Archivio del Tag ‘capitali’
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Patuelli: Draghi farà la storia, epocale taglio delle tasse
Se un uomo attento e prudente come Antonio Patuelli, imprenditore e banchiere ravennate con master in usi, costumi e virtù della società e dell’economia nostrana alza il telefono per soffiare sulle vele dell’ottimismo, significa che la nave Italia sta tappando le sue falle. Lo scrive Pietro Senaldi su “Libero”, intervistando il presidente dell’Abi. Segnali di ripresa, dopo la rivoluzione copernicana che il Covid ha imposto all’Europa? «La situazione è a un bivio, siamo molto scottati dall’esperienza dell’autunno scorso, quindi prudenti. Le prossime settimane saranno decisive sotto il profilo economico e sotto quello sanitario», annuncia Patuelli, secondo cui «Draghi farà molto, in questi mesi». Insiste: «Stiamo vivendo un momento simile a un immediato dopoguerra; forse per questo sono tornati di moda i valori del grande economista Federico Caffè, maestro di Draghi, e di Luigi Einaudi. Siamo alla vigilia di una fase decisiva», che per Patuelli (lo si indovina tra le righe) si avvarrà della grande competenza dell’ex capo della Bce.
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Italia tradita e svenduta, e le stellette stanno a guardare
Dopo gli Stati Generali tenuti in segreto, il Conte annuncia che gli interventi per l’economia dovranno aspettare ancora mesi. Il Quirinale sta a guardare, come pure i militari, che hanno giurato di difendere la Patria e la Costituzione, mentre il governo abbandona e tradisce l’Italia. La tradisce in senso non giuridico, ma etimologico: il verbo tradire, tradisco, vene dal latino tràdere, trado, che significa passare di mano, consegnare. Conte, il Pd, i 5S, stanno spezzando le reni all’Italia, cioè rinviano, rinviano, non intervengono, la lasciano precipitare economicamente e socialmente, come da mandato europeo, in modo che poi cada in mano ai capitali stranieri, soprattutto tedeschi: riempiti di debiti, fallimenti e disoccupati, gli italiani fra un poco accetteranno, anzi invocheranno qualsiasi cosa, qualsiasi ‘condizionalità’, per tirare un poco il fiato: accetteranno Mes, Troika, diktat, grecizzazione, cessione di infrastrutture e assets strategici. Forse anche dei monumenti. Era questo l’obiettivo, no?Il grande presidente Napolitano mi correggerebbe: «Non è tradimento, perché non esiste più una sovranità, una fedeltà nazionale italiana: esiste solo una sovranità e una fedeltà europea». Lo vada a insegnare alla Corte Costituzionale tedesca, la quale, nella storica sentenza del 5 maggio scorso, ha detto che la sovranità e la Costituzione tedesca esistono ancora e prevalgono su quelle europee. Dopo il disastro in arrivo, Conte & soci non saranno molto popolari, non avranno più possibilità di farsi rieleggere normalmente dagli italiani; potranno continuare la loro carriera politica solo in un modo: facendosi sostenere dalla forza dei conquistatori stranieri, ed è appunto con essi che si sono alleati: Colao innanzitutto, che li rappresenta oggi come li ha sempre rappresentati nelle operazioni di cessione di industrie strategiche agli stranieri. Conte & soci si sono alleati con gli stranieri contro gli italiani. Cacciano il ferro a fondo.Nel Parlamento snobbato da Conte, che fa proclami senza lasciarsi interrogare, la Boschi si vanta che Mattarella ipsissimus avrebbe esortato a questo nuovo corso. E le stellette stanno a guardare. Forse è meno peggio così. L’importante è che resti aperta la dogana per andarsene da questo schifo.(Marco Della Luna, “Le stellette stiano a guardare” dal blog di Della Luna del 18 giugno 2020).Dopo gli Stati Generali tenuti in segreto, il Conte annuncia che gli interventi per l’economia dovranno aspettare ancora mesi. Il Quirinale sta a guardare, come pure i militari, che hanno giurato di difendere la Patria e la Costituzione, mentre il governo abbandona e tradisce l’Italia. La tradisce in senso non giuridico, ma etimologico: il verbo tradire, tradisco, vene dal latino tràdere, trado, che significa passare di mano, consegnare. Conte, il Pd, i 5S, stanno spezzando le reni all’Italia, cioè rinviano, rinviano, non intervengono, la lasciano precipitare economicamente e socialmente, come da mandato europeo, in modo che poi cada in mano ai capitali stranieri, soprattutto tedeschi: riempiti di debiti, fallimenti e disoccupati, gli italiani fra un poco accetteranno, anzi invocheranno qualsiasi cosa, qualsiasi ‘condizionalità’, per tirare un poco il fiato: accetteranno Mes, Troika, diktat, grecizzazione, cessione di infrastrutture e assets strategici. Forse anche dei monumenti. Era questo l’obiettivo, no?
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Novelli: capitalismo al capolinea, la finanza se l’è mangiato
Le Borse festeggiano la fine imminente del lockdown globale ma, a questi livelli, non stanno certamente prezzando il danno che rimarrà sull’economia, sui profitti attesi, sull’occupazione e, soprattutto, sulle insolvenze che arriveranno. Credo che il reale impatto che la pandemia avrà sull’economia globale si capirà solo nei prossimi tre mesi, quando si avrà una evidenza di come effettivamente si delinea il ritorno alla normalità tanto attesa. Se guardiamo a quello che accade in Cina non ci sono motivi per essere particolarmente ottimisti. Sebbene il governo cinese abbia imposto la ripresa dell’attività industriale, quello che accade fuori dal settore produttivo, in gran parte gestito con politiche centralizzate, non lascia spazio a facili entusiasmi. Il settore dei servizi e dei consumi interni, che non è gestito da politiche centralizzate e dipende dalla reale domanda privata, è pesantemente penalizzato dal fatto che i cittadini cinesi non hanno ancora superato lo shock, e la paura del contagio rimane latente. Le vendite al dettaglio sono ancora sotto del 16% rispetto a fine 2019 e gli unici settori che vedono un incremento dell’attività sono il settore pharma (+8%) e quello alimentare (+18%). I consumi di carburante e i ristoranti, che sono settori indicativi di un ritorno alla mobilità della popolazione e quindi dei consumi, sono -20% il primo e -57% il secondo.
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Seconda ondata Covid e IV Reich: così moriremo, nel 2021
L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.La Germania dà molti soldi alle famiglie e alle imprese, in modo che queste ultime possano prendersi quote di mercato e aziende dei paesi sottomessi e sliquidizzati. Il governo italiano potrebbe fare la medesima cosa, perché gli stessi trattati europei lo consentono; ma, essendo comandato da Berlino, agli italiani ha promesso poco e dato quasi niente, nemmeno la cassa integrazione, e quel che forse darà alle imprese saranno garanzie per prestiti bancari onerosi, perlopiù per far sì che paghino le tasse a giugno indebitandosi ancora di più. E il Recovery Fund vive solo nel suo story telling. Buona parte delle piccole e piccolissime imprese non riaprirà o chiuderà presto per mancanza di soldi o di convenienza a lavorare alle condizioni restrittive imposte. Avremo milioni di disoccupati in più. Il gettito fiscale affonderà, gli oneri sociali schizzeranno, nel 2021 vi sarà una spaventosa crisi finanziaria. I disoccupati vedranno i capitali stranieri fare shopping delle migliori aziende italiane, aiutati dalle banche e dal governo, come già sono abituati a fare.Solo allora la bovina opinione pubblica capirà il disastro e il tradimento, la vastità della voragine che aperta già oggi. Se a quel punto il governo imporrà maggiori tasse, toglierà denaro a un’economia già dissanguata, causando insolvenze a catena e ulteriori morie aziendali – anzi, come farà a prelevare sangue che non c’è? E come farà a pagare gli stipendi e le rendite alla sua pletora di dipendenti e di assistiti inutili e falsi invalidi da mangiatoia elettorale? Chiederà allora i soldi del Mes, prestiti a breve termine con condizionalità, che vincoleranno la politica economica di ogni futuro governo per molti anni ai diktat di Berlino. Forse, per reazione, arriverà un governo con la volontà e la forza di strappare con Brussel e il Quarto Reich. Ma se resterà in carica un governo europeista, a quel punto esso dovrà fronteggiare uno scontento popolare molto energico e dirompente, e prevedo che lo farà servendosi di una nuova e già preannunciata emergenza epidemica, una seconda ondata del virus, peggiore della prima, che gli consentirà di indire un coprifuoco per tener vuote le piazze e impedire l’attività politica, aiutandosi anche con le app di tracciamento individuale obbligatorie.Se lo spread, il rating e i mercati non bastano per educare gli Italiani, vi sono altri mezzi. Dato che le opposizioni sono impotenti, il Parlamento disattivato, e che le forze armate nazionali non prendono l’iniziativa, l’intervento di Washington su Berlino è l’unica possibilità per salvare l’Italia, ancorché astratta. Berlino non si sta affatto preparando a lasciare l’Eurozona o l’Unione, come molti pensano, bensì a dominarla più saldamente: infatti, con la recente sentenza, la Corte Costituzionale di Karlsruhe si è posta al di sopra della Corte Europea e dell’indipendenza statutaria della Bce, come suprema fonte della legalità dell’Unione Europea. Se non ora, quando? Se non Donald, chi?(Marco Della Luna, “Seconda ondata e Quarto Reich”, dal blog di Della Luna del 16 maggio 2020).L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.
