Altro titolo, sempre del newsmgazine della Francia sud-occidentale: “Suicidio di un poliziotto vicino a Grenoble, il terzo in Francia in due giorni”. La notizia: «Padre di tre figli, il funzionario si è sparato». Nella Gironda, altri due suicidi nella polizia e nella Gendarmerie.
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Federico Caffè fu fatto sparire dai killer di Palme e Sankara
Non abbiate paura, il Deep State non è più un monolite oscuro: tra le sue fila oggi ci sono anche i “buoni”, che vigilano sui politici coraggiosi. Tesi firmata da Gioele Magaldi, frontman italiano della massoneria progressista sovranazionale e autore del saggio “Massoni”, che nel 2014 ha svelato il vero volto – supermassonico – dell’oligarchia reazionaria che da decenni regge le sorti del pianeta. In vena di rivelazioni, Magaldi oggi si spinge oltre. Il caso Julian Assange? Aspettate e vedrete: non tutti i mali vengono per nuocere. Può darsi che il suo ruvido arresto non preluda a chissà quale punzione: niente di più facile che si ritorca contro i personaggi messi in imbarazzo proprio dal fondatore di Wikileaks (come Hillary Clinton, accusata di aver truccato le primarie democratiche Usa, che in realtà sarebbero state vinte dall’outsider Bernie Sanders). E non è tutto: il 3 maggio, a Milano, sono in arrivo rivelazioni potenzialmente esplosive sul mistero del professor Federico Caffè, insigne economista keynesiano scomparso da Roma il 15 aprile 1987. Dietro, anticipa Magaldi, c’è la stessa mano che un anno prima aveva assassinato il premier svedese Olof Palme, e che di lì a poco avrebbe ucciso Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso. Tre personaggi scomodi, che ostacolavano il dominio globale neoliberista. Oggi però – altra notizia – non sarebbe più possibile eliminarli: «Fare il gioco sporco, ai nemici della democrazia, non conviene più: sanno perfettamente che in quello stesso Deep State ci sono anche elementi progressisti».Unico indizio a disposizione, per ora: la sicurezza italiana. Tra il 2015 e il 2016, dopo la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo, l’intera Europa sembrava sul punto di trasformarsi in un mattatoio. Eppure, Magaldi annunciò: vedrete che il nostro paese non subirà attentati. Motivo: l’antiterrorismo italiano è “pulito” e coopera strettamente con settori della Cia altrettanto leali. Il terrorismo targato Isis, aggiunse, può colpire solo in paesi dove i servizi segreti sono infiltrati dagli agenti della strategia della tensione: la Francia in primis, ma anche – come si è visto – il Belgio e la Spagna, il Regno Unito e la Germania. In altre parole: se i “cattivi” hanno orchestrato il terrore per affermare il loro potere (magari impaurendo Hollande per poi lanciare Macron), sul fronte opposto i “buoni” si sono accordati per unire le forze e proteggere almeno uno Stato europeo: non un paese a caso, naturalmente, ma l’Italia che di lì a poco sarebbe diventata gialloverde. Messaggio: non siete più onnipotenti, se c’è un pezzo di Europa che resta al riparo del vostro stragismo che spara nel mucchio, mietendo vittime tra i passanti. E sarà proprio l’Italia la prima pietra su cui costruire una nuova Europa, finalmente democratica.Missione compiuta? Solo a metà: gli ultimi anni in Italia sono trascorsi senza sangue, ma il governo Conte si è lasciato ugualmente spaventare da Bruxelles. Colpa del Deep State, ammette il deputato grillino Pino Cabras: al governo, dice, insieme ai 5 Stelle e alla Lega c’è anche un terzo incomodo, lo “Stato profondo” che ha potentissimi terminali anche al Quirinale, e lavora per sabotare il cambiamento. Nel bloccare la nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia, Sergio Mattarella spiegò che “i mercati” (veri padroni della situazione, quindi, a prescindere dalle elezioni) non l’avrebbero gradito, quel ministro. Con Savona all’economia, non avrebbero esitanto a mettere nei guai l’Italia con il ricatto dello spread. Dal convegno londinese sul New Deal Europeo, organizzato dal Movimento Roosevelt, Cabras ha rincarato la dose: lo “Stato profondo” è insediato ovunque, anche nei ministeri oltre che al Colle, e sta frenando qualsiasi cambio di paradigma: «Lega e 5 Stelle sono divisi su tutto, tranne che su un punto: resistere al Deep State, nel tentativo di dare più soldi agli italiani». Magaldi apprezza il coraggio di Cabras, la cui denuncia – clamorosa – è passata sotto silenzio, letteralmente ignorata dai media. «Il Deep State, però, non può diventare un alibi: perché il governo gialloverde non ci ha nemmeno provato, a rompere le regole Ue con un bel 10% di deficit. Si è limitato a quel misero e inutile 2%, prendendo schiaffoni a Bruxelles e tornando a Roma con la coda tra le gambe».Poteva andare diversamente? «Doveva», dice Magaldi. Che spiega: tutto sta cambiando, ai piani alti. «E già oggi, i politici intenzionati a lavorare per il benessere della collettività non hanno più motivo di avere paura di essere soli, di fronte a chi vorrebbe delegittimarli con la diffamazione o addirittura ucciderli, come nel caso di Palme e Sankara, o magari farli sparire, come accadde a Federico Caffè». Ed ecco la rivelazione, che Magaldi anticipa il 15 aprile a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming settimanale del lunedì, su YouTube: al convegno milanese del 3 maggio (“Nel segno di Carlo Rosselli, Olof Palme e Thomas Sankara, contro la crisi globale della democrazia”) sarà lo stesso Magaldi a fornire dettagli inediti sui mandanti della