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“Se fossi Zelensky, oggi avrei paura: ma non di Putin”
In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.Vale sempre, il vecchio adagio: la prima vittima della guerra è la verità. Pure in tempo di pace, però, non c’è mai da fidarsi delle versioni ufficiali. Quanto ai giornalisti, buio pesto: dei conflitti non capiscono niente, nemmeno se vanno sul posto. Anche per questo è ridicola, la roboante propaganda che l’Occidente riversa sulla strana guerra dei russi, omettendo la domanda chiave: perché Mosca sta rinunciando a sfruttare la sua schiacciante superiorità aerea, che le consentirebbe di annientare le resistenze ucraine? In appena tre giorni, dopo aver distrutto a terra i velivoli avversari, i russi hanno acquisito il pieno dominio dei cieli. Però non intendono avvalersene per fare piazza pulita degli ucraini: perché? Forse, lo choc iniziale (un’invasione così massiccia) doveva servire anche a innescare un possibile ribaltone interno, che avrebbe chiuso la partita in poche ore: ma evidentemente, i generali di Kiev – sicuramente in contatto con il Cremlino – non se la sono sentita, di rovesciare Zelensky. Così, è scattato il Piano-B: la manovra a tenaglia per imbrigliare l’Ucraina, senza però raderla al suolo.Il bombardamento su Mariupol? Colpire seriamente una sola città è uno strumento di pressione: vale come monito per tutte le altre, che però non sono state ancora prese davvero di mira. Come dire, è l’ennesima spinta verso l’obiettivo a cui la Russia punta: non la distruzione dell’Ucraina, né la sua occupazione permanente, ma una trattativa che porti a un accordo credibile. Per questo è cresciuto anche il bilancio delle perdite russe: schierare artiglierie campali “napoleoniche”, quasi senza usare missili (e senza ricorrere all’arma più efficace, l’aviazione) espone l’esercito di Mosca a rischi inevitabili. Di nuovo: è un altro modo per “comunicare”, sia pure nell’atroce linguaggio bellico, una volontà negoziale. Lo stesso dicasi per l’incentivo all’evacuazione dei civili: la guerra casa per casa, nelle città, sarebbe insostenibile sul piano dell’immagine, ma anche su quello strettamente militare, perché non farebbe altro che produrre quello che i russi non vogliono, e cioè una carneficina.Meglio quindi dissipare la “nebbia di guerra”: ad accompagnare l’insolito incedere dei russi (che potrebbero stravincere, e invece procedono al rallentatore) è proprio l’ostinazione nel tener aperti spiragli negoziali. Che infatti, nonostante tutto, sembrano destinati ad avere successo: l’Ucraina ha già annunciato possibili concessioni sull’indipendenza del Donbass e sulla rinuncia alla Nato. A quanto pare, Kiev sarebbe disposta a restituire a Mosca anche la piena titolarità della Crimea (territorio storicamente russo, “regalato” all’Ucraina ai tempi dell’Urss, quando la capitale era comunque Mosca, ndr). Io spero che si arrivi presto a una trattativa che, in Ucraina, metta fine all’orrore della guerra, dove a pagare il prezzo maggiore sono sempre i civili. Comunque mi sembra che lo stesso Zelensky non rifiuti la disponibilità negoziale dei russi. Chi vorrebbe farla fallire, allora, questa trattativa? Gli altri: la Nato, gli Usa.A ostacolare la possibilità del negoziato non è certo Putin, che – anzi – vorrebbe che la crisi fosse brevissima: ha le truppe sul terreno, gli hanno messo contro mezzo mondo. Il Cremlino spera che le ostilità fiscano al più presto, e chiaramente spera anche di ottenere alcune concessioni, per evitare di fare una figuraccia. Non è che voglia tantissimo, Putin: e lo sta dicendo. Dall’altra parte, invece, con chi abbiamo a che fare? Dobbiamo fare i conti con l’orribile “piramide gesuito-massonica” (Putin fa parte della “piramide conservatrice”: orribile anch’essa, ma in questo momento meno orribile). La vera piramide offensiva è quella gesuito-massonica: si è presa il Papato, da noi il Quirinale e la Presidenza del Consiglio, e poi l’Onu, la presidenza Ue e la Casa Bianca, insieme alla Germania e alla Francia di Macron. Sono molto all’attacco, cercano di sfruttare questo attuale vantaggio. Loro, in Ucraina, avrebbero interesse al “modello americano”. Ovvero: entro in Iraq e in Libia per “portare la pace”, e intanto faccio fuori quei disgraziati dei dittatori.Oppure: entro in Siria – in vari modi: anche “by proxy”, attraverso altre forze – e tolgo di mezzo il maledetto Assad, per poi sostituirlo con un regime “libero”, fondato sulle elezioni. Ancora: entro in Afghanistan (a suo tempo, per cacciare i sovietici), e poi, dopo l’11 Settembre ci rientro (stavolta “per combattere il terrorismo islamico”). Insomma: vado a “portare la libertà e la democrazia” là dove non ci sono. Ed è ormai dimostrato: ogni volta che lo fanno, il risultato è il contrario. In Afghanistan, con la scusa di cacciare quei comunistacci dei sovietici – che volevano controllare quello che era uno Stato-cuscinetto, com’era fino a ieri la stessa Ucraina – hanno preparano i loro combattenti: li hanno addestrati, li hanno equipaggiati con missili antiaerei e razzi anticarro. E così hanno preparato due forze distinte: Al-Qaeda e i Talebani. Il nome “Al-Qaeda” è stato inventato dalla Cia, ormai si sa. Quel gruppo doveva poi fare anche terrorismo in Occidente, sempre ai loro ordini: proprio quel terrorismo, infatti, ha prodotto l’autoritorismo degli Stati, che hanno ristretto le nostre libertà, facendo avanzare il regime mondialista.Poi, appunto, visto che un regime quasi “normale” poteva nascere persino in Afghanistan, hanno inventato i Talebani: che, in origine, erano studenti islamici (pakistani, però). Così l’Afghanistan è diventato – e lo è tuttora – l’ambiente perfetto per la nascita di qualsiasi terrorismo. E guardate anche la recente aggressione ai danni del Kazakhstan, che ha retto perché difeso dai russi: è stato invaso da decine di migliaia di terroristi, teoricamente “islamici”; ma non sono mai islamici, i personaggi che guidano il terrorismo islamico: sono sempre occidentali. Idem in Siria: si è creato l’Isis e da lì sono partiti miliziani a fare terrorismo in tutto il mondo. Ma l’Isis dove aveva potuto crescere? In un Iraq senza più Saddam Hussein. Chi ha favorito tutto questo? Sempre loro: i nostri governanti occidentali. Per inciso: Saddam li teneva in carcere, i terroristi. Sono poi stati scarcerati dagli invasori americani. Ora, l’Occidente potrebbe avere interesse a fare la stessa cosa con l’Ucraina. Cioè: creare uno Stato destabilizzato, per anni, stavolta all’interno dell’Europa, più vicino a noi e infinitamente più importante.Potrebbe essere l’alibi perfetto per verticalizzare ulteriormente il potere, in termini di Unione Europea, costruendo quindi un elemento di continua provocazione, per la Russia, destinato a durare anni. Immaginate lo scenario: milizie a non finire, anche mercenarie, in Ucraina. Perché è proprio a loro che, già adesso, stanno consegnando le armi che noi stiamo fornendo, da portare – forse – all’esercito ucraino. Ma chi dà le armi agli ucraini sa benissimo che non vinceranno, con quelle armi: sa che moriranno, con quelle armi in pugno. E sa che enormi depositi di armi rimarranno sul terreno, a disposizione dei gruppi che rispondono a loro: neonazisti, mercenari, nuovi gruppi che si formeranno. In altre parole: potrebbe essere in corso una manovra per far diventare l’Ucraina una sorta di Afghanistan o di Iraq europeo, come fomentatore permanente di altri problemi. Speriamo di no, ma già vedo che alcuni passi in questa direzione ci potrebbero essere. Quindi: speriamo proprio che le trattative vadano avanti. In fondo, lo stesso Zelensky va in questa direzione, anche se giustamente sbraita e strilla. E quindi: se Putin è cattivissimo, quanto lo è l’Occidente?(Fausto Carotenuto, estratti dal video “La grande tenaglia in Ucraina: chi fa fallire la pace”, su YouTube dal 10 marzo 2022. Già analista strategico dell’intelligence, Carotenuto – poi fattosi promotore del network “Coscienze in Rete” – vanta una lunga esperienza internazionale, in ambito geopolitico, per conto dei servizi segreti occidentali).In passato poteva anche accadere che gli occidentali uccidessero il loro uomo, per far credere che l’avessero assassinato i russi. Seriamente: se fossi la Russia, io oggi mi preoccuperei di proteggere Zelensky. Lo vedete che il palazzo presidenziale di Kiev non lo attaccano manco a morire? C’erano gruppi che davano la caccia a Zelensky? Ah, ma attenti: questo ce l’hanno detto le fonti occidentali. I russi, invece, non fanno che ripetere: noi riconosciamo il governo di Zelensky. Sanno che rappresenta una parte consistente del suo popolo. E quindi a loro serve vivo, per arrivare al vero obiettivo di Mosca: una trattativa che metta fine al conflitto in Ucraina nel più breve tempo possibile, permettendo a Putin di salvare la faccia portando a casa qualche concessione territoriale. Forse i russi hanno anche un altro timore, probabilmente fondato: che qualcuno, in Occidente, speri di trasformare l’Ucraina in una sorta di Afghanistan, di Iraq europeo, fonte perpetua di instabilità e di minaccia per la Russia. Che infatti, non a caso – al di là della martellante disinformazione occidentale – si sta muovendo con estrema prudenza.