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Magaldi: reddito d’emergenza subito, a tutti, o addio Italia
«Serve un robusto “reddito d’emergenza”, immediato e destinato a tutti, e anche un indennizzo per le attività paralizzate dallo sconcertante lockdown imposto dal governo Conte oltre due mesi fa, che ha creato le premesse per sprofondare il paese in una crisi catastrofica». Non ha mezze misure, Gioele Magaldi, nel condannare l’operato di un esecutivo «imbarazzante e incapace, come dimostrato ogni giorno da ministri come Di Maio e Bonafede, oltre che dallo stesso Conte». A proposito: «Se è un bravo avvocato, perché non torna a fare quello che sa fare? Il “mestiere” di primo ministro, decisamente, non fa per lui. E glielo faremo presente quanto prima, anche con clamorose iniziative di protesta». Magaldi allude ai flash-mob che ha in programma la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta prossima al debutto: «Lo stesso termine “milizia”, volutamente provocatorio, intende colpire l’immaginario». Il motto adottato (”dubitare, disobbedire, osare”) è speculare al fascistissimo “credere, obbedire e combattere”: «Un modo anche autoironico per fare teatro, obbligando però tutti a riflettere e invitando i cittadini a mobilitarsi per salvare l’Italia dal baratro, recuperando diritti, democrazia ed economia: dobbiamo farci sentire, e dobbiamo farlo adesso».Secondo Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, una nuova cordata di regolatori della finanza sarebbe pronta a far ripartire le economie europee del post-Covid, tramite un nuovo modello di grandi investimenti, guidato dalla Bce. In Italia, l’operazione potrebbe innescare «progetti su grandi infrastrutture ad alto moltiplicatore economico, al di là del semplice reddito di cittadinanza». Sarebbe un modo per «superare il modello economico basato sul falso dogma della “scarsità di moneta”, che ha dominato l’Unione Europea fino ad oggi: secondo questo schema, debito e spesa pubblica possono esser finanziati solo tramite i mercati finanziari privati». Mentre nel Belpaese il governicchio Conte ancora perde tempo con le briciole del Mes, la grande novità all’orizzonte – dice Moiso – sta nelle intenzioni appena annunciate da Kristalina Georgieva del Fmi. Esattamente come Mario Draghi, la Georgieva ha parlato di azzeramento del debito e iniezioni di capitali, per far fronte alle disastrose difficoltà finanziarie in cui si ritroveranno gli Stati europei all’indomani dell’emergenza coronavirus. «La stessa Christine Lagarde, a capo della Bce, ha chiaramente detto che continuerà ad adottare politiche monetarie di tipo espansivo. E ha rinnovato l’appello agli Stati europei ad agire insieme (e in fretta) per risollevare le rispettive economie».Secondo Moiso, questo epocale cambio di paradigma sarà indispensabile «per fare uscire l’Unione Europea dalla situazione di ostaggio degli interessi dei grandi gruppi finanziari internazionali, in particolare tedeschi», specie dopo l’ennesima frenata di Berlino, che fa parlare la sua Corte Costituzionale per prendere le distanze dal provvidenziale “quantitative easing” della Bce. «Se stiamo ancora dentro questo paradigma autolesionistico, con il finanziamento della spesa pubblica affidato ai soli mercati internazionali, nessuno ci salverà dall’arrivo della Troika, con conseguenze socio-economiche già viste in Grecia». Il resto del mondo, per la verità, si muove ben diversamente: nei paesi sovrani sono le banche centrali (prestatrici di ultima istanza) a rifornire di denaro pronta cassa i governi che ne hanno bisogno. Vale per gli Usa, il Giappone, la Gran Bretagna. Il sistema politico italiano, invece, sembra non porsi neppure il problema. Che cosa aspettano, che il paese crolli? «Un caso veramente increscioso – aggiuge Moiso – riguarda il ricorso alle banche, a cui Conte chiede semplicemente di “mettersi una mano sul cuore”». Risultato: «Di fatto, gli istituti di credito non hanno aderito al “decreto liquidità”, lasciando popolazione e aziende con pochi spiccioli».La situazione sta precipitando, di giorno in giorno: «Settori-chiave come il turismo e la ristorazione sono a terra. E solo un lavoratore su cinque ha finora ricevuto la cassa integrazione». L’Italia sta per esplodere? «A breve, finiti gli ultimi spiccioli – avverte un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro – le famiglie italiane capiranno finalmente in che guaio le ha cacciate, il governo Conte», che ora prolunga “un’emergenza che non c’è” «per tentare di dimostrare di aver fatto bene, a chiudere tutti in casa». Carpeoro ha le idee chiare: «I numeri dei contagi italiani sono analoghi a quelli dei paesi che hanno evitato il lockdown. La verità sta venendo a galla: questa presa per i fondelli, da parte del governo, non durerà all’infinito». Gioele Magaldi concorda: basta vedere la Svezia, che si è semplicemente appellata al senso di responsabilità, limitandosi a proteggere gli anziani, senza far collassare l’economia del paese. Ma il punto è un altro: «Gli unici veri aiuti finora previsti dal governo – peraltro mai arrivati – erano semplici prestiti bancari, da restituire poi con gli interessi». In altre parole: debito, ancora e sempre. «Draghi, per primo, nel suo clamoroso intervento sul “Financial Times”, a marzo ha annuciato la necessità assoluta di cancellarlo, il debito pregresso (pubblico e privato) come si fa in caso di guerra».Problema: è impensabile azzerare il debito, o garantire un “reddito d’emergenza”, potendo contare solo sul contagocce attuale. «Per risollevarsi, l’Italia ha bisogno di non meno di 2000 miliardi», diceva Magaldi, prima ancora della catastrofe-Covid. «Servono infrastrutture, scuole, ospedali, manutezione del territorio, servizi alla persona. E adesso, poi, si tratta di impedire il tracollo del paese». Nessuno ha finora preso in considerazione il Piano-B avanzato dall’economista Nino Galloni, vicepresidente “rooseveltiano”: moneta parallela, a circolazione solo nazionale, emessa dallo Stato – subito, e a costo zero. Un’iniezione che rianimerebbe consumi e lavoro. Proprio in questa direzione sembrano muoversi gli strateghi non-europei della finanza, sia pure con altri strumenti. Analogo l’obiettivo: inondare di miliardi i nostri conti prosciugati. L’Italia è in avanzo primario da trent’anni: i soldi versati allo Stato dai cittadini, sotto forma di tasse, superano quelli che il governo eroga, in termini di servizi. Risultato: gli italiani si stanno impoverendo, ininterrottamente. Ora, il lockdown è la mazzata finale: si calcola un -15% di Pil, con la perdita di milioni di posti di lavoro. «Serve una cura da cavallo, e Conte perde tempo con i 35 miliardi del Mes», chiosa Magaldi. «La soluzione è strutturale: va rovesciato il paradigma. E per farlo, servono personalità all’altezza della situazione: prima che sia troppo tardi».«Serve un robusto “reddito d’emergenza”, immediato e destinato a tutti, e anche un indennizzo per le attività paralizzate dallo sconcertante lockdown imposto dal governo Conte oltre due mesi fa, che ha creato le premesse per sprofondare il paese in una crisi catastrofica». Non ha mezze misure, Gioele Magaldi, nel condannare l’operato di un esecutivo «imbarazzante e incapace, come dimostrato ogni giorno da ministri come Di Maio e Bonafede, oltre che dallo stesso Conte». A proposito: «Se è un bravo avvocato, perché non torna a fare quello che sa fare? Il “mestiere” di primo ministro, decisamente, non fa per lui. E glielo faremo presente quanto prima, anche con clamorose iniziative di protesta». Magaldi allude ai flash-mob che ha in programma la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta prossima al debutto: «Lo stesso termine “milizia”, volutamente provocatorio, intende colpire l’immaginario». Il motto adottato (”dubitare, disobbedire, osare”) è speculare al fascistissimo “credere, obbedire e combattere”: «Un modo anche autoironico per fare teatro, obbligando però tutti a riflettere e invitando i cittadini a mobilitarsi per salvare l’Italia dal baratro, recuperando diritti, democrazia ed economia: dobbiamo farci sentire, e dobbiamo farlo adesso».
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Miseria e bugie: così Conte ammazza l’Italia, per svenderla
Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte?: «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.In questa veste, anzi, in questo mandato, esso blocca l’economia, gli spostamenti, l’opposizione, il Parlamento. Li blocca e mantiene il blocco in base ai numeri dell’epidemia che esso stesso costruisce arbitrariamente. Infatti: non ha mai presentato dati di campione statisticamente validi né mai ha precisato la terminologia; i dati sono raccolti perlopiù usando tamponi che danno almeno un 70% di falsi positivi – cioè per ogni 1000 positivi, almeno 700 sono falsi (la macchina Pcr che li valuta non risulta certificata Iso per uso diagnostico); vengono attribuiti al coronavirus tutti i decessi in cui il morto, di qualsiasi causa sia morto, risulti positivo al suddetto tampone; così il numero dei morti a causa virus è stato fatto apparire multiplo del reale per giustificare gli arresti domiciliari e il blocco dell’economia. E soprattutto, con questo modo arbitrario di quantificare i dati epidemiologoci, un domani Conte potrà far risalire artificiosamente il numero dei morti per tornare a limitare le libertà e a governare con pieni poteri, dando la colpa agli italiani indisciplinati e irresponsabili.Io prevedo che lo farà al più tardi in autunno, quando la gente si agiterà a causa di disastro economico, supertassazione, 8 milioni di controlli fiscali e 1,5 milioni di cartelle in arrivo. Prevedo che conti di tirare fino all’arrivo del vaccino, che però non funzionerà perché il virus è mutevole, come quello influenzale, e non lo si potrà aggiornare per tempo. Quindi in realtà Conte mira a cronicizzare la sua dittatura. Perciò, per salvare l’economia, le imprese, il lavoro, il risparmio, la libertà, la Costituzione, bisogna buttar giù questo governo e ancor più chi lo sostiene, al più presto. Questo governo che ha sempre mentito, nascosto, ingannato, violato la Costituzione, sbagliato gli interventi, obbedito a interessi stranieri, e convoca ora una commissione di stranieri per la fase di liquidazione. Fa persino bruciare i cadaveri dei supposti morti per coronavirus in modo che non si può fare l’autopsia per accertare se realmente sono morti di coronavirus.Quanti sono i morti causati dal coronavirus? Su 70 autopsie eseguite a Bergamo e Milano, 70 sono morti di tromboflebite. L’Iss certifica che i morti a causa esclusiva del virus, senza altre malattie, sono solo una piccola frazione di quelli dichiarati dal governo (letalità 0,8%, quasi tutti ultrasettantenni), mentre i morti totali dei primi mesi di quest’anno sono inferiori a quelli dell’anno scorso. E ora sappiamo che i morti per coronavirus sono morti non per la letalità del virus ma per errore diagnostico, perché curati come se avessero una polmonite mentre era una tromboflebite, la quale non necessitava di intubazione, terapia intensiva e antiinfiammatori, ma di tutt’altro. Quindi, se l’industria farmaceutica non si metterà di traverso impedendo le giuste cure per poter vendere i suoi vaccini, in futuro non si morirà più di coronavirus.(Marco Della Luna, “Decreti di miseria e di menzogna”, dal blog di Della Luna del 27 aprile 2020).Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte? «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.