sparizione di Caffè. Altre notizie clamorose saranno fornite dall’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e già allievo di Federico Caffè. Il professore era il più importante economista keynesiano: formò personaggi come Mario Draghi e Marcello De Cecco, Bruno Amoroso e Ignazio Visco (Bankitalia), Franco Archibugi e Giorgio Ruffolo. E poi Luigi Spaventa, Enrico Giovannini, Ezio Tarantelli (assassinato dalle Br) e lo stesso Alberto Bagnai, ora senatore leghista.Persino Wikipedia scrive che Federico Caffè fu uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, occupandosi tanto di politiche macroeconomiche che di “economia del benessere”: «Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli». In altre parole, era il “cervello” dell’economia democratico-progressista: piena occupazione e welfare, cioè l’esatto contrario della politica del rigore che avrebbe preso il sopravvento, diventando un dogma – lo strapotere dei “mercati” – cui sembra piegarsi anche il Quirinale. La sua improvvisa scomparsa è un mistero rimasto irrisolto? Ufficialmente sì, ma non per Magaldi: secondo il presidente del Movimento Roosevelt, il convegno di Milano strapperà finalmente il velo sul caso Caffè. «C’è un filo rosso – avverte – che lega la sua sparizione agli omicidi di Olof Palme e Thomas Sankara». Palme, carismatico leader socialdemocratico svedese, era il faro del socialismo europeo: aveva varato il miglior welfare del continente e stava per essere eletto segretario generale dell’Onu. Una carica che gli avrebbe consentito di vegliare anche sull’Europa, scongiurando l’avvento del feroce ordoliberismo mercantilista che, da Maastricht in poi, ha rimesso in sella l’élite impoverendo il 99% della popolazione.Quanto a Sankara, parla per lui l’esodo dei migranti che sbarcano in Italia partendo dall’Africa Subsahariana affamata dal neocolonialismo: tre mesi prima di essere assassinato, il giovane leader del Burkina Faso aveva chiesto la cancellazione del debito estero e la fine degli aiuti finanziari all’Africa, vere e proprie catene post-coloniali. Il sogno del socialista Sankara? Un’Africa libera e sovrana, padrona a casa propria, capace di crescere basandosi sulle sue forze. «C’è un nesso che collega l’omicidio di Sankara e quello di Palme alla sparizione di Federico Caffè», insiste Magaldi, preparandosi a fornire dettagli inediti su quegli eventi che, nella seconda metà degli anni ‘80, hanno contribuito a plasmare lo sconfortante scenario di oggi. Un nome esemplare? Mario Draghi: il super-banchiere della Bce «non ha seguito il suo maestro, Federico Caffè, e oggi è nel gotha dei burattinai, degli artefici della involuzione post-democratica dell’Europa e del mantenimento del paradigma ideologico neoliberista in Europa e nel mondo». Paradigma spietato, per il quale ha duramente lavorato il Deep State massonico reazionario di cui lo stesso Draghi, secondo Magaldi, è un autorevolissimo esponente.Si può credere, a Magaldi? Qualcuno, di fronte al saggio “Massoni” (bestseller italiano, ignorato dai media mainstream) si è ritratto, rifugiandosi dietro l’assenza di prove documentali. Falso problema, assicura l’autore, che in premessa avverte: «Chiunque si senta diffamato me lo segnali, ed esibirò le carte che lo riguardano: dispongo di 6.000 pagine di documenti, troppo ingombranti per essere inseriti in un volume». Corollario: nessuno dei tantissimi big menzionati – Napolitano e Monti, lo stesso Draghi – si è azzardato a smentire alcunché. Meglio la consegna del silenzio. Ma il meccanismo innescato da quel libro sembra inesorabile: operazione trasparenza. Nel 2015, Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt. A fine marzo, ha promosso a Londra un confronto strategico tra economisti e politologi per mettere a fuoco un possibile New Deal europeo, basato sul recupero di Keynes (spesa pubblica strategica) per abbattere l’ideologia dell’austerity e restituire benessere alla popolazione. E ora è in arrivo l’assise milanese su Rosselli, Palme e Sankara, con anche le inedite news sulla sorte di Federico Caffè. «Questo incontro serve a dire: viviamo da decenni sotto la cappa di un’ideologia imperante e pervasiva, egemonizzante – il neoliberismo – che noi adesso rifiutiamo radicalmente».Il Movimento Roosevelt, continua Magaldi, si ispira alla lezione di Rosselli, Palme e Sankara: «Il nostro è un laboratorio politico che ha iniziato il suo percorso rivoluzionario a Londra, e a Milano affronta la sua seconda tappa». Teoria e pratica del Piano-B: «La nostra è un’ideologia social-liberale, opposta al neoliberismo: vogliamo proporla in Europa e nel mondo, ridando fiato a una corrente di pensiero che è stata rimossa, nei vari centrosinistra e centrodestra di tutto l’Occidente, a favore di una pervasività dogmatica del neoliberismo». Non si scherzava, ai tempi di Rosselli, ucciso su mandato del regime fascista di Mussolini. Ma c’era poco da ridere anche all’epoca di Palme, unico premier europeo assassinato mentre era in carica: freddato nella civilissima Svezia all’uscita di un cinema, nel cuore dell’Europa democratica. Il killer? Rimasto nell’ombra, ma fino a un certo punto: gli svedesi ricordano benissimo la strana morte del giallista Stieg Larsson, che al caso Palme si era interessato svolgendo indagini accurate, fino a consegnare alla polizia svariati documenti. La pista: servizi segreti, Deep State oscuro. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, Gianfranco Carpeoro – dirigente del Movimento Roosevelt – ricorda che, alla vigilia dell’omicidio Palme, un certo Licio Gelli indirizzò al senatore statunitense Philip Guarino il seguente telegramma: “La palma svedese sta per cadere”.Se ti metti contro il Deep State, puoi rischiare la pelle: succede spesso, ed è capitato anche a Julian Assange. «Puoi essere fatto fuori con la diffamazione e la delegittimazione, con il fango che ti gettano addosso, oppure puoi essere eliminato». Assange? «Ha avuto coraggio», ammette Magaldi: «C’è dell’eroismo, nel suo agire». Per Magaldi, però, il destino del fondatore di Wikileaks non è segnato: «La questione è estremamente complessa», si limita per ora a dire l’autore di “Massoni”, lasciando capire che attorno al giornalista australiano si muovono forze diverse e opposte, e che l’estradizione richiesta da Trump potrebbe non trasformarsi in una feroce vendetta nei confronti di Assange. Il motivo? Sempre lo stesso: starebbe cambiando la natura del Deep State. O meglio, la sua composizione. «Oggi, se si ha il coraggio di svolgere il proprio mandato democratico – dichiara Magaldi – lo si può fare senza più il timore di essere eliminati, perché nel Deep State c’è stata, è in corso e si sta irrobustendo di mese in mese una riorganizzazione dei circuiti massonici progressisti, i quali non consentiranno – come è stato in passato – che nessun sincero politico democratico venga assassinato o eliminato in modo improprio».Beninteso: il nemico è ancora molto potente. Uomini che hanno conquistato i posti chiave della finanza, dell’economia, degli Stati. Magaldi li definisce «gli alfieri della massoneria neoaristocratica, i costruttori dell’ideologia neoliberista: quelli che tuttora gestiscono una globalizzazione di merci e capitali che non è fatta anche di diritti, di democrazia e di giustizia sociale». Ma aggiunge: «Credetemi, oggi a quei signori non conviene giocare sporco, nel momento in cui nella questione sono coinvolti anche i massoni democratico-progressisti che hanno la stessa consuetudine con il Deep State. Non gli conviene, è un problema di calcolo». E insiste: «Se c’è qualcuno che vuole agire a beneficio del popolo non abbia paura, non si lasci fermare da minacce o blandizie. Vada avanti per la sua strada, perché c’è chi è in grado, con la sua sola presenza, di frapporsi alle indebite interferenze da parte di rappresentanti del Deep State che vogliono sovvertire le regole del gioco democratico, piegandole a interessi opachi di natura privata». Per questo, aggiunge Magaldi, non hanno più scuse tutti quei politici «divenuti maggiordomi e camerieri, senza più quella forza di elaborazione politica che a molti, nel Novecento, è costata la vita».Oggi, assicura Magaldi, i politici che volessero davvero «difendere il senso e la dignità del proprio mandato, operando al servizio della collettività», possono evitare di farsi intimidire o corrompere per eseguire gli ordini dei soliti burattinai: «Li invito a cercare proprio nell’ambito del Deep State quei circuiti progressisti che sono impegnati per la difesa della democrazia, e che quindi potranno garantire che il Deep State oscuro non interferisca più con lo svolgimento di una normale dialettica democratica». Magaldi è stato affiliato alla Thomas Paine, la più progressista delle 36 Ur-Lodges che gestiscono il back-office del potere mondiale. Il suo Grande Oriente Democratico, movimento massonico d’opinione, è collegato alle superlogge progressiste. E’ in corso una sorta di guerra inframassonica: dopo decenni di letargo, la componente democratica si starebbe risvegliando. Le prove del contrattacco in corso? Tanto per cominciare, la sicurezza di cui ha goduto l’Italia durante l’ultima stagione dell’infame auto-terrorismo europeo, targato Isis ma gestito da settori inquinati dell’intelligence. E ora, dice Magaldi, i cavalieri oscuri del peggior Deep State si preparino: il convegno di Milano svelerà dettagli clamorosi anche sulla misteriosa scomparsa di Federico Caffè.Non abbiate paura, il Deep State non è più un monolite oscuro: tra le sue fila oggi ci sono anche i “buoni”, che vigilano sui politici coraggiosi. Tesi firmata da Gioele Magaldi, frontman italiano della massoneria progressista sovranazionale e autore del saggio “Massoni”, che nel 2014 ha svelato il vero volto – supermassonico – dell’oligarchia reazionaria che da decenni regge le sorti del pianeta. In vena di rivelazioni, Magaldi oggi si spinge oltre. Il caso Julian Assange? Aspettate e vedrete: non tutti i mali vengono per nuocere. Può darsi che il suo ruvido arresto non preluda a chissà quale punizione: niente di più facile che si ritorca contro i personaggi messi in imbarazzo proprio dal fondatore di Wikileaks (come Hillary Clinton, accusata di aver truccato le primarie democratiche Usa, che in realtà sarebbero state vinte dall’outsider Bernie Sanders). E non è tutto: il 3 maggio, a Milano, sono in arrivo rivelazioni potenzialmente esplosive sul mistero del professor Federico Caffè, insigne economista keynesiano scomparso da Roma il 15 aprile 1987. Dietro, anticipa Magaldi, c’è la stessa mano che un anno prima aveva assassinato il premier svedese Olof Palme, e che di lì a poco avrebbe ucciso Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso. Tre personaggi scomodi, che ostacolavano il dominio globale neoliberista. Oggi però – altra notizia – non sarebbe più possibile eliminarli: «Fare il gioco sporco, ai nemici della democrazia, non conviene più: sanno perfettamente che in quello stesso Deep State ci sono anche elementi progressisti».