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Putin, l’alieno e il terrorismo “democratico” dell’Occidente
Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, ottenere obbedienza e sottomissione.I media nostrani oggi si esercitano nel tiro al bersaglio contro l’autocrate che da oltre vent’anni è a capo della “democratura” russa, leader del grande paese che – unico – in questi decenni si è regolarmente opposto, come ha potuto, alla marea dilagante del terrorismo occidentale, sorretto in modo orwelliano da giornali e televisioni che hanno semplicemente smesso di fare informazione. La Russia è rimasta estranea al terrorismo militare in Medio Oriente, scatenato dall’Occidente “democratico” in modo diretto o attraverso manovalanza jihadista; è infine intervenuta in modo risoluto in Siria, contro l’Isis, per salvare il regime alleato di Damasco e impedire che i tagliagole raggiungessero rapidamente il Caucaso. Aggredito dal neoliberismo occidentale dopo il collasso dell’Urss, il sistema russo – conformatosi allo standard economico globale – non ha però esposto i suoi cittadini agli spaventosi stress inflitti alla popolazione europea e statunitense; al contrario: lo storico consenso tributato a Putin si spiega anche con il fatto di aver risollevato l’economia nazionale, decuplicando il reddito medio e sottraendo alla povertà milioni di russi, dopo il disastro delle turbo-privatizzazioni occidentali risalenti all’epoca di Eltsin.Il personaggio oggi dipinto come tirannico dittatore, scontatamente sanguinario già in quanto slavo e probabilmente anche impazzito, è lo statista che – al mondo – si è maggiormente impegnato nel fare argine contro il terrorismo “islamico” teleguidato dalle capitali occidentali. E’ l’uomo che – con il veto opposto dalla Russia – ha appena impedito all’Onu di varare una risoluzione folle, che avrebbe elevato il cambiamento climatico al rango di “minaccia per la sicurezza nazionale” degli Stati. Uno snodo burocratico, l’avallo delle Nazioni Unite, che avrebbe probabilmente accelerato l’autoritarismo tecnocratico che, in nome della tutela dell’ambiente (ma usando il clima, come se fosse davvero l’umanità a determinarne le variazioni), punta a imporre nuove regole, non negoziabili, a tutti gli abitanti – non del pianeta intero, ovviamente: i fortunati siamo sempre noi, cittadini dell’Occidente “democratico”. La Russia è riuscita a distinguersi e brillare, agendo cioè senza diventare nostra complice, anche riguardo all’ultima stagione terroristica, quella sanitaria: ha rifiutato la “dittatura” dei lockdown, non ha imposto nessun ricatto e nessun Tso alla popolazione. E ha offerto al mondo, a tempo di record e gratuitamente, il primo preparato vaccinale anti-Covid.Queste sono le ultime, storiche mosse del regime che oggi viene presentato come una oscura dittatura. Un establishment ibrido, che avrebbe voluto essere più europeo che eurasiatico, contro il quale l’Occidente sta scatenando tutte le sue armi: lo spettro missilistico della Nato in Est Europa, i neonazisti ucraini schierati sul terreno e, soprattutto, la spaventosa guerra economica decretata per volere dei poteri che nel 2020 hanno insediato alla Casa Bianca nientemeno che l’oligarca Joe Biden, in mezzo alla fanghiglia della scandalosa frode elettorale ai danni di Donal Trump. Se una certa élite ha sempre mirato a schiacciare i sudditi, mal sopportando i rari lampi di democrazia reale (fioriti soprattutto nel Novecento, quando al capitalismo occidentale occorreva ancora una classe media prospera e ottimista), viene da domandarsi quale sia la ragione della devastante, vorticosa accelerazione degli ultimi due decenni. Una progressione letteralmente esplosa nella primavera 2020 con l’operazione “psico-pandemica”, che ora è stata sostituita dalla guerra classica, regionale, amplificata però dalla ferocia economica del globalismo senza frontiere.Chi non disdegna di inoltrarsi nella cosiddetta “esopolitica”, cioè l’ipotetica interferenza aliena nelle faccende terrestri (niente di diverso, peraltro, dallo scenario raffigurato dalle letterature antiche, con le “divinità” impegnate a disputarsi territori e popoli), oggi si domanda se tutta questa fretta – all’improvviso – non sia dovuta anche al timore di eventuali “sbarchi”, sul nostro pianeta, che secondo alcune fonti sarebbero attesi a partire dal 2024. A raggiungere la Terra – questa la teoria – sarebbero forze ostili a quelle, non terrestri, che attualmente deterrebbero il controllo occulto delle superpotenze. Il tema è vasto e, ovviamente, più che controverso. Semplici suggestioni? Forse non più, o comunque non del tutto, da quando – a partire dal 2019 – lo stesso apparato militare occidentale ha avviato una sorta di “disclosure”, ammettendo ufficialmente l’esistenza degli Ufo. C’è chi si è spinto oltre: per il generale israeliano Haim Eshed, l’Occidente farebbe parte – da almeno trent’anni – di una Federazione Galattica, dotata di basi condivise (sulla Terra, sulla Luna, su Marte e su altri corpi del Sistema Solare). In parallelo, sono pervenute dichiarazioni precise da parte di fonti massoniche, che hanno riferito di accordi con alieni dalla seconda metà del secolo scorso.Tutto questo può sembrare surreale, in un 2022 letteralmente sventrato dall’esplosione della guerra in Ucraina, con il suo infame corollario di sofferenze. Ma non si può fare a meno di metterle in fila, le notizie: la catena di comando che ha provocato la Russia al punto da spingerla all’invasione è la stessa che aveva orchestrato il terrorismo sanitario, e prima ancora il terrorismo “islamico”, il terrorismo finanziario e il terrorismo climatico, sdoganando nel frattempo – prima attraverso la fantascienza, poi con le ammissioni ufficiali del Pentagono – l’esistenza del “problema” extraterrestre, che forse è davvero il grande segreto sul quale, a breve, non si potrà più tacere. E’ per questo, dunque, che qualcuno – lassù – ha deciso di gettare l’umanità, in modo sempre più rapido, in una spirale di panico che sembra destinata a non avere fine? Sono semplici domande, queste, che però è la stessa cronaca recente, ormai, ad autorizzare. L’inaudita “schiavizzazione” delle popolazioni, specie quelle residenti in aree ancora formalmente democratiche, serve forse a ridurne il potenziale reattivo, in vista di eventi che nessun politico attuale sarebbe in grado, domattina, di presentare ad alta voce?Certo, oggi nessuno potrebbe sbilanciarsi in argomentazioni di questo tenore: sarebbe preso per matto da chiunque, tranne che dagli ufologi o dagli studiosi di religioni antiche. Ma, se proprio l’Occidente “democratico” sta dando ancora una volta il peggio di sé, mentendo innanzitutto alla sua popolazione, non si può che prendere nota delle miserevoli condizioni in cui versa il sistema-Italia, con il suo governo fantoccio (fellone, ma ultra-autoritario) e la sua politica ormai clinicamente morta. I missili e le cannonate nelle pianure ucraine irrompono nelle case di famiglie piegate dal ricatto, tra persone rassegnate a lavorare, viaggiare e vivere solo a patto di avere in tasca il lasciapassare digitale. Uno strumento di dominio, che di sanitario non ha proprio nulla, imposto in perfetto stile cinese e con il pretesto di una patologia curabilissima. Malattia per la quale, però, le terapie sono state prima negate e poi ostacolate, umiliando la scienza e tradendo nel modo più vile il patto di lealtà che, in un paese democratico, avrebbe dovuto vincolare i governanti ai governati.Il primo dovere, infatti, non dovrebbe essere quello di proteggere la popolazione? In alcuni Stati degli Usa, in Australia e Nuova Zelanda, in Europa – ma in Italia in particolare – è avvenuto esattamente il contrario: la popolazione è stata esposta a grandi pericoli, è stata fuoriviata dalla disinformazione, è stata ipnotizzata e terrorizzata per due anni. E ora, svanita anche l’ultima parvenza di pseudo-emergenza, viene mantenuta sotto la pressione coercitiva, forse permanente, del lasciapassare, che poi sarebbe solo il preambolo – secondo i piani – per l’eliminazione del contante e l’adozione esclusiva della moneta digitale, cioè del controllo definitivo sull’economia delle famiglie. Che cosa sarà, dell’Italia, ora che l’intera Europa sarà travolta dal massacro socio-economico delle sanzioni comminate alla Russia? Il nostro è l’unico paese che, a quanto pare, non riesce a eleggere un presidente della Repubblica diverso dal precedente. Poi ci sono i politici: Salvini spernacchiato in Polonia, Di Maio che dà dell’“animale” a Putin. E c’è l’inqualificabile Draghi, che riesce a farsi giustamente canzonare persino dall’orrido Zelensky.«Per riuscire a parlare con Draghi vedrò di spostare l’agenda della guerra», ha twittato l’ucraino, dopo che il primo ministro italiano aveva snobbato un appuntamento telefonico, perdendo così anche l’ultimo treno per assurgere al ruolo di possibile mediatore (ruolo che, fino a ieri, non sarebbe stato affatto sgradito a Putin). E invece si sono bruciati i ponti, in ossequio al padrone americano. Ormai siamo oltre: l’Italia – il paese delle mascherine e del Green Pass Rafforzato – ha appena inviato armamenti all’Ucraina, paese belligerante. Così, dall’8 marzo 2022 – per la prima volta nella storia, probabilmente – la Russia ha inserito anche noi nella lista nera dei “paesi ostili”. Mario Draghi pare stia quindi per firmare il più disastroso suicidio nazionale (si spera solo economico) degli ultimi decenni. Ma niente paura: ci resta sempre il campionato di calcio, insieme al cabaret dei talkshow in cui sono sempre i famosi virologi di ieri a spiegare al popolo bue come vanno le cose, in Ucraina. Effetti collaterali: e se la guerra di Putin finisse – anche – per cambiare il mondo, mettendo fine all’ipocrisia dei tanti terrorismi domestici? Nessuno può prevedere gli eventi: c’è solo da augurarsi che le armi tacciano al più presto. Certo però che, dal radar del futuro, questa Italia sembra davvero sparita: un paese fantasma, finito, affollato di sudditi imbrogliati, derubati e inebetiti.(Giorgio Cattaneo, 9 marzo 2022).Tutti a parlare di Russia e Ucraina, naturalmente: senza mai ricordare, però, che l’Occidente “democratico” ha sempre disatteso gli accordi con Mosca, cioè essenzialmente la promessa di non estendere la Nato verso Est. Basterebbe questo, a chiudere la questione: e invece si procede con la solita nebbia di guerra, criminalizzando Putin, proprio mentre il succitato Occidente “democratico” – dopo due anni di follia Covid – ora provvede a massacrare i suoi civili, in questa guerra asimmetrica, anche con lo schianto dell’economia planetaria, già visibile a partire dall’impazzimento dei prezzi. Tutti esperti di Ucraina, oggi – come se a qualcuno importasse qualcosa, dei popoli ucraini – senza vedere che l’orrendo copione dei bombardamenti non è che il sequel dei tanti che l’hanno preceduto: come il terrorismo “islamico” (dall’11 Settembre all’Isis), il terrorismo finanziario (dalla morte civile della Grecia al golpe bianco in Italia), il terrorismo climatico “gretino” e ovviamente il recentissimo terrorismo sanitario. Identici gli obiettivi: generare panico, creare insicurezza sociale, revocare diritti e libertà, impoverire e quindi indebolire la popolazione, da cui esigere timorosa obbedienza e piena sottomissione.