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Ong, l’industria dei Buoni: stipendi da centomila euro l’anno
Sulle Ong in affari e la questione dei migranti il mainstream chiede prove e rincara la dose: «Dobbiamo ringraziare queste organizzazioni che aiutano gli altri, che contribuiscono ad abbattere la povertà e l’analfabetismo», ci stanno ripetendo da qualche giorno in tutte le trasmissione politicizzate della televisione. Eppure, a prescindere dai dettagli sulla questione degli sbarchi, che le organizzazioni no-profit siano per alcuni assolutamente profit è un po’ il segreto di Pulcinella. Anzi, è accertato che ai piani alti del settore stia un business molto remunerativo, caratterizzato da voto di scambio e lauti stipendi. In questi ultimi dieci anni sono diverse le analisi svolte da cooperanti “insider” e giornalisti che hanno denunciato le disparità di trattamento economico nel mondo della cooperazione internazionale; gente come Tarcisio Arrighini, che al tema ha dedicato il libro “Il mercato degli aiuti”, alla veneta Valentina Furlanetto, che ha analizzato i bilanci di Onlus e Ong nel suo approfondimento “L’industria della carità”, scoprendo le montagne di soldi che circolano tra vestitini donati ai poveri, vendita di azalee e persino adozioni di bambini.Beninteso: gli stipendi dei cooperanti sono mediamente più bassi rispetto a chi lavora (sempre mediamente) nel mondo del “profit”. Vi è anche maggiore precarietà, visto che alcune attività richieste dalle associazioni sono legate al periodo, all’emergenza e, quindi, alla stagionalità. Ma nel mondo di Onlus, Ong e della cooperazione in generale non vi sono solo gli operatori semiprofesssionali e i volontari. Curiosando nel sito “Open-cooperazione”, ad esempio, si possono vedere alcune statistiche sugli stipendi del terzo settore nel 2015, dalle quali emerge come stipendio più alto registrato tra gli associati italiani del sito la cifra di 103.200 euro. Niente male, per un manager che si occupa di poveretti… Il punto da capire è questo: le organizzazioni che fanno volontariato all’estero cercano e ottengono tutta una serie di fondi, da quelli pubblici a quelli privati, anche tramite il meccanismo del “fundraising”, per il quale spesso gli organizzatori frequentano anche dei corsi di formazione.Mentre l’operatore riceve stipendi nella media o sotto la media – e spesso, soprattutto se novizio, lavora gratis magari in cambio di qualche benefit (viaggi pagati, ecc) – i manager che organizzano la struttura del servizio guadagnano una percentuale sui progetti che vengono presentati ai grandi finanziatori. E’ dunque evidente che se il finanziatore ritiene che il progetto che l’organizzatore gli presenta può essere buono in termini di “posizionamento”, immagine e indotto, può decidere di conferire altissime cifre, anche milioni di euro. Con oltre 40.000 associazioni non governative, quasi un migliaio di organizzazioni governative internazionali, milioni di milioni di capitali pubblici e privati mossi, non possiamo più fingere di non vedere che profughi e rifugiati non fanno altro che aumentare al pari del numero dei poveri, dato che la povertà si misura in rapporto alla differenza con la ricchezza. E non sarà certo l’aumento del numero delle organizzazioni, governative o non governative, o dell’entità dei finanziamenti, pubblici o privati, la strada che ci condurrà verso la soluzione.Chi afferma il contrario o non ha ben compreso di cosa si sta parlando o sta sognando. Sentite cosa scriveva “Repubblica” nel 2013 (oggi ha cambiato liena editoriale): «Amnesty International ha concesso una buonuscita d’oro al suo ex-segretario generale, Irene Khan, che ha ricevuto una liquidazione di 500 mila sterline (circa 600 mila euro), apparentemente più del doppio di quanto inizialmente stabilito dal suo contratto. Sempre Amnesty ha organizzato un evento per la raccolta di fondi di beneficenza l’anno scorso a New York con ospiti del calibro della rock band Coldplay e dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, finendo per spendere di più di quanto ha incassato: un “buco” da 750 mila sterline (900 mila euro). Save The Children, per parte sua, avrebbe evitato di criticare uno dei suoi maggiori donatori e sponsor, la British Gas, azienda fornitrice di servizi alla popolazione britannica, per le bollette troppo alte, a detta di molti commentatori, imposte alle famiglie del Regno Unito. E infine si è scoperto che Comic Relief, l’organizzazione che fa mettere un “naso rosso” da clown ai suoi rappresentanti e finanziatori, investe milioni di sterline in fondi di investimento che acquistano tra l’altro azioni di aziende che producono armamenti, alcolici e tabacco, non proprio il massimo per un’associazione che sostiene la pace e le iniziative benefiche per l’infanzia».(Massimo Bordin, “Quanto si guadagna in una Ong?”, post apparso su “Micidial” il 29 aprile 2017 e ora rilanciato dall’autore, alla luce delle recenti polemiche italiane su migranti e Ong).Sulle Ong in affari e la questione dei migranti il mainstream chiede prove e rincara la dose: «Dobbiamo ringraziare queste organizzazioni che aiutano gli altri, che contribuiscono ad abbattere la povertà e l’analfabetismo», ci stanno ripetendo da qualche giorno in tutte le trasmissione politicizzate della televisione. Eppure, a prescindere dai dettagli sulla questione degli sbarchi, che le organizzazioni no-profit siano per alcuni assolutamente profit è un po’ il segreto di Pulcinella. Anzi, è accertato che ai piani alti del settore stia un business molto remunerativo, caratterizzato da voto di scambio e lauti stipendi. In questi ultimi dieci anni sono diverse le analisi svolte da cooperanti “insider” e giornalisti che hanno denunciato le disparità di trattamento economico nel mondo della cooperazione internazionale; gente come Tarcisio Arrighini, che al tema ha dedicato il libro “Il mercato degli aiuti”, alla veneta Valentina Furlanetto, che ha analizzato i bilanci di Onlus e Ong nel suo approfondimento “L’industria della carità”, scoprendo le montagne di soldi che circolano tra vestitini donati ai poveri, vendita di azalee e persino adozioni di bambini.
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Grillopardi e mercenari franco-tedeschi governano l’Italia
Giuseppe Conte, l’uomo che visse due volte, la prima a destra, la seconda a sinistra, l’uomo che sussurrava alla Merkel le sue ricette per far fuori Matteo Salvini e aprire i porti, l’uomo mai votato da nessuno, se non dalle cancellerie europeiste e globaliste, e dalla massoneria vaticana, lavorava da tempo alla riammissione della prodiga Italia a pieno titolo tra i paesi europeisti. Le trame del novello Andreotti sono state candidamente rivelate dal ministro all’agricoltura Teresa Bellanova, quando ha detto apertamente chez madame Gruber che l’accordo tra 5S e Dem è stato tessuto a Bruxelles per «dare a questo paese un presidente della Repubblica che non sia ostile all’Europa». Una gigantesca operazione di trasformismo ad opera di due partiti che si sono odiati fino al giorno prima, e si ritrovano in un governo dove il presidente del Consiglio è lo stesso del governo precedente, ma che dice che sarà in discontinuità con se stesso. Non solo per scongiurare le politiche “razziste e fasciste” della Lega, quanto per poter manovrare la prossima elezione del presidente della Repubblica, in programma per il 2022, l’anno in cui scadrà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale.Nulla di particolarmente oscuro quindi, visto che al ribaltone hanno partecipato i Dem, augurandosi di poter conquistare lo scranno del Colle, cui non potrebbero certo rinunciare per quel diritto egemonico di appartenenza al sistema di potere cattocomunista erede della Resistenza, che però strada facendo ha perso di vista le istanze popolari e si è sempre più asservito agli interessi oligarchici della finanza apolide. La fine del governo gialloverde è stata segnata da accordi segreti presi in Europa da Giuseppe Conte, che appare sempre più chiaramente un emissario della massoneria vaticana, la crisi infatti è letteralmente esplosa con il cosiddetto Russiagate, quando contro Salvini si è prontamente scatenata al momento opportuno la stampa mainstream, dall’“Espresso” al “Fatto Quotidiano”. Ha fatto male Salvini a negare il tutto, ma restano oscure le dinamiche ed appare risibile il fatto che la tangente avrebbe dovuto passare per Eni, che è controllata dal Pd di Renzi. E comunque l’avvocato democristiano venuto dal nulla, indicato da Grillo e stimato da De Mita nonché dal Vaticano, alla nascita del governo gialloverde aveva tenuto per sé la delega ai servizi (Aise, Aisi e Dis), che negli esecutivi precedenti (Renzi e Gentiloni) era stata affidata come di consueto al ministro dell’interno (Minniti).Probabilmente gli azionisti occulti del governo gialloverde non si fidavano di Salvini e non intendevano lasciare nelle sue mani l’arma dell’intelligence. Questo spiegherebbe anche l’intransigenza di Salvini nel voler liquidare ad ogni costo l’avvocato venuto in apparenza dal nulla, ma in realtà solidamente pilotato dai veri responsabili della crisi, pronti a schierare i grillini con la Merkel per far eleggere Ursula von del Leyen alla Commissione Ue, contro Salvini e contro gli interessi nazionali italiani. Il nuovo governo giallorosso è nato quindi in Europa, ben prima delle elezioni europee, che hanno solo drasticamente rimarcato l’ascesa inarrestabile della Lega e la vorticosa perdita di consensi del M5S. Trattative che portarono allo scambio tra David Sassoli e Fabio M. Castaldo e all’elezione, per soli 9 voti dei 5S, di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue, già membro della Cdu, e ministra per vari portafogli in tutti i governi presieduti da Angela Merkel. Una Commissione che è il risultato dell’alleanza obbligata di quei partiti che hanno visto ridursi notevolmente i loro consensi, così come è avvenuto per il ribaltone italiano.Infatti proprio le europee hanno registrato la tenuta del Partito popolare, la crescita dei sovranisti (pur divisi tra di loro), il boom del Brexit Party, e la virata a destra di molte correnti interne ai moderati, ma in pratica non hanno sortito alcuna novità se non quella di conservare l’Ue nelle mani del Ppe, più i socialisti di Pse, con l’appoggio dei liberali di Alde e i conservatori di Ecr. La spartizione delle deleghe nella Commissione di Ursula Von der Leyen è stato solo un tragico tentativo di serrare le file per scongiurare ogni forma di cambiamento. L’asse franco-tedesco non avrebbe certo permesso che la trasformazione dell’Italia a paese più euroscettico dell’Ue potesse proseguire oltre, i rischi sarebbero stati troppo consistenti per gli oligarchi mondialisti, interessati a scongiurare ogni tentativo di resistenza nei confronti della demolizione degli Dtati nazionali, ultimo baluardo democratico contro lo strapotere elitario che tutela i poteri forti a scapito dei popoli. Unica soluzione il superamento degli Stati nazionali, la cancellazione delle frontiere e la moneta unica.In particolare si sta cercando di realizzare un sistema giuridico sovranazionale al quale gli Stati-nazione democratici sono chiamati a sottomettersi, un modo simulato per esautorare le democrazie nazionali sostituendole con una non-democrazia sovranazionale. Quindi non può esistere nessun potere dei popoli in Eurozona, visto che governano i capitali, che trovano qui i più compiacenti paradisi fiscali. Le masse, come strumenti di produzione di potere e ricchezza per le oligarchie, ormai sono divenute superflue, ridondanti ed eliminabili (Marco Della Luna). Esiste anche la possibilità tecnologica di gestirle come mandrie al pascolo, ridotte completamente a strumento, merce, file formattabile, usa e getta. E intanto in Italia il Conte Zio, proveniente dai corridoi vaticani (Silvestrini, Parolin), si è rivelato il grimaldello che doveva far saltare il governo giallo verde, un breve intermezzo durato appena 14 mesi, una parvenza di sovranismo, marcato stretto dal Quirinale e dal sistema europeista, poi tutto è tornato come prima, nessuna volontà di cambiamento, archiviato in fretta il populismo, asfaltato rapidamente il sovranismo.Ha vinto il CamaleConte democristiano, duttile, multitasking e paraculista, servitore di mille padroni, esponente occulto del partito-sistema, il partito-apparato, il partito-deepstate, il partito di Mafia Capitale, quello del Jobs Act, di Mps, del prelievo forzoso agli obbligazionisti, della Pessima Scuola… previo naturalmente bacio della morte all’Ue col voto a Ursula, ed endorsement internazionali di tutto il gotha neoliberista globalizzato: Merkel, Macron, Vaticano, Trump. Da trent’anni il Deep State, il Potere Profondo, il Sistema, ha sempre avuto la meglio. L’Europa franco-tedesca si è compattata con il recente patto di Aquisgrana proprio per contrastare e schiacciare i tanti nazionalismi sorti in Europa.Mentre i grillopardi, sostenuti da numerosi androidi fanatizzati e autoproclamatisi dei missionari della San Francesco Associati, finti giacobini di una finta rivoluzione, che vivono di pane amore e sacrificio per il bene dell’Italia, ora l’hanno svenduta ai poteri forti italiani ed europei, che possono tornare speditamente all’assalto del benessere degli italiani. Il Sì di Rousseau fa volare MpS a +13%, e le Ong tornano all’assalto dei porti aperti. I simulacri di Philip Dick vivono tra noi…(Rosanna Spadini, “I mercenari del trasformismo vivono tra noi”, da “Come Don Chisciotte” del 15 settembre 2019).Giuseppe Conte, l’uomo che visse due volte, la prima a destra, la seconda a sinistra, l’uomo che sussurrava alla Merkel le sue ricette per far fuori Matteo Salvini e aprire i porti, l’uomo mai votato da nessuno, se non dalle cancellerie europeiste e globaliste, e dalla massoneria vaticana, lavorava da tempo alla riammissione della prodiga Italia a pieno titolo tra i paesi europeisti. Le trame del novello Andreotti sono state candidamente rivelate dal ministro all’agricoltura Teresa Bellanova, quando ha detto apertamente chez madame Gruber che l’accordo tra 5S e Dem è stato tessuto a Bruxelles per «dare a questo paese un presidente della Repubblica che non sia ostile all’Europa». Una gigantesca operazione di trasformismo ad opera di due partiti che si sono odiati fino al giorno prima, e si ritrovano in un governo dove il presidente del Consiglio è lo stesso del governo precedente, ma che dice che sarà in discontinuità con se stesso. Non solo per scongiurare le politiche “razziste e fasciste” della Lega, quanto per poter manovrare la prossima elezione del presidente della Repubblica, in programma per il 2022, l’anno in cui scadrà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale.