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Greta, l’ultima invenzione di chi ci impone sacrifici sociali
«Fate presto, non c’è più tempo». Ieri a dirlo era Mario Monti, oggi la piccola Greta Thunberg. Curioso, no? Vuoi vedere che, alla fine, la battaglia-spettacolo inscenata sul “climate change” dalla ragazzina svedese, sapientemente pilotata da esperti di marketing, ha obiettivi identici a quelli dell’élite globalista che impone “sacrifici” sociali al 99% della popolazione, stavolta anche con l’alibi del surriscaldamento globale? A domandarselo è l’antropologo Marco Giannini, analista indipendente e già vicino ai 5 Stelle, di fronte allo strano sciopero che il 15 marzo ha mobilitato milioni di studenti in ogni angolo del mondo. Hanno chiesto diritti sociali per i lavoratori, la fine delle morti bianche, un reddito minimo garantito che dia dignità ad ogni essere umano? Macchè. Hanno invocato un salario ragionevole e un’istruzione di livello per tutelare il futuro dei giovani, sottraendoli alla feroce lotteria competitiva del neoliberismo? Nossignore: la manifestazione era “per l’ambiente”. «Presto manifesteremo per la bontà, oppure forse contro la cattiveria: anzi, contro i cattivi», scrive Giannini: «Sì, credo proprio che Greta molto presto ci guiderà contro i cattivi, finalmente».Non era veritiero quindi – scrive Giannini, sarcastico – che le lobby si celassero dietro queste manifestazioni per colpire l’economia reale Usa, cioè Trump, cercando di scalzarla mediante la loro finanza globale, «quella che ha creato a tavolino la recessione mondiale e che necessita di reazioni stereotipate, prevedibili», allo scopo di «ottundere le menti e banalizzare le questioni». Un sospetto più che evidente, quello espresso da Giannini su “Come Don Chisciotte”: lo slogan “dobbiamo fare in fretta” serve a «creare le condizioni che rendano accettabili nuovi sacrifici (già “in canna”) altrimenti considerati odiosi e improponibili dalle popolazioni». Come ampiamente dimostrato da tutti gli studi sul comportamento umano, il “dobbiamo fare in fretta” – al fine di evitare una imminente catastrofe – è l’unico concetto che sortisce puntualmente l’effetto voluto dai manipolatori, a prescindere dalla sua eventuale coerenza. Anzi, scherza Giannini, «ormai ci aspettiamo che da un momento all’altro il Fmi, il Wto, la World Bank, BlackRock e Open Society, la Bayer-Monsanto, la Apple, Deutsche Bank e la Bce devolveranno gratuitamente verso ogni cittadino (americano, israeliano, italiano, russo, cinese, inglese) un bonus che copra interamente le spese per la coibentazione della propria abitazione».Per inciso, infatti, se si vuole ridurre il riscaldamento globale «non è tanto sulla CO2 che si deve agire, ma sul metano, che è 25 volte più impattante». Strano, vero? La manifestazione lanciata dalla piccola Greta ha avuto il plauso di Mattarella, Merkel, Macron. Applaudono anche le multinazionali finanziarie, quelle che hanno creato la crisi del 2007 per poi socializzare le perdite a spese dei governi, dopo aver «distrutto vite e privatizzato i profitti speculativi». Ancora oggi, continua Giannini, è sicuramente “cattivo” chi rivela che non sono tanto i cittadini comuni a produrre CO2, quanto «i settori terziario-quaternario e industria», come lo è chi svela che «dietro queste manifestazioni ci sono coloro che costantemente si arricchiscono col meccanismo “Cap & Trade”, cioè proprio con il business della CO2 a spese dei cittadini». Aggiunge Giannini: «Paradossale leggere che si debbano ridurre i consumi quando costoro impongono l’ideologia del crescere ad ogni costo e dell’emarginazione sociale». A meno che, oltre al lavaggio del cervello ideologico (vero target della “missione”) tutto ciò non serva «per ridurre il margine di manovra di quelle regioni del mondo che, in modo stoico, stanno cercando ancora oggi di emergere dalla recessione, nonostante la stramaledetta e controproducente austerity, in cui ad esempio l’Italia è imbavagliata».A proposito di “crescita infinita”, Giannini invita i lettori a questa riflessione: e se domani i robot rendessero disponibili beni a sufficienza per il mondo intero? Se tutti (anche agli africani “regolari”, cui Giannini insegna matematica e scienze) disponessero di un “reddito minimo”? «I consumi globali arriverebbero a un livello approssimativamente standard, ponendo fine alla finanza e ridando all’economia reale la corretta dimensione. A quel punto a cosa servirebbe crescere? A niente, se non alla selezione naturale tra esseri umani». Da quel momento, il “crescere” servirebbe solo a «dividere la torta in modo insensato, favorendo