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Hudson: tre poteri lucrano sulla guerra alla Russia (e a noi)
Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.Quali sono questi interessi americani che vogliono la guerra? E’ Hudson a entrare nei dettagli. «La domanda da porsi è: cosa sta cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi?». Dal 1991, la forza di aggressione è stata ininterrottamente incarnata dagli Usa, che non hanno “smontato” la Nato (nonostante la fine del Patto di Varsavia) e hanno seminato terrore e morte in molte aree del mondo in nome della “sicurezza nazionale”, espressione «utilizzata per interessi speciali che non devono essere nominati». Di fatto, «la Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto di dominare gli interessi economici interni». Aggiunge Hudson: «Il recente incitamento alla Russia, attraverso l’espansione della violenza etnica anti-russa da parte del regime neonazista ucraino», insediato con il “golpe Maidan” del 2014, ha centrato il bersaglio: «Forzare una resa dei conti». Il movente, però – ragiona il professore – è economico: tenere legati a sé i membri Nato e altri satelliti dell’area del dollaro, «poiché questi paesi hanno visto le loro maggiori opportunità di guadagno risiedere nell’aumento del commercio e degli investimenti con Cina e Russia».Per capire esattamente quali obiettivi e interessi degli Stati Uniti sono minacciati – prosegue Hudson – è necessario comprendere la politica statunitense e il suo “blob”, cioè la pianificazione centrale del governo, «che non può essere spiegata guardando alla politica apparentemente democratica», cioè l’alternanza tra repubblicani e democratici. Secondo Hudson, è più realistico considerare la politica economica ed estera degli Stati Uniti «in termini di complesso militare-industriale, di petrolio e gas (e minerario) e di complesso bancario e immobiliare». I deputati-chiave che siedono in Parlamento? «Non rappresentano i loro Stati e distretti, quanto piuttosto gli interessi economici e finanziari dei loro principali contributori elettorali». Ovvero: i tre grandi blocchi d’interesse che oggi avrebbero forzato l’Occidente verso la tragedia cui stiamo assistendo. Tre entità che, secondo Hudson, «hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa».Chi sono, questi tre soggetti? «Il primo è il Military-Industrial Complex (Mic): i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin». Per Hudson, «la loro base economica è la rendita monopolistica, ottenuta soprattutto dalla vendita di armi alla Nato, agli esportatori di petrolio del Vicino Oriente e ad altri paesi». Attenzione: «Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, guidando un’impennata del mercato azionario», sapendo che il Pentagono «fornirà un ombrello di “sicurezza nazionale” garantito per i profitti del monopolio per le industrie belliche». Il cartello delle armi, ricorda Hudson, è tradizionalmente rappresentato – alle Camere – da politici di Washington e della California, oltre agli Stati del Sud. In questi giorni, si brinda: l’escalation militare in corso «promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla Nato e ad altri alleati degli Usa». Esempio: «La Germania ha rapidamente accettato di aumentare la spesa per le armi a oltre il 2% del Pil».Il secondo grande blocco oligarchico, prosegue l’economista, è il settore dell’estrazione di petrolio e gas, cui si aggiunge l’estrazione mineraria (Ogam). «Come il settore bancario e immobiliare, che cerca di massimizzare la rendita economica per acquistare alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore Ogam è massimizzare il prezzo della sua energia e delle materie prime». Non a caso, «il monopolio del mercato petrolifero dell’area del dollaro e l’isolamento dal petrolio e dal gas russi è stata una delle principali priorità degli Stati Uniti da oltre un anno, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale e quella russa». Chi sono i principali lobbysti dell’Ogam? Soprattutto i senatori del Texas, spiega Hudson. Sicché, «l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore», ma anche «la rinascita del fracking statunitense». Fuori dai confini, «l’estensione della politica estera mira a impedire ai paesi stranieri di competere sui mercati mondiali, dove siano più convenienti dei fornitori statunitensi». Ergo: «L’isolamento della Russia (e dell’Iran) dai mercati occidentali ridurrà l’offerta di petrolio e gas, facendo aumentare di conseguenza i prezzi e i profitti aziendali».Il terzo grande gruppo oligarchico, continua Hudson, è il settore simbiotico “Finance, Insurance and Real Estate” (Fire). Di fatto, «è il moderno successore del capitalismo finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria post-feudale europea, che vive di rendite fondiarie». Cifre enormi: «Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono al settore immobiliare», che agisce «gonfiando i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, esenti dalle tasse». Questo blocco bancario e immobiliare incentrato su Wall Street, osserva Hudson, è ancora più ampiamente basato sul supporto politico dei parlamentari lobbysti. Chuck Schumer, senatore di Wall Street ora a capo del Senato, è stato «sostenuto a lungo da Joe Biden», a sua volta protettore storico «dell’industria delle carte di credito». A livello nazionale, «l’obiettivo di questo settore è massimizzare la rendita fondiaria e le plusvalenze derivanti dall’aumento della rendita fondiaria». A livello internazionale, invece, l’obiettivo del settore “Fire” è quello di «privatizzare le economie straniere (soprattutto per assicurarsi il privilegio della creazione di credito nelle mani degli Stati Uniti)».Si mira quindi a «trasformare le infrastrutture governative e i servizi di pubblica utilità in monopoli in cerca di rendita per fornire servizi di base (come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, comunicazioni e informatica) a prezzi massimi anziché a prezzi agevolati». E Wall Street, ovviamente, «è sempre stata strettamente fusa con l’industria petrolifera e del gas (vale a dire: i conglomerati bancari Citigroup e Chase Manhattan dominati dai Rockefeller)». Ecco quindi spiegato come il Fire finanziario-immobiliare, il Mic militare e l’Ogam energetico «sono i tre settori “rentier” che dominano l’odierno capitalismo finanziario postindustriale». Le loro fortune reciproche «sono aumentate vertiginosamente». E le mosse per escludere la Russia dal sistema finanziario occidentale, insieme agli effetti negativi dell’isolamento delle economie europee dall’energia russa, promettono di stimolare un afflusso di titoli finanziari dollarizzati. «Questo è il motivo per cui né l’industria né l’agricoltura svolgono oggi un ruolo dominante, nella politica estera degli Stati Uniti». La convergenza degli obiettivi politici dei tre grandi “rentier” «travolge gli interessi del lavoro e persino quelli del capitale industriale».Come ha spiegato lo stesso Biden, l’attuale escalation militare orchestrata dagli Stati Uniti (“Provocare l’Orso”) non riguarda proprio l’Ucraina. «Biden ha promesso dall’inizio che le truppe statunitensi non sarebbero state coinvolte, ma ha chiesto per oltre un anno che la Germania impedisse al gasdotto Nord Stream 2 di rifornire la sua industria e le sue abitazioni con gas a basso prezzo», in modo che Berlino «si rivolgesse ai fornitori statunitensi a prezzi molto più alti». E così, dopo un anno di pressioni a vari livelli sui politici tedeschi, la Germania non ha messo in funzione il super-gasdotto. Uno degli obiettivi principali dell’odierna Nuova Guerra Fredda – sottolinea Hudson – è quello di monopolizzare il mercato del gas: già sotto Trump, la Merkel era stata costretta a promettere di spendere 1 miliardo di dollari per costruire nuove strutture portuali per le navi-cisterna statunitensi. Poi, l’avvicendamento alla Casa Bianca e il ritiro della Cancelliera hanno congelato l’investimento portuale, lasciando la Germania senza alternative al gas russo. Ed ecco dunque la stretta di oggi: obiettivo, «l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, soprattutto a scapito della Germania».Oltre a creare profitti e guadagni sul mercato azionario per le compagnie petrolifere statunitensi – rileva Hudson – l’aumento dei prezzi dell’energia sottrarrà gran parte del vigore all’economia tedesca. Certo, il rincaro di benzina, riscaldamento e altri servizi danneggerà tutti, anche i cittadini statunitensi, riducendo il loro tenore di vita. «Ciò potrebbe spremere i proprietari di case e gli investitori emarginati, portando a un’ulteriore concentrazione della proprietà», accelerando le acquisizioni a danno di «proprietari immobiliari in difficoltà, in altri paesi che devono far fronte all’aumento dei costi del riscaldamento e dell’energia». Aumenteranno anche i prezzi dei generi alimentari, guidati dal grano: Russia e Ucraina rappresentano il 25% delle esportazioni mondiali, nei cereali. «Ciò comprimerà molti paesi del Vicino Oriente e del Sud del mondo con deficit alimentari, peggiorando la loro bilancia dei pagamenti e minacciando l’insolvenza del debito estero».E non è tutto: le esportazioni russe di materie prime potrebbero essere bloccate dalla Russia in risposta alle sanzioni e all’esclusione dallo Swift. Questo «minaccia di causare interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali chiave, tra cui cobalto, palladio, nichel e alluminio». Se poi la Cina decidesse di considerarsi la prossima nazione minacciata e si unisse alla Russia in una protesta comune contro la guerra commerciale e finanziaria degli Stati Uniti, le economie occidentali subirebbero un grave shock. Il sogno a lungo termine dei fautori americani della Nuova Guerra Fredda, riassume Hudson, «è quello di rompere la Russia, o almeno di ripristinare la sua cleptocrazia manageriale di Eltsin», assistita dagli “Harvard Boys”, «con gli oligarchi che cercano di incassare le loro privatizzazioni nei mercati azionari occidentali». Il cartello Ogam «sogna ancora di acquistare il controllo di maggioranza di Yukos e Gazprom». Quanto a Wall Street, «vorrebbe ricreare un boom del mercato azionario russo». E gli investitori del Mic (armamenti) vorrebbero «anticipare felicemente la prospettiva di vendere più armi, per contribuire a realizzare tutto questo».Sul fronte opposto, invece, «l’obiettivo a lungo termine della Russia è di strappare l’Europa dal dominio della Nato e degli Stati Uniti e, nel frattempo, creare con la Cina un nuovo ordine mondiale multipolare centrato su un’Eurasia economicamente integrata». Dato che la Russia non invaderà mai l’Europa, riflette Hudson, gli europei finiranno per chiedersi perché mai pagare cifre esorbitanti per l’armamento Usa, e perché mai strapagare l’energia fornita da Washington, oltre a «pagare di più per il grano e le materie prime prodotte dalla Russia», perdendo anche la possibilità di fare profitti con l’export verso la Russia e, domani, forse, anche verso la Cina. Ma le complicazioni non finiscono qui: «La confisca da parte degli Stati Uniti delle riserve monetarie russe, a seguito del recente furto delle riserve dell’Afghanistan (e del sequestro dell’Inghilterra delle scorte auree venezuelane ivi detenute) minaccia l’adesione di ogni paese al Dollar Standard, e quindi il ruolo del dollaro come veicolo per il risparmio in valuta estera da parte delle banche centrali del mondo. Ciò accelererà il processo di de-dollarizzazione internazionale già avviato da Russia e Cina, facendo affidamento sulle reciproche partecipazioni delle valute dell’altra».A lungo termine, conclude l’economista, è probabile che la Russia si unisca alla Cina nel formare un’alternativa al Fmi e alla Banca mondiale, tuttora dominati dagli Stati Uniti. «L’annuncio della Russia di voler arrestare i nazisti ucraini e tenere un processo per crimini di guerra sembra implicare che un’alternativa alla corte dell’Aia sarà istituita dopo la vittoria militare della Russia in Ucraina. Solo un nuovo tribunale internazionale – aggiunge il professor Hudson – potrebbe processare i criminali di guerra che vanno dalla leadership neonazista ucraina fino ai funzionari statunitensi responsabili di crimini contro l’umanità come definiti dalle leggi di Norimberga». Hudson si aspetta che Mosca si ritiri a breve, dopo aver raggiunto gli obiettivi: proteggere i russofoni e allontanare da Kiev la minaccia diretta alla propria sicurezza. Infine, emerge l’autogol del “blob americano”: «La più enorme conseguenza involontaria della politica estera statunitense è stata quella di portare Russia e Cina insieme, insieme a Iran, Asia centrale e altri paesi, lungo la Belt and Road Initiative».Se la Russia sognava di «creare un nuovo ordine mondiale», finalmente in armonia con l’Occidente, «è stato l’avventurismo statunitense a portare il mondo in un ordine completamente nuovo». Un assetto «che sembra essere dominato dalla Cina, come vincitore predefinito, ora che l’economia europea è essenzialmente dilaniata e che l’America è rimasta con ciò che ha preso dalla Russia e dall’Afghanistan, ma senza la possibilità di ottenere un sostegno futuro». Sperando che, ovviamente, tra Putin e Biden esista un accordo, sotto banco, per non far degenerare oltre la situazione, evitando cioè lo scontro diretto. Tutti sanno che, in quel caso, non ci sarebbero vincitori. Discorsi che sembrano folli, nel 2022: eppure, Usa e Russia sono entrate in “allerta atomica”. E paesi come l’Italia si accingono a varare aiuti militari al regime di Kiev. Lo schema è tragicamente evidente: dipingere la Russia come aggressore, demonizzandola, così come graziosamente richiesto dai tre grandi cartelli che, secondo Hudson, avrebbero pianificato l’intero disastro: armamenti, energia e finanza.Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.
