Archivio del Tag ‘Banca Mondiale’
-
Hudson: tre poteri lucrano sulla guerra alla Russia (e a noi)
Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.Quali sono questi interessi americani che vogliono la guerra? E’ Hudson a entrare nei dettagli. «La domanda da porsi è: cosa sta cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi?». Dal 1991, la forza di aggressione è stata ininterrottamente incarnata dagli Usa, che non hanno “smontato” la Nato (nonostante la fine del Patto di Varsavia) e hanno seminato terrore e morte in molte aree del mondo in nome della “sicurezza nazionale”, espressione «utilizzata per interessi speciali che non devono essere nominati». Di fatto, «la Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto di dominare gli interessi economici interni». Aggiunge Hudson: «Il recente incitamento alla Russia, attraverso l’espansione della violenza etnica anti-russa da parte del regime neonazista ucraino», insediato con il “golpe Maidan” del 2014, ha centrato il bersaglio: «Forzare una resa dei conti». Il movente, però – ragiona il professore – è economico: tenere legati a sé i membri Nato e altri satelliti dell’area del dollaro, «poiché questi paesi hanno visto le loro maggiori opportunità di guadagno risiedere nell’aumento del commercio e degli investimenti con Cina e Russia».Per capire esattamente quali obiettivi e interessi degli Stati Uniti sono minacciati – prosegue Hudson – è necessario comprendere la politica statunitense e il suo “blob”, cioè la pianificazione centrale del governo, «che non può essere spiegata guardando alla politica apparentemente democratica», cioè l’alternanza tra repubblicani e democratici. Secondo Hudson, è più realistico considerare la politica economica ed estera degli Stati Uniti «in termini di complesso militare-industriale, di petrolio e gas (e minerario) e di complesso bancario e immobiliare». I deputati-chiave che siedono in Parlamento? «Non rappresentano i loro Stati e distretti, quanto piuttosto gli interessi economici e finanziari dei loro principali contributori elettorali». Ovvero: i tre grandi blocchi d’interesse che oggi avrebbero forzato l’Occidente verso la tragedia cui stiamo assistendo. Tre entità che, secondo Hudson, «hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa».Chi sono, questi tre soggetti? «Il primo è il Military-Industrial Complex (Mic): i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin». Per Hudson, «la loro base economica è la rendita monopolistica, ottenuta soprattutto dalla vendita di armi alla Nato, agli esportatori di petrolio del Vicino Oriente e ad altri paesi». Attenzione: «Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, guidando un’impennata del mercato azionario», sapendo che il Pentagono «fornirà un ombrello di “sicurezza nazionale” garantito per i profitti del monopolio per le industrie belliche». Il cartello delle armi, ricorda Hudson, è tradizionalmente rappresentato – alle Camere – da politici di Washington e della California, oltre agli Stati del Sud. In questi giorni, si brinda: l’escalation militare in corso «promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla Nato e ad altri alleati degli Usa». Esempio: «La Germania ha rapidamente accettato di aumentare la spesa per le armi a oltre il 2% del Pil».Il secondo grande blocco oligarchico, prosegue l’economista, è il settore dell’estrazione di petrolio e gas, cui si aggiunge l’estrazione mineraria (Ogam). «Come il settore bancario e immobiliare, che cerca di massimizzare la rendita economica per acquistare alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore Ogam è massimizzare il prezzo della sua energia e delle materie prime». Non a caso, «il monopolio del mercato petrolifero dell’area del dollaro e l’isolamento dal petrolio e dal gas russi è stata una delle principali priorità degli Stati Uniti da oltre un anno, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale e quella russa». Chi sono i principali lobbysti dell’Ogam? Soprattutto i senatori del Texas, spiega Hudson. Sicché, «l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore», ma anche «la rinascita del fracking statunitense». Fuori dai confini, «l’estensione della politica estera mira a impedire ai paesi stranieri di competere sui mercati mondiali, dove siano più convenienti dei fornitori statunitensi». Ergo: «L’isolamento della Russia (e dell’Iran) dai mercati occidentali ridurrà l’offerta di petrolio e gas, facendo aumentare di conseguenza i prezzi e i profitti aziendali».Il terzo grande gruppo oligarchico, continua Hudson, è il settore simbiotico “Finance, Insurance and Real Estate” (Fire). Di fatto, «è il moderno successore del capitalismo finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria post-feudale europea, che vive di rendite fondiarie». Cifre enormi: «Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono al settore immobiliare», che agisce «gonfiando i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, esenti dalle tasse». Questo blocco bancario e immobiliare incentrato su Wall Street, osserva Hudson, è ancora più ampiamente basato sul supporto politico dei parlamentari lobbysti. Chuck Schumer, senatore di Wall Street ora a capo del Senato, è stato «sostenuto a lungo da Joe Biden», a sua volta protettore storico «dell’industria delle carte di credito». A livello nazionale, «l’obiettivo di questo settore è massimizzare la rendita fondiaria e le plusvalenze derivanti dall’aumento della rendita fondiaria». A livello internazionale, invece, l’obiettivo del settore “Fire” è quello di «privatizzare le economie straniere (soprattutto per assicurarsi il privilegio della creazione di credito nelle mani degli Stati Uniti)».Si mira quindi a «trasformare le infrastrutture governative e i servizi di pubblica utilità in monopoli in cerca di rendita per fornire servizi di base (come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, comunicazioni e informatica) a prezzi massimi anziché a prezzi agevolati». E Wall Street, ovviamente, «è sempre stata strettamente fusa con l’industria petrolifera e del gas (vale a dire: i conglomerati bancari Citigroup e Chase Manhattan dominati dai Rockefeller)». Ecco quindi spiegato come il Fire finanziario-immobiliare, il Mic militare e l’Ogam energetico «sono i tre settori “rentier” che dominano l’odierno capitalismo finanziario postindustriale». Le loro fortune reciproche «sono aumentate vertiginosamente». E le mosse per escludere la Russia dal sistema finanziario occidentale, insieme agli effetti negativi dell’isolamento delle economie europee dall’energia russa, promettono di stimolare un afflusso di titoli finanziari dollarizzati. «Questo è il motivo per cui né l’industria né l’agricoltura svolgono oggi un ruolo dominante, nella politica estera degli Stati Uniti». La convergenza degli obiettivi politici dei tre grandi “rentier” «travolge gli interessi del lavoro e persino quelli del capitale industriale».Come ha spiegato lo stesso Biden, l’attuale escalation militare orchestrata dagli Stati Uniti (“Provocare l’Orso”) non riguarda proprio l’Ucraina. «Biden ha promesso dall’inizio che le truppe statunitensi non sarebbero state coinvolte, ma ha chiesto per oltre un anno che la Germania impedisse al gasdotto Nord Stream 2 di rifornire la sua industria e le sue abitazioni con gas a basso prezzo», in modo che Berlino «si rivolgesse ai fornitori statunitensi a prezzi molto più alti». E così, dopo un anno di pressioni a vari livelli sui politici tedeschi, la Germania non ha messo in funzione il super-gasdotto. Uno degli obiettivi principali dell’odierna Nuova Guerra Fredda – sottolinea Hudson – è quello di monopolizzare il mercato del gas: già sotto Trump, la Merkel era stata costretta a promettere di spendere 1 miliardo di dollari per costruire nuove strutture portuali per le navi-cisterna statunitensi. Poi, l’avvicendamento alla Casa Bianca e il ritiro della Cancelliera hanno congelato l’investimento portuale, lasciando la Germania senza alternative al gas russo. Ed ecco dunque la stretta di oggi: obiettivo, «l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, soprattutto a scapito della Germania».Oltre a creare profitti e guadagni sul mercato azionario per le compagnie petrolifere statunitensi – rileva Hudson – l’aumento dei prezzi dell’energia sottrarrà gran parte del vigore all’economia tedesca. Certo, il rincaro di benzina, riscaldamento e altri servizi danneggerà tutti, anche i cittadini statunitensi, riducendo il loro tenore di vita. «Ciò potrebbe spremere i proprietari di case e gli investitori emarginati, portando a un’ulteriore concentrazione della proprietà», accelerando le acquisizioni a danno di «proprietari immobiliari in difficoltà, in altri paesi che devono far fronte all’aumento dei costi del riscaldamento e dell’energia». Aumenteranno anche i prezzi dei generi alimentari, guidati dal grano: Russia e Ucraina rappresentano il 25% delle esportazioni mondiali, nei cereali. «Ciò comprimerà molti paesi del Vicino Oriente e del Sud del mondo con deficit alimentari, peggiorando la loro bilancia dei pagamenti e minacciando l’insolvenza del debito estero».E non è tutto: le esportazioni russe di materie prime potrebbero essere bloccate dalla Russia in risposta alle sanzioni e all’esclusione dallo Swift. Questo «minaccia di causare interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali chiave, tra cui cobalto, palladio, nichel e alluminio». Se poi la Cina decidesse di considerarsi la prossima nazione minacciata e si unisse alla Russia in una protesta comune contro la guerra commerciale e finanziaria degli Stati Uniti, le economie occidentali subirebbero un grave shock. Il sogno a lungo termine dei fautori americani della Nuova Guerra Fredda, riassume Hudson, «è quello di rompere la Russia, o almeno di ripristinare la sua cleptocrazia manageriale di Eltsin», assistita dagli “Harvard Boys”, «con gli oligarchi che cercano di incassare le loro privatizzazioni nei mercati azionari occidentali». Il cartello Ogam «sogna ancora di acquistare il controllo di maggioranza di Yukos e Gazprom». Quanto a Wall Street, «vorrebbe ricreare un boom del mercato azionario russo». E gli investitori del Mic (armamenti) vorrebbero «anticipare felicemente la prospettiva di vendere più armi, per contribuire a realizzare tutto questo».Sul fronte opposto, invece, «l’obiettivo a lungo termine della Russia è di strappare l’Europa dal dominio della Nato e degli Stati Uniti e, nel frattempo, creare con la Cina un nuovo ordine mondiale multipolare centrato su un’Eurasia economicamente integrata». Dato che la Russia non invaderà mai l’Europa, riflette Hudson, gli europei finiranno per chiedersi perché mai pagare cifre esorbitanti per l’armamento Usa, e perché mai strapagare l’energia fornita da Washington, oltre a «pagare di più per il grano e le materie prime prodotte dalla Russia», perdendo anche la possibilità di fare profitti con l’export verso la Russia e, domani, forse, anche verso la Cina. Ma le complicazioni non finiscono qui: «La confisca da parte degli Stati Uniti delle riserve monetarie russe, a seguito del recente furto delle riserve dell’Afghanistan (e del sequestro dell’Inghilterra delle scorte auree venezuelane ivi detenute) minaccia l’adesione di ogni paese al Dollar Standard, e quindi il ruolo del dollaro come veicolo per il risparmio in valuta estera da parte delle banche centrali del mondo. Ciò accelererà il processo di de-dollarizzazione internazionale già avviato da Russia e Cina, facendo affidamento sulle reciproche partecipazioni delle valute dell’altra».A lungo termine, conclude l’economista, è probabile che la Russia si unisca alla Cina nel formare un’alternativa al Fmi e alla Banca mondiale, tuttora dominati dagli Stati Uniti. «L’annuncio della Russia di voler arrestare i nazisti ucraini e tenere un processo per crimini di guerra sembra implicare che un’alternativa alla corte dell’Aia sarà istituita dopo la vittoria militare della Russia in Ucraina. Solo un nuovo tribunale internazionale – aggiunge il professor Hudson – potrebbe processare i criminali di guerra che vanno dalla leadership neonazista ucraina fino ai funzionari statunitensi responsabili di crimini contro l’umanità come definiti dalle leggi di Norimberga». Hudson si aspetta che Mosca si ritiri a breve, dopo aver raggiunto gli obiettivi: proteggere i russofoni e allontanare da Kiev la minaccia diretta alla propria sicurezza. Infine, emerge l’autogol del “blob americano”: «La più enorme conseguenza involontaria della politica estera statunitense è stata quella di portare Russia e Cina insieme, insieme a Iran, Asia centrale e altri paesi, lungo la Belt and Road Initiative».Se la Russia sognava di «creare un nuovo ordine mondiale», finalmente in armonia con l’Occidente, «è stato l’avventurismo statunitense a portare il mondo in un ordine completamente nuovo». Un assetto «che sembra essere dominato dalla Cina, come vincitore predefinito, ora che l’economia europea è essenzialmente dilaniata e che l’America è rimasta con ciò che ha preso dalla Russia e dall’Afghanistan, ma senza la possibilità di ottenere un sostegno futuro». Sperando che, ovviamente, tra Putin e Biden esista un accordo, sotto banco, per non far degenerare oltre la situazione, evitando cioè lo scontro diretto. Tutti sanno che, in quel caso, non ci sarebbero vincitori. Discorsi che sembrano folli, nel 2022: eppure, Usa e Russia sono entrate in “allerta atomica”. E paesi come l’Italia si accingono a varare aiuti militari al regime di Kiev. Lo schema è tragicamente evidente: dipingere la Russia come aggressore, demonizzandola, così come graziosamente richiesto dai tre grandi cartelli che, secondo Hudson, avrebbero pianificato l’intero disastro: armamenti, energia e finanza.Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.