pochi “rentier” e omologando l’intera popolazione umana nell’ignoranza e nell’imbecillità». Tenere le menti lontanissime da queste considerazioni, secondo Giannini, è “necessario”, «perché la teoria della “crescita infinita” prosperi anche quando non servirà più» (beninteso: «Al momento, all’Italia serve eccome, crescere»). Ma come non vedere la manipolazione che sta dietro al fenomeno Greta? «Rendere moda, marketing, mercato (banche) certe questioni – insiste Giannini – equivale a svalutare i significati e a manipolare il senso comune, al fine di abituare i cittadini ad agire per emozioni, per stereotipi», cosicché chi la determina, la moda, cioè chi detiene i media, possa «omologare e rendere dipendenti (cioè privi di libertà) i cittadini».Dietro questa manifestazione ingenua e giovane – “comunque bella”, per citare Lucio Battisti – ci sono «coloro che hanno impoverito l’Africa e sfruttato la tratta di esseri umani». Nel continente nero (e non solo) hanno privatizzato tutto, con la complicità di un pugno di oligarchi africani traditori, razziando risorse a costo zero. «Sono coloro che hanno alimentato guerre e colpi di Stato, venduto armi per nutrire i traffici, generato carestie», fino addirittura a “testare” virus mortali prodotti in laboratorio, come quello della Sars. «Sono coloro che proteggono l’opulenza dei politicanti europei, altrettanto traditori», che hanno accettato l’euro ben sapendo che sarebbe servito a «colpire operai e classi medie». Osserva Giannini: «Fa molto male, rendersi conto che – salvo eccezioni – non sia lo stato di necessità a smuovere le masse, bensì il marketing». Siamo uno zoo falcilmente manovrabile, in fondo: “Je suis Charlie”, recitavano i cartelli nelle piazze all’indomani della strage parigina nella redazione di “Charlie Hebdo”, come se davvero l’obiettivo del commando terrorista fosse la libertà di satira. Prepariamoci, avvertiva a fine 2018 un analista come Fausto Carotenuto, veterano dell’intelligence: l’élite è in difficoltà e, per imbrogliarci, nel 2019 fabbricherà altre finte rivoluzioni. Ed ecco, puntuale, la piccola Greta.Didendere l’ambiente è sacrosanto, riconosce Giannini, ma il tema – aggiunge – va affrontato in modo non emotivo, partendo dalle cause, con un serio approccio scientifico. In Italia, dopo l’omicidio Moro, le lobby occidentali «inquinarono il Pci dei diritti sociali trasformandolo nell’eurocomunismo “fru fru”, per usare una terminologia cara a Beppe Grillo». Da allora, il progressivo assedio culturale dai movimenti effimeri (Femen, antiproibizionismo, diritti civili ma non sociali) ha inaugurato «l’eone dei sacrifici, a partire dal vincolo esterno dello Sme fino ad oggi: e i risultati si vedono». Da quel momento «la sinistra, il socialismo, non significarono più “lavoratori” ma ben altro, tra cui la distruzione della società intesa come Stato sociale», il declino della tradizione e dei “luoghi antropologici”, la fine dell’identità patriottica «in favore del globalismo d’accatto». Con Greta, «siamo su questo solco, che distrae le energie». La sinistra? «Perde definitivamente i propri tratti». E quindi «non ha più senso ragionare in termini politicamente bipolari». Infine, Giannini ricorda che «l’ignara Greta» è affetta da Asperger, dunque «è a rischio egocentrismo e fissazione». Domanda: «E’ funzionale al suo sviluppo, questa sua esposizione? O la ragazzina è usata come una cavia, come carne da macello?».«Fate presto, non c’è più tempo». Ieri a dirlo era Mario Monti, oggi la piccola Greta Thunberg. Curioso, no? Vuoi vedere che, alla fine, la battaglia-spettacolo inscenata sul “climate change” dalla ragazzina svedese, sapientemente pilotata da esperti di marketing, ha obiettivi identici a quelli dell’élite globalista che impone “sacrifici” sociali al 99% della popolazione, stavolta anche con l’alibi del surriscaldamento globale? A domandarselo è l’antropologo Marco Giannini, analista indipendente e già vicino ai 5 Stelle, di fronte allo strano sciopero che il 15 marzo ha mobilitato milioni di studenti in ogni angolo del mondo. Hanno chiesto diritti sociali per i lavoratori, la fine delle morti bianche, un reddito minimo garantito che dia dignità ad ogni essere umano? Macchè. Hanno invocato un salario ragionevole e un’istruzione di livello per tutelare il futuro dei giovani, sottraendoli alla feroce lotteria competitiva del neoliberismo? Nossignore: la manifestazione era “per l’ambiente”. «Presto manifesteremo per la bontà, oppure forse contro la cattiveria: anzi, contro i cattivi», scrive Giannini: «Sì, credo proprio che Greta molto presto ci guiderà contro i cattivi, finalmente».