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Spread, Isis, Covid: se la guerra russa mette fine alla farsa
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli Usa – risalente ai tempi dei Bush: non era affatto previsto (anzi: era solennemente vitetato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici, alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina. Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata: in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria. La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan; la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca, fiero avversario della narrazione “pandemica”. Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello: mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti. Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev, mentre i tagliagole dello Stato Islamico terrorizzavano la popolazione siriana.Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni: dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan, facendo volare lo jihaidsmo, gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia, e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani. Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama. Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso: la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi. Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia. E’ lo stesso potere che – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid, denunciandone il carattere golpista e corruttivo. Lo stesso Putin si è distinto anche nello smascherare la distorsione politica messa in piedi, sempre sulla base di menzogne, per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario, se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.Probabilmente mai, negli ultimi cent’anni, si era scesi così in basso: l’impero marittimo euro-atlantico, mercantilista e bellicista dietro il paravento della democrazia e della libertà (in casa propria), dopo le atomiche sui civili di Hiroshima e Nagasaki deve ancora scontare l’infame, sanguinosa menzogna dell’11 Settembre, e oggi parla attraverso l’ometto finito alla Casa Bianca nel 2020 in mezzo al colossale imbroglio del voto postale e dei software di Dominion. E’ esattamente il potere che ha trasformato la Cina nel paese-mostro della tessera a punti che misura la buona condotta del suddito, il potere che – d’intesa coi cinesi – ha trasformato un ipotetico virus (mai isolato biologicamente) in una micidiale arma di distruzione di massa: distruzione sociale, politica, economica, psicologica. E’ il potere che ieri usava lo spread e oggi il Tso, i lockdown, i coprifuoco, il Green Pass. Il potere che finge di idolatrare Greta, per imporre la sua legge possibilmente con le buone, ma – nel caso, come si è visto – anche con le cattive. Ora, in modo drammatico, le cannonate russe sembrano interropere questa farsa mondiale, fondata sull’ipnosi. Nessuno azzarda previsioni precise, sugli eventuali sviluppi dell’improvviso cambio di copione. La sensazione, però, è che un’intera epoca stia letteralmente per crollare, in modo pericoloso e inevitabilmente rovinoso.(Giorgio Cattaneo, 26 febbraio 2022).«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
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Il solito, ipocrita Occidente terrorista: Putin “aggressore”
«Ora tutti danno del matto scriteriato a Vladimir Putin, ma i veri folli siamo noi, che ci stiamo bevendo la narrazione patetica che dalla sala ovale della Casa Bianca ci è piombata in testa come verità assoluta: quella dell’Occidente e in primis dell’America come paladina dei diritti inderogabili delle nazioni». Così “Libero”, in un editoriale che commenta la reazione militare russa alle reiterate provocazioni atlantiche in Ucraina, paese “prenotato” ufficialmente per l’ingresso nella Nato in violazione di ogni precedente accordo. Traduzione pratica nei nostri media: Putin avrebbe violato il diritto internazionale, calpestato la sovranità di uno Stato tutelato dall’Onu, riconosciuto ufficialmente e sostenuto militarmente due territori del Donbass (Est dell’Ucraina) che si sono proclamati repubbliche indipendenti. “Libero” punta il dito contro il vizietto storico dell’Occidente: l’interferenza “umanitaria”. «Se osservatori non sempre disinteressati colgono in una certa zona del mondo il prevalere di un tiranno crudele, allora è concesso mandare truppe, rimpiazzare i presidenti, commissariare un paese. È successo in Somalia nel 1993, in Bosnia-Erzegovina fino al 1996».Il decantato diritto internazionale? Regolarmente ritoccato «a misura del più forte, che non sempre è quello buono». In Kosovo, «senza neppure il minimo cenno di approvazione dell’Onu», nel 1999 la Nato attaccò la Serbia, «accusata di crimini orrendi nella provincia già autonoma di Pristina a maggioranza albanese-musulmana», ma in realtà «i report erano falsi come quelli di Giuda». Non solo: «Noi italiani bombardammo Belgrado per ragioni umanitarie, persino un ospedale. Poi garantimmo una resa onorevole a Milosevic, il presidente comunista di Belgrado, invano difeso dalla Russia e da scrittori come Solzenicyn, spergiurando che il Kosovo sarebbe rimasto sacro suolo della Serbia». In quel caso «la Nato intervenne, inventando panzane, per costituire uno stato mafioso-islamico nel cuore dell’Europa: fu un’operazione condotta da Bill Clinton e Joe Biden». E vogliamo parlare dell’Iraq? Nel 2003, con l’aiuto di servizi segreti europei, «gli Stati Uniti costruirono false prove del possesso, da parte di Saddam Hussein, di armi di distruzione di massa. Guerra di liberazione? È servita a insediare l’Isis».Altro capitolo, la Libia: «La Nato ha deciso che Gheddafi era cattivo e i jihadisti di Allah buoni». In pratica, sempre secondo “Libero”, «sostenemmo i tagliagola tagliando la gola a noi stessi (per gola qui si intendono i rifornimenti energetici) e consegnando il nostro paese a essere meta di migranti usati come armi di destabilizzazione». Dopo la Libia toccò alla Siria, e via così. Oggi, «Putin ha applicato il medesimo criterio dei precedenti punti “americani”: in particolare, il riferimento è all’Iraq e al Kosovo». L’adesione dell’Ucraina alla Nato? Più che prevedibile, nonostante fosse stata osteggiata già nel 2008 sia da Prodi che dalla Merkel. Ma ora, «il dispiegamento di forze e missili occidentali con basi in Romania, Polonia e Paesi Baltici è un bigliettino di inimicizia sfacciato». Quanto alla popolazione russofona del Donbass e di Odessa: «C’è qualcuno che osi negare sia vessata, ridotta a “dilly”, cittadini di serie B, dall’attuale regime sponsorizzato dall’Occidente per essere una spina nel fianco della Russia?».Il quotidiano di Sallusti parla di «un secondo livello di ipocrisia», e spiega: «Putin in questi giorni ha reso semplicemente ufficiale ciò che era già reale dal 2014». Ovvero: «Sin dall’invasione e annessione della Crimea, il Donbass è sotto sovranità russa: non c’è servizio segreto occidentale che non lo sappia. Persino le forze militari con divisa ucraina lì servono Mosca. Ci sono stati referendum, in Donbass, dove plebiscitariamente la popolazione ha optato – secondo il principio di autodeterminazione – per l’indipendenza da Kiev». E dunque: «Il principio di autodeterminazione vale solo quando lo decidono gli americani? Anche loro, in fin dei conti, alcuni secoli fa, si dichiararono indipendenti dalla Gran Bretagna, o ci sbagliamo?». Osserva “Libero”: «La storia si muove. Il diritto internazionale si modella in una lotta impari tra puri ideali e sporca forza. Di solito vince la forza». E Putin si è mosso ora «non perché impazzito», ma per ragioni di politica interna («individuare un’aggressione esterna raggruma il popolo intorno al capo») e anche «per mostrare agli europei chi è davvero Biden.L’uomo della Casa Bianca? «Se ne frega degli interessi e del benessere dei popoli alleati, e fa di tutto per creare le condizioni – esasperando il conflitto diplomatico, muovendo l’esercito – per inimicare la Russia e gli Stati europei». In altre parole: «Che importa a Biden se la bolletta della luce triplica a Bari e a Torino, se i forni di Mestre si spengono e non sciolgono più il vetro perché il gas è troppo caro?». “Libero” cita una riflessione di Jeffrey Sachs, della Columbia University, pubblicata in queste ore sul “Financial Times”. «Gli Stati Uniti – scrive Sachs – dovrebbero garantire alla Russia che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato, chiedendo in cambio il completo ritiro delle forze russe dalla regione del Donbass e l’annullamento del riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste, oltre alla smobilitazione delle truppe al confine con l’Ucraina, insieme a garanzie sul riconoscimento della sovranità di Kiev». Aggiunge l’analista: «Se gli Usa non proporranno questo accordo, dovrebbero farlo Germania e Francia». Sempre che non sia troppo tardi, ormai, vista la portata dell’offensiva militare russa scatenata contro l’Ucraina.«Ora tutti danno del matto scriteriato a Vladimir Putin, ma i veri folli siamo noi, che ci stiamo bevendo la narrazione patetica che dalla sala ovale della Casa Bianca ci è piombata in testa come verità assoluta: quella dell’Occidente e in primis dell’America come paladina dei diritti inderogabili delle nazioni». Così “Libero”, in un editoriale che commenta la reazione militare russa alle reiterate provocazioni atlantiche in Ucraina, paese “prenotato” ufficialmente per l’ingresso nella Nato in violazione di ogni precedente accordo. Traduzione pratica nei nostri media: Putin avrebbe violato il diritto internazionale, calpestato la sovranità di uno Stato tutelato dall’Onu, riconosciuto ufficialmente e sostenuto militarmente due territori del Donbass (Est dell’Ucraina) che si sono proclamati repubbliche indipendenti. “Libero” punta il dito contro il vizietto storico dell’Occidente: l’interferenza “umanitaria”. «Se osservatori non sempre disinteressati colgono in una certa zona del mondo il prevalere di un tiranno crudele, allora è concesso mandare truppe, rimpiazzare i presidenti, commissariare un paese. È successo in Somalia nel 1993, in Bosnia-Erzegovina fino al 1996».