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Della Luna: siamo in trappola, e la politica non conta nulla
Mentre gli animi si infuocano sulle manovre politiche in corso per il nuovo governo, definito da alcuni “dei cialtroni voltagabbana al servizio dello straniero”, Marco Della Luna passa oltre: «Rispetto alla politica alta e segreta, che pianifica e decide a porte chiuse, tacendo gli obiettivi che persegue, tutta quest’altra politica bassa, palese, narrata e recitata al grande pubblico, consiste solo di riflessi, conseguenze e di atti esecutivi della politica vera, con minimi margini di libertà». La politica visibile, in altre parole, conta pochissimo: «I politici bassi, dediti a tatticismi, spartizioni e obiettivi ristretti, presentano questi come se fossero fondamentali e decisivi, così come i loro programmi elettorali e i loro provvedimenti esecutivi o legislativi, ma non lo sono». Ultimamente, il bipolarismo popolo-élite ha sostituito quello precedente, tra destra e sinistra. «Ma lo hanno presentato in modo illusorio, come cioè se tale struttura fosse un’anomalia correggibile, e non una costante universale ineluttabile, connaturata all’organizzarsi stesso della società». La politica palese, riflessa nel teatrino dei media mainstream, «dibatte di millesimi in più o in meno che si possono fare di deficit sul Pil», grazie a cui «ricollocare altri millesimi tra sanità, pensioni, investimenti, sgravi o aggravi fiscali per lavoratori o imprese». Briciole, in realtà.Davvero nulla che conti davvero, sostiene l’avvocato Della Luna, brillante saggista euroscettico, sia che si tratti di migranti o di «diritti civili consolatori come l’eutanasia, la droga, il matrimonio e l’adozione da parte di coppie omosessuali, l’affitto di utero e la fecondazione eterologa». Al livello più profondo «si trovano fattori strutturalmente molto più potenti, come gli effetti recessivi e deindustrializzanti dell’euro». Effetti «visibili a tutti, e dei quali i partiti nostrani, erroneamente ritenuti sovranisti, populisti e antisistema, parlavano prima di andare al governo contemplando la possibilità di uscire dall’euro, mentre subito dopo hanno dichiarato fedeltà ad esso senza condizioni, rivelandosi non sovranisti né populisti, ma sottomessi ai gestori dell’Ue». Del resto, «quando si hanno incarichi istituzionali, certi principi e certi dati di realtà bisogna rinnegarli: così è avvenuto con Syriza in Grecia e Podemos in Spagna: si sono omologati», a differenza – secondo Della Luna – dello Ukip di Nigel Farage e del Brexit Party. Ma c’è un livello ancora più profondo, e quindi «mai o quasi mai proposto al pubblico dalla politica», dove affiorano «tematiche quali la intenzionale, dolosa pianificazione dell’uso dell’euro e dei suoi effetti nocivi per alcuni paesi a vantaggio della Germania, e l’analisi della stessa costruzione europeista come concepita per questo fine».In quel livello decisionale, inaccessibile alla politica ordinaria, «si trovano pure fatti come l’imperialismo e il neocolonialismo cinese, francese e statunitense, con il land grabbing e la rimozione dei popoli locali, come causa della marea migratoria dall’Africa verso l’Europa, della quale noi dovremmo farci carico». Si trovano inoltre temi come “l’inestinguibilità” del debito pubblico di quasi tutti i paesi, la tendenza nazionale italiana (dopo 27 anni di declino) ad almeno altri 25 anni di perdita di efficienza comparata. Ci sono «la sostituzione etnica (afro-islamizzazione) congiunta alla fuga di cervelli, capitali e imprese», nonché «gli ingravescenti effetti di una coesione nazionale mantenuta e mantenibile solo spogliando Veneto e Lombardia del loro reddito (quindi della capacità di investimento e innovazione) per integrare il reddito di una Roma e di un Meridione storicamente dimostratisi incapaci di crescere nonostante gli aiuti». A una maggior profondità, quindi a una maggior lontananza dalla “notiziabilità” popolare e dalla pubblica “dibattibilità” politica nelle istituzioni, c’è poi «il problema dei rapporti gerarchici tra le potenze (Stati, ma anche potentati bancario-finanziari)», che è «il problema delle sovranità limitate».Quanta libertà di autodeterminazione politica resta, all’Italia, “colonia” statunitense com 130 basi militari sul suo territorio? Cosa resta, di un’Italia vincolata all’Eurosistema a guida franco-tedesca, che dopo l’equivoco gialloverde torna pienamente sottomessa grazie al Conte-bis? «E’ divenuto manifesto, ma non se ne parla in Parlamento, il fatto che un paese che non controlla la propria moneta è diretto politicamente da chi gliela fornisce, cioè dai banchieri». Nel frattempo, «si è constatata la capacità di Ue, Bce e agenzie di rating di prescrivere coercitivamente (con la minaccia di impedire il finanziamento del debito pubblico) all’Italia e ad altri paesi deboli politiche e riforme socio-economiche favorevoli al grande capitale finanziario di tipo liberista, recessivo, sperequante, in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione». Questo potere di ricatto manifesta «l’illusorietà dei principi fondamentali della Costituzione italiana, alla luce del reale ordinamento e funzionamento gerarchico internazionale: niente governo del popolo (democrazia) ma dei capitali; niente sovranità nazionale; niente primato del lavoro; niente perseguimento dell’eguaglianza sostanziale». Ancora: «Niente equa e dignitosa retribuzione; niente subordinazione dell’impresa privata all’interesse collettivo; niente intervento pubblico keynesiano per uscire dalla depressione e dalla disoccupazione». E quindi «mancano i presupposti per la legittimazione del potere politico delle istituzioni».Queste sono le tematiche della post-democrazia, ampiamente analizzate e illuminate da giuristi come Luciano Barra Caracciolo, da valenti sociologi come Luciano Gallino. Secondo Della Luna, al filosofo Diego Fusaro, onnipresente sui media, sarebbe «riuscita l’unica impresa rivoluzionaria del dopoguerra, ossia sfondare la muraglia di censura culturale (costruita dalla falsa sinistra) portando davanti al naso del grande pubblico la spiegazione cristallina di che cosa è e che cosa fa il sistema liberal-finanziario». Fusaro avrebbe anche smascherato «l’ipocrisia delle forze presentate e presentantisi come di sinistra o progressiste, cioè in Italia soprattutto del Pd», traditrici del socialismo (cioè della difesa dei lavoratori contro lo sfruttamento) e al servizio dell’élite bancaria. Per contro, c’è chi guarda con sospetto a Fusaro: non sarà che il suo presenzialismo mediatico in fondo è comodo, al potere, perché appare stravagante e quasi cariturale, dunque innocuo? Ma a parte il giudizio su Fusaro (positivo, per Della Luna), l’autore di “Euroschiavi” e “Cimiteuro”, “Traditori al governo”, “Sbankitalia” e “I signori della catastrofe” punta il dito contro «livelli ancora più profondi» nella ricerca delle vere cause delle nostre sciagure socio-economiche.La moneta, per esempio: domina un monopolio «privato e irresponsabile della creazione dei mezzi monetari, della loro distribuzione, della fissazione del loro ‘costo’ (tasso di interesse)». E questo monopolio abusivo grava sulla politica e sulla società, soprattutto in relazione precisi fattori. Primo: quella imposta «è una moneta indebitante, che dà luogo a un indebitamento pubblico e privato che, per ragioni matematiche, non può essere estinto e continua a crescere, anche perché il reddito da creazione monetaria non viene contabilizzato e sfugge così alla tassazione». Secondo punto: questo tipo di moneta, nel lungo termine, «grazie all’indebitamento inarrestabile sta portando tutto e tutti, come debitori insolventi, nel dominio dei monopolisti monetari, azzerando la dimensione pubblica della politica e dello Stato». E infine: scontiamo «i falsi dogmi» con cui questi monopolisti «nascondono o legittimano» il loro potere abusivo, dogmi come «quello della scarsità e costosità della moneta». Pura invenzione: la moneta è illimitata, e la sua emissione è ormai a costo zero. «Portare tali temi nel pubblico dibattito non è fattibile – scrive Della Luna – perché la gente non li capirebbe, ma soprattutto perché renderebbero manifesta l’impotenza della politica bassa, palese, e dello stesso Stato».Un dibattito del genere, oltretutto, demolirebbe «la fede popolare (e il consenso) verso la falsa narrazione economica che legittima tutte le scelte di fondo finalizzate agli interessi dell’oligarchia che le formula a suo beneficio». Della Luna ha espresso lo stesso concetto nel saggio “Oligarchia per popoli superflui”: «Le masse, come strumenti di produzione di potere e ricchezza per le oligarchie, ormai sono divenute superflui (quindi impotenti poiché prive di potere negoziale, ma anche ridondanti, eliminabili) per effetto della concentrazione globale del potere e della smaterializzazione-automazione dei processi produttivi e bellici». E ora la possibilità tecnologica di gestirli in modo zootecnico, ossia non più semplicemente attraverso leve economiche e psicologiche «ma entrando nei loro corpi, nel loro Dna, e modificandoli biologicamente e geneticamente, soprattutto attraverso una manipolazione attuata per via legislativa (somministrazione forzata a generazioni di bambini di sostanze dagli effetti non chiari e non garantiti), avvia la decostruzione ontologica dell’essere umano, della specie homo, e la sua completa riduzione a strumento, merce, cosa illimitatamente formattabile, disponibile, fungibile». “Tecnoschiavi”, appunto: e senza scampo, almeno secondo Della Luna.Mentre gli animi si infuocano sulle manovre politiche in corso per il nuovo governo, definito da alcuni “dei cialtroni voltagabbana al servizio dello straniero”, Marco Della Luna passa oltre: «Rispetto alla politica alta e segreta, che pianifica e decide a porte chiuse, tacendo gli obiettivi che persegue, tutta quest’altra politica bassa, palese, narrata e recitata al grande pubblico, consiste solo di riflessi, conseguenze e di atti esecutivi della politica vera, con minimi margini di libertà». La politica visibile, in altre parole, conta pochissimo: «I politici bassi, dediti a tatticismi, spartizioni e obiettivi ristretti, presentano questi come se fossero fondamentali e decisivi, così come i loro programmi elettorali e i loro provvedimenti esecutivi o legislativi, ma non lo sono». Ultimamente, il bipolarismo popolo-élite ha sostituito quello precedente, tra destra e sinistra. «Ma lo hanno presentato in modo illusorio, come cioè se tale struttura fosse un’anomalia correggibile, e non una costante universale ineluttabile, connaturata all’organizzarsi stesso della società». La politica palese, riflessa nel teatrino dei media mainstream, «dibatte di millesimi in più o in meno che si possono fare di deficit sul Pil», grazie a cui «ricollocare altri millesimi tra sanità, pensioni, investimenti, sgravi o aggravi fiscali per lavoratori o imprese». Briciole, in realtà.