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Houellebecq: l’Europa non esiste, e la libertà sta finendo
L’Europa non esiste: è solo un incubo, dal quale ci sveglieremo. E La gamma di opinioni consentite, quelle cioè che le persone sono autorizzate a esprimere in pubblico, è in costante diminuzione. Lo afferma uno scrittore di culto come Michel Houellebecq, il cui recente bestseller “Sottomissione”, che mette in guardia la Francia da una “conquista islamica”, è stato pubblicato il giorno del massacro di Charlie Hebdo. Houellebecq è stato a sua volta preso di mira per avere sostenuto verità impopolari, ricorda Paul Joseph Watson su “InfoWars”, in una nota tradotta da “Voci dall’Estero”. Lo scrittore sarebbe tra le vittime di «una sorta di dittatura esercitata dal politicamente corretto». Secondo Houellebecq, inoltre, non esiste alcun popolo europeo che possa dare vita ad alcuno Stato democratico: in una parola, riassume “Voci dall’Estero”, l’idea di Europa unita è stata semplicemente «un’idea stupida», rivelatasi mostruosa come un brutto sogno e destinata a svanire. Lo stesso Watson avverte: Houllebecq «suona un campanello d’allarme per la libertà di parola». In un pezzo scritto per “Harper’s”, lo scrittore francese denuncia lo strangolamento della libertà di opinione. «Gli americani non sono più disposti a morire per la libertà di stampa», scrive. Ma scusate, «quale libertà di stampa?». E aggiunge: «Fin da quando avevo dodici anni ho visto la gamma di opinioni consentite sulla stampa restringersi costantemente».Lo stesso Houellebecq denuncia una nuova «battuta di caccia», in Francia, contro lo scrittore conservatore Éric Zemmour, autore di “The French Suicide”, che sostiene che la società francese sia stata fortemente danneggiata dal neoliberismo, dall’Islam e dall’ossequio al “politicamente corretto”. Recentemente, ricorda Watson su “InfoWars”, proprio Zemmour «ha fronteggiato una marea di critiche per aver avvertito che in Francia era in corso una “colonizzazione al contrario”, dovuta ai decenni di immigrazione di massa, causata dal disprezzo di sé della nazione». Nel 2002, aggiunge Watson, lo scrittore era stato addirittura portato in giudizio per odio razziale – e in seguito assolto – per avere dichiarato in un’intervista che l’Islam è «la religione più stupida». Inoltre, a periodi alterni, ha dovuto ricorrere a una scorta armata «dopo avere ricevuto minacce contro la sua vita da parte di terroristi islamici». Una storia che ricorda le gravissime intimidazioni cui fu sottoposto a partire dal 1988 Salman Rushdie, autore indiano naturalizzato britannico, “colpevole” di aver scritto il romanzo “I versi satanici”, che gli attirò la “fatwa” dell’ayatollah Khomeini. Il traduttore in italiano dell’opera, Ettore Capriolo (non protetto da nessuna scorta), nel ‘91 fu pugnalato – in modo non mortale – nella sua abitazione milanese.All’epoca però l’Europa era lontanissima da quella attuale: non si erano ancora visti gli effetti del crollo dell’Urss e mancava ancora un decennio all’11 Settembre e alle guerre che avrebbe innescato, attraverso cui l’Occidente avrebbe devastato i paesi islamici. Va da sé che il fenomeno migratorio verso il vecchio continente non fosse paragonabile, per dimensioni, all’attuale esodo. In un altro passo del suo articolo per “Harper’s”, sempre Houellebecq nota che l’Europa storicamente è sempre stata in lotta contro l’Islam, e che «quella lotta è semplicemente tornata in primo piano». L’autore francese, aggiunge Watson, «si aspetta anche che l’Unione Europea si dissolva e che la Francia diventi nuovamente un paese indipendente». Houellebecq è esplicito: «La mia convinzione – scrive – è che in Europa non abbiamo né una lingua comune, né valori comuni, né interessi comuni: in una parola, sono convinto che l’Europa non esiste, e che non costituirà mai un popolo né sosterrà una possibile democrazia (vedi l’etimologia del termine), semplicemente perché non vuole costituire un popolo». Letteralmente, chiosa Houellebecq, «l’Europa è solo un’idea stupida che si è gradualmente trasformata in un brutto sogno, dal quale alla fine ci sveglieremo».La provocazione di Houellebecq va inquadrata nella polemica montante contro il “regime mainstream” del politically correct, rispetto al quale si moltiplicano segnali di insofferenza come quelli espressi dai movimenti politici classificati come populisti e neo-sovranisti, irritati dal modello post-democratico dell’Ue che sta producendo l’attuale Disunione Europea. Quanto alla polemica con l’Islam, in cui riecheggia lo “scontro di civiltà” evocato da Oriana Fallaci, non si precisa quello che la storia dimostra: e cioè che è stata