-
Lockdown in Costituzione: il prezzo per uscire dal Covid
Pronti per il lockdown climatico, dopo quello sanitario? Tira brutta aria, dalle parti della Costituzione: la strana modifica dell’articolo 9 (attuata quasi sotto silenzio) mette il governo nelle condizioni di imporre le peggiori restrizioni, senza che il cittadino abbia più nemmeno la protezione del paracadute costituzionale. Che significa? L’establishment teme di dover pagare un prezzo per i recenti abusi di potere, e quindi prova a renderli conformi alla Carta? No, la situazione è peggiore: secondo Matt Martini, si stanno ponendo le premesse per rendere “eterna” la dominazione sperimentata negli ultimi due anni. Dal canto suo, Nicola Bizzi offre una precisa spiegazione politica: la manomissione della Costituzione può esser stata pretesa dai poteri dominanti (Davos, Bruxelles) in cambio della concessione – finalmente – degli allentamenti sul Covid, visto anche che la narrazione pandemica si è fatta ormai insostenibile. E quindi: liberi tutti – riguardo al virus – ma a patto che, prima ancora, l’Italia si predisponga a subire altre, eventuali costrizioni: magari quelle raccomandate dall’élite che utilizza, come spaventapasseri, la piccola Greta Thunberg.«Trovo pericolosa la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, con l’introduzione del riferimento alla tutela dell’ambiente, insieme a quello che viene definito “l’interesse delle future generazioni”», premette Martini, nella trasmissione “Nexus Reloaded” con Tom Bosco e lo stesso Bizzi. «A prima vista può sembrare un fatto positivo, ma in realtà la tutela dell’ambiente è uno dei cardini pseudo-ecologisti e malthusiani del pensiero del Club di Roma, che poi ha originato il Forum di Davos, causa di tutti i nostri mali». In sostanza si introducono nuovi obiettivi, all’interno del sistema giuridico italiano: e questo permetterà di giustificare i lockdown e tutte le restrizioni che venissero introdotte. «Se prima avevamo lo strumento giuridico per far decadere tutto, in questo modo avranno il dispositivo potenziale per far decadere (anche retroattivamente) l’annullamento e la condanna di tutte le malaugurate norme introdotte da Conte e poi confermate da Draghi».Aggiunge Martini: in un altro passaggio dell’articolo che è stato appena riformato, senza che il Parlamento battesse ciglio, si prevede che l’iniziativa economica individuale debba essere compatibile con l’utilità ambientale e la difesa della salute. «In questo modo, quindi, c’è la giustificazione del fatto che, domani, io possa chiudere la tua attività produttiva per ragioni di ordine ambientale o sanitario». Dunque: «Si sono messi in cassaforte i presupposti giuridici per agire in maniera autoritaria contro la libertà economica individuale, quindi anche contro la libertà d’impresa». Per Matteo Martini, co-autore del saggio “Operazione Corona”, è un assegno in bianco: che il governo potrà compilare con quello che vuole. «Chi lo stabilisce, infatti, qual è il citato “interesse delle generazioni future”? Il diritto alla salute, lo abbiamo già visto, è stato considerato prioritario rispetto a tutti gli altri (alla libertà personale, al diritto al lavoro)». Di fatto, «si agisce d’arbitrio, nel modificare la giurisprudenza: e se domani stabiliscono che “l’interesse delle future generazioni” è prioritario, rispetto a tutti gli altri diritti, compreso il diritto alla vita?».Insiste l’analista: «In nuce, vedo l’introduzione di un principio insidioso: sono tutte spallate verso una deriva molto pericolosa. Questo è un ulteriore chiodo nella bara dell’Italia». Martini è molto pessimista, sul futuro della situazione italiana: «Anche quando dovesse finire tutta questa pagliacciata del Covid (che prima o poi finirà), e anche se la situazione economica dovesse temporaneamente riprendersi, noi a questo punto abbiamo sulla testa una spada di Damocle». E cioè: «Ulteriori lockdown e ulteriori restrizioni, per qualsiasi eventuale futura emergenza, visto che qui ormai lavorano contro di noi in termini di “shock economy”». L’orizzonte resta buio, a quanto pare: «Questa è una situazione molto pericolosa, adesso inserita addirittura in Costituzione. A mio avviso, per l’Italia la situazione è veramente preoccupante: parlo del futuro, dei prossimi 5-10 anni». Lo stesso Martini ammette di esser stato colto in contropiede: «Purtroppo non mi aspettavo una situazione di questo tipo: ci ha sorpreso tutti».Ancora più drastico Nicola Bizzi, che di “Operazione Corona” è l’editore. «Questo è un attentato alla democrazia e alla Costituzione», scandisce. E spiega: probabilmente è il frutto di un tacito patto. Uno scambio: vi concediamo di uscire dall’incubo narrativo Covid, ma voi vi lasciate legare le mani anche per il futuro. Il blitz sulla Costituzione, secondo Bizzi, sarebbe stato anticipato: in realtà, era in programma più avanti. «Lo hanno anticipato ora, appena dopo la riconferma di Mattarella, sfumata la possibilità che al Quirinale salisse Draghi: in quel caso, la riforma dell’articolo 9 sarebbe probabilmente slittata dopo l’estate, o forse addirittura a fine legislatura». E perché a Draghi è stato negato il Colle? «A parte il fatto che era “bruciato” a livello internazionale, agli occhi di vari potentati economici e finanziari, in realtà è stato “impallinato” peché la politica italiana ha iniziato il fuggi-fuggi, il “si salvi chi può”», sostiene Bizzi, che spiega: «Se finora il sistema ha favorito l’affondamento dell’Italia dal punto di vista umano, demografico, economico e sociale, provocando una vera e propria devastazione, i politici ora pensano: “Se il sistema affonda troppo, poi affondiamo anche noi. Se cade il sistema, l’ordine costituito, magari ci aspettano sotto casa con i forconi”».Hanno davvero paura che cada il sistema, insiste Bizzi: per questo la politica italiana si è blindata. «Nel suo discorso di insediamento, Mattarella ha pronunciato 18 volte la parola “dignità”: si riferiva alla dignità della politica, della partitocrazia. Come a dire: il sistema-Italia ha pur sempre una sua dignità; quindi non è giusto che affondi, deve salvare se stesso. E allora hanno deciso di intraprendere una linea di de-escalation». Per ora, Mario Draghi resta al governo, ma secondo Bizzi si dimetterà entro marzo: «Approderà a qualche organismo internazione (Banca Mondiale, Fmi) perché non vede l’ora di allontarsi da qui». A sostituirlo, probabilmente, «sarà sempre un governo farlocco (un governo tecnico, non elettorale) che porterà avanti la de-escalation, visto che ormai siamo arrivati ai “tempi supplementari”, riguardo alla narriva Covid». Ed ecco il punto: «Questa riforma costituzionale l’hanno voluta e attuata proprio ora, perché è stata una sorta di “conditio sine qua non”, da parte dei poteri di Davos e della Commissione Europea, come a dire: intanto attuate questa riforma, poi potrete fare tutta la de-escalation che vorrete».E’ uno scambio, dice Bizzi: chiudere la storia-Covid, ma in compenso tenere aperta la porta per nuove emergenze. «Diamo un’occhiata in casa altrui: a parte la Gran Bretagna, che è fuori dall’Ue e quindi fa quello che crede, nei limiti del possibile, osserviamo quei paesi che hanno preceduto l’Italia negli allentamenti delle restrizioni, mettendo fine alla farsa pandemica». Danimarca e Norvegia, Olanda, Spagna, nazioni dell’Est Europa: cosa hanno patteggiato, con Bruxelles, in cambio di queste riaperture? «Molto probabilmente hanno accettato la prossima adozione di misure “green”: e se vedremo che avranno intenzione, anche loro, di effettuare riforme costituzionali vincolanti, dal punto di vista pseudo-ambientalista, nel segno della “decarbonizzazione” – quindi, misure malthusiane a lunga scadenza – sarà la conferma che questo è stato uno scambio, un patto. Perché questi non mollano, vogliono andare avanti a oltranza: chiusa la narrazione Covid, voglio aprire la narrazione climatico-ambientale».Attenzione: «La nuova narrazione – continua Bizzi – adesso la vogliono aprire ufficialmente, visto che finora è stata aperta solo a parole: cioè con dichiarazioni e proclami, inclusa la recente farsa del gas (che in realtà non è mai mancato) e quella dei blackout (che finora non sono avvenuti, e ormai l’inverno è quasi alle spalle)». L’élite vorrebbe comunque portare avanti l’Agenda 2030, secondo altre direttive, visto che l’Operazione Corona ormai è finita. Certo – aggiunge Bizzi – l’Italia sarà uno degli ultimi paesi, a chiuderla, «perché ci mangiano sopra in troppi: è il classico mangia-mangia all’italiana, e non è facile smantellarlo rapidamente». Afferma l’editore di “Aurora Boreale”: «Ci sono resistenze, da parte della politica: ci mangiano i sindaci, i governatori delle Regioni e i personaggi attorno alla politica, che vivono di appalti e subappalti, razzie, favori e clientelismi». Domenico Arcuri? «Era solo la vetta dell’iceberg: c’è un sistema che sta mangiando, ancora, sulla farsa pandemica. E vorrebbe continuare a mangiare».Pronti per il lockdown climatico, dopo quello sanitario? Tira brutta aria, dalle parti della Costituzione: la strana modifica dell’articolo 9 (attuata quasi sotto silenzio) mette il governo nelle condizioni di imporre le peggiori restrizioni, senza che il cittadino abbia più nemmeno la protezione del paracadute costituzionale. Che significa? L’establishment teme di dover pagare un prezzo per i recenti abusi di potere, e quindi prova a renderli conformi alla Carta? No, la situazione è peggiore: secondo Matt Martini, si stanno ponendo le premesse per rendere “eterna” la dominazione sperimentata negli ultimi due anni. Dal canto suo, Nicola Bizzi offre una precisa spiegazione politica: la manomissione della Costituzione può esser stata pretesa dai poteri dominanti (Davos, Bruxelles) in cambio della concessione – finalmente – degli allentamenti sul Covid, visto anche che la narrazione pandemica si è fatta ormai insostenibile. E quindi: liberi tutti – riguardo al virus – ma a patto che, prima ancora, l’Italia si predisponga a subire altre, eventuali costrizioni: magari quelle raccomandate dall’élite che utilizza, come spaventapasseri, la piccola Greta Thunberg.