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Laboratorio Italia: come trasformare gli uomini in topi
“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).Quanto è lontana, da tutto questo, la remotissima America in cui un cantautore carismatico – con una semplice canzone di denuncia – poteva contribuire a restituire la libertà a un atleta finito in cella in quanto afroamericano, per un rigurgito tardivo di razzismo? A contendersi la Casa Bianca, all’epoca, erano Gerald Ford e Jimmy Carter. Oggi il mondo sa che l’inquilino di Pennsylvania Avenue è un anziano diroccato e forse mentalmente presente solo a intermittenza. Un ometto debolissimo, piazzato su quella poltrona da maneggi informatici scandalosamente enormi, su cui le autorità giudiziarie non hanno mai voluto fare piena luce. Un presidente facente funzioni, interamente manovrato da altri, cui oggi tocca misurarsi – in mezzo a gaffe ormai leggendarie – con un personaggio come Vladimir Putin, tra praterie di missili puntati. Il vecchio film, la guerra, sembra un fantasma che ritorna, un vampiro inestinto: solo che stavolta il cittadino medio non riesce ad afferrarne neppure il sapore più superficiale, preso com’è da tutti gli altri assilli che, da due anni, lo inchiodano al baratro di precarietà nel quale la vita di tutti è letteralmente precipitata, in Occidente.Lo stesso Bob Dylan, in pieno terrore pandemico (marzo 2020) ha voluto mettere l’accento sul “murder most foul”, il più disgustoso degli omicidi – quello di John Fitzgerald Kennedy – come sciagurato evento-chiave della seconda parte del secolo, conclusosi davvero solo l’11 settembre 2001 con la sua coda di orrori: l’Iraq e l’Afghanistan, le bombe al fosforo sui civili di Falluja e su quelli di Gaza, Obama e le altre carneficine “regionali” (dalla Libia alla Siria), i tagliagole dell’Isis in azione in Medio Oriente e nelle capitali europee. E’ durata pochissimo, la ricreazione, perché sulla scena ha fatto irruzione il coronavirus-chimera di Wuhan: la globalizzazione della schiavitù psicologica e non solo, con il suo corredo di strumentazioni distopiche. Il “false prophet” dell’ultimo Dylan è uno scheletro che brandisce una siringa, suonando alla porta di casa come per consegnare un regalo ben impacchettato. Nel disco (“Rough and rowdy ways”) manca solo l’estremo omaggio, il corollario: la schedatura definitiva mediante pass vaccinale, e senza neppure la cortesia di un vero vaccino.Il mistero più fitto continua ad aleggiare sui sieri genici C-19: graziosamente, in prima battuta, Pfizer aveva provato a sostenere che sarebbe stato possibile rivelare la loro reale composizione soltanto fra 70 anni. Nel frattempo, le agenzie europee della farmacovigilanza parlano di oltre 30.000 morti sospette e 3 milioni di persone finite nei guai dopo l’inoculo: sembra il bilancio di una guerra, non certo quello di una campagna vaccinale. Nonostante ciò, probabilmente, sfugge la vera ragione che motiva i renitenti, che sono milioni: a farli desistere dal subire l’iniezione è essenzialmente l’atteggiamento ricattatorio di un potere che si è macchiato di un crimine gravissimo, rifiutandosi ostinatamente di approntare terapie efficaci, sollecitamente segnalate dai medici. Questo, si immagina, ha contribuito a causare la morte di migliaia di persone: pazienti non curati, lasciati a casa a marcire da soli in modo da poter poi essere ricoverati, gonfiando in tal modo i numeri televisivi dell’emergenza. Dovrebbe essere intuitivo comprendere il “no” di tanti italiani: com’è possibile accettare di ottenere una sorta di libertà condizionata, a patto di sottoporsi al Tso, se questo è imposto da autorità tanto inaffidabili e pericolosamente sleali?Il caso italiano fa scuola: se è vero che l’uragano psico-politico-sanitario si è abbattuto essenzialmente sull’Occidente, è vero anche che nessun altro paese ha dovuto vivere i supplizi inflitti all’Italia, in termini di vessazioni e distorsioni dell’ordinamento democratico. Perfettamente speculare anche l’acquiescenza della maggioranza dei cittadini-sudditi, ormai rassegnati a subire qualsiasi arbitrio, da parte della voce del padrone (non importa quale). Mentre gli altri paesi occidentali si stanno scrollando di dosso la dittatura sanitaria, nella patria del potere vaticano si usa ancora obbedir tacendo: il governo prolunga oltremisura le restrizioni e ritarda in modo esasperante le cosiddette riaperture, con l’aggravante del Tso esteso in modo pressoché generalizzato. Le discriminazioni sono diventate persecutorie, varcando la soglia degli uffici pubblici, di molti negozi, persino degli sportelli bancari e delle Poste. Questo, per ora, è lo spettacolo offerto da Mario Draghi, destinato a entrare nella storia: esattamente come il Britannia e la svendita del paese negli anni ‘90, come il “whatever it takes” concesso solo dopo la morte civile della Grecia e la capitolazione di Italia e Spagna.Un vero statista, ovviamente, avrebbe innanzitutto messo mano al problema numero uno: lo ha fatto Boris Johnson, nel Regno Unito, fungendo da apripista per svariati paesi, dalla Spagna alla Danimarca. La Francia annuncia la fine del Green Pass entro marzo? Niente paura: il bis-ministro Speranza (in quota alla Fabian Society, che gli italiani non conoscono) va avanti imperterrito con lo squallore settimanale delle Regioni “colorate”, come se davvero fossimo in presenza di un’emergenza ospedaliera. La verità è tristissima: qualcuno, lassù, ha deciso che l’Italia dovesse essere l’area-test per il nuovo ordine sanitario. Le major ordinarono a Obama di procedere, e Renzi rispose: scelsero l’Italia, come paese-cavia per gli obblighi vaccinali, conoscendone il ventre molle (politico) e la solidità dello storico tutore che risiede Oltretevere, il network tentacolare che traffica anche coi cinesi, coi vaccini e coi tamponi. A proposito: non è certo uno scherzo, smontare da un giorno all’altro l’albero della cuccagna. Chiunque ci provasse, va da sé, forse potrebbe anche temere persino per la sua incolumità fisica. Non a caso si è stranamente affollato, il cimitero degli scienziati che avevano osato sdrammatizzare il problema, offrendo soluzioni tempestive e convincenti.Dopo aver bellamente elevato a sistema l’esercizio del ricatto, oggi il signor Draghi – a un anno dall’intronazione – può ben fregiarsi del titolo di grande demolitore: come se fosse sempre lui, il fondo, il vero detentore della specialità rottamatoria. Ci aspetta una crisi socio-economica dai risvolti potenzialmente spaventosi? Ovvio: per un anno intero, il governo (in questo, identico al precedente) ha letteralmente sventrato interi settori vitali, dal commercio al turismo, passando per la scuola, i trasporti, la cultura, lo spettacolo. Come da copione, fa notare qualcuno: l’inferno dei tanti è il paradiso dei pochissimi, quelli che infatti orchestrano la sinfonia di Davos. Non andrà tutto bene? Già. Ma non andrà completamente in porto, a quanto a pare, neppure la conversione definitivamente “cinese” della latitudine occidentale: il grande caos è agitato dallo scontro, sotterraneo e non, di possenti forze contrarie. Se la catastrofe è grandiosamente globale, comunque, l’Italia riesce a brillare di luce propria: nessun altro paese ha usato così bene il Covid per terremotare il proprio tessuto socio-economico.Tornano alla mente i tempi (oscuri, ma non quanto l’attuale) dei tentati golpe e delle stragi nelle piazze: poteri sovrastanti, che manovrano silenziosamente. Il target non è cambiato: l’Italia, gli italiani. A cui lo show offre le prodezze di Sanremo e le carezze che il gesuita Bergoglio dispensa a Greta Thunberg, la ragazzina davanti a cui si genuflette Draghi insieme al ministro Cingolani. Mala tempora: tanti connazionali, ormai, si sentono già esodati: e infatti stanno programmando l’espatrio, verso lidi meno inospitali. Chi può permetterselo, sta seriamente pensando di lasciare il paese: tale è il disgusto che provocano le sue autorità politiche, ma anche la deprimente sottomissione della maggioranza ostile e buia, annichilita dalla paura e fuoriviata dalla disinformazione di regime. Perché proprio l’Italia? Perché proprio l’erede dell’impero che Ottaviano Augusto volle far discendere dal troiano Enea, cioè dalla Creta dei Minosse che la mitologia dipinge come atlantidea? Perché proprio l’Italia, dominata per quasi due millenni dal medesimo potere confessionale, retrivo e oscurantista?Qualcuno intanto si diverte, amaramente, a constatare la strettissima osservanza vaticana delle massime cariche istituzionali: gli inquilini di Palazzo Chigi e del Quirinale, più il neo-presidente della Corte Costituzionale (altro personaggio, Giuliano Amato, rimasto nel cuore degli italiani). Ecco, appunto: gli italiani. Forse sono proprio loro, che mancano all’appello. Dove sono? Facile: eccoli là, in fila per il tampone. Fino a quando? Il palazzo comincia a parlare di allentamenti primaverili: ma chi si fida più, di quelle lingue biforcute? Se lo stanno godendo appieno, il grande spettacolo della schiavizzazione strisciante: in fila per tre, con la brava mascherina sulla faccia. Medici, psicologi e sociologi si esercitano in previsioni apocalittiche: parlano di danni, fisici e mentali, incalcolabili. Sembrano gli effetti di un immane esperimento sulfureo: scoprire fino a che punto si può “trasformare un uomo in un topo”. In Italia, ovviamente. Come sempre.(Giorgio Cattaneo, 12 febbraio 2022).“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).
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Uomini e topi: si può immaginare qualcosa di più sordido?
Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia ad adottare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.L’oltraggiosa, ipocrita narrazione incarnata dal tecno-bankster di ieri propone un orizzonte sterilizzato e disanimato, un’economia della disciplina destinata a bestiame d’allevamento, sottoposto alle condizionalità “cinesi” della buona condotta: attraverso la forzata digitalizzazione a punteggio resa tendenzialmente permanente, alcuni ex cittadini saranno “più uguali” degli altri. A stroncare il dissenso silenziando la verità provvedono i grandi media, che paiono tornati ai fasti dell’Ancien Régime (i tempi d’oro del crimine indisturbato, quando si poteva dire impunemente che “la mafia non esiste”). In tanti hanno atteso – vanamente, finora – un sussulto, dalla parte della magistratura, o almeno uno scatto di dignità proveniente dal fronte della politica. Nulla di tutto ciò. Al contrario: si tessono trame per portare al Quirinale proprio l’uomo che ha infine commissariato apertamente il paese, per conto di poteri che gli italiani non conoscono. La partita è planetaria, costellata di bluff e doppi giochi. Ma gli italiani – ora lo vedono – sono soli.Sono soli gli insegnanti che finora avevano resistito all’imposizione mendace, spacciata per salvifica. Sono soli i militari e gli agenti delle forze dell’ordine, a loro volta – uno su cinque, si calcola – decisi a non subire quella che interpretano come una violazione abusiva, probabilmente anche rischiosa, ma soprattutto inaccettabile perché palesemente inutile. Sono soli tutti gli altri italiani, tutte le altre categorie professionali: capiscono che i prossimi saranno loro, a dover subire il ricatto. Solo un cieco potrebbe non vedere quello che sta accadendo: i sieri genici sperimentali, acquistati a tonnellate, non hanno alcuna efficacia nel tutelare il corpo umano dall’affezione che ha letteralmente ipnotizzato l’Occidente dalla primavera 2020. Non solo: uno sguardo alla geografia rivela come gli attuali guai sanitari – “pandemici” e non – investano proprio le aree dove più largamente è stata imposta la profilassi genica, cioè l’Europa e il Nord America (con l’eccezione degli Stati “trumpiani”, come Texas e Florida, dove la somministrazone dei sieri è stata irrisoria).Mentre il filosofo e politologo Massimo Cacciari esprime il suo radicale dissenso, di fronte alla deriva civile e giuridica in corso, un’economista come Ilaria Bifarini – autrice del saggio “Il Grande Reset” – oggi arriva a