l’Europa cristiana, con le Crociate, a muovere guerra al mondo musulmano (che all’epoca dava protezione anche agli ebrei, ferocemente perseguitati dai cattolici). Se la rabbia anti-occidentale (palpabile in molti paesi arabi) è dovuta allo spietato colonialismo anglo-francese, è noto che deriva estremistica dell’Islam (fino al terrorismo, Al-Qaeda e Isis) fu deliberatamente progettata dall’intelligence Usa. Quanto alla Francia che secondo Houellebecq dovrebbe giustamente tornare sovrana, sarebbe ora che rendesse sovrane anche 14 sue ex colonie africane, che mantiene sottomesse e a cui spilla ogni anno, scandalosamente, 500 miliardi di euro.L’Europa non esiste: è solo un incubo, dal quale ci sveglieremo. E La gamma di opinioni consentite, quelle cioè che le persone sono autorizzate a esprimere in pubblico, è in costante diminuzione. Lo afferma uno scrittore di culto come Michel Houellebecq, il cui recente bestseller “Sottomissione”, che mette in guardia la Francia da una “conquista islamica”, è stato pubblicato il giorno del massacro di Charlie Hebdo. Houellebecq è stato a sua volta preso di mira per avere sostenuto verità impopolari, ricorda Paul Joseph Watson su “InfoWars”, in una nota tradotta da “Voci dall’Estero”. Lo scrittore sarebbe tra le vittime di «una sorta di dittatura esercitata dal politicamente corretto». Secondo Houellebecq, inoltre, non esiste alcun popolo europeo che possa dare vita ad alcuno Stato democratico: in una parola, riassume “Voci dall’Estero”, l’idea di Europa unita è stata semplicemente «un’idea stupida», rivelatasi mostruosa come un brutto sogno e destinata a svanire. Lo stesso Watson avverte: Houllebecq «suona un campanello d’allarme per la libertà di parola». In un pezzo scritto per “Harper’s”, lo scrittore francese denuncia lo strangolamento della libertà di opinione. «Gli americani non sono più disposti a morire per la libertà di stampa», scrive. Ma scusate, «quale libertà di stampa?». E aggiunge: «Fin da quando avevo dodici anni ho visto la gamma di opinioni consentite sulla stampa restringersi costantemente».
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Francia terrorista: fa strage a Strasburgo e protegge Battisti
Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «All’epoca degli anni di piombo, sospetto che Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.Giornalista e scrittore, studioso di simbologia e già a capo della più tradizionale obbedienza massonica italiana del Rito Scozzese, non è la prima volta che Carpeoro fornisce clamorose rivelazioni. Di recente, tramite suoi rapporti con logge tedesche, ha svelato l’imbarazzante retroscena dietro alla prima bocciatura di Marcello Foa alla guida della Rai, ottenuta su pressione di Jacques Attali, “king maker” di Macron, che si sarebbe rivolto a Giorgio Napolitano e quindi ad Antonio Tajani per premere su Berlusconi affinché revocasse il consenso sulla nomina di Foa che in prima battuta il Cavaliere aveva già assicurato a Salvini. Non è escluso che la retromarcia di Berlusconi, grazie a cui oggi Foa ha raggiunto la presidenza Rai, sia dovuta anche alle scomode rivelazioni di Carpeoro. Fuoriuscito dalla massoneria, nel 2016 l’avvocato ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia occidentale (non islamica) del “neoterrorismo” europeo targato Isis: opera di manovalanza islamista reclutata da servizi segreti Nato al soldo della “sovragestione” di potere, che interseca trasversalmente governi e apparti di polizia tramite superlogge internazionali come la “Hathor Pentalpha”. Schema classico: strategia della tensione, alimentata da attentati “false flag”, sotto falsa bandiera (attribuiti all’Isis). «Così come già Al-Qaeda, anche l’Isis è il prodotto della medesima sovragestione occidentale», sottolinea Carpeoro. «E l’ultimo attentato, quello di Strasburgo, ne è un esempio perfetto». Obiettivo? «Politico: aiutare Macron a resistere all’assedio dei Gilet Gialli, depistando l’opinione pubblica e indirizzandola verso un nemico esterno».Mai come nel caso di Strasburgo, dichiara Carpeoro in video-chat con Frabetti, è apparso chiaro il carattere artificioso della strage, progettata dai servizi segreti a poche ore dalla clamorosa “resa” televisiva di Macron, messo in croce dai Gilet Gialli. L’attentatore è stato presentato come “islamico radicalizzato”, ma testimoni raccontano di averlo visto ubriaco fradicio, qualche sera prima, in una birreria. «Il sindaco di Strasburgo ha dichiarato di non riuscire a spiegarsi come Cherif Chekatt, pregiudicato e schedato dalla polizia come sospetto terrorista islamico, possa essere riuscito a inoltrarsi – armato – nel perimetro super-vigilato del