-
Magaldi: perché mi fido di Draghi, nonostante i vaccini
Gioele Magaldi continua a scommettere su Mario Draghi: non ha ancora cambiato paradigma, su come affrontare il Covid, però sta facendo da rompighiaccio per uscire, definitivamente, dal tunnel dell’austerity. La prova? Non vuol saperne, di aumentare le tasse. Massone progressista, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine”, nel 2014 Magaldi ha arricchito la narrazione sui retroscena del potere con il bestseller “Massoni”, edito da Chiarelettere, che indica – per la prima volta – l’esistenza di un livello decisionale apicale, super-massonico (quello delle Ur-Lodges) che condizionerebbe le stesse strutture “paramassoniche” – Bilderberg, Trilaterale, Davos – che a loro volta orientano notoriamente i media e la politica dei governi, a prescindere dai risultati elettorali. Dello stesso Draghi, Magaldi ha offerto la seguente interpretazione: nato in seno alla tradizione keynesiana (quella di Federico Caffè), assai prima del Britannia (e della sparizione di Caffè, nel 1987) approdò al nascente mainstream neoliberista, dominato dai gruppi massonici neo-conservatori che si sono inventati l’ordoliberismo dell’euro-sistema.Una cavalcata folgorante, quella di Super-Mario: direttore del Tesoro (privatizzazioni), Banca Mondiale, Goldman Sachs, Bankitalia e Bce. Dottrina: agevolare il privato, colpire la capacità di spesa dello Stato e sottoporre la politica all’ipocrita “pilota automatico” della finanza, cioè all’esclusivo interesse privatistico dei gruppi dominanti. Poi, il ravvedimento: l’evocazione della Mmt (il ritorno a Keynes) già prima di lasciare Francoforte, e quindi l’appello del 2020 sul “Financial Times” per il nuovo “whatever it takes”, stavolta giustificato dall’emergenza economica innescata dal Covid. Tradotto: emissione oceanica di denaro, per prestititi non destinati a trasformarsi in debito da ripagare. Cos’è successo, nella testa dell’ex super-banchiere, ancora a capo del Gruppo dei Trenta? Magaldi lo spiega così: dopo trent’anni (in cui ha brillato, come demolitore dell’Italia), Draghi ha disertato dalla corrente supermassonica “neoaristocratica”, cioè oligarchico-reazionaria, per tornare alle origini e offrirsi, alla massoneria sovranazionale progressista, come Grande Pentito, pronto a mettere il suo intatto prestigio a disposizione della causa: il ritorno alla sovranità democratica, dunque al ruolo generoso dello Stato nell’economia.Sta accadendo proprio questo, dice Magaldi, fiducioso nel metodo-Draghi per la “resurrezione” del paese, cominciando dal Recovery Fund nella modalità gestionale inevitabilmente iper-tecnocratica disegnata dall’ex capo della Bce. Solo un peso massimo mondiale come Draghi – è sottinteso – avrebbe potuto puntare a cambiare davvero il paradigma economico, declinato in Italia negli ultimi tre decenni dall’infausta Seconda Repubblica, nata dal golpe bianco di Tangentopoli e sopravvissuta (agonizzante) nella finta alternanza tra centrodestra e centrosinistra: schieramenti entrambi sottomessi ai diktat della massoneria reazionaria che ha sin qui pilotato l’Ue, utilizzando il peso politico-economico dell’élite tedesca per imporre la sanguinosa follia del rigore di bilancio. Poi è arrivato il Covid, e tutto è cambiato: anche nel grande potere. Da una parte la filiera del rigore assoluto, decisa a usare la pandemia (e la Cina) per distruggere l’Occidente soffocando libertà e democrazia, e dall’altra l’élite antagonista, decisa a dare battaglia a tutto campo.Ci crediate o no, insiste Magaldi (già sostenitore di Trump), l’avvento del gruppo che sostiene Joe Biden è stato positivo: nemmeno Trump aveva avuto il coraggio mostrato da Biden (ovvero da Janet Yellen, e da Draghi) nell’ultimo G7, che ha dichiarato guerra ai paradisi fiscali, impegnandosi per un’equa tassazione, finalmente, a carico delle multinazionali. Altri segnali? Sì: dopo la “bastonatura” di Bill Gates, maschera del “terrorismo sanitario” e bio-politico, ora viene ridimensionato anche il sodale Anthony Fauci, fino a ieri intoccabile. E a proposito, si domanda Magaldi: che fine ha fatto il Great Reset nella versione da incubo distopico, risuonato al Forum di Davos? Magaldi rimprovera i “complottisti” disattenti: il loro dogmatismo, dice, è perfettamente speculare a quello del mainstream, che è in malafede quando dipinge il Covid come un male terrificante e quasi incurabile. Bene ha fatto, Michele Santoro, a protestare in televisione: agli italiani, rinchiusi in casa da Conte, non è stato permesso nemmeno di ascoltare voci scientifiche alternative, come quella di Montagnier, Premio Nobel per la Medicina.D’accordo, e Draghi? Sull’approccio al Covid siamo ancora ben lontani dalla soluzione, ammette Magaldi: è grave che non sia stato ancora predisposto un adeguato protocollo per le terapie domiciliari, ed è grave che non sia stata nemmeno riconosciuta ufficialmente la loro efficacia (cosa che avrebbe reso impossibile l’autorizzazione d’emergenza per i vaccini). Magaldi è sempre stato per “lasciar correre” il virus: immunità di gregge. Non è contrario ai vaccini “genici”, purché non li si imponga come unico rimedio. A Draghi, aggiunge, va comunque riconosciuto di aver cambiato i parametri per valutare la gravità della situazione: non più il numero di “casi”, cioè semplici contagi (spesso asintomatici), ma le ospedalizzazioni. E’ però vero che, se ci si cura a casa in modo tempestivo, è difficilissimo finire all’ospedale: meglio sarebbe basarsi, al massimo, sull’affollamento delle terapie intensive. Però intanto l’aria è cambiata, il rigorismo di Speranza è stato stoppato. E le sospirate riaperture, in Italia (al netto dei “ristori” insufficienti) stanno comunque procedendo meglio e più velocemente, rispetto ad altri grandi paesi europei.Va tutto bene, allora? Niente affatto: c’è da temere che, in autunno, il “partito della paura” rialzerà la testa. La notizia, semmai – secondo Magaldi – è un’altra: s’è finalmente messo in moto un insieme di forze, che ieri dormivano o addirittura remavano contro. E’ questa, la novità incarnata da Draghi: un possibile Piano-B di lungo respiro, che avrà bisogno di tempo per potersi esprimere, lottando contro i “neoaristocratici”. Piccolo paradigma italiano: oggi, Draghi invita a non temere l’assenza di “coperture” finanziarie, visto che il debito pubblico può sempre essere virtualmente ripagato. E’ l’esatto contrario di quanto affermava quand’era a capo della Bce, nella Torre dell’Austerity di cui è ancora prigioniero il Pd del “montiano” Enrico Letta, così come la “sinistra” di Speranza (leggasi D’Alema e Bersani) che vorrebbe sempre introdurre una patrimoniale, in ossequio ai grandi padroni del vapore che in questi tre decenni – quando Draghi era ancora con loro – non hanno fatto altro che impoverire la base per arricchire il vertice della piramide sociale.La cattiva notizia, semmai, è che la politica è assente: quelle di cui parla Magaldi sono “guerre” tra élite, mille miglia al di sopra di qualsiasi dibattito parlamentare alla portata del comune cittadino, diligentemente disinformato dai media. I discussi vaccini “genici”? Sono gli italiani – prima ancora del generale Figliuolo – a fare la fila per ottenere il sospirato inoculo. Lega e Fratelli d’Italia? Non hanno mosso un dito, quand’erano all’opposizione, per contrastare la “dittatura sanitaria” del Conte-bis, inclusi lockdown e coprifuoco. Come dire: da un tunnel così buio non si può pretendere di uscire in pochi mesi. E se i media continuano a essere colonizzati in modo pressoché totalitario, seguitando a raccontare l’opposto della verità e censurando ogni voce eretica, non si può nemmeno sperare che gli italiani si rendano conto di quello che sta avvenendo davvero, lassù, nel mondo di cui parla Gioele Magaldi, con le sue frequenti esternazioni – a volte complete, a volte no – riguardo ai complessi disegni delle “aristocrazie massoniche” che si starebbero dando battaglia per disegnare la fisionomia del nuovo mondo, quello del post-Covid.Gioele Magaldi continua a scommettere su Mario Draghi: non ha ancora cambiato paradigma, su come affrontare il Covid, però sta facendo da rompighiaccio per uscire, definitivamente, dal tunnel dell’austerity. La prova? Non vuol saperne, di aumentare le tasse. Massone progressista, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine”, nel 2014 Magaldi ha arricchito la narrazione sui retroscena del potere con il bestseller “Massoni”, edito da Chiarelettere, che indica – per la prima volta – l’esistenza di un livello decisionale apicale, super-massonico (quello delle Ur-Lodges) che condizionerebbe le stesse strutture “paramassoniche” – Bilderberg, Trilaterale, Davos – che a loro volta orientano notoriamente i media e la politica dei governi, a prescindere dai risultati elettorali. Dello stesso Draghi, Magaldi ha offerto la seguente interpretazione: nato in seno alla tradizione keynesiana (quella di Federico Caffè), assai prima del Britannia (e della sparizione di Caffè, nel 1987) approdò al nascente mainstream neoliberista, dominato dai gruppi massonici neo-conservatori che si sono inventati l’ordoliberismo dell’euro-sistema.
-
L’Egitto ’schiera’ i suoi faraoni contro i signori del Covid
Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.Una lettura visionaria? Per capire che così non è, basta osservare l’espressione dell’attuale “faraone” in carica, il generale Al-Sisi, appena colpito dall’oscuro, minaccioso blocco del Canale del Suez con l’anomalo incagliamento del cargo Ever Given, riconducibile (nella compagine azionaria degli armatori) al club di Bill Gates e Hillary Clinton. Nelle immagini televisive della “Pharaohs’ Golden Parade”, Al-Sisi ostenta un’espressione inequivocabile: ai suoi occhi, quelle mummie in viaggio sono una sorta di totem nazionale, il cuore sacro dell’Egitto. Attenzione: è un classico, il ricorso alla simbologia (esoterica) da parte del grande potere. Sul suo canale YouTube, Giorgio Di Salvo ha sottolineato le stranezze della cerimonia di insediamento dello stesso Joe Biden: «E’ stata la rappresentazione di un vero e proprio rito di iniziazione, incentrato sulla figura dell’eccentrica Lady Gaga, abbigliata in modo da riprodurre il vestiario e il corredo della Statua della Libertà: non quella famosa, al porto di New York, ma quella che per i massoni americani è la vera Statua della Libertà. Si tratta della statua che sormonta la cupola del Campidoglio, a Washington: la “libertà armata”, che richiama la dea greca Athena».Come se non bastasse, Di Salvo rievoca un’altra cerimonia di insediamento, quella di Emmanuel Macron a Parigi: «Per un attimo (in modo però attentamente studiato) le braccia levate del neo-eletto, sullo sfondo della piramide del Louvre, disegnano alla perfezione la combinazione simbolica costituita da squadra e compasso». Da Napoleone in poi, l’Egitto si è conquistato un posto d’onore, sulle rive della Senna. «Ma mentre i riti massonici di ispirazione egizia sono di origine moderna, nelle terre che vanno dal Nilo all’Eufrate sopravvivono in modo clandestino le ritualità cultuali antiche», precisa lo storico Nicola Bizzi, presente con Matt Martini e Tom Bosco nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, sul canale YouTube di “Border Nights”. Lo stesso Martini cita la religione egizia tuttora praticata da «importanti sceicchi del Cairo», sotto la vernice ufficiale dell’Islam. Dal canto suo, Bizzi conferma che in Iraq «si praticano culti di origine sumerica, al riparo dei circoli Sufi (in teoria, islamici) che ospitavano personalità vicinissime al potere già all’epoca del regime di Saddam Hussein».Curioso che poi lo stesso Saddam sia stato abbattuto dai Bush – padre e figlio – che Gioele Magaldi presenta come fondatori della nefasta superloggia “Hathor Pentalpha”, dedita anche al terrorismo internazionale, avendo arruolato tra le sue fila prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi, leader dell’Isis. C’è chi fa notare il collegamento tra l’acronimo Isis (Islamic State of Iraq and Sirya) e il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor. Iside-Hathor è la vedova di Osiride, nonché la madre di Horus: il trio incarna la “sacra famiglia” dell’antico Egitto faraonico, la “trimurti” fondativa del Nilo. Padre, madre e figlio, a sottolineare una tripartizione “energetica” successivamente reinterpretata in modo difforme dalla Trinità cristiana, rimodellando teologicamente la Tetractis triangolare di Pitagora: figura ricomparsa – in modo clamoroso – nella coreografia della grande Parata dei Faraoni appena proposta al Cairo, nel segno del recupero dell’antica sapienza “pagana”.