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Messora: i golpisti tremano, se il popolo assedia quei palazzi
C’era un tempo in cui dentro a quei palazzi lavoravo anche io. Mi avevano chiesto di curare la comunicazione di un MoVimento che prometteva di restituire la sovranità ai cittadini, facendoli entrare nelle istituzioni. Avevo accettato, perché ci credevo e perché volevo guardarci dentro, a quella scatoletta di tonno. Ero a Montecitorio anche quel 20 aprile 2013, seduto a una scrivania con le finestre aperte, quando il Partito Democratico si rifiutò di votare Rodotà come nuovo presidente della Repubblica, e senza la minima vergogna fece rieleggere per un secondo mandato Giorgio Napolitano. Quel Movimento 5 Stelle, il “mio” Movimento, disse senza mezzi termini che si trattava di un golpe. Sul blog di Grillo uscì un post. Diceva: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Il M5S da solo non può però cambiare il paese. È necessaria una mobilitazione popolare. Io sto andando a Roma in camper, sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come paese».Grillo non venne mai, sconsigliato sulla strada per Roma da una telefonata della Digos, che temeva morti e feriti. Ma nonostante la manifestazione fosse stata annullata, molti cittadini – non tanti, forse qualche migliaio – iniziarono ad affluire lo stesso tutti intorno a Montecitorio. Dovete sapere che quella piazza sembra grande, ma non lo è poi così tanto, e soprattutto è circondata da palazzi che si affacciano su strette viuzze, quelle che percorrono i parlamentari, ma anche i ministri e i funzionari, quando entrano ed escono dai loro uffici. Ero alla mia scrivania, dicevo, quando dalle finestre aperte iniziò a percepirsi qualcosa che non era il consueto brusio del traffico e del vociare dei passanti. Era qualcosa di diverso, di inaspettato. Come un rombo sordo, un boato latente, il lamento di un gigante distante, o l’eco della rabbia di eserciti lontani che avanzavano inesorabili. Un’occhiata fuori dalle strette finestrelle del palazzo dei gruppi parlamentari e fu immediatamente chiaro di cosa si trattasse: un fiume di persone che, viste tutte insieme, perdevano i tratti distintivi dell’individualità e acquisivano quelli di un nuovo organismo forte, inarrestabile e minaccioso, una unica e indistinta unità che stava riempiendo ogni piazza ed ogni strada, e confluiva intorno alla Camera e a Palazzo Chigi, circondandoli da ogni lato. E più persone arrivavano, e più sembravano un letto di lava che si spostava lento ma che prendeva ineluttabilmente il controllo di ogni cosa.Lo ricordo ancora, quel suono.. l’urlo di un mostro ferito, cento stadi che levano i loro cori al cielo, ma chiusi in una piccola stanza. O meglio, tutto intorno, che pare che possano entrare da un momento all’altro. Noi eravamo quelli buoni, ma al cospetto di quella forza della natura.. il popolo!, chiunque avrebbe avuto paura. Ricordo di averne avuta. Una paura mescolata al rispetto per ciò che è più grande di te e di fronte al quale ti puoi solo inchinare. E se quello era lo stato d’animo di chi quell’adunanza l’aveva invocata, potete immaginare quale e quanto potesse essere il terrore di chi rappresentava il nemico, l’obiettivo di quella immensa folla che assediava il Palazzo. Capii in un istante come doveva essersi sentita Maria Antonietta quando la furia di Sua Maestà il Popolo si riversò su di lei. Noi no, ma vidi spocchiosi e insolenti, arroganti quanto importanti personaggi di prim’ordine del dibattito politico nazionale, le prime file dei partiti, defilarsi da uscite secondarie, poco note, come detenuti alla disperata ricerca di una strada per evadere.Ricordo Gasparri (l’uomo che non si faceva scrupolo di usare gestualità e termini sconci e irrispettosi per riferirsi ai suoi avversari e ai cittadini che li sostenevano) uscire dalla porta principale, paralizzarsi e tornare indietro con la segreta speranza di non essere stato riconosciuto, per poi tentare la sortita da un’uscita secondaria, scortato dalla polizia. Ricordo tutti sull’attenti, dalla grande stampa sempre prona ai poteri forti, alle alte cariche istituzionali che improvvisamente invitavano alla distensione e tentavano improbabili mediazioni. Ricordo la decisione di uscire, insieme a Vito Crimi, per tentare di parlare alle persone e scongiurare un’ulteriore degenerazione della protesta. Attraversammo la soglia dell’ingresso della Camera dei Deputati, in piazza Montecitorio, e io personalmente non ero certo di cosa sarebbe accaduto, perché quando si scatenano forze primordiali – e il popolo che scende compatto in piazza lo è – il rischio che diventi impossibile contenerle esiste sempre. Ma lì accadde il miracolo. Una di quelle scene che vedi solo nei film, quando all’improvviso il mondo che prima ti era ostile e minaccioso compie una trasformazione inattesa e inizia a prendere le tue parti, al termine di una lunga ed estenuante lotta per il bene e per la verità.Quando ci vide uscire da quella porta, la folla iniziò ad applaudire. E insieme agli applausi iniziarono i cori di incoraggiamento, i tributi di riconoscenza e poi, quando ci avvicinammo increduli, le strette di mano dietro alle transenne, le pacche sulle spalle, le foto, gli sfoghi festanti di chi riconosceva davanti a sé qualcuno che stava lottando in difesa dei suoi diritti. Era un trionfo, un grande, immenso abbraccio del gigante venuto da lontano, o apparso all’improvviso come qualcuno che è sempre stato lì, e ovunque, immanente, mimetizzato nelle statue, nelle strade, nelle case e nelle cose che rappresentano i beni pubblici, emerso all’improvviso come un performer che esce da un quadro vivo, come se il mondo avesse svelato la sua forma umana e si fosse fatto carne, cuore, sangue. Cosa significa, tutto questo? Cosa sto tentando di dirvi? Sto tentando di mettervi coraggio. Vi posso garantire che ogni volta che pensate che i vostri diritti siano stati calpestati, non dovete rassegnarvi come se in fondo non ci fosse più nulla da fare, trovandovi di fronte a un potere troppo grande e troppo forte per voi.E’ vero, si tratta di un grande potere. Ma ricordate: nessun potere è mai abbastanza grande da non temere il popolo su cui viene esercitato, e quando lo schiaccia è solo perché il popolo rinuncia alla sua facoltà di sollevarsi, sancita dai principi eterni, costitutivi e inalienabili della democrazia stessa, che affermano che quando il popolo non si sente più rappresentato dal potere che lo amministra, e ritiene che non vi sia più nessun altro modo “costituito” per sostituire questo potere, ovvero per rientrare in possesso dei suoi diritti e della sua piena sovranità, allora la rivoluzione è un atto legittimo. Non lo affermo io, ma viene insegnato nelle prime lezioni universitarie del corso di diritto pubblico della facoltà di scienze politiche. Ma c’è di più: senza bisogno di arrivare alla rivoluzione, basterebbe che in piazza il popolo scendesse più di frequente. Basterebbe che circondasse pacificamente i palazzi del potere, perché questo potere poi necessariamente si sciolga come neve al sole, o quanto meno torni sui propri passi e faccia concessioni che diversamente considereremmo impossibili.I grandi predatori possono ghermire le loro prede solo perché il branco, non credendo nelle proprie possibilità, nella propria sconfinata forza che deriva dal muoversi all’unisono, una sola mente, un solo cuore, li teme e si limita a scappare, disperdendosi, isolandosi e facendo così il loro gioco: nessun leone attaccherebbe mai una mandria inferocita che lo carica. Nessuno. Allo stesso modo, se il popolo fosse consapevole della sua grandezza, della sua forza, della sua potenza, l’unica cosa che avrebbe da temere sarebbe se stesso. Quando pensate di essere stati traditi, quando pensate che per l’ennesima volta vi stanno rubando i vostri diritti, andate a Roma, circondate i palazzi e riprendeteveli. Non ci sarà bisogno di nessuna violenza, né tantomeno dovrete usarla. Dovrete solo farvi vedere, come il papà guarda il figlio con le mani nella marmellata e il figlio rimette il barattolino a posto. Basterà guardarli dritti negli occhi, in tanti. E ve li ridaranno.(Claudio Messora, estratto dal post “Vi racconto una storia che forse vi aiuterà in questa notte buia. Sedetevi qui con me, intorno al fuoco”, pubblicato su “ByoBlu” il 5 settembre 2019. «Forse il peggiore ribaltone della storia della Repubblica Italiana si è appena consumato», scrive Messora: il semi-sconosciuto Giuseppe Conte, «dopo avere finto di essere al servizio dei partiti che lo avevano chiamato, d’improvviso ha gettato la maschera». Si stava preparando a prendere il potere: o meglio, a gestirlo per conto terzi, a beneficio dei suoi amici Merkel e Macron. «Si stava apprestando a mettere quella sua faccia, all’apparenza innocua e gentile, al servizio delle élite antidemocratiche che rispondono ai grandi detentori di capitali e ai magnate multimiliardari». E così, come un Mario Monti qualsiasi, «come il più freddo e cinico dei sicari», l’ambiguo Conte «stava solo attendendo il momento migliore per disfarsi dei suoi ingombranti e indesiderati coinquilini, invisi all’Europa». Il governo gialloverde? Minato dalle diffidenze incorciate e «ostruito dal Cavallo di Troia che il cosiddetto “Partito del Quirinale” aveva scientemente infiltrato nelle cariche ministeriali, a cominciare da quel Tria che non era certo espressione di chi aveva vinto le elezioni, ma al contrario di chi le aveva perse, e tuttavia conservava sorprendentemente intatto lo stesso potere. Non è forse questa la più chiara delle rappresentazioni plastiche di quello che si intende per Deep State?»).C’era un tempo in cui dentro a quei palazzi lavoravo anche io. Mi avevano chiesto di curare la comunicazione di un MoVimento che prometteva di restituire la sovranità ai cittadini, facendoli entrare nelle istituzioni. Avevo accettato, perché ci credevo e perché volevo guardarci dentro, a quella scatoletta di tonno. Ero a Montecitorio anche quel 20 aprile 2013, seduto a una scrivania con le finestre aperte, quando il Partito Democratico si rifiutò di votare Rodotà come nuovo presidente della Repubblica, e senza la minima vergogna fece rieleggere per un secondo mandato Giorgio Napolitano. Quel Movimento 5 Stelle, il “mio” Movimento, disse senza mezzi termini che si trattava di un golpe. Sul blog di Grillo uscì un post. Diceva: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Il M5S da solo non può però cambiare il paese. È necessaria una mobilitazione popolare. Io sto andando a Roma in camper, sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come paese».