interrogarsi sulla possibile, vera natura (recondita, inconfessabile) dell’ostinazione autoritaria nel voler infliggere – a tutti, prima o poi – il fatidico inoculo del siero genico: non sarà – si domanda – che possa avere un qualche fondamento, il timore avanzato da chi parla apertamente di “depopolamento” della componente occidentale della popolazione mondiale, magari attraverso una campagna (mascherata) di vera e propria sterilizzazione di massa, visto l’incomprensibile ricorso al trattamento genico anche per i bambini? Di nuovo: la carta geografica rivela come il disastro “virale” stia letteralmente travolgendo paesi come Israele e persino l’enclave di Gibilterra, dove i “vaccinati” sono il 100%.Per contro, dal problema sembrano sostanzialmente escluse vaste aree del mondo: i paesi arabi, l’India e molte aree dell’Asia, lo stesso Giappone, l’intera Africa, buona parte della Cina e persino la Russia (il boom di “contagi” dichiarati, di cui parla la stampa nostrana, in realtà è relativo quasi solo all’estrema Siberia; e il caso di Mosca, cioè l’enfatizzazione dell’emergenza, deriverebbe essenzialmente dal ruolo politico del sindaco della capitale, ostile a Putin – che finora si è opposto al paradigma “pandemico”, cinese e occidentale, al quale sono invece allineati la Casa Bianca e i leader europei). In altre parole: il dramma – fondato sulla non-politica sanitaria e sulla rinuncia alle terapie precoci – investe proprio i paesi sottoposti a tappeto alla campagna genica di massa. Nel mirino, quindi, anche l’Australia e la Nuova Zelanda, anch’esse abitate dall’“uomo bianco occidentale”, vera e propria vittima sacrificale – a quanto pare – del delirio inarrestabile a cui stiamo assistendo.A fare da bersaglio sono i paesi avanzati, industriali, in cui i media – sfidando il ridicolo – usano ancora il termine “immunizzazione” come sinonimo di “vaccinazione”, sempre fingendo di non sapere che quelli in distribuzione non sono affatto vaccini, non immunizzano proprio nessuno e però vengono proposti come unica soluzione possibile per prevenire una patologia facilmente risolvibile con farmaci ordinari. E’ proprio lo scempio della verità a far temere il peggio, da parte dei più pessimisti: molti analisti affermano ormai di sentirsi in pericolo, vedendo violate le loro residue prerogative democratiche. Libertà e diritti? Tranquillamente calpestati, per decreto, sulla scorta di una spudorata menzogna. Una narrazione ormai totalitaria e divisiva, aggressiva, minacciosa, che oggi – in Italia – diventa formalmente intimidatoria, per bocca dell’oligarca sistemato a Palazzo Chigi con il mandato (visibile) di applicare alla lettera le disposizioni dell’Unione Europea per mettere fine alla diversità socio-economica italiana.Chi non manca di parlare di “eterogenesi fini” noterà che proprio l’aggressività autoritaria del governo-fantasma sta aprendo gli occhi a milioni di italiani: le ultimissime restrizioni sfornate dal Consiglio dei Ministri potrebbero anche essere interpretate come un gesto quasi disperato, da parte di un potere frustrato dalla tenace resistenza di vasti strati della popolazione, regolarmente criminalizzati e insultati dai media. Non si tratta solo dei tantissimi renitenti all’inoculo: rabbia e amarezza animano anche chi non perdona, al governo, di aver imposto misure alle quali ci si è piegati contro la propria volontà. Misure considerate arbitrarie, potenzialmente pericolose e – soprattutto – completamente inutili, sul piano sanitario, inflitte ignorando colpevolmente le altre misure (utili, essenziali, fondamentali) raccomandate dai medici che, a partire dal 2020, hanno regolarmente guarito – da casa – decine di migliaia di cittadini colpiti dall’affezione influenzale che sembra essersi impossessata del mondo occidentale.Al netto degli ipocondriaci e degli ingenui, qualcuno riesce a non vedere – nell’introduzione di restrizioni presentate per l’ennesima volta come solo temporanee – l’instaurazione di una sorta di regime, fondato sul controllo assoluto dei comportamenti e sulla fine sostanziale delle libertà democratiche, con buona pace degli amatissimi diritti umani? Sembrano quasi umoristiche, le motivazioni addotte dal prestigiosissimo primo ministro: scongiurare nuovi lockdown, evitare di far collassare un’altra volta l’economia. Un romanzo come “Uomini e topi”, capolavoro letterario del comunista americano John Steinbeck, potrebbe offrire spunti universali: a che serve lavorare come topi (cinesi), se in cambio occorre smettere di vivere come liberi essere uomini? Interrogativi drastici, ormai diffusissimi: fin dove si arriva, lungo la strada che nel Novecento fu lastricata di lugubri dittature?La sensazione è quella di essere di fronte a un cambio epocale di civiltà: uomini e topi non possono più coesistere come prima, alla pari, neppure volendolo. Gli scienziati la chiamerebbero “speciazione”: è il divorzio evolutivo che, a un certo punto, separa il prima dal dopo. Qualcosa di profondamente antropologico e forse irreversibile: l’atto d’imperio comporta l’obbligo di accettarlo o meno. L’aspetto probabilmente più sinistro, in questa immane tragedia, è l’ostinata rimozione della verità: a una intera comunità, in altre parole, non si può chiedere di entrare in un’altra dimensione, se questa è fondata sulla più vile e spregevole falsificazione dei fatti. Passeranno certamente alla storia, i falsificatori: non saranno dimenticati. E se ora stringono il cappio attorno al collo di milioni di persone per salvare, come sostengono, il sacro fatturato natalizio, la cosa migliore che si possa fare – replicano alcuni resistenti – è proprio l’astensione: dal lavoro e dai consumi. Sarebbe un atto squisitamente politico e anche morale, da parte degli esseri umani: far sapere che non intendono lasciarsi trasformare in topi.(Giorgio Cattaneo, 25 novembre 2021).Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia a varare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.
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La domenica delle salme, ma come nelle barzellette
Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.E poi che noia, quegli italiani fragorosi e senza fantasia. Pronti ad assieparsi (pericolosamente) in centro, anziché sparire nelle periferie. Perché non si smaterializzano? Perché non scompaiono per sempre, lontano dagli occhi e dal cuore? Perché non lasciano che a presidiare le strade – come nella “Domenica delle salme” – sia il gas esilarante, asperso con amore dai venerabili sacerdoti della rettitudine? Così pensava, allora, il sopravvivente medio, affetto da quieto cretinismo. Diceva, a se stesso: come non apprezzare l’onniveggente provvidenza del buon pastore? Perché ostinarsi a ignorare gli sforzi titanicamente profusi per garantire allo zoo un avvenire migliore di quello toccato in sorte dopo l’infelice epidemia di angoscia? Proprio come nelle barzellette, quelle di una volta: la sfortuna si era malauguratamente abbattuta sul reame, seminando lutti, ma poi – finalmente – la coalizione dei buoni aveva preso il sopravvento, scongiurando le peggiori conseguenze. Certo, erano stati richiesti i necessari sacrifici: toccava soffrire ancora, tutti insieme; ma solo per poter festeggiare, un giorno, lo scampato pericolo.Come nelle barzellette, fingevano che esistessero ancora le norme partorite dalle rovine dell’ultima guerra visibile, onestamente dichiarata. Poi le dichiarazioni di guerra erano venute meno: era diventato preferibile farle, le guerre, ma senza più avvertire nessuno. Così, come nelle barzellette, c’erano state sfortunate crisi, incidentali terrorismi, occasionali emergenze. Solo per comodità cosmetica, oltre che per dare l’impressione di una parvenza di normalità, partiti e sindacati non erano ancora stati formalmente smantellati: di tanto in tanto pigolavano ancora, biascicavano qualcosa di graziosamente irrilevante. Come nelle barzellette, fingevano sempre di dividersi in Orazi e Curiazi, e davano a credere che fossero loro, a prendere le decisioni. Nel solenne autunno del 2021, in un clima di letizia universale ulteriormente rallegrato dall’incombente, fatale censimento dei bambini, trovavano anche il tempo di dedicarsi al più ameno dei passatempi: la sensazionale elezione del futuro presidente della Repubblica.Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.
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Giovagnoli: salviamo i bambini. Fermiamo l’Italia: adesso
Ci siamo: ora vogliono i nostri bambini. Michele Giovagnoli non ha dubbi: è scattato l’ultimo conto alla rovescia, quello che punta a estendere la “vaccinazione” Covid ai piccoli. La notizia viene dagli Usa: via libera alle dosi “geniche” anche per i bambini, a partire dai 5 anni di vita. Sembra un’escalation inesorabile, dice “l’alchimista degli alberi”, da mesi in giro per le piazze italiane a rilanciare il suo monito. Ora, a quanto pare, già si intravedono i titoli di coda: «Fidatevi, presto toccherà anche ai neonati». Questi, almeno, i piani dei decisori. Chi sono? «Guardateli negli occhi: non fanno parte della nostra stessa umanità. Sono esseri “antichi”, vengono dal freddo: si nutrono della nostra sofferenza, sottomettendoci con l’arma eterna della paura». Come opporsi? Nell’unico modo possibile: smettendo di lavorare, tutti insieme, per qualche settimana. «Senza Green Pass siamo costretti a restare a casa? Bene, restiamoci. Ma facciamolo adesso: domani sarà troppo tardi».Incubi apocalittici? Uno sguardo alle news – quelle relegate sul web – non è esattamente confortante. Sono centinaia, i medici che denunciano la “strage silenziosa” in corso: le reazioni avverse, dopo il fatale inoculo, sarebbero infinitamente superiori a quelle registrate nel bilancio ufficiale dei problemi sanitari correlabili con l’iniezione. La stessa agenzia di farmacovigilanza dell’Ema, peraltro, lo ammette: a fine agosto erano 24.000 le morti sospette, in Europa, senza contare i 2 milioni di cittadini costretti a ricorrere al medico dopo aver ricevuto il siero. Tutta la vicenda, in realtà, sembra un viaggio nella follia: è accertato che i “vaccini Covid” non proteggano chi li ha ricevuti (e neppure che garantiscano di mitigare, almeno, gli effetti peggiori della patologia). In più, i “vaccinati” restano contagiosi: e nonostante questo, ai sanitari è stato imposto il Tso. Va da sé: moltissimi medici sono stati sospesi dal servizio. Le notizie ufficiali? Contraddittorie, reticenti, false, ridicole. Quasi quanto le teorie dei virologi dell’establishment.Ogni giorno si apre con una nuova, tragica barzelletta: chi aveva subito l’inoculo del siero “monodose” Johnson (a vettore virale, come l’AstraZeneca) ora scopre di doversi sottoporre al richiamo: da effettuare però con un preparato di tipo genico, a mRna (Pfizer o Moderna). Aziende affidabili, com’è noto: Pfizer – ricorda Massimo Mazzucco – vanta un vero e proprio record, quanto a sanzioni e procedimenti giudiziari subiti, per le imputazioni più disparate. Eppure: proprio ora ha ricevuto l’ennesima maxi-commessa, che porta a 90 miliardi di dollari il bottino del suo fatturato “vaccinale” Covid. Grande sponsor: il potere che utilizza, come prestanome, l’anziano Joe Biden. Che però ha contro mezza America: gli Stati repubblicani – in testa il Texas e la Florida di Ron De Santis – minacciano guerra: disobbedienza assoluta, di fronte alle imposizioni federali della Casa Bianca. L’altra trincea, ovviamente, è l’Italia: passata dalla gestione “cinese” di Conte (lockdown, coprifuoco) a quella non meno autoritaria di Draghi, ieri Mister Euro e oggi Mister Green Pass.Dopo aver inondato con gli idranti i portuali di Trieste, l’ex Super-Mario non ha esitato a cacciare da Roma (per un anno intero) l’indomito Stefano Puzzer. E soprattutto: nel mondo più ignobile, il governo continua a ignorare l’esistenza delle terapie domiciliari, efficacissime se tempestive. Schiacciante il report esibito dai medici di “Ippocrate”: 60.000 pazienti curati e guariti senza muoverli da casa, evitando il ricovero. Già questo – prima ancora di qualsiasi dubbio sui sieri sperimentali, che