«La grande kermesse egiziana è stata anche un atto di magia cerimoniale», sostiene Matt Martini a “L’Orizzonte degli Eventi”. «Obiettivo: risvegliare “l’eggregore” nazionale, il genio egizio: una vera e propria evocazione, tramite il ruolo delle mummie solennemente traslate da un museo all’altro, in mezzo ad ali di folla». Le mummie regali egizie, dice Martini, vanno considerate – nelle intenzioni degli organizzatori – come «veri e propri talismani umani: quelle salme sono state preparate ritualmente e trattate come oggetti di culto: per migliaia di anni, hanno ricevuto offerte votive». Dunque, per Martini, «sul piano magico sono strumenti perfetti, per fare da ponte con altre dimensioni». Spiega il saggista: «Si crede che la mummia, se conservata, contenga ancora il Ka del defunto: un’impronta dell’anima. A sua volta, il Ka viene visitato dal Ba, cioè l’anima che sale e scende. Infine, il Ba comunica con l’Akh, lo spirito trasfigurato dell’iniziato (il faraone), che secondo l’antica religione egizia resta in contatto con la dimensione degli Aku, i principi divini, gli Splendenti». In altre parole: un ascensore per il cielo, nel nome dell’Egitto delle piramidi.Martini invita a far caso ai numeri: sono state trasferite 22 salme, precisamente quelle di 18 faraoni e di 4 regine. Tutti regnanti compresi tra la 17esima e la 20esima dinastia. «La 17esima dinastima fu l’ultima del Secondo Periodo Intermedio, quello dominato dal caos, quando l’Egitto fu invaso dagli Hyksos. La dinastia successiva, quella Ramesside, segnò invece la restaurazione del potere faraonico egizio: l’inizio del Nuovo Regno». Anche al Cairo, assicura Martini, il potere gioca con i simboli: è come se il generale Al-Sisi paragonasse se stesso ai faraoni di nome Ramses, rifondatori dell’Egitto dopo le tempeste della storia. L’ultima, in questo caso, si chiama Covid: «Si noti: la mascherina non viene indossata né dai figuranti, spesso assiepati, né dalle migliaia di spettatori che assistono al corteo, stretti l’uno all’altro». Sembra un messaggio diretto ai “signori del coronavirus” e agli stessi vicini israeliani, che hanno trasformato il loro paese in area-test per la vaccinazione di massa. Per inciso: in concomitanza con lo strano incidente di Suez, Al-Sisi ha fatto riaprire (dopo anni) il valico di Rafah, a Gaza: l’unico non controllato da Israele.Oggi l’Egitto è un paese islamico e anche cristiano, ricorda Martini, alludendo all’importante confessione copta. Ma Al-Sisi – aggiunge – come militare impegnato in politica è pur sempre erede del nazionalismo laico, incarnaato dall’ex partito Baath, socialista e panarabo, cresciuto nel mito del grande leader terzomondista Abdel Gamal Nasser, che sfidò Francia, Gran Bretagna e Israele per rivendicare la piena sovranità del suo paese. Non si scherza, con l’Egitto: nel 1956 – quando inglesi e francesi sbarcarono a Porto Said per rovesciare Nasser, che aveva bloccato il Canale di Suez perché la Banca Mondiale non voleva concedere agli egiziani il prestito per erigere la diga di Assuan – l’Unione Sovietica (con il tacito consenso degli Usa) arrivò a minacciare gli invasori anglo-francesi di ricorrere alla bomba atomica, se non avessero lasciato l’Egitto. Finì nell’ignominia – e con il trionfo politico di Nasser – l’ultimo colpo di coda del colonialismo europeo nel Mediterraneo. Poi gli uomini del pararabismo Baath sono stati perseguitati: ucciso Saddam, invasa la Siria di Assad.Abdel Fattah Al-Sisi, in qualche modo erede di Mubarak (già allievo della scuola ufficiali di Mosca) si è imposto nel 2014 incarcerando i Fratelli Musulmani, inizialmente votati dagli egiziani dopo la turbolenta “primavera araba” innescata al Cairo dallo storico discorso incendiario del massone Obama, con l’obiettivo di “resettare” le oligarchie nordafricane non-allineate al potere di Washington (preservando invece le brutali petro-monarchie del Golfo, in primis quella saudita, devotissime al superpotere statunitense). Siamo tuttora in pieno caos: Giulio Regeni, reclutato (a sua insaputa) dall’intelligence britannica tramite una Ong universitaria, è stato barbamente assassinato per ostacolare i nascenti rapporti strategici tra Italia ed Egitto, dopo la scoperta da parte dell’Eni di un immenso giacimento marittimo di gas e petrolio al largo delle coste egiziane. Regeni – scrisse il “Giornale”, citando servizi segreti italiani – fu ucciso da manovalanza del Cairo, ma su ordine inglese, proprio per mettere in imbarazzo Al-Sisi, proprio mentre l’Italia stava chiedendo la protezione militare dell’Egitto, allora influente in Cirenaica, nell’ipotesi di inviare un contingente italiano in Libia.Oggi, Bengasi è passata sotto il controllo della Russia: è avvenuto dopo che, in modo simmetrico, Tripoli è caduta nelle mani della Turchia. Altro volto del caos di oggi è l’insidioso neo-ottomanesimo di Erdogan, supermassone reazionario e illustre membro della spietata “Hathor Pentalpha”, secondo Magaldi. Con un gesto inaudito, che riporta l’Italia al centro della scena in politica estera, Mario Draghi ha definito “un dittatore” il sultano di Ankara. Si tratta di un messaggio in codice – spiega Dario Fabbri, di “Limes” – rivolto agli Usa: Draghi li invita a non sacrificare gli interessi italiani in Libia, dopo che Ergodan ha promesso di aprire il Mar Nero alle portaerei americane (in funzione anti-russa) se lo Zio Sam chiuderà un occhio, anzi due, sulle ambizioni imperiali dei turchi nel Mediterraneo. Dalla parte dell’Italia c’è sicuramente l’Egitto, nuovo Eldorado per l’Eni dopo i problemi sopraggiunti in Libia. Nonostante le proteste per il doloroso caso Regeni, infatti, l’Italia ha appena ceduto al Cairo due fregate Fremm, gioiello della marina militare che l’Egitto immagina di dover impiegare, come arma di dissuasione, anche e soprattutto contro la Turchia di Erdogan.Modernissime fregate lanciamissili, ma non solo: la vera arma di Al-Sisi, a quanto pare, potrebbero essere proprio i venerati faraoni della 18esima dinastia, omaggiati come il Graal dell’Egitto. «Nella “Pharaohs’ Golden Parade” – insiste Matt Martini – si può leggere il ritorno alle origini ancestrali della nazione». Martini è attentissimo ai dettagli: le salme traslate con tutti gli onori sono 22, «come le lettere dell’alfabeto ebraico, che potrebbe derivare dall’alfabeto geroglifico egizio». Il trait d’union, dice l’analista, potrebbe essere stato l’alfabeto proto-sinaitico, una forma linguistica di transizione tra l’egizio geroglifico e gli alfabeti semitici (fenicio e aramaico, fino poi al più recente ebraico biblico). Sempre 22 – aggiunge Martini – erano anche i Nòmoi (i distretti amministrativi) dell’Alto Egitto, che aveva per capitale Tebe, la città della dinastia Ramesside. «Sono numeri non casuali: esprimono un preciso linguaggio, simbolico e operativo: quello di un’operazione di magia cerimoniale, a scopi politici e meta-politici».Indicazioni che Martini trae dall’analisi della grande parata del Cairo. «Allì’inizio, la soprano al centro della scena canta un inno a Iside. Poi, i militari sfilano in un viale illuminato di rosso, che è il colore di Seth e anche degli Hyksos: quindi, è come se i militari egiziani stessero calpestando gli Hyksos, nemici dell’Egitto». Quindi, il cambio di scenografia: «A un certo punto, il viale diventa blu: ed entra in scena una figurante (blu, anch’essa) che incarna Nuit, o Nut, la dea egizia del cielo stellato». Si vede una moltitudine di ancelle agitare un contenitore luminoso: «Qui punti di luce simboleggiano proprio le stelle, con un’allusione precisa: i nostri antenati ancestrali – di cui i faraoni erano i rappresentanti terreni – venivano dal cielo: erano Figli delle Stelle».Al Cairo, la grande parata è conclusa dal corteo dalle mummie, racchiuse nei loro sarcofagi trasportati su carri scenografati in modo un po’ hollywoodiano, per ricordare i mezzi di trasporto di migliaia di anni fa. «Per la religione tradizionale egizia – precisa Martini – le mummie vengono dal Duat, dalla dimensione stellare degli Aku. Questi faraoni non sono comuni mortali: sono tecnicamente delle divinità, non vengono dall’oltretomba infero ma dalla dimensione stellare». Significati sottolineati dalla stessa data scelta per la grandiosa cerimonia: «Il 3 aprile è il 23esimo giorno del mese di Ermuti, dedicato a Iside. Ed è l’ultimo giorno di un ciclo di festività dedicate a Horus, che è il vendicatore di suo padre, e dunque il vendicatore dell’Egitto». Messaggio: «Il potere che ha allestito la parata ha voluto celebrare un atto magico, per il risveglio nazionale dell’Egitto». Si tratta di un’élite che «lavora anche sul piano “sottile” e pratica ancora la teurgia, cioè l’arte di comunicare con le divinità». Non pensiate – assicura Martini – che la cosa sia sfuggita, ai “signori del Covid”: «Queste sono operazioni molto temute, da chi vuole nascondere certe cose». L’oligarchia ostile è avvisata: contro i nemici, ora l’Egitto schiera i suoi faraoni.Attenti all’Egitto: ora riesuma i suoi antichi faraoni, per far rinascere lo spirito nazionale. E lo fa con una gigantesca kermesse, che rivela due intenti: scrollarsi di dosso un certo globalismo-canaglia, quello che ha imposto il “panico Covid” nella sua agenda, e al tempo stesso “resuscitare” l’antico culto egizio, quello della civiltà delle piramidi ereditata dai Figli delle Stelle, per avvertire quella élite che ancora oggi, segretamente e in modo inconfessabile, sembra devota alle divinità mesopotamiche (Moloch) declinate in modo pericolosamente anti-umano. E’ la lettura che Matt Martini fornisce della grandiosa “Pharaohs’ Golden Parade” andata in scena il 3 aprile al Cairo, per il trasferimento di 22 salme regali, trasportate dal museo egizio della capitale al museo nazionale della civiltà egizia a Giza, proprio all’ombra della Sfinge. Senza nascondere i tratti «anche un po’ kitsch» della “Parata d’oro dei faraoni”, Martini – esperto di orientalistica e co-autore del saggio “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale – avverte: siamo in presenza della volontà (esibita) di far “risorgere” l’Egitto, interpretato come erede di divinità venute dal cielo, “richiamate in servizio” per soccorrere la Terra, caduta in preda agli eccessi del mondialismo più criminale.
-
La farsa e l’inferno: cosa ci stanno facendo, e perché
I virus non sono yogurt, non scadono: eppure li stiamo spalmando su più anni, come stracchino. I lockdown sono inutili, dal punto di vista della salute pubblica, perché quando riapri il virus riparte. Siamo circa 60 milioni e, a forza di lockdown e riaperture, al ritmo di 3 milioni di positivi l’anno, serviranno 15-20 anni per ottenere immunità di gregge. E’ un meccanismo che rallenta la diffusione del Covid senza però fermarla. E purtroppo, già adesso, la vera emergenza di cui nessuno ovviamente parla è quella economica. Questo lasso di tempo non possiamo permettercelo: senza economia, non esiste neanche sanità. Va detto che ogni anno, nei mesi invernali, i virus influenzali intasano le terapie intensive. E il lockdown, da questo punto di vista, può servire a contenere questa problematica. Tuttavia otterremmo il medesimo risultato se Conte e il Cts (Comitato Tecnico-Scientifico) territorializzassero la risposta. Purtroppo questi “eletti da nessuno”, si rifiutano assurdamente di farlo, sin dall’estate scorsa. In estate hanno preferito mascherarsi dietro la retorica dei monopattini, con il ministro Speranza che, nel suo libro, millantava di avere sconfitto il Covid-19: in autunno ha scelto di non farlo uscire nelle librerie…A volte si sente parlare dei lockdown come di uno stratagemma per arrivare al vaccino, ma credo poco ad una immunità contro questo virus (mutante per sua natura) ottenuta in questo modo. Spero di sbagliarmi: il Sars-Cov2 muta, ma in un campo limitato (almeno in questo abbiamo avuto fortuna) e quindi un minimo di aspettativa è lecito nutrirla. Intanto un altro anno di scuola e di università è compromesso, le liste di attesa si allungano, gli infarti aumentano e le depressioni dilagano. Un obolo di competenze che perderanno i nostri giovani, coloro che adoriamo, quelli che si troveranno di fronte a un futuro drammatico (basti pensare anche alle Intelligenze Artificiali dietro l’angolo a complicare la situazione togliendo posti di lavoro). Ma cosa significa “territorializzare la risposta”? Cosa è questa strada che il nostro premier scansa con tutto se stesso, manco che il suo permanere al potere, e davanti alle amate telecamere, fosse legato alla presenza del Covid-19?Significa aprire tutte le attività e consentire alle persone di muoversi normalmente. Chi ha sintomi riceve la visita del medico di base con una telefonata (o di altri medici provenienti da strutture specializzate collegate a numeri verdi): il medico visita e poi, nel caso, fornisce quelle terapie anti-Covid che hanno ottenuto successi senza eguali in tutto il mondo, quelle che in Italia a lungo non sono state permesse (immotivatamente!). Nel Belpaese sono sconosciute ai più, a causa delle resistenze delle corporazioni mediche e della bolla mediatica, votata alla miope strategia dei lockdown: idrossiclorochina con vitamina D e zinco ed ozonoterapia (ambedue terapie possibili a casa), plasma iperimmune e anticorpi monoclonali (quando potremo disporne) per i casi più gravi, da ospedalizzare. Inoltre, per proteggere gli anziani, soggetti vulnerabili, è l’ora di puntare sullo spray israeliano Taffix che annienta il virus nel 95% dei casi non appena mette piede nelle cavità nasali. Si pensi che perfino l’Iran ne ha consigliato l’utilizzo! In questo modo l’immunità di gregge sarebbe garantita, gli anziani tutelati e l’economia ripartirebbe.A cosa serve quindi la prospettiva sanitariamente inutile degli infiniti lockdown, se non come primo sostanziale passo verso il “Grande Reset” chiesto dal Wef, il World Economic Forum delle élites? Limitandoci all’Italia, il Grande Reset è rappresentato dal fallimento di gran parte dei 3, 4 milioni di piccole e medie imprese in favore della grossa distribuzione. Le conseguenze planetarie invece sono un indebitamento senza precedenti di alcuni Stati, tra cui il nostro (vedasi anche la vicenda Mes), verso le élites finanziarie e verso i pochi Stati da esse considerati “degni” (debito estero, purtroppo, cioè vero debito: quello che, prima dell’euro, in Italia, era un minimo, fisiologico 12%) e il raffreddamento del pianeta (Greta docet) che tali lobbies chiedono senza se e senza ma… Poco importa se la Terra l’hanno surriscaldata in gran misura proprio loro!E quando gli Stati saranno indebitati verso questo capitalismo finanziario selvaggio e speculativo? Niente di più allettante, per i potentati, di una forma subdola di socialismo per comprimere i diritti civili e controllare l’umanità. Tutto ciò è confermato anche da Gotti Tedeschi, non uno qualsiasi, visto che è lo storico numero uno dello Ior, la banca del Vaticano. I cittadini sottomessi allo Stato e lo Stato schiavo delle élites: schiavo perché fatto strategicamente indebitare con esse dai politici da esse pagati. Meccanismo che il finanziere John Perkins dichiarò nel famoso video-denuncia di qualche anno fa, “Confessioni di un sicario dell’economia” (informatevi su quanti politici sono pubblicamente a libro paga di Soros, limitandoci a quelli che si sanno…). Il netto sarà una competizione tra realtà similari (Occidente e Cina) dove a rimetterci saranno i cittadini. Chi è fuggito dalle dittature comuniste (Romania, Nord Corea) vi può confermare che