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Pedofilia al governo? La morte di Epstein fa comodo a tanti
Una morte stranissima e soprattutto provvidenziale, quella di Jeffrey Epstein, arrestato il 6 luglio con l’accusa di sfruttamento della prostituzione su minori e violenza carnale su oltre 30 ragazze minorenni, almeno dal 2002 al 20045, nella sua residenza di New York e nella sua tenuta in Florida. Già dieci anni fa era stato condannato per gli stessi reati, ma ora a tremare erano i pezzi da novanta dell’establishment, americano e non solo: da Trump a Clinton, dall’ex premier israeliano Ehud Barak al principe Andrea d’Inghilterra. Strana morte, scrive Zara Muradyan su “Sputnik News”, in una nota tradotta da “Come Don Chisciotte”: l’improvvisa fine di Epstein arriva poche settimane dopo «le affermazioni secondo cui il finanziere americano il 23 luglio era stato trovato ferito e inconscio sul pavimento della sua cella a Manhattan», nel Metropolitan Correctional Center. All’epoca, diversi media avevano suggerito che avrebbe potuto tentare il suicidio. Eppure, «la dinamica degli eventi non è stata chiarita». Epstein era stato trovato privo di sensi e «con segni sul collo che, apparentemente, sembravano autoinflitti». Da allora, «era stato messo sotto sorveglianza speciale anti-suicidio». Risultato: si sarebbe suicidato lo stesso, il 10 agosto. Una storia che puzza da lontano: Wayne Madsen, già dirigente della Nsa, accusa esplicitamente il Mossad israeliano.
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Ashkenaz, il super-sapiens, ci schiavizza col debito eterno
Menti raffinatissime, le chiamava Giovanni Falcone. Nel suo caso, avevano piazzato una bomba davanti alla sua villetta sul mare, tre anni prima del fatale attentato di Capaci. Sono speciali, quelle menti – e altrettanto criminali – anche per Giovanni Angelo Cianti, che non è un giudice antimafia ma a suo modo si occupa lui pure di criminologia, per così dire, se si volesse leggere come un’epocale, sterminata stagione criminogena quella aperta dalla stessa misteriosa comparsa sulla Terra dell’homo sapiens, tuttora non spiegata (men che meno dall’evoluzionismo darwininano). L’ultima fatica letteraria di Cianti – che esordì addirittura come autore del fumetto-cult “Ken Parker”, creato nel ‘74 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo – si intitola “Benvenuti all’inferno”, in questo richiamando l’ombra del manicheismo, tra risonanze gnostiche e poi catare. Una “creazione dannata”, la nostra, opera di divinità infere esiliate nel mondo della materia? Premessa pragmatica: siamo quasi 8 miliardi e stiamo devastando il pianeta, come cavallette inarrestabili. Un formicaio di insetti onnivori e famelici, e al tempo stesso docili e malleabili, senza più coscienza né memoria della propria origine. Solo colpa nostra? No, risponde Cianti: la grande attenuante è incarnata da chi lo dirige più o meno segretamente, il “formicaio”.La solita, bieca massoneria mondiale? Gli uomini invisibili del famigerato “complotto giudaico-massonico” caro ai cospirazionisti? Nemmeno, scrive Cianti, mettendo a fuoco un altro gruppo, che definisce “super-sapiens”. «Si chiamano Ashkenazi, e si sono mimetizzati tra gli ebrei, a insaputa degli ebrei stessi. Ma attenzione: gli “Ahskenazim” non sono ebrei, e nemmeno semiti. Sono i veri manipolatori dell’umanità, fin dai primordi, attraverso il denaro e il credito usuraio». Sarebbero stati loro a danneggiare in primo luogo gli ebrei, provocando la catastrofe dell’antisemitismo. Da dove spuntano? Ne parla la Bibbia, probabilmente, quando – nella Genesi – racconta la “fabbricazione” degli adamiti: strani ibridi, praticamente degli Ogm ante litteram, clonati mescolando i geni del sapiens con quelli dei Figli delle Stelle, che l’Antico Testamento chiama Elohim (come Yahvè e colleghi) mentre per i Sumeri si chiamavano Anunna o Anunnaki. Stessa schiatta di dominatori – venuti dal cielo, secondo il sumerologo Zecharia Sitchin, affascinante e controverso teorico della paleo-astronautica. La missione: trasformare la Terra, fino a quel momento popolata solo da tribù nomadi, in un immenso campo di lavoro.Per produrre cibo, energia e poi anche tecnologia occorrevano “servi” intelligenti e obbedienti, i sapiens, che ancora non c’erano. E per dirigere i sapiens ci voleva una super-razza, in grado di dominarli per conto terzi. Impressionante la consonanza con le rivelazioni che l’avvocato Paolo Rumor affida al saggio “L’altra europa”, edito da Panda, con prefazione dell’eminente politologo Giorgio Galli. La tesi: un’élite immutabile, sempre la stessa, reggerebbe il mondo da quasi 12.000 anni. Origine: Golfo Persico, poi Mesopotamia, Egitto, Mediterraneo fenicio e poi minoico e greco-romano. Pietra miliare: l’antico insediamento nella città caldea di Ur, alla foce del Tigri. E’ la stessa geografia che ripercorre Cianti, inseguendo il fantasma dei progenitori di quelli che (erroneamente, sostiene) verranno poi chiamati “ebrei askhenaziti”, diffusisi nell’Est europeo. La comparsa dell’Adàm biblico, «non ancora ebraico, verosimilmente sumero», risalirebbe a un’epoca collocabile tra il 15.000 e il 20.000 avanti Cristo. Seguono 9 discendenti quasi millenari, i patriarchi pre-diluviani, fino ad arrivare a Noè, cioè intorno all’anno 5.600.Stando alla Bibbia, Noè generò Sem, Cam e Jafet. Da Sem si arriva a Giacobbe-Israele per linea retta attraverso Ever, Terach, Abramo e Isacco: in altre parole, ecco gli ebrei (quelli veri), poi suddivisi nelle famose 12 tribù, inclusa quella israelitica di Giuda e Davide. «Quindi – conclude Cianti – solo i discendenti di Abramo possono essere considerati semiti». Gli altri, cioè la super-razza di cui si occupa “Benvenuti all’inferno”, sarebbero la discendenza di Jafet: il fratello di Sem e Cam «generò tra gli altri Gomer, capostipite dei Cimmeri», il cui figlio si chiamerà Ashkenaz, «dall’assiro Askuza»: nome col quale, secondo la Tavola nelle Nazioni, «si indicavano i popoli nomadi della regione sciita del Caucaso». Insieme ai Minniti e al Regno di Ararat, continua Cianti, i nomadi caucasici Ashkenaz si opposero ai Babilonesi, almeno secondo la Bibbia (Geremia 51-27), e in seguito diedero origine ai popoli slavi. «Gli Ashkenaziti – conclude Cianti, citando sempre l’Antico Testamento – sono dunque “jafeti”, cimmeri o sciiti – ma non semiti, quindi non ebrei».Per l’autore si tratta di un “cluster genetico” autonomo, «una popolazione nomade di origini turcomanne che si reinventa continuamente». Prima sciiti (da “sak”, nomade), poi Kazari (dal turco “qaz”: nomade, ancora). Per Cianti erano di religione tengrista, un mix di sciamanesio, animismo e totemismo diffuso nell’Asia Centrale. «Si convertirono all’ebraismo per convenienza», e molto tardi: solo fra il 740 e il 920 dopo Cristo. «Alla dissoluzione del Canato di Kazaria, conquistato dal russo Sviatoslav I, si dispersero in tutta Europa, attribuendosi l’appellativo di “ebrei erranti”», evidentemente abusivo. Nell’alto medioevo, continua Cianti, li ritroviamo nella valle del Reno e nel Nord della Francia: «Ed è da questo momento che iniziano a usare l’yiddish, lingua germanica con elementi di ebraico e aramaico». Poi si spostano verso Est: Lituania e Polonia, Moldavia, Russia. Il ritorno in Germania comincerà nel 1200 e terminerà solo nell’Ottocento. In tutti quei secoli, scrive l’autore, gli Askuza-Ashkenaz sciameranno di terra in terra perché «perseguitati per l’attività usuraia». Sono loro gli “inventori” del sistema creditizio?Il prestito a interesse, dice Cianti, compare contemporaneamente in Mesopotamia, India e Cina. «L’invenzione stessa della scrittura nasce lì, da quella nuova necessità». A Uruk (oggi Warka, Iraq) a raccontare quella storia sono 5.000 tavolette d’argilla risalenti al quarto millennio avanti Cristo: «Si iniziò allora a parlare di prestiti, tassi d’interesse, garanzie, usura, derivati e pignoramenti». La banca dell’epoca era il Tempio; non prestava solo denaro ma anche cereali, vino e birra, metalli pregiati: «Si cominciò a prestare argento a tassi fino al 60%». Attraverso il mondo mesopotamico, poi fenicio e persiano, ellenico e romano, il network nomade del denaro si trasferisce dove gli conviene, tendenzialmente da Est a Ovest, col progredire dei nuovi fiorenti imperi. Proto-scienziati della finanza? Cianti li chiama “i nostri mandriani”. Il loro metodo non cambia: usura, per conquistare il potere. Obiettivo: «Mantenere nella sottomissione non solo le masse ma anche gli stessi governanti, che in pratica diventano i loro burattini. E se qualcuno di loro si oppone, viene destituito o ucciso, come i Kennedy».Per Cianti, gli Ahskenaz restano un gruppo ristretto e rigorosamente chiuso al suo interno, per via matrilineare, attraverso i secoli. Sono i “ruler”, gli attuali “padroni dell’universo”. Veri fenomeni: si tratta di «individui di eccezionale intelligenza». Oltre a mercanti e banchieri, nei millenni, «hanno espresso anche filosofi, scienziati, pensatori che hanno determinato le sorti dell’umanità». L’élite dell’élite: «Nomadi e apolidi, seguono lo sviluppo dei più importanti centri di potere, in una traiettoria sempre diretta verso ovest che oggi, dalla West Coast degli Stati Uniti, ha spiccato il balzo verso la Cina». Sono loro i teorici e i registi del globalismo finanziario, secondo Cianti: religioni e massonerie, Ur-Lodges e centri di potere paramassonici sarebbero solo cinghie di trasmissione del super-sapiens