spaventano molti scienziati (tra cui Luc Montagnier) – dovrebbe chiudere la discussione in partenza: perché mai ricorrere a una profilassi specifica, per affrontare un problema che si risolve da casa, in pochi giorni? E perché mai – di conseguenza – arrivare addirittura a limitare la democrazia (ignorando la Costituzione) pur di costringere tutti, prima o poi, a subire lo stramaledetto Tso?Questo è il punto: il “vaccino”, dice il filosofo Giorgio Agamben, è solo l’espediente per accedere al Green Pass, il quale – a sua volta – non è che il primo step della digitalizzazione universale, squisitamente zootecnica, enunciata a Davos. Il Grande Reset, per “formattare” la popolazione del pianeta (meglio, quella occidentale) onde arrivare alla post-umanità che qualcuno sogna da tempo. E’ già chiuso in partenza, il match? Non è detto: paesi come l’India e la Russia stanno facendo argine, contro questa deriva. Ed è scioccante che siano proprio gli Stati formalmente democratici a fare a pezzi il sistema dei diritti su cui si sono basati per decenni. Colpisce l’insistenza con cui ci si accanisce sui cittadini, con l’arma del ricatto, a fronte di una minaccia sanitaria decisamente contenuta (e che le terapie domiciliari, tuttora negate, rimpiccioliscono ulteriormente). Sfuggono le risposte a precise domande. Perché, tutto questo? E perché proprio adesso?Nello specifico: cos’è che motiva la gran fretta che mostrano i burattini del G20, pronti a manipolare anche la crisi ecologica pur di mettere in piedi un regime universale dogmatico e fondato su crescenti costrizioni? Michele Giovagnoli opta per una spiegazione palingenetica: in palio vi sarebbe una sorta di epocale cambiamento antropologico. Tecnicamente, la fine dell’essere umano per com’è oggi: potenzialmente libero, anarcoide, gioioso e imprevedibile. Riassume Giovagnoli: prima hanno spaventato gli anziani, ricorrendo alle stellette di un generale. Poi sono passati ai giovani, con il ricatto: senza “vaccino”, niente più sport e svaghi. Terza mossa, ulteriormente brutale: il Green Pass, in cambio del permesso di continuare a lavorare. E adesso, anche i bambini: per i quali, notoriamente, il rischio-Covid è pari a zero. Perché allora sottoporre anche loro al trattamento sanitario obbligatorio?Non è facile restare lucidi di fronte alla voragine della ragione. Uno spettacolo ormai quotidiano: si continuano a contare “casi” (contagi) come se fossero un dramma. E si enfatizzano i (pochi) ricoveri: tutti pazienti tuttora non curati, ma lasciati ad aggravarsi nelle loro case. I media chiamano “immunizzati” i soggetti che hanno ricevito il siero. Sanno benissimo di mentire: quei “non-vaccini” non immunizzano proprio nessuno. Ma, a maggior ragione: se i “vaccini Covid” proteggessero davvero, che motivo avrebbero – i “vaccinati” – di temere i cittadini non sottoposti all’inoculo? Due più due fa quattro, si diceva un tempo, quando ancora i cervelli non erano ipnotizzati dalla psicosi di massa. E dunque: perché vogliono digitalizzare tutti, ad ogni costo? E’ ovvio che il Covid è solo un pretesto. E prima o poi, anche i ciechi se ne accorgeranno. Ma, appunto: allora – dice Michele Giovagnoli – sarà troppo tardi. L’irrimediabile sarà già avvenuto: «Quando si arriva a mettere gli occhi sui bambini, significa una sola cosa: che la nostra civiltà è agli sgoccioli, perché il futuro verrà drasticamente ipotecato, per sempre».Giovagnoli evoca la riaccensione del “femminino”, come protezione ancestrale dell’umanità, sottoposta da millenni a una sorta di dittatura maschilista. Per questo, fa apertamente il tifo per l’assemblea delle donne (“Venere Vincerà”) guidata da Nunzia Alessandra Schilirò il 14 novembre a Firenze. «Da sempre – riassume l’alchimista – chi ha dominato l’umanità ha ripetuto gli stessi tre gesti, sempre uguali: nascondere la conoscenza, staccare l’uomo dalla natura e mortificare il femminile». Per Giovagnoli, le prime avvisaglie del piano che ormai punta anche ai bambini sono l’ultimo campanello d’allarme. «Non avete ancora capito – insiste – che fermarci, tutti insieme, è il solo modo per scongiurare il peggio? E attenzione: il momento è adesso, domani sarà tardi. E’ inutile andare in piazza a scandire slogan. Occorre invece disertare il lavoro per qualche settimana. E’ l’unica arma che abbiamo: ma è anche la più efficace, la più temuta. Fermare l’Italia, adesso, per arrivare a una paralisi economica. E’ l’unico modo per bloccare il “mostro” che ci sta aggredendo: se invece l’Italia si arrende, il resto dell’Occidente la seguirà. Quindi tocca a noi, oggi: facciamolo, in nome dei nostri bambini».Ci siamo: ora vogliono i nostri bambini. Michele Giovagnoli non ha dubbi: è scattato l’ultimo conto alla rovescia, quello che punta a estendere la “vaccinazione” Covid ai piccoli. La notizia viene dagli Usa: via libera alle dosi “geniche” anche per i bambini, a partire dai 5 anni di vita. Sembra un’escalation inesorabile, dice “l’alchimista degli alberi”, da mesi in giro per le piazze italiane a rilanciare il suo monito. Ora, a quanto pare, già si intravedono i titoli di coda: «Fidatevi, presto toccherà anche ai neonati». Questi, almeno, i piani dei decisori. Chi sono? «Guardateli negli occhi: non fanno parte della nostra stessa umanità. Sono esseri “antichi”, vengono dal freddo: si nutrono della nostra sofferenza, sottomettendoci con l’arma eterna della paura». Come opporsi? Nell’unico modo possibile: smettendo di lavorare, tutti insieme, per qualche settimana. «Senza Green Pass siamo costretti a restare a casa? Bene, restiamoci. Ma facciamolo adesso: domani sarà troppo tardi».
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Draghi: resta la farsa-Covid, ma in cambio stop al rigore
La follia quotidiana nella quale il pianeta sembra precipitato, da un anno e mezzo, la si può misurare anche dall’ipocrisia con cui politica e media chiamano ancora “vaccini” i preparati genici sperimentali, che vaccini non sono. Ma il carattere paradossale dei giorni che stiamo vivendo è confermato anche dall’inaudita imposizione (italiana) di questi non-vaccini al personale sanitario, e dall’ignobile ostinazione (non solo italiana) con cui si continuano a ignorare le efficaci terapie domiciliari anti-Covid, come se non esistessero nemmeno. L’espediente serve ad assegnare ai non-vaccini il ruolo di farmaco unico e totemico, perfetto contrappeso simbolico alla psico-montatura mondiale chiamata Covid. Ovvero: la più grande pandemia di asintomatici che la storia ricordi, gonfiata da numeri improbabili e da tamponi Pcr palesemente manipolati, oltre che da cure negate, ritardate o addirittura drammaticamente errate.Ed è in questo disastro, a quanto pare, che sta maturando il vero braccio di ferro tra i massimi poteri mondiali: da una parte i fautori dell’oligarchia più reazionaria, con pulsioni apertamente totalitarie, e dall’altra un’élite antagonista che vorrebbe riscrivere a modo suo il Grande Reset, comunque ineludibile, entrando in un futuro svincolato dal ricatto della schiaviù finanziaria di ieri, grande protagonista del Nuovo Ordine Mondiale neoliberista fabbricato con i golpe, il terrorismo e le crisi pilotate degli spread. Nel caos italiano, tra partiti ridicoli e ridotti a fantasmi, Mario Draghi archivia il mediocre piazzista Giuseppe Conte e ostenta senza difficoltà il suo spessore incamerando gli applausi dell’Ue per il Recovery, riproiettando l’Italia nel Mediterraneo e ottenendo anche di inserire la questione-migranti nell’agenda ufficiale di Bruxelles.E’ come se di colpo (a parte l’indecente politica sul Covid) l’Italia si fosse riaffacciata sulla scena europea e mondiale nel segno della sovranità relativa, sia pure formalmente coniugata con l’Unione Europea e con il gruppo che ha insediato alla Casa Bianca l’anziano Joe Biden. Messo fuori gioco Donald Trump, quella odierna di Washington si presenta come un’élite dal curriculum opaco, proveniente da elezioni presidenziali più che incresciose. Un gruppo che oggi si mostra comunque deciso a fermare l’insidioso espansionismo cinese, per decenni strumento del peggior neoliberismo atlantico. Per buon peso, la nuova leadership statunitense intende anche ridimensionare il ruolo di Mosca, fastidiosa potenza mondiale: fu messa al bando, la Russia, quando Vladimir Putin mise fine alla politica di sottomissione atlantista varata da Boris Eltsin e dai suoi oligarchi, al soldo del peggior capitalismo finanziario razziatore e, all’occorrenza, anche terrorista.E’ evidente che l’élite che fa capo alla Casa Bianca punta molte delle sue carte proprio sull’Italia, affidando al “nuovo” Draghi (non più guardiano dell’austeriy) il ruolo di ariete in doppiopetto, per rompere gli aspetti peggiori della gabbia eurocratica che ha finora impedito la nascita di una vera Unione Europea. Spariti gli inglesi con la Brexit, il “gigante” Draghi ha davanti a sé un traballante Macron, mentre Angela Merkel sta per lasciare il trono da cui ha contribuito in modo decisivo a paralizzare lo sviluppo europeo, tenendo il continente in balia di una crisi infinita. Gli osservatori più attenti, anche sui grandi media, non possono fare a meno di notare i passaggi-chiave del nuovo corso italiano: è lo stesso Draghi a ripetere che l’incubo del Patto di Stabilità (il freno imposto al benessere economico) è da considerarsi storicamente archiviato. A quale prezzo?Se qualcuno aveva legittimamente sperato che l’approccio al Covid (finalmente la verità, dopo un anno di menzogne) potesse essere la cartina di tornasole della “rivolzione democratica” dietro al cambio della guardia a Palazzo Chigi, si è sbagliato di grosso: evidentemente, la perdurante ipocrisia sulla gestione allarmistica della “crisi pandemica” è una moneta di scambio, nazionale e non solo: si lascia sostanzialmente inalterato il paradigma sanitario, per poter ribaltare completamente l’altro paradigma, quello economico-finanziario, secondo traiettorie disegnate però nell’alto dei cieli, fuori dalla portata dai Parlamenti. Il panorama politico italiano, poi, è ridotto a una platea di comparse del calibro di Enrico Letta, accanto a piccoli leader un tempo pugnaci ma oggi quasi ammutoliti, da Salvini alla Meloni, per non parlare di Di Maio.Tra parentesi: nessuno dei capi-partito (ma proprio nessuno) ha mai imposto in modo netto l’introduzione delle terapie anti-Covid, boicottate anche in sede giudiziaria dal bis-ministro Speranza. Quanto alle strategie per il futuro, tra Green Card e “varianti” paventate all’infinito, non è dato sapere dove si arriverà, né se il “partito cinese” (quello dei lockdown di Conte, approvati da Bergoglio) rialzerà la testa, o se invece sarà definitivamente sconfitto, e a quali condizioni. L’alternativa pare rappresentata da un’élite altantista che maneggia parole come libertà (tenendo in carcere Julian Assange e mantenendo in funzione Guantanamo) e come democrazia, dopo aver “vinto” le elezioni negli Stati Uniti nel modo che si è visto. Alla fine, lo spettacolo più sorprendente è proprio quello che sta offrendo l’Italia, con Mario Draghi impegnato a demolire, giorno per giorno, tutti i dogmi difesi per decenni a mano armata dall’altro Mario Draghi, quello di ieri.La follia quotidiana nella quale il pianeta sembra precipitato, da un anno e mezzo, la si può misurare anche dall’ipocrisia con cui politica e media chiamano ancora “vaccini” i preparati genici sperimentali, che vaccini non sono. Ma il carattere paradossale dei giorni che stiamo vivendo è confermato anche dall’inaudita imposizione (italiana) di questi non-vaccini al personale sanitario, e dall’ignobile ostinazione (non solo italiana) con cui si continuano a ignorare le efficaci terapie domiciliari anti-Covid, come se non esistessero nemmeno. L’espediente serve ad assegnare ai non-vaccini il ruolo di farmaco unico e totemico, perfetto contrappeso simbolico alla psico-montatura mondiale chiamata Covid. Ovvero: la più grande pandemia di asintomatici che la storia ricordi, gonfiata da numeri improbabili e da tamponi Pcr palesemente manipolati, oltre che da cure negate, ritardate o addirittura drammaticamente errate.