si sta trovando gradualmente, davanti ai propri occhi, proprio quelle stesse tappe che hanno portato ai regimi da cui è fuggito: alla trasformazione, con la scusa del Covid-19, verso una società a libertà limitata.Dovete sapere che il World Economic Forum è la riunione delle élites, dell’aristocrazia elitaria globalista, la quale, una volta sì e l’altra pure, chiede “un Nuovo Ordine Mondiale”, adesso con il contributo della dittatura cinese. Queste élite, legate tra gli altri allo scandalo Epstein (pedofilia, Clinton), sono padrone dell’Onu, della Ue, dell’Oms, dell’Unicef, del Fmi, della Wb, del Wto, dei dem e dei neocon Usa (Bush e McCain, tutti pro Biden) e dei partiti, progressisti ma non solo, di mezzo mondo. Si tratta dell’establishment globale! Quando il Wef decide una linea, tutte le nazioni, guarda caso, si accodano; e se ti opponi ti fanno fuori… o tramite brogli (vedasi come hanno fregato Trump) o fisicamente. Costoro non sono eletti, non sono un Parlamento e neanche sono un governo; si autoproclamano una “governance” (cioè degli eletti da nessuno): “governance”, termine che Mattarella ci trasmette ripetutamente nei suoi “pseudo-moniti”.Di questa aristocrazia fanno parte tra gli altri Soros, Schwab, Rothschild, Rockfeller, Gates e il Vaticano a trazione Bergoglio che, con questi soggetti, è recentemente entrato pubblicamente in affari (e il “recentemente” è relativo al “pubblicamente”, perché in realtà il Vaticano lo era già, in affari). Il Vaticano del resto, tra un like e un altro alle donnine nude, secolarmente non è dalla parte dei deboli. E’ “merito” di questa gente se ci stiamo svegliando, via via, con milioni di piccole imprese fallite, perché tutto questo serve a incatenare definitivamente l’economia reale (e gli Stati) ai padroni, alle élites finanziarie. E’ su YouTube una dichiarazione di Soros su Nuovo Ordine Mondiale e Cina, mentre lo stesso “Messaggero” collega Epstein e il caso-pedofilia alle élite del Wfe, e alcuni media riportano la recente alleanza del Vaticano con i Rothschild, la Fondazione Rockefeller e le grandi banche per creare il Grande Reset.Adesso che le massonerie mondiali (cioè lor signori del World Economic Forum) si sono accorte che accettiamo perfino gli arresti domiciliari (la soppressione dei veri diritti civili per la quale gli Lgbt, notoriamente a guida Clinton, “stranamente” non protestano ma anzi promuovono) di virus ne verranno altri! Lo dico da mesi, ed è per questo che ho sempre invitato a disobbedire (civilmente) alle restrizioni estive e post-estive! A tal proposito: non crederete mica alla storiella che ci raccontano a reti unificate che la pandemia di Sars-Cov-2 è dovuta un cinese che al mercato del pesce, guarda caso davanti al laboratorio di esperimenti di guerra batteriologica (da anni denunciato da Trump), ha mangiato un pipistrello che aveva incontrato un pangolino? E per favore, non parlate di “complottismo”, chi lo fa è un supercoglione!Il complottista è in possesso di verità assolute, mentre invece riflettere, porsi domande e avere dubbi equivale a senso critico! In realtà, è proprio chi accusa continuamente gli altri di essere “complottaro” ad essere affine al complottista, perché non riflette e accetta ciò che passano le Tv; gli è stata asportata (metaforicamente) quella parte del cervello che esprime un senso critico! Anche su Jfk e Falcone si veniva tacciati di complottismo, quando si sosteneva che fossero in pericolo di vita (Falcone venne isolato perché deriso dai media proprio in questo modo, prima di essere massacrato). Prendiamo ancora una volta l’Italia: quando milioni di piccole imprese falliranno, chi pagherà le tasse, comprese quelle per erogare il reddito di cittadinanza a queste famiglie? Gli italiani, ovviamente, con perdita di competitività visto che più tasse = prezzi più alti (e salari più bassi) = chiusure, con massimo godimento della Germania, nostro competitor (ma nazione considerata “blasonata” dalle élites), con formazione di altra disoccupazione fino al collasso, fino al “default tecnico” cioè alla ristrutturazione del debito (significa che ci toglieranno almeno il 30-40% dei nostri risparmi).Dal punto di vista delle élites, non avrà senso neanche ragionare in termini di “soldi”, visto che per loro non sono un limite; le restrizioni saranno in termini di potere-dominio sui cittadini, di libertà civili negate. Ecco spiegato perché gli Stati stanno avviandosi repentinamente verso una forma di società simil-cinese, dove la massa scivolerà verso una maggiore ignoranza e sottomissione (vedrete come crollerà il livello dei laureati). Prima, però, in Italia innalzeranno l’età pensionistica, l’Iva, il costo della benzina, del gas, della luce; abbasseranno le pensioni future e, collaborazionisti, svenderanno a Germania e Cina assets strategici come i nostri porti; ci spingeranno a non avere più soldi da parte e… case di proprietà (le tasse sui patrimoni le porterà il Mes)! Questa è la vera “Via della Seta” verso cui siamo incamminati, e dove nessun governo stabile mentalmente si indirizzerebbe.Va detto che, nonostante lo scenario che ci attende dietro l’angolo e nonostante che non ci sia niente di offensivo nel diffondere qualche base di macroeconomia, esistono eserciti di mascalzoni che credono di essere furbi nel sostenere che vivere di sussidi equivalga ad uguaglianza… No! Equivale a stupidità, a personalità che non si forgiano, vuote e manipolate, ad essere tutti schiavi di un emolumento pubblico, perciò ricattabili da chi lo eroga: lo Stato (a sua volta in ginocchio di fronte alle lobbies). E questo si vede già con il discorso del vaccino Pfizer che, pur non essendo stato sperimentato a dovere, sarà imposto in modo coercitivo ai dipendenti pubblici pena la fine, mediante licenziamento, del salario, quello dovuto a una vita di lavoro e nobili sacrifici (non stando sul divano).Capite perché i vari politici che, di fronte a questa situazione di portata criminale, globale e senza precedenti, scrivono post Fb contro questioni secondarie come Renzi, contro “Abberluscono”, contro i Benetton, su De Luca che fa il vaccino, ci stanno prendendo per il sedere? Ci stanno distraendo da qualcosa di epocale e criminale, in attesa di (riprovare a) “canalizzarci”, come ha fatto Beppe Grillo. Quando tutti i puntini saranno uniti e apparirà la vera miseria, quella nera, a quel punto le élites (così brave a rimanere invisibili), cercheranno semplicemente di far ricadere la colpa sui soliti politicanti o magari sui cittadini. Mi spiace, ma io su questa strada non seguo Alessandro Di Battista (non me ne voglia Otto Bitjoka, massimo esponente nel paese sulle tematiche migratorie e amico personale). E anzi lo sfido a pubblicare sulla sua bacheca il mio pezzo, visto che glielo invierò privatamente come faccio da molti mesi. Può prenderne le distanze, ma lo pubblichi: voglio vedere se ha il coraggio di far conoscere tutto questo ai tanti che lo leggono e ai media che lo tampinano (che sanno, ma non dicono).Per fare una battuta (è una battuta) credo che Di Battista pubblicherebbe volentieri questo articolo, parlo di Vittorio… Il figlio invece deve diventar capo tra i capi del M5S, non può permettersi di fare cazzate, destabilizzando i suoi equilibri interni e mettendosi contro i veri poteri forti… Sia chiaro, io considero Alessandro il più grande comunicatore politico in Italia, e per questo, un po’, ancora lo ammiro. Solo “un po’” però, perché Renzih, Berlusconih, Abbenettonh, Salvinih, sono tematiche che scaldano l’hooligan grillino ignorante (“basta, me dieno er reddito”) ma non rispettano chi ha più di un neurone. Non credo nemmeno che il M5S abbia un futuro così radioso, lungo questo ridicolo sentiero. E mi spiace, perché nel mio piccolo avevo provato, recentemente, a cambiare questo declino col MeetUp ortodosso locale. Mi fa male ammetterlo, ma a questo punto, ormai, il 5S può essere solo interpretato come posto di lavoro di chi ci mangia sopra o di chi aspira a dirigerlo dopo aver fatto come Ponzio Pilato di fronte allo scandalo del Mes, come un Di Maio qualsiasi: «Lo abbiamo approvato ma non lo attiviamo, perché fa schifo», la logica inoculabile solo nei minus habens (col 15% non saranno più decisivi)…Venite, signore e signori, vieni anche tu con…loro! I grillini sono ormai il “poliziotto buono” delle élites, mentre il “poliziotto cattivo” delle élites sarà chi il Mes lo attiverà. Stucchevole da parte del M5S anche il continuo parlare di “lavoro smart” cioè online (ditelo a docenti e genitori cosa ne pensano…) e fare i fumosi con “l’ambienteh”, quando la gente sta fallendo. Sveglia! Non siamo 60 milioni di massoni con i capitali in banca! Ps: in estate sono stato aggredito da trolls-haters di vario tipo perché indicavo come soluzione l’immunità di gregge, visto che il virus nella stagione calda aveva perso, come prevedibile, carica virale (carica virale bassa, ovvero: le particelle virali sono meno contagiose e meno letali), e ciò era dimostrato anche sperimentalmente. Sostenevo che questa strada potesse rivelarsi utile in inverno, quando il Sars-Cov-2 poteva tornare alla carica! Sarebbe stata una soluzione lungimirante, coraggiosa, sacrosanta dal punto di vista della micro-biologia di popolazione, seppur comprensibilmente inquietante dal punto di vista del singolo cittadino; purtroppo viviamo in un paese dove il presidente del Consiglio, il Cts e il ministro della salute godono di una immunità (alla legge) insensata, con il primo che passa il tempo ad inebriarsi dei propri monologhi tra la “brillantina casalina” sui capelli e il fazzolettino nel taschino. A marzo, follemente, i nostri governanti hanno proibito le autopsie, quando è noto che i virus, al contrario dei batteri, muoiono quando muore il paziente (l’ospite). Le autopsie avrebbero svelato che intubare equivaleva a uccidere, perché il problema non era la polmonite ma i coaguli: si sarebbero salvate decine di migliaia di pazienti.Viene da chiederci se politici, governanti, staff pagati anche un milione di euro, sempre attivi con le loro propaggini a fare i trolls-manganellatori sui social, nonostante ci siano di mezzo vite umane, un domani, se cambierà il vento, non verranno individuati, incarcerati e condannati al sequestro di ogni bene fino alla terza generazione (la Rete salva tutti i dati).Devo ammettere che, nel deserto mentale italiano, richiesto e ottenuto, di generazione in generazione, dall’establishment elitario (non è colpa dei cittadini), quando ho informato sul perché i tecnici economici alla Monti imponessero leggi economicamente illogiche pro banchieri, ho avuto meno difficoltà rispetto all’attuale, identica, dinamica. Il Cts, i tecnici messi dal governo, rispondono altrettanto alle multinazionali (farmaceutiche, in questo caso) loro padrone, e non alle persone comuni, ma hanno dalla loro parte un livello di terrore (morire di Covid) che i banchieri non avevano.Intanto, in questo contesto, il premier dei monologhi, colui che da quando “esiste” non ha mai accettato un contraddittorio, ha trovato il tempo, col favore delle tenebre (le Tv, strategicamente, parlano solo del virus e quindi non informano, impedendo così il controllo democratico dei cittadini su chi governa) di approvare una legge che depenalizza il peculato del suocero (ma tranquilli, gli ha fatto scudo Franceschini) e con un cavillo ha risparmiato, sempre al suocero e sempre per la stessa vicenda, di pagare 6 milioni di multa (ed anche qua Franceschini, in odore di Quirinale, si è preso stranamente la colpa). Allo stesso modo per la “vicenda Iene/scorta per la fidanzata” indovinate chi si è assunto la responsabilità di conoscere il numero ed averla chiamata tale scorta? Il bottegaio! Conte è un uomo santo, vergine di ogni peccato, ci mancherebbe altro. Lo so, sono tutti concetti scomodi, denunciarli equivale a tagliarsi delle strade, ma per fortuna sono schiavo solo di chi mi impone di dire la verità e di non seguire l’interesse accodandomi quando conviene: schiavo della mia coscienza. Ovviamente invito non solo Dibba ma anche i lettori a diffondere, a condividere questo pezzo; ad invitare, importantissimo stavolta, alla consultazione dei link interni ad esso; secondo me, se il 30% degli italiani mettesse gli occhi sopra questi fatti (e i fatti non sono opinioni) avverrebbe una bella rivoluzione (culturale). E non intendo quella che ci prometteva il comico…(Marco Giannini, “Grande Reset delle élite e territorializzazione mancata della risposta al Covid-19: caro Di Battista ti sfido a pubblicarmi!”, 31 dicembre 2020).I virus non sono yogurt, non scadono: eppure li stiamo spalmando su più anni, come stracchino. I lockdown sono inutili, dal punto di vista della salute pubblica, perché quando riapri il virus riparte. Siamo circa 60 milioni e, a forza di lockdown e riaperture, al ritmo di 3 milioni di positivi l’anno, serviranno 15-20 anni per ottenere immunità di gregge. E’ un meccanismo che rallenta la diffusione del Covid senza però fermarla. E purtroppo, già adesso, la vera emergenza di cui nessuno ovviamente parla è quella economica. Questo lasso di tempo non possiamo permettercelo: senza economia, non esiste neanche sanità. Va detto che ogni anno, nei mesi invernali, i virus influenzali intasano le terapie intensive. E il lockdown, da questo punto di vista, può servire a contenere questa problematica. Tuttavia otterremmo il medesimo risultato se Conte e il Cts (Comitato Tecnico-Scientifico) territorializzassero la risposta. Purtroppo questi “eletti da nessuno”, si rifiutano assurdamente di farlo, sin dall’estate scorsa. In estate hanno preferito mascherarsi dietro la retorica dei monopattini, con il ministro Speranza che, nel suo libro, millantava di avere sconfitto il Covid-19: in autunno ha scelto di non farlo uscire nelle librerie…
-
Green Deal, maxi-raggiro: raddoppia la razzia della Terra
Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.Pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali. Un commentary uscito su “Nature Geoscience” pochi anni fa stima che, solo per convertire un settimo della produzione di energia primaria mondiale (25.000 TWh), potrebbe essere necessario triplicare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonnellate l’anno a quasi 35), quintuplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonnellate a poco più di 10) e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili neanche il 15% del fabbisogno energetico mondiale. Non solo, va considerato anche un aspetto tecnico: il “filone d’oro” esiste solo nei fumetti. Per fare un esempio, in un giacimento di rame, mediamente il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%. Questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonnellate di roccia. Le grandi miniere d’oro sudafricane macinano 5/6.000 tonnellate di roccia al giorno per estrarre meno di 20 tonnellate di metallo prezioso l’anno. Ma non basta.Come si produce l’alluminio? Beh, con un procedimento che consuma moltissima energia: per produrre una tonnellata di alluminio, infatti, sono necessari circa 30.000 kwh (tra energia termica ed elettrica). E anche la siderurgia è un’attività energivora: la produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti. Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 25.000 Twh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 7.000/40.000 Twh l’anno di energia fossile in più. E non è finita qui. Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, infatti, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi di anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi target del Green Deal, avrà bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo. È bene sottolineare che queste stime non sono le maldicenze di un mercante di dubbi pagato da Big Oil. L’Onu, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto ampi rapporti in cui arrivano a conclusioni analoghe: serviranno moltissime risorse naturali in più. Gli studi che approfondiscono l’argomento d’altro canto sono numerosi, e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli del mondo: “Pnas”, “Science”, “Nature”.Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, da “Le Scienze” alle tante testate digitali, curiosamente in lingua italiana non esiste un singolo approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio. La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali in pochi decenni. Oppure come sia possibile che, mentre ci si indigna per i disastri ambientali in Amazzonia o in Australia, si progetti di scavare fosse profonde 170 km per cercare i metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria eolica e solare (una prospettiva che per il momento, tra l’altro, è fantascienza pura, dato che si parla di operare a temperature e pressioni ingestibili con la tecnologia attuale).La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità. Immaginatela 40 volte più grande. Su “Econopoly” ci eravamo già occupati di questo aspetto e lo avevamo fatto ben prima che la pandemia di Covid-19 mettesse in luce che la scienza non è affatto monolitica come la dipingono alcuni media (sul clima impazzito ascoltate gli scienziati: ok, ma quali?). In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali. Quindi, in buona sostanza, uno scenario molto diverso da quello che viene venduto all’opinione pubblica.Non si tratta di una distopia, di un futuro lontano avvolto nelle nebbie del probabilmente e del forse: la Commissione Europea ha appena annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea e il prezzo del rame vola (+40% da marzo a oggi), trainato proprio dalla domanda legata alle auto elettriche cinesi e al Green Deal europeo. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche. Sospinti dall’emotività, alimentiamo una bolla epocale. Ci sono altre soluzioni? La temperatura continua ad aumentare, non possiamo fare finta di niente. Certo che ci sono altre soluzioni. E di nuovo, ci si scontra con il muro di gomma della divulgazione: l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così. Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (Dac). La cattura diretta è una tecnologia dall’apparenza pionieristica, ma in realtà molto semplice, che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Niente di fantascientifico, esistono decine di impianti pilota perfettamente funzionanti in tutto il mondo.Genericamente questa tecnologia viene ridicolizzata in quanto molto costosa: i risultati certificati a livello scientifico si attestano su un costo minimo di 94 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Oggettivamente, un costo non indifferente dato che ne emettiamo quasi 37 miliardi di tonnellate l’anno. Chiunque faccia notare che stiamo parlando dei dati relativi a un impianto pilota, molto piccolo, e che in un impianto di grandi dimensioni i costi potrebbero essere già ora molto più bassi, viene accusato di pensiero magico, nonostante il potenziale delle economie di scala sia noto e facilmente misurabile. Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate. Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe “solo” 3.000 miliardi l’anno! È veramente difficile capire come si possa definire la cattura diretta costosa, appoggiando contemporaneamente una soluzione che costa il doppio.Da non dimenticare, poi, come sottolinea proprio “Nature”, che la cattura diretta ha un vantaggio fondamentale rispetto a tutte le altre soluzioni: minimizza l’incertezza, aggredisce il nocciolo del problema. Da una parte parliamo di ridurre l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera attraverso complessi meccanismi culturali e sociali, dall’altra di toglierla direttamente con una tecnologia. Ancora più curioso è il caso della riforestazione e dell’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica: parliamo di agricoltura intensiva con rese superiori a quella chimica tradizionale), due opzioni perfettamente ecosostenibili che ci permetterebbero di tamponare rapidamente il problema del cambiamento climatico, con un dispendio di risorse limitato e ricadute socioeconomiche allettanti. Eppure, le iniziative in questa direzione sono continuamente sotto il fuoco degli scienziati, dei divulgatori e degli attivisti green. Un paradosso. L’accusa è spiazzante: l’adozione di queste soluzioni potrebbe rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.Ma l’obiettivo finale di questo gigantesco sforzo è mettere al sicuro il pianeta dall’incertezza climatica oppure far fare un mucchio di soldi alla lobby delle energie rinnovabili? Oramai è diventato molto difficile capirlo. Elon Musk è indubbiamente un imprenditore brillante, un genio del nostro tempo, ma non per questo ci dobbiamo sentire obbligati a versargli 1.000/2.000 miliardi di dollari l’anno, generosamente irrorati da fondi pubblici che togliamo alla sanità o all’educazione, solo per fare due esempi. Sarebbe bello poter chiosare, come d’altronde va molto di moda in questi tempi, dicendo che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, perché ne va del nostro futuro. Ma se a monte c’è un filtro che seleziona quali informazioni devono arrivare ai media e quali no, questo diventa solo l’ennesimo esercizio di stile altezzoso e inconcludente. «Va notato che l’Ipcc nel suo quinto rapporto, coerentemente con tutte le precedenti relazioni di valutazione, non affronta esplicitamente la questione delle implicazioni materiali degli scenari di sviluppo climatico» (World Bank).(Enrico Mariutti, “La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?”, dal “Sole 24 Ore” dell’11 novembre 2020; l’articolo è pubblicato nel supplemento “Econopolis”. Ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, nonché autore de “La decarbonizzazione felice”, Mariutti è il “founder” della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Isag, Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie).Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.
-
Bifarini: Usa fuori dall’Oms, colpo alla governance mondiale
«Trump che porta fuori gli Usa dall’Oms rischia di far saltare i piani della nuova governance mondiale», scrive Ilaria Bifarini sulla sua pagina Facebook. «Ci piaccia o no, con le elezioni statunitensi si giocherà il nuovo assetto socio-economico su scala globale. A poco serve rimanere ancorati a vecchi schemi o pregiudizi ideologici, di fronte alla minaccia di stravolgimento totale che stiamo vivendo». Mesi fa, l’economista “bocconiana redenta” aveva anticipato il problema, nel suo blog, parlando della “nuova governance mondiale targata Oms”. Era il 10 aprile, tempo di coprifuoco “modello Wuhan” anche in Italia. «Per la prima volta nella storia della globalizzazione – scriveva Ilaria – tutti i paesi, persino la recalcitrante Inghilterra fresca di Brexit e gli Stati Uniti, patria della fervente economia di mercato dove gli affari e i consumi non si fermano mai, sono in lockdown». Una fotografia impietosa: «L’economia mondiale è ferma, in quarantena», e così «crollano i consumi, le produzioni». E l’intera popolazione mondiale, «fatta eccezione per alcuni paesi del Terzo Mondo (e la Russia) che sembrano per ora i meno colpiti», di fatto «ha abdicato al proprio stile di vita e ai diritti democratici, accettando uno stato d’eccezione con massicce restrizioni».Per la prima volta, aggiungeva Bifarini, «vige una condivisione di regole comuni su scala planetaria: un nuovo ordine si è sostituito al caos del globalismo, basato sulla libera circolazione delle merci e delle persone, a guida Omc, Fmi e Banca Mondiale». Attenzione: «A garantire questa nuova governance, per ora provvisoria e legata a uno stato di emergenza sanitaria, è un altro attore sovranazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)». Riflessione: «Al governo liberista e liberale delle istituzioni economiche internazionali si è sostituito quello per definizione non democratico degli scienziati».. Ma che dire dell’Oms? «Un attore sovranazionale, che con le sue raccomandazioni guida le nostre vite e le nostre economie», e purtroppo «continuerà a farlo, almeno fino a quando questo virus non ci darà tregua». L’Oms, ricorda Ilaria Bifarini, è un’agenzia speciale dell’Onu per la salute con sede a Ginevra, entrata in vigore il 7 aprile 1948, governata da 194 Stati membri attraverso l’Assemblea mondiale della sanità, convocata annualmente in sessioni ordinarie e composta da rappresentanti dell’amministrazione sanitaria di ciascun paese.Nella sua Costituzione quale obiettivo primario è indicato quello della sanità, intesa come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, (che) non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. Lodevoli intenti: “Per raggiungere il più alto grado di sanità è indispensabile rendere accessibili a tutti i popoli le cognizioni acquistate dalle scienze mediche, psicologiche ed affini. Un’opinione pubblica illuminata ed una cooperazione attiva del pubblico sono d’importanza capitale per il miglioramento della sanità dei popoli”. A fronte di finalità di così vasta portata, il budget dell’organizzazione di Ginevra è piuttosto contenuto (circa 4 miliardi di dollari). E mentre all’inizio proveniva prevalentemente dagli Stati, negli ultimi decenni la tendenza si è modificata: ben l’87% attualmente deriva da donatori privati. «L’80% dei fondi donati sono “earmarked”, cioè vincolati a finanziare programmi specifici, decisi dai donatori stessi, aspetto che ha destato non poche perplessità sulle scelte dell’organizzazione». Il direttore dell’Istituto di Sanità globale di Ginevra, Antonie Flahault, a seguito della donazione di circa 900 milioni da parte della Fondazione dei coniugi Gates nel biennio 2016-2017, lamentava come l’Oms fosse «costretta a tenere conto di quello che Gates ritiene prioritario», cioè la lotta alla poliomielite, cui furono impegnati più fondi che alla prevenzione dell’Hiv, quarta causa di morte nel Terzo Mondo.La Fondazione dei Gates, aggiunge Bifarini, risulta a oggi il primo donatore privato dell’Oms. Nell’ottobre scorso è stata partner del Johns Hopkins Center for Health Security nella simulazione di una pandemia coronavirus, chiamata “nCoV-2019”. Attualmente ha donato 100 milioni di dollari per sconfiggere il Covid-19. «Questo non dimostra assolutamente che esista un complotto ai fini speculativi ordito dal mefistofelico Gates, che probabilmente di aumentare la propria ricchezza non ha un gran bisogno, ma getta sicuramente molte perplessità sul suo ruolo predominante in materia di sanità mondiale», scriveva Ilaria Bifarini già tre mesi fa. «A proposito, in una sua recente intervista ha invitato tutti a essere tranquilli e ad attenersi al lockdown e all’isolamento sociale ancora “soltanto” per 10 settimane, e ha lanciato frecciate velenose alle intenzioni di Trump di voler impedire la paralisi economica americana. E’ ragionevole credere che la sua previsione si avvererà. Del resto, si era già rivelato un veggente!».«Trump che porta fuori gli Usa dall’Oms rischia di far saltare i piani della nuova governance mondiale», scrive Ilaria Bifarini sulla sua pagina Facebook. «Ci piaccia o no, con le elezioni statunitensi si giocherà il nuovo assetto socio-economico su scala globale. A poco serve rimanere ancorati a vecchi schemi o pregiudizi ideologici, di fronte alla minaccia di stravolgimento totale che stiamo vivendo». Mesi fa, l’economista “bocconiana redenta” aveva anticipato il problema, nel suo blog, parlando della “nuova governance mondiale targata Oms“. Era il 10 aprile, tempo di coprifuoco “modello Wuhan” anche in Italia. «Per la prima volta nella storia della globalizzazione – scriveva Ilaria – tutti i paesi, persino la recalcitrante Inghilterra fresca di Brexit e gli Stati Uniti, patria della fervente economia di mercato dove gli affari e i consumi non si fermano mai, sono in lockdown». Una fotografia impietosa: «L’economia mondiale è ferma, in quarantena», e così «crollano i consumi, le produzioni». E l’intera popolazione mondiale, «fatta eccezione per alcuni paesi del Terzo Mondo (e la Russia) che sembrano per ora i meno colpiti», di fatto «ha abdicato al proprio stile di vita e ai diritti democratici, accettando uno stato d’eccezione con massicce restrizioni».