Ashkenaz, protagonista del club più inaccessibile del vero potere.Lungo le sue 400 pagine, “Benvenuti all’inferno” esamina con estrema cura le più recenti asserzioni scientifiche, dall’astrofisica alla paleontologia fino alla climatologia, demolendo Darwin: «La Terra è passata attraverso eventi catastrofici che hanno provocato ripetute estinzioni di massa. E ogni volta il pianeta è stato ripopolato con specie nuove, che non avevano niente a che fare con le precedenti». Fino al sapiens, ultimissimo prodotto di queste “introduzioni”: «Una specie bio-ingegnerizzata, nel cui corredo è stato introdotto Stamina, il gene della paura che ci rende così docili di fronte al potere». Nel saggio “Resi umani” scritto con Mauro Biglino, il prestigioso biologo molecolare Pietro Buffa (già attivo al King’s College di Londra) spiega che il “missing link” tra uomo e scimmia non è mai esistito: a quanto pare siamo stati “fabbricati” diversi, dalla nascita, ben distinti dai primati e dagli stessi ominidi – persino dal Neandearthal, a noi vicinissimo nel tempo, probabilmente sterminato dai nostri antenati.A lungo traduttore ufficiale della Bibbia per le Edizioni San Paolo, Biglino sostiene che l’Antico Testamento – alla lettera – racconti l’avvento sulla Terra dei Figli delle Stelle. Proprio loro avrebbero “costruito” il sapiens, riservandosi poi la “fabbricazione”, sempre per via genetica, di una super-specie di lavoratori particolarmente intelligenti: gli adamiti, collocati nel Gan-Eden (da cui poi furono cacciati, dopo che ebbero scoperto la possibilità di riprodursi in modo autonomo, sessualmente). Tuttora, nessun sumerologo sa spiegare esattamente l’origine della civiltà sumera, sorta improvvisamente appena a Sud del Gan-Eden (situato nel Caucaso) e immediatamente dotata di favolose competenze tecniche: scrittura e architettura, matematica, astronomia. E soprattutto: agricoltura. «Proprio la rivoluzione agricola – sostiene Cianti – ha cambiato in modo irrimediabile il pianeta, devastando i suoli e sottraendo acqua, impoverendo la nostra dieta e determinando una vera e propria mutazione antropologica: i primi sapiens erano liberi di muoversi e cacciare, noi invece siamo schiavi inurbati, costretti a lavorare e a nutrirci di cibo ormai avvelenato».La stanzialità come sciagura è il tema del saggio “Dominio”, nel quale Francesco Saba Sardi collega all’introduzione dell’agricoltura la nascita del nuovo potere, prima sconosciuto, che “inventa” la religione per trasformare gli esseri umani in servi, lavoratori della terra e soldati. Figure sociali che non esistevano, prima del neolitico: nacquero con l’agricoltura insieme alla religione e alla sua sorella gemella, la guerra, grazie alla comparsa di quell’inedito potere, configurato in forma di dominio. A questo, Giovanni Cianti aggiunge un’altra disgrazia: l’alimentazione. Giornalista e già pubblicitario, appassionato studioso di biologia, Cianti è anche e soprattutto un nutrizionista, disciplina attraverso cui ha rivoluzionato la pratica del body-building partendo proprio dalla dieta. La minaccia più grande? L’abuso di cereali. Il pane – che ha nutrito milioni di individui – viene dal grano, che è comparso sulla Terra di colpo. Discende dal farro selvatico, che però non è commestibile. Chi l’ha trasformato geneticamente in cereale dolce, da farina? I medesimi, misteriosi individui – si suppone – che allo stesso modo, all’epoca di Adamo ed Eva, “fabbricarono” la patata, insieme con la pecora.Cibo pronto uso e a basso costo, per schiere di futuri lavoratori? L’ipotesi è ora vagliata da scienziati di tutto il mondo, ormai convinti che convenga rivalutare e rileggere con occhi nuovi i testi antichi, poi trasformati arbitrariamente in “libri sacri” dalle religioni che, più tardi, se ne impossessarono, travisandoli: e se in quelle pagine ci fossero gli indizi di una storia attendibile? Se cioè il racconto – incluso quello biblico, con la comparsa degli Elohim (Figli delle Stelle) – spiegasse davvero la nostra origine genetica, altrimenti non ricostruibile solo per via evolutiva? Nel qual caso, dice Cianti, sarà meglio aggiungere una riflessione piuttosto decisiva: se qualcuno – venuto dal cielo? – impiantò sulla Terra la sua “mandria” da mungere, di sicuro non scordò di assicurarla alla custodia di servitori speciali e fidatissimi, a loro volta “bio-ingegnerizzati” alla bisogna: i nostri “mandriani”.Non manca nessuno, nella “hall of fame” dei dominatori che Cianti esibisce, dai secoli passati fino ai giorni nostri: spicca il visionario oligarca Jacques Attali, lo sconcertante mentore di Emmanuel Macron, oscuro profeta del transumanesimo post-democratico. C’è l’eterno Zbigniew Brzezinski, lo storico stratega della Casa Bianca (sodale di Kissinger) che reclutò in Afghanistan un certo Osama Bin Laden, poi protagonista della strategia della tensione globale sotto l’egida dei Bush. Riflettori su Al Gore, l’ex vice di Clinton, ormai «frontman mondiale della bufala del global warming di origine antropica», il nuovo catechismo recitato dalla piccola Greta, la ragazzina svedese spuntata (in apparenza) dal nulla. Gore ha appena vinto due Oscar con il documentario “Una scomoda verità”, «diretto dal regista “ashkenazi” Davis Guggenheim». Manipolazione? «Se è per questo, erano “ashkenazi” anche Walt Disney e Edward Bernays, l’inventore della propaganda pubblicitaria», dice Cianti, «come pure i fratelli Andy e Larry Whachowski», gli sceneggiatori di “Matrix”, film nato per metterci in guardia «sul destino della “mandria umana”, costretta a vivere come nella caverna di Platone, cioè in un mondo virtuale completamente avulso dalla realtà».Tra i protagonisti negativi, invece, dominano politici e finanzieri: si va da Madeleine Albright, che difese la necessità inevitabile del bagno di sangue nei Balcani negli anni ‘90, alla quasi-popstar George Soros, «ashkenazi di elevata esposizione mediatica, quindi verosimilmente di rango inferiore». Nulla, in confronto ai veri “dominus”, più appartati, come ad esempio i campioni delle celeberrime dinastie Rothschild, Warburg e Rockefeller, sinistramente implicati nell’ascesa di Hitler (e nel nascente sionismo), ben sapendo che il dittatore nazista avrebbe sterminato milioni di ebrei: era il mostruoso prezzo necessario per ottenere poi lo Stato di Israele? Incubi e interrogativi storici a parte, dell’immenso potere di quelle famiglie parla anche il professor Pietro Ratto nei suoi recenti saggi, che rivelano l’incredibile pervasività (purtroppo attualissima) della loro influenza, persino nell’odierna editoria scolatica validata dai ministeri attraverso commissioni, strutture e aziende di cui non parla mai nessuno. Ma quei nomi così famosi – i vituperati Rothschild, tanto per cambiare – potrebbero essere solo la vetta dell’iceberg, la parte visibile.Chi sono e cosa vogliono, quelli che Cianti chiama “i nostri mandriani”? Lo spiega lo stesso Attali, nella sua “Breve storia del futuro”, «libro che anticipa le mosse dei “mandriani” fino al 2100», fornendo «una descrizione terrificante delle loro intenzioni nonché l’evidenza di una straordinaria assenza di empatia, mista a follia e delirio di onnipotenza». L’umanità ridotta a formicaio pilotabile, prevedibile? Il genere umano eventualmente anche sterminabile, all’occorrenza, con le pratiche più insospettabili? Cianti menziona il cibo cancerogeno, i medicinali-killer e l’imposizione di vaccini pieni di alluminio e altri metalli pesanti, come quelli che scendono dal cielo, da una ventina d’anni, diffusi nella bassa atmosfera dalle strane scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Di fronte a questo, il mainstream grida immancabilmente al complottismo, fingendo di non sapere che le teorie più eretiche (incluse quelle bislacche e ridicole) nascono proprio dal silenzio ufficiale, dalla ostinata reticenza di chi dovrebbe fornire spiegazioni convincenti dei fenomeni che allarmano la popolazione. Peccato che sia lo stesso sistema dei media a essere strettamente detenuto da pochissime mani.Oltre a controllare Intesa SanPaolo e Unicredit, scrive Cianti, la filiera Rothschild («connessa agli Agnelli-Elkann e ai Caracciolo») è presente in Facebook, in Telecom Italia, nell’agenzia “Reuters”, nel francese “Libération”, nei britannici “Daily Telegraph” e “The Economist”. Sempre secondo Cianti, il gruppo Rcs (Rizzoli e “Corriere della Sera”) è invece appannaggio della scuderia Rockefeller, mentre il gruppo Sassoon controllerebbe “Sunday Times” e “The Observer”. Stessa musica per i grandi network televisivi internazionali. In Italia, aggiunge Cianti, «appartiene al “cluster” anche Carlo De Benedetti», fondatore del gruppo “Espresso-Repubblica”, che «ha alle spalle Lazard e Lehman Brothers». Un’unica discendenza, addirittura, collegherebbe gli attuali Master of the Universe? «La risposta definitiva – ipotizza Cianti – potrebbe venire dall’Us Trust Corporation, istituita a suo tempo da Walter Rothschild», che però è inaccessibile alla consultazione pubblica. «Secondo alcuni “insider” – aggiunge l’autore del saggio – si tratterebbe di otto-dieci linee di sangue millenarie». I nomi? Goldman Sachs, Rockefeller, Lehman e Kuhn-Loeb di New York. Poi i Rothschild di Parigi e Londra. Poi gli inglesi Windsor, già Sassonia-Coburgo-Gotha, insieme ai Warburg di Amburgo, ai Lazard di Parigi, alla dinastia Israel Moes Seif di Roma.Si tratta di «famiglie che da sole posseggono tutte le banche e le corporation del mondo, attraverso un sistema di scatole cinesi: il vertice della piramide, totalmente “ashkenazi”, resta estremamente ristretto e al di fuori di ogni forma di controllo». Gioielli della collezione, dagli Usa all’Europa fino alla Cina, le superpotenze bancarie: Hsbc Holding, Bnp Paribas, Jp Morgan, Icbc Bank of China e Agricoltural Bank of China, Wells Fargo, Bank od America, China Construction Bank. In generale, scrive Cianti, il meccanismo del big business «riguarda tutti i settori industriali strategici: cibo ed energia, farmaci, armi, informazione e intrattenimento, ma anche droga e traffico di esseri umani e di organi». Il volume mastodontico dell’attuale sistema iper-capitalista e neoliberale, interconnesso dalla globalizzazione, lo fornisce ad esempio il database Orbis 2007, che (come documenta uno studio svizzero pubblicato nel 2011 da “Plos One”) ha passato al setaccio qualcosa come 37 milioni di aziende e investitori globali. Le strutture che detengono il 97% della ricchezza del pianeta, riassume Cianti, sono soltanto 147: in cima alla classifica Barclays, Capital Group Companies, Frm Corporation, Axa Assicurazioni, State Street Corporation, Jp Morgan, Legal General Group, Vanguard Group, Ubs e Merrill Lynch.