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Guerra all’infame tiranno Lukashenko, pirata anti-Covid
Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.Proprio contro la frode politica mondiale costruita attorno al Covid, il presidente-autocrate bielorusso (vero nome, Aljaksandr Lukašėnka) sparò una denuncia a reti unificate nella primavera 2020, rilanciata in Italia dallo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale: prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto alla Bielorussia fino a 900 milioni di dollari per “fare il lockdown, come in Italia”, così da sottoporre all’ipnosi pandemica anche l’Est Europa, che gli Usa contendono alla Russia spostando sempre più in là la sfera d’influenza della Nato, in violazione degli accordi stipulati ai tempi di Gorbaciov come contropartita per la fine della guerra fredda. Immediata la reazione euro-atlantica alla denuncia anti-Covid del “dittatore” Lukashenko: l’Occidente si è accorto di colpo dell’esistenza della Bielorussia, storica alleata di Mosca, e ha sostenuto improvvisamente le opposizioni, che hanno definito “truccate” le elezioni dell’estate 2020, in cui Lukashenko (tanto per cambiare) ha incoronato se stesso per la sesta volta consecutiva. A seguire: “rivoluzione colorata” a cronometro, secondo il modello ucraino, in questo caso con gli oppositori messi in fuga dal governo di Minsk supportato da Putin, a sua volta “assediato” dall’amministrazione Biden dopo essersi fieramente opposto, anch’esso, alle misure dittatoriali anti-Covid.Il seguito è rocambolesco: il giovane Roman Patrosevich, che viaggiava su un volo Atene-Vilnius della Ryanair, è stato arrestato a Misnk dopo l’atterraggio forzato dell’aereo, che era diretto in Lituania. Lukashenko ha così messo le mani sull’oppositore, che attraverso il canale “Telegram Nexta” aveva denunciato i brogli con cui il regime avrebbe manipolato le elezioni dell’estate 2020 (poco prima che ben altri denunciati brogli, quelli statuntitensi, sfrattassero Donald Trump dalla Casa Bianca). Nel frattempo, in Europa orientale la situazione è precipitata: la Russia ha schierato oltre 10.000 soldati alla frontiera con l’Ucraina per difendere il Donbass preso a cannonate dal governo di Kiev sostenuto da Biden. E gli 007 di Mosca nelle scorse settimane hanno dichiarato di aver sventato un complotto golpista che a Minsk prevedeva addirittura l’eliminazione fisica di Lukashenko, il cui “nervosismo” può forse essere così spiegabile. Nulla che traspaia, naturalmente, dalla grancassa del mainstrem, che – come ieri per il concerto-Covid – ora si è gettato con un sol uomo (Ue in testa) per condannare e sanzionare il perfido tiranno di Misk, che osa compiere atti di pirateria aerea dirottando un volo civile, tra lo sconcerto dei passeggeri, dopo aver inventato un inesistente allarme-bomba a bordo del velivolo.L’uomo di Minsk – con il suo plumbeo look da ex ufficiale sovietico – fornisce il più perfetto degli assist, a un regime occidentale che ha sospeso la democrazia e truccato le carte persino nel “paese della libertà”, dove nell’autunno 2020 i media erano arrivati a togliere la parola persino al presidente in carica. E’ il paese delle “extraordinary rendition” dell’era Bush, gli arresti illegali con destinazione Guantanamo, il lager medievale attrezzato per le peggiori torture contro detenuti trattati come oggetti, senza diritti. E’ il sistema che in Russia inventa un oppositore di cartone come Alexej Navalnij, ma continua a tenere in carcere un eroe dell’informazione come Julian Assange, colpevole di aver mostrato al mondo l’infamia degli invasori americani in Iraq. Poteri-ombra, come quelli che hanno “aiutato” l’Isis a devastare la Siria, ora pretendono di mostrarsi ultra-trasparenti nel condannare l’imperdonabile Lukashenko, il nuovo “grande Satana” da detestare, proprio mentre i liberi cittadini del libero Occidente controllano, sul giornale, a che ora della sera potranno rincasare, per gentile concessione di governi che tengono ancora in piedi la favola nera del Covid, venduta al popolo bue come verità di fede dalla quale è severamente proibito allontanarsi.Nella democratica Germania di Angela Merkel, oggi la polizia può penetrare nelle abitazioni senza nemmeno un mandato giudiziario, solo per controllare che nessuno osi infrangere la religione del Covid. La differenza con la Bielorussia (dove basta contestare il sovrano per finire in galera, anche se si viaggia su un volo di linea) si va pericolosamente assottigliando, in un pianeta dove è evidentemente in corso una guerra mondiale che oppone golpisti e resistenza, mobilitando le massime élite in una partita necessariamente opaca, a doppio fondo, lontanissima dai riflettori. Una delle carte sul tavolo è proprio il sogno del “regime change” in Russia, dove c’è chi non perdona a Putin di aver sbaragliato l’Isis in Siria, mettendo fine alla trama del terrore che ha preceduto l’ultima versione del terrorismo, quello sanitario. E’ palese che la Bielorussia dell’impresentabile Lukashenko non è che il possibile antipasto del boccone grosso, sempre che i manovratori non ritengano la Russia il miglior baluardo possibile, in fondo, per arginare l’esuberanza inquietante della Cina. Intanto, l’autocrate di Minsk ha regalato uno splendido diversivo, ai “dittatori” del Covid impegnati nel loro convulso, contraddittorio Grande Reset, che procede a singhiozzo in mezzo a tamponi, mascherine e vaccini, nel paradiso artificiale nelle fake news televisive.(Giorgio Cattaneo, 25 maggio 2021).Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.
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Usa, 124 ex generali: elezioni rubate, nazione in pericolo
«Siamo in una lotta per la nostra sopravvivenza, come repubblica costituzionale, come in nessun altro momento dalla nostra fondazione nel 1776». E’ una cannonata, la lettera aperta che oltre 124 generali e ammiragli a riposo scagliano contro Joe Biden, la cui salute mentale è messa in dubbio. Gli ex dirigenti di vertice delle forze armate – tra cui Donald Bolduc, William Boykin e John Poindexter, già vice-consigliere per la sicurezza nazionale sotto Reagan – su “Flag Officers 4 America” – accusano i democratici di aver rubato le elezioni con i brogli e di aver svenduto il paese al suo maggiore antagonista, la Cina. Nel mirino anche l’accordo sul nucleare dell’Iran, l’immigrazione clandestina come veicolo di traffici innominabili e la sospensione di progetti energetici vitali come la Keystone Pipeline, voluta da Trump. Bocciate le stesse restrizioni sanitarie introdotte accampando l’emergenza pandemica: «I lockdown che colpiscono le scuole e le imprese equivalgono ad azioni di controllo della popolazione».L’accusa: sarebbe in atto una sorta di golpe bianco, da parte di un gruppo non legittimato da elezioni regolari, che procede a colpi di decretazioni d’urgenza scavalcando il Parlamento e mettendo in pericolo la nazione. Quanto pesi, il malumore degli ex generali (che rappresentano solo la vetta dell’iceberg, a quanto pare) lo conferma la reazione allarmata dell’ammiraglio Mike Mullen, già capo di stato maggiore: secondo Mullen, quella lettera «fa male ai militari e, per estensione, fa male al paese». L’avvertimento degli alti ufficiali americani in congedo (liberi di parlare, non più vincolati al silenzio) fa eco a quello dei colleghi francesi, scesi in campo contro Macron: anche in quel caso, le stellette contestano la legittimità di scelte governative che, secondo i militari, opprimono la popolazione e mettono a rischio la stabilità stessa delle istituzioni, sempre più invise alla cittadinanza.«Il conflitto è tra i sostenitori del socialismo e del marxismo contro i sostenitori della libertà costituzionale», si afferma nella lettera statunitense, estremamente esplicita nel condannare l’assenza di trasparenza nelle procedure elettorali che hanno portato Biden alla Casa Bianca. «L’integrità elettorale richiede di garantire che ci sia un voto legale espresso e contato per ogni cittadino», scrivono gli ex alti ufficiali. «I voti sono individuati come legali tramite le verifiche approvate dal Parlamento statale che includono le carte d’identità governative, la firme verificate. E oggi, molti definiscono “razzisti” questi controlli di buon senso, nel tentativo di evitare di avere elezioni giuste e oneste». I firmatari, tutti ex leader militari, si dichiarano «impegnati a sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici», sia «nazionali» che «stranieri». Precisano: «La Cina è la più grande minaccia esterna per l’America. Stabilire relazioni di cooperazione con il Partito Comunista Cinese li incoraggia a continuare a progredire verso il dominio del mondo: militarmente, economicamente, politicamente e tecnologicamente».Per le stellette a riposo, occorre «imporre più sanzioni e restrizioni», nei confronti dei cinesi, «per ostacolare il loro obiettivo di dominazione mondiale e proteggere gli interessi dell’America». Ai democratici viene rinfacciato il ruolo di “quinte colonne” di potenze ostili, e anche una vocazione elitaria, manipolatrice e anti-popolare. «Dobbiamo sostenere e riconoscere i meriti dei politici che agiranno per contrastare il socialismo, il marxismo e il progressismo, sostenere la nostra Repubblica costituzionale e insistere su un governo fiscalmente responsabile, che si concentri su tutti gli americani e specialmente sulla classe media, non su gruppi di interessi speciali o estremisti che sono usati per dividerci in fazioni in guerra». Gli ex generali e ammiragli concludono il loro appello esortando «tutti i cittadini a partecipare subito a livello locale, statale e nazionale per eleggere rappresentanti politici che agiscano per salvare l’America, la nostra repubblica costituzionale, e per far assumere le proprie responsabilità a chi è attualmente in carica».«Siamo in una lotta per la nostra sopravvivenza, come repubblica costituzionale, come in nessun altro momento dalla nostra fondazione nel 1776». E’ una cannonata, la lettera aperta che oltre 124 generali e ammiragli a riposo scagliano contro Joe Biden, la cui salute mentale è messa in dubbio. Gli ex dirigenti di vertice delle forze armate – tra cui Donald Bolduc, William Boykin e John Poindexter, già vice-consigliere per la sicurezza nazionale sotto Reagan – sul magazine dei veterani (”Flag Officers 4 America“) accusano i democratici di aver rubato le elezioni con i brogli e di aver svenduto il paese al suo maggiore antagonista, la Cina. Nel mirino anche l’accordo sul nucleare dell’Iran, l’immigrazione clandestina come veicolo di traffici innominabili e la sospensione di progetti energetici vitali come la Keystone Pipeline, voluta da Trump. Bocciate le stesse restrizioni sanitarie introdotte accampando l’emergenza pandemica: «I lockdown che colpiscono le scuole e le imprese equivalgono ad azioni di controllo della popolazione».