-
Koenig: vergogna, Soleimani invitato a Baghdad da Trump
Immagina, il cosiddetto leader mondiale ti invita in un paese straniero per aiutarti a mediare tra diverse fazioni; tu accetti, e quando arrivi all’aeroporto lui ti uccide. Quindi sorride e si vanta, con assoluta soddisfazione, di aver dato l’ordine di uccidere – uccidere con il telecomando, con il drone. Molto peggio dell’omicidio extragiudiziale, perché in quel caso non c’erano mai state accuse contro di te, tranne che per le bugie. È esattamente quello che è successo con l’amato, geniale e carismatico generale iraniano Qassem Soleimani. Ed è quello che i miseri servi di Trump, come il segretario agli esteri Mike Pompeo e il ministro della guerra, Mark Esper, negano spudoratamente: vale a dire che lo avevano invitato, per intermediazione del primo ministro iracheno. Davanti a una conferenza stampa della Casa Bianca, ridendo cinicamente, Pompeo ha chiesto ai giornalisti: credereste a queste sciocchezze? E ovviamente, nessuno dei giornalisti del sistema mediatico mainstream oserebbe dire di sì, anche se ci credessero. Invece ridono convenientemente, per esprimere il loro accordo con l’orribile assassino, in piena complicità con l’uomo che hanno di fronte, per così dire il più alto diplomatico degli Stati barbari.I giornalisti del sistema mainstream media sono troppo codardi per temere di rischiare il lavoro o di perdere l’accesso alla sala stampa della Casa Bianca. Tuttavia, questo è esattamente ciò che il primo ministro iracheno, Adil Abdul-Mahdi, ha detto, incredulo per l’accaduto: «Trump prima mi chiede di mediare con l’Iran, e poi uccide il mio invitato». Abdul-Mahdi ha sicuramente più credibilità di Trump o di uno dei suoi compari, dello stesso Pompeo che, non molto tempo fa, disse a “Rt”: «Quando ero il direttore della Cia, mentivamo, tradivamo, rubavamo. Abbiamo avuto interi corsi di formazione. Ti ricorda la gloria dell’esperimento americano». Il generale Soleimani è stato prelevato all’aeroporto di Baghdad da Abu Mahdi al-Muhandis, comandante militare iracheno e leader delle forze di mobilitazione popolare. Sono partiti con un Suv, quando i missili-drone statunitensi li hanno colpiti e polverizzati, insieme ad altri 10 militari di alto rango di entrambi i paesi. Soleimani aveva l’immunità diplomatica – e gli Stati Uniti lo sapevano. Ma nessuna regola, nessuna legge e nessuno standard etico è rispettato da Washington. Un comportamento molto simile a quello dei barbari.Il generale Soleimani, che era molto più che un generale, era anche un grande diplomatico, fu richiesto dal primo ministro Abdul-Mahdi per conto di Trump di venire a Bagdad per far parte di un processo di mediazione che Trump aveva chiesto a Mahdi di guidare, per allentare le tensioni tra Iran e Arabia Saudita, nonché tra Stati Uniti e Iran. Era uno stratagemma vile e codardo per assassinare Qassem Soleimani. Quanto in profondità puoi affondare? Non ci sono parole per descrivere un crimine così orribile. Pompeo, rotto a ogni menzogna, ha trovato immediatamente una formula di copertura: Soleimani era un terrorista e un pericolo per la sicurezza nazionale Usa. Attenzione, caro lettore: nessun iraniano, né il generale Soleimani né nessun altro, ha mai minacciato gli Stati Uniti, né con le parole, né con le armi. Invece, il capo-barbaro ha avuto l’audacia di minacciare l’Iran di colpire 52 siti del suo patrimonio culturale, nel caso in cui l’Iran avesse osato vendicarsi. Come ulteriore atto immediato contro la legge, Trump ha vietato al ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, di andare alle Nazioni Unite a New York per rivolgersi al Consiglio di Sicurezza, semplicemente rifiutando il visto d’ingresso negli Stati Uniti.Ciò è contrario alla Carta delle Nazioni Unite firmata dagli Stati Uniti nel 1947, in base alla quale ai rappresentanti stranieri deve essere sempre consentito l’accesso al territorio delle Nazioni Unite a New York (lo stesso vale per le Nazioni Unite a Ginevra). E dov’è il signor António Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite, quando ne hai bisogno? Che cosa ha da dire? Nulla, un grande nulla. Non ha nemmeno condannato l’omicidio del generale Soleimani. Ecco cos’è diventato l’Onu: un corpo senza denti e senza valore, pronto a eseguire le disposizioni dell’Impero Barbarico. Che triste eredità. Quand’è che la maggioranza degli Stati membri chiederanno l’espulsione degli Stati Uniti dall’Onu? Ci sono 120 Stati non allineati che si trovano dietro paesi che sono molestati, oppressi e sanzionati dagli Stati Uniti, come Venezuela, Cuba, Iran, Afghanistan, Siria, Corea del Nord. Perché non alzarsi all’unisono e fare dell’Onu – senza più il tiranno barbarico – ciò che la sua carta dice di essere?(Peter Koenig, estratto dal post “L’Occidente è gestito da barbari”, pubblicato su “Global Research” il 13 gennaio 2020. Economista e analista geopolitico, specialista in ecologia e risorse idriche, Koenig ha lavorato per oltre 30 anni con la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della Sanità in tutto il mondo).Immagina, il cosiddetto leader mondiale ti invita in un paese straniero per aiutarti a mediare tra diverse fazioni; tu accetti, e quando arrivi all’aeroporto lui ti uccide. Quindi sorride e si vanta, con assoluta soddisfazione, di aver dato l’ordine di uccidere – uccidere con il telecomando, con il drone. Molto peggio dell’omicidio extragiudiziale, perché in quel caso non c’erano mai state accuse contro di te, tranne che per le bugie. È esattamente quello che è successo con l’amato, geniale e carismatico generale iraniano Qassem Soleimani. Ed è quello che i miseri servi di Trump, come il segretario agli esteri Mike Pompeo e il ministro della guerra, Mark Esper, negano spudoratamente: vale a dire che lo avevano invitato, per intermediazione del primo ministro iracheno. Davanti a una conferenza stampa della Casa Bianca, ridendo cinicamente, Pompeo ha chiesto ai giornalisti: credereste a queste sciocchezze? E ovviamente, nessuno dei giornalisti del sistema mediatico mainstream oserebbe dire di sì, anche se ci credessero. Invece ridono convenientemente, per esprimere il loro accordo con l’orribile assassino, in piena complicità con l’uomo che hanno di fronte, per così dire il più alto diplomatico degli Stati barbari.
-
Come fermare l’estinzione degli italiani: impariamo da Putin
La situazione della natalità in Italia sta peggiorando anno dopo anno. E’ un paese che sta sparendo, in pratica. Gufismo, pessimismo? No, dati Istat, forniti da gente che fa statistica per mestiere. «La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2018 è inferiore di oltre 124 mila unità rispetto all’anno precedente pari al -0,2%. Si tratta del quarto anno consecutivo di diminuzione: dal 2015 sono oltre 400 mila i residenti in meno, un ammontare superiore agli abitanti del settimo Comune più popoloso d’Italia. Al primo gennaio 2019 risiedono in Italia 60.359.546 persone, di cui l’8,7% sono straniere. Il numero di cittadini stranieri che lasciano il nostro paese è in lieve flessione (-0,8%) mentre è in aumento l’emigrazione di cittadini italiani (+1,9%)». Ora, preso atto che questi sono numeri e che quindi neanche Mattarella nella sua forma più smagliante può negarli, viene da chiedersi: perché? E soprattutto, questo trend è davvero inarrestabile? Come ribadisco sempre su queste pagine, l’Italia è stata, per la maggior parte della storia delle civiltà, il paese più ricco del mondo. Su questo si trovano opinioni diverse e dati in parte contrastanti, ma basta fare un piccolo test: dove si trovano gli edifici, i monumenti, le infrastrutture artisticamente più belle, costose e grandi del mondo? E in quale paese tali opere sono numerose e diverse sia per stili, materiali impiegati ed epoche storiche?Ecco, appunto: se andate in Germania, Stati Uniti, Svizzera, Giappone, non c’è niente di simile, ma neanche di lontanamente paragonabile, proprio. Questo cosa significa? Significa che gli italiani non sono geneticamente né culturalmente inferiori a nessun altro popolo… anzi! E però gli italiani hanno perso la Seconda Guerra Mondiale e hanno abbracciato progetti sovranazionali guidati da “altre” nazioni: pertanto, in Italia, si è accettata una lingua straniera per i commerci, una moneta straniera (l’euro) e un governo straniero, quello della Commissione Europea. Detto diversamente, ma più chiaramente, l’Italia è oggi una colonia, un luogo dove al limite si può venire in vacanza, così come capitò ai primi del Novecento all’India, per i britannici, durante l’età vittoriana. In questa situazione, sposarsi e fare dei figli è un rischio elevato. Conviene di più farne a meno e vivere da single con l’aiuto della famiglia d’origine. Ma il quesito più interssante è il secondo: si può invertire il calo della natalità? Sì, perchè questo è già successo diverse volte nella storia dell’umanità. Nel Trecento, ad esempio, la popolazione europea crollò letteralmente di quasi un terzo a seguito di malattie come la peste, che non cessarono subito dopo, ma gli europei seppero riadattarsi alla mutata situazione e tornare a crescere di numero.Quindi, nella storia e nel lunghissimo periodo, la popolazione è sempre cresciuta, ma non nel breve e medio periodo, durante il quale anzi vi sono stati decenni di decrescita della natalità. In Inghilterra, nel ‘700 si ebbe un’impennata dei nati perché l’industrializzazione consentiva alle coppie di trovare lavoro subito, di sposarsi prima e dunque di avere più figli, e precocemente. In Italia, dopo la guerra, grazie alla scarsa disoccupazione dovuta alla necessità della ricostruzione, vi fu il fenomeno dei BabyBoomers, che riguardò tutto l’Occidente e che aumentò a dismisura il numero degli abitanti. Sono solo esempi, ma che dimostrano come sia possibilissimo invertire un trend. L’ultimo caso – nessuno lo sa – è quello della Russia. Come si vede da tutti i grafici forniti in questi anni dalla Banca Mondiale, la Russia – schiacciata dalle pressioni internazionali all’indomani dell’esperienza sovietica – non aveva né fiducia in se stessa, né una gestione nazionale dell’economia. Poi è arrivato un leader che ha invertito la rotta cambiando le cose grazie alla cura dell’interesse nazionale. I russi, che erano precipitati come demografia negli anni ’90, si sono “miracolosamente” ripresi mentre tutti gli altri paesi ex comunisti promuovevano la migrazione della loro forza lavoro.Su Wikipedia si legge: «Poche nascite e molti morti ridussero la popolazione russa dello 0,5% ogni anno, durante gli anni ’90. Questo tasso si presentava in continua accelerazione. Per ogni 1.000 russi vi furono 16 morti e solo 10,5 nascite, provocando il declino della popolazione da 800.000 a 750.000 l’anno. L’Onu stimò che la popolazione della Russia del 2006, circa 140 milioni, sarebbe potuta diminuire di un terzo entro il 2050». Nel 2005, con il secondo mandato del presidente Putin, la stabilità della situazione politica ed economica ha comportato una maggiore attenzione del governo sulla questione demografica, attraverso strumenti che favorissero da una parte l’aumento della natalità, come incentivi economici alla nascita del secondo e terzo figlio o crediti immobiliari alle coppie di neo-sposi, dall’altra parte la diminuzione della mortalità attraverso una riforma generale del sistema sanitario nazionale. Nel 2016, la popolazione russa ha registrato un +0,2% rispetto al 2015, segnando così una inversione che si protrae nel tempo, pur molto lentamente. Quelli appena trascorsi sono stati anni difficili, per i russi, a causa di sanzioni, tensioni in Ucraina e nel Medio Oriente. Ma il declino è stato fermato, contrariamente a quanto avviene da noi, in Italia. Ricette semplici ed efficaci da copiare quanto prima: come noto agli economisti di ogni latitudine ed epoca storica, non è possibile crescere economicamente con un crollo costante della natalità nazionale.(Massimo Bordin, “Come fermare l’estinzione degli italiani”, dal blog “Micidial” del 2 gennaio 2020).La situazione della natalità in Italia sta peggiorando anno dopo anno. E’ un paese che sta sparendo, in pratica. Gufismo, pessimismo? No, dati Istat, forniti da gente che fa statistica per mestiere. «La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2018 è inferiore di oltre 124 mila unità rispetto all’anno precedente pari al -0,2%. Si tratta del quarto anno consecutivo di diminuzione: dal 2015 sono oltre 400 mila i residenti in meno, un ammontare superiore agli abitanti del settimo Comune più popoloso d’Italia. Al primo gennaio 2019 risiedono in Italia 60.359.546 persone, di cui l’8,7% sono straniere. Il numero di cittadini stranieri che lasciano il nostro paese è in lieve flessione (-0,8%) mentre è in aumento l’emigrazione di cittadini italiani (+1,9%)». Ora, preso atto che questi sono numeri e che quindi neanche Mattarella nella sua forma più smagliante può negarli, viene da chiedersi: perché? E soprattutto, questo trend è davvero inarrestabile? Come ribadisco sempre su queste pagine, l’Italia è stata, per la maggior parte della storia delle civiltà, il paese più ricco del mondo. Su questo si trovano opinioni diverse e dati in parte contrastanti, ma basta fare un piccolo test: dove si trovano gli edifici, i monumenti, le infrastrutture artisticamente più belle, costose e grandi del mondo? E in quale paese tali opere sono numerose e diverse sia per stili, materiali impiegati ed epoche storiche?