centro di Strasburgo, giungendo indisturbato fino al mercatino di Natale dove poi ha compiuto la strage». Ma peggio: «Poco prima – aggiunge Carpeoro – Chekatt era sfuggito all’arresto. Strano, che qualcuno compia una strage (anziché sparire) poco dopo esser sfuggito all’arresto. E ancora più strano è che la polizia non si attivi per braccarlo, non diffonda foto segnaletiche, non disponga posti di blocco». Attenzione: «Chi c’era, a proteggere il centro di Strasburgo? Le forze speciali antiterrorismo». In altre parole: qualcuno che, il killer, “doveva” lasciarlo passare – armato – evitando di perquisirlo?Il tentato arresto, aggiunge Carpeoro, è chiaramente un alibi per allontanare i sospetti dalle forze di sicurezza. E non è tutto: «Da una perquisizione domiciliare, il killer è risultato essere in possesso di un’altra pistola, diversa da quella usata per la strage, e addirittura di una granata». Domanda: «Se voleva fare una carneficina, perché non ha portato con sé anche le altre armi?». E soprattutto: «Perché ancora oggi non sappiamo che tipo di pistola fosse, quella usata per sparare sulla folla?». Stranezze su stranezze: subito, era corsa voce che Chekatt si fosse rifugiato in Germania. Invece, stranamente, non si era allontanato da Strasburgo. Nessuno si stupisce più che sia stato ucciso, alla fine, come tutti gli altri killer che negli ultimi anni hanno insanguinato l’Europa: nessun magistrato ha mai potuto interrogarli, sono tutti stati messi a tacere dai cecchini. Carpeoro insiste sull’arma della strage: «Dato che non è stata fatta circolare nessuna informazione, su quella pistola, è altamente probabile che sia di importanza decisiva per risalire alla verità». Un’arma fornita al killer direttamente dai servizi segreti francesi?Dopo la strage della redazione di Charlie Hebdo, l’Eliseo insabbiò le indagini – apponendo il segreto di Stato (segreto militare) – nel momento in cui un magistrato aveva scoperto che le armi del commando kamizake erano state acquistate, in Belgio, da agenti della Dgse, l’intelligence di Parigi. Uno degli 007 era in contatto con la fidanzata di uno dei giovani attentatori (anch’essi poi freddati dai cecchini, esattamente come Cherif Chekatt). Per Carpeoro, ormai il gioco è spudorato: non si era mai vista tanta tempestività nel fare ricorso al terrorismo per motivi di stringente necessità politica. «Temo che all’attentato di Strasburgo ne possano seguire altri», aggiunge Carpeoro, secondo cui – intanto – un risultato è stato ottenuto: è vero che il Gilet Gialli sono tornati in piazza, ma intanto si sono divisi politicamente. «L’attentato ha prodotto questo effetto: ha costretto i manifestanti a dividersi». Da una parte quelli intenzionati a protestare a oltranza, e dall’altra chi pensa sia meglio una pausa di riflessione, un gesto di solidarietà nazionale. Carpeoro è indignato: i cittadini francesi, dice, dovrebbero sapere che il loro governo protegge in Siria le milizie terroristiche di Al-Nusra, asserragliate a Idlib. «Al-Nusra è la filiazione diretta di Al-Qaeda, e il governo di Damasco vorrebbe cacciarla da Idlib. Ma non ci riesce, perché Al-Nusra è protetta dalla Francia».Non è un caso che il killer di Strasburgo abbia rivendicato la strage facendo riferimento ai “caduti siriani”. E, dato che tra le vittime c’è anche un italiano, si rivolge direttamente agli inquirenti italiani: proprio la pistola “fantasma” di Chekatt, sparita nel nulla, potrebbe essere la chiave per collegare l’esecutore ai mandanti. Servizi-colabrodo, alle prese con relazioni pericolose? Dipende: «E’ normale che i servizi segreti infiltrino loro uomini anche nelle strutture terroristiche, è il loro mestiere. L’importante è il fine: un conto è se collaborano per evitarli, gli attentati (come avvenuto in Italia in questi anni), e un altro è se invece collaborano per farli». Quanto all’Italia, appunto, forse è giunta l’ora di ribellarsi ai soprusi dell’intelligence “sovragestita” di Parigi: «Non è accettabile che la Francia protegga sottobanco un suo ex agente come Battisti, mentre da noi Alberto Torregiani ha trascorso la vita su una sedia a rotelle, reso paraplegico durante la rapina in cui Battisti uccise suo padre, Pierluigi, a Milano, il 16 febbraio 1979». Insiste, Carpeoro: «Mi assumo la piena responsabilità di quello che dico. E insisto: Roma dovrebbe richiamare l’ambasciatore francese e chiedergli spiegazioni sull’operato dei servizi segreti transalpini, anche a costo di incrinare le relazioni diplomatiche con la Francia».Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «Sono convinto che, all’epoca degli anni di piombo, Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.