«Una rete capillare ed estesa, di soggetti che si posseggono a vicenda». Blackrock, «il più grande fondo d’investimento del pianeta, fondato da Lawrence Fink (ashkenazi) ha tra i maggiori azionisti Pnc Financial Service, Norges Bank, Vanguard, Bank of America, Wellington Management Group». A sua volta, Jp Morgan è gestita da Vanguard e Blackrock, insieme a State Street, Bank of New York e altri soci. Sempre le stesse aziende possiedono anche il colosso farmaceutico Merk. La notizia? Secondo Cianti, il vertice è costituito da consanguinei, tutti discendenti dell’ipotetica, originaria super-razza, quella che già agli albori della civiltà inventò il “debito inestinguibile”. Dalla Mesopotamia si arriverebbe tranquillamente fino ai veri campionissimi del terzo millennio, come il sudafricano Elon Musk, fondatore della Tesla, e il fenomenale Mark Zuckerberg, l’enfant prodige di Facebook. A proposito, chi c’è nell’azionariato del social network che “scheda” oltre due miliardi di esseri umani? «Sempre gli stessi: Vanguard e Blackrock, Frm-Lcc, State Street Corporation, Prince T Rowe, Capital World Investors».Globalizzazione? Termine in uso dagli anni ‘80, quando si pianificò l’abolizione dei dazi per merci e capitali. Ma, stando a Cianti, non sarebbe che l’ultimo passaggio tecnico del mondialismo ante litteram perseguito dal misterioso “cluster” del super-sapiens, fin dagli albori della nostra storia. Possibile? L’autore invita a riflettere sul vero significato dell’agenda dell’Onu, organismo – pochi lo sanno – poderosamente finanziato da donatori privati (sempre loro, i mattatori del superclan). Mondialismo mercantilista, che dichiara guerra alle identità – di genere, nazione, religione – per omologare la “mandria” che popolerà l’Iper-Impero dopo l’imminente declino della potenza Usa. Un “impero totale” esteso in ogni continente «con la sola eccezione della Russia, che per ora resiste ma finirà accerchiata da America, Europa, Cina e India». Viaggia sempre verso ovest, dunque, il super-sapiens di cui parla Cianti? Lo conferma, secondo l’autore, il matrimonio di Zuckerberg: «Sua moglie, Priscilla Chan, è nata negli Usa da genitori rifugiati Hou, un gruppo minoritario di usurai cinesi del Vietnam». Gli Hou, scrive Cianti, discendono dagli “ashkenazi d’Oriente” come la famiglia Li (o Lee), che duemila anni fa, al tempo della dinastia Zhou – introdussero la moneta cartacea.Oggi, come dire, si sono portati avanti col lavoro: «Già legati a Mao Tse-Tung, hanno espresso presidenti cinesi come Li-Peng e Li-Xinnian. Oggi, Lee Kwan Yew è il presidente di Singapore». Un altro esponente della dinastia, Li Ka-Shing, secondo “Forbes” ha un patrimonio di 4 miliardi di dollari, mentre Li Kwok-Po gestisce la Bea (Banca dell’Est Asiatico) agendo «in collegamento coi Warburg e restando in ottimi rapporti coi Rothschild, i Rockefeller e i Bush». La nuova corsa all’Ovest, assicura Cianti, vede una strana migrazione: i boss dell’impero digitale della Silicon Valley ormai puntano verso la Nuova Zelanda, che sta diventando «il santuario dei super-sapiens ashkenazi». Il passaggio dalla California all’Oceania «sarà seguito dallo spostamento degli iper-nomadi dell’Ordine Mercantile Usuraio in una sede geograficamente più vicina ai loro nuovi affari, cioè il subcontinente indocinese».La Nuova Zelanda? Un’area scarsamente abitata e pressoché intatta, dal punto di vista naturalistico. Il resto del mondo, invece – prevede Cianti, in modo apocalittico – sarà «costretto a condizioni invivibili, catastrofi climatiche, epidemie indotte, crollo dell’ordine pubblico, terrore nucleare e collasso della civiltà». Le isole dell’Oceania «saranno l’ultimo rifugio: il nuovo santuario dell’élite, sicuro e intoccabile». Scrive Cianti: «Centinaia di tecno-plutocrati e finanzieri stanno acquistando terreni in queste isole per costruire lussuose ville-bunker. Il Deep State, cioè il vero potere dell’impero americano, ha già creato il governo del “santuario”: si tratta di una oligarchia socialista, che li accoglierà garantendo loro sicurezza, anonimato e impunità». L’attuale primo ministro neozelandese, la trentanovenne Jacinda Ardern, già leader dell’Unione internazionale della gioventù socialista, «è una creatura di Hillary Clinton, che le ha fatto da mentore nella carriera politica», guidandone l’ascesa.Il recente attentato di Christchurch contro le moschee musulmane, lo scorso marzo – aggiunge Cianti – era una classica “false flag” (con morti reali) escogitata «per testare la rapidità con la quale si riesce a far sparire da Internet ogni testimonianza diretta di una strage», e ha fornito «il pretesto per disarmare immediatamente tutti i civili del paese». E’ già una specie di bunker, la Nuova Zelanda: «Per risiedervi sono necessari beni per milioni di dollari, oppure bisogna essere cooptati in quelle ristrettissime liste di personale di servizio necessario al sistema. Ogni altra forma di immigrazione è proibita e immediatamente repressa», alla faccia della politica di accoglienza (quella che oggi, per dire, viene imposta all’Italia). Allucinazioni fantapolitiche? Non proprio: nel suo ponderoso volume, ad ogni pagina, l’autore acclude note, link, riferimenti, citazioni. “Benvenuti all’inferno” si inserisce nella recente letteratura divulgativa che tenta di dare risposte ai pesanti interrogativi del presente, rileggendo la storia antica e provando a sincronizzarla con l’attualità.E’ l’ennesimo catastrofista, Angelo Cianti? In realtà si mostra ottimista rispetto alle possibilità del libero arbitrio. Non smette di credere nel sapiens, in fondo. E infatti sogna di rinaturalizzare l’Appennino con il suo Evo Village Project, presentato nel 2018 al ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio. Obiettivo: ricolonizzare i versanti con una rete di ecovillaggi, verso un’economia sostenibile e slegata dalle catene del sistema-debito. La sua tesi sul ruolo dell’ipotetico super-sapiens rischia di apparire fin troppo facilmente demonizzante, col risultato di introdurre discriminazioni “etniche” e scoraggiare i lettori, posti di fronte a un avversario super-umano e quindi invincibile? Intanto, è notevolissimo lo sforzo compiuto dall’autore nel collegare realtà in apparenza lontane fra loro, nel tempo e nella geografia planetaria. Uno stimolo per farsi domande, allargare la mente e verificare connessioni, scovando strane coincidenze nel ricorrere, invariabile, delle medesime “famiglie” che – come si può vedere – in molti casi detengono da secoli (da millenni, secondo Cianti) le redini del globo. Dinastie che mostrano la straordinaria capacità di rendersi invisibili, mimetizzandosi nella società – magari anche a spese dei veri israeliti, di cui si parla spessissimo a sproposito.(Il libro: Giovanni Angelo Cianti, “Pianeta Terra, benveuti all’inferno! Passato, presente e probabile futuro della mandria umana”, Evo Editorial, 401 pagine, euro 27,78 su Amazon).Menti raffinatissime, le chiamava Giovanni Falcone. Nel suo caso, avevano piazzato una bomba davanti alla sua villetta sul mare, tre anni prima del fatale attentato di Capaci. Sono speciali, quelle menti – e altrettanto criminali – anche per Giovanni Angelo Cianti, che non è un giudice antimafia ma a suo modo si occupa lui pure di criminologia, per così dire, se si volesse leggere come un’epocale, sterminata stagione criminogena quella aperta dalla stessa misteriosa comparsa sulla Terra dell’homo sapiens, tuttora non spiegata (men che meno dall’evoluzionismo darwininano). L’ultima fatica letteraria di Cianti – che esordì addirittura come autore del fumetto-cult “Ken Parker”, creato nel ‘74 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo – si intitola “Benvenuti all’inferno”, in questo richiamando l’ombra del manicheismo, tra risonanze gnostiche e poi catare. Una “creazione dannata”, la nostra, opera di divinità infere esiliate nel mondo della materia? Premessa pragmatica: siamo quasi 8 miliardi e stiamo devastando il pianeta, come cavallette inarrestabili. Un formicaio di insetti onnivori e famelici, e al tempo stesso docili e malleabili, senza più coscienza né memoria della propria origine. Solo colpa nostra? No, risponde Cianti: la grande attenuante è incarnata da chi lo dirige più o meno segretamente, il “formicaio”.