-
Altro che clima: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari
Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva “New Eastern Outlook”. Su “Global Research”, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».Bonnie Prince Charles, futuro “monarca” del Regno Unito, insieme a Bank of England e City of London ha promosso “strumenti finanziari verdi”, guidati da Green Bonds, «per reindirizzare piani pensionistici e fondi comuni di investimento verso progetti verdi». Un attore chiave nel collegamento delle istituzioni finanziarie mondiali con l’agenda verde è Mark Carney, capo uscente della Banca d’Inghilterra. Nel dicembre 2015, il Financial Stability Board della Bank for International Settlements, presieduto poi da Carney, ha creato la task force sulla divulgazione finanziaria legata al clima (Tcfd), per consigliare «investitori, finanziatori e assicurazioni sui rischi legati al clima». Nel 2016, continua Engdahl, il Tcfd (insieme alla City of London Corporation e al governo del Regno Unito) ha avviato la Green Finance Initiative, con l’obiettivo di incanalare trilioni di dollari in investimenti “verdi”. I banchieri centrali dell’Fsb hanno nominato 31 persone per formare il Tcfd. Presieduta dal miliardario Michael Bloomberg, la cabina di regia include le persone chiave dei maggiori operatori finanziari del pianeta. Ci sono tutti: da Jp Morgan a BlackRock, uno dei più grandi gestori patrimoniali al mondo.Nell’elenco giganteggiano Barclays e Hsbc, la banca Londra-Hong Kong (multata ripetutamente per riciclaggio di droga e altri fondi neri), Swiss Re (la seconda assicurazione più grande al mondo), la banca cinese Icvc, Tata Steel, Eni, Dow Chemical, il gigante minerario Bhp Billington e David Blood di Al Gore’s Generation Investment. «In effetti sembra che le volpi stiano scrivendo le regole per il nuovo Green Hen House», annota Engdahl. «Carney, della Bank of England, è stato anche un attore chiave negli sforzi per rendere la City di Londra il centro finanziario della Green Finance globale». Philip Hammond, già cancelliere britannico, nel luglio 2019 ha pubblicato un Libro bianco, “Strategia di finanza verde: trasformare la finanza per un futuro più verde”. Il documento afferma: «Una delle iniziative più influenti da far emergere è il Financial Stability Board Task Force del settore privato sulle comunicazioni finanziarie legate al clima (Tcfd), supportato da Mark Carney e presieduto da Michael Bloomberg. Ciò è stato approvato dalle istituzioni che rappresentano 118 trilioni di attività a livello globale». Il piano, spiega Engdahl, consiste nella finanziarizzazione dell’intera economia mondiale «usando la paura di uno scenario da fine del mondo per raggiungere obiettivi arbitrari come “emissioni zero di gas serra”».L’onnipresente regina di Wall Street, Goldman Sachs, che ha generato tra gli altri Mario Draghi e lo stesso Carney, ha appena svelato il primo indice globale di titoli ambientali di alto livello, fatto insieme al Cdp con sede a Londra, finanziato insieme a investitori come Hsbc, Jp Morgan, Bank of America, Merrill Lynch, American International Group e il fondo State Street. Il nuovo indice borsistico, denominato Cdp Environment Ew e Cdp Eurozone Ew, «mira ad attirare fondi di investimento, sistemi pensionistici statali come Calpers (il sistema pensionistico dei dipendenti pubblici della California) e Calstrs (il sistema pensionistico degli insegnanti dello Stato della California) con un combinato di 600 miliardi di attività, da investire in obiettivi scelti con cura. Le società più votate nell’indice includono Alphabet, che possiede Google, Microsoft, Ing Group, Diageo, Philips, Danone e la stessa Goldman Sachs. «A questo punto – continua Engdahl – gli eventi assumono una svolta cinica quando ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi come la svedese Greta Thunberg o la 29enne Alexandria Ocasio-Cortez di New York e il loro Green New Deal. Per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c’è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione a scopo di lucro».Greta Thunberg, continua Engdahl, «fa parte di una rete ben collegata legata all’organizzazione di Al Gore», che viene «commercializzata in modo cinico e professionale e utilizzata da agenzie come le Nazioni Unite, la Commissione Europea e gli interessi finanziari dietro l’attuale agenda sul clima». Ricercatrice e attivista climatica canadese, Cory Morningstar documenta come in azione «una rete ben collegata ad Al Gore», definito «investitore e profittatore del clima enormemente ricco», presidente del gruppo Generation Investment. Il partner di Gore, David Blood, ex funzionario di Goldman Sachs, è membro del Tcfd creato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali. «Greta Thunberg, insieme alla sua amica diciassettenne americana Jamie Margolin, è stata elencata come “consulente speciale per giovani e fiduciario” della Ong svedese “We Don’t Have Time”, fondata dal suo Ceo Ingmar Rentzhog». Rentzhog è membro dei leader dell’Organizzazione per la Realtà Climatica di Al Gore, e fa parte della task force per la politica climatica europea. È stato “addestrato” nel marzo 2017 da Al Gore a Denver e di nuovo nel giugno 2018 a Berlino. Il Progetto per la Realtà Climatica di Al Gore è partner di “We Don’t Have Time”.«I legami tra i più grandi gruppi finanziari del mondo, le banche centrali e le società globali all’attuale spinta a una strategia climatica radicale per abbandonare l’economia dei combustibili fossili a favore di un’economia verde vaga e inspiegabile, a quanto pare, valgono assai più della genuina preoccupazione di rendere il nostro pianeta un ambiente pulito e sano in cui vivere». Piuttosto, scrive Engdahl, quello degli “amici” di Greta è un programma di business intimamente legato all’Agenda 2030 dell’Onu, vocata all’economia “sostenibile” («e allo sviluppo letteralmente di trilioni di dollari di nuova ricchezza per le banche globali e i giganti finanziari»). Nel febbraio 2019, Jean-Claude Juncker accolse Greta alla Commissione Europea, fingendo di impegnarsi per il clima sulla scorta della denuncia della ragazzina. In realtà, spiega Engdahl, le «centinaia di miliardi di euro per combattere i cambiamenti climatici nei prossimi 10 anni» erano già in cantiere: decisione presa in collaborazione con la Banca Mondiale un anno prima, il 26 settembre 2018, al vertice di One Planet con le fondazioni di Bloomberg. Greta serviva solo come paravento etico per il business finanziario che usa il “green” per rastrellare fondi e lanciare prodotti speculativi.Il 17 ottobre 2018, aggiunge Engdahl, Juncker ha firmato un memorandum d’intesa con Breakthrough Energy-Europe, in cui i partner «avranno accesso preferenziale a qualsiasi finanziamento». Nel club figurano Richard Branson di Virgin Air, Bill Gates, Jack Ma di Alibaba, Mark Zuckerberg di Facebook, Ray Dalio di Bridgewater. Ancora: Julian Robertson (Tiger Management) e poi David Rubenstein (Carlyle Group), nonché George Soros e il giapponese Masayoshi Son (Softbank). Avverte Engdahl: «Quando le multinazionali più influenti, i maggiori investitori istituzionali del mondo tra cui BlackRock e Goldman Sachs, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, la Banca d’Inghilterra e altre banche centrali della Bri si schierano dietro il finanziamento di una cosiddetta “agenda verde”, è tempo di guardare dietro la superficie delle campagne degli attivisti del clima». Quello che emerge è il tentativo di riorganizzare la finanza mondiale usando il clima come pretesto. Allarme: vogliono «cercare di convincere la gente comune a compiere sacrifici indicibili per “salvare il pianeta”». Già nel 2010, il capo dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, Otmar Edenhofer, ammetteva: «Bisogna dire chiaramente che ridistribuiamo di fatto la ricchezza del mondo in base alla politica climatica». Parole esplicite: «Bisogna liberarsi dall’illusione che la politica internazionale sul clima sia una politica ambientale. Questo non ha quasi più nulla a che fare con la politica ambientale, con problemi come la deforestazione o il buco dell’ozono». Soldi, prima di tutto. Capito, gretini?Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva su “New Eastern Outlook”. Su “Global Research“, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».
-
E bravo Draghi, ha ridotto l’Europa a un nano economico
Mario Draghi alla scadenza del suo mandato è stato celebrato come il salvatore della Ue e dell’euro, e non c’è dubbio che abbia fatto di tutto per evitare il collasso della moneta unica e che ci sia riuscito. Ma per l’economia reale – ecco il rovescio della medaglia – questo non ha portato ad alcun giovamento. Nei dieci anni successivi alla crisi, dal 2007 al 2017, secondo i dati della World Bank, il Pil globale nel mondo è aumentato del 22%. Tutto merito della Cina e l’India? Per la verità gli Usa sono cresciuti del 29%. E l’Europa della Ue e dell’euro? Il dato clamoroso è che l’Europa dell’euro in dieci anni è cresciuta, come Pil, dell’1,7%. Questo è incredibile. L’Europa ha a disposizione scienza e tecnologia quanto l’America e l’Asia e si lavora in media otto ore al giorno anche qui. Americani, giapponesi e cinesi prendono un po’ meno vacanze e hanno meno mesi in maternità, vanno in pensione qualche anno più tardi. Ma la differenza non è poi così grande come si pensa. Una differenza così abissale della crescita economica su dieci anni non la si spiega con le ore lavorate, che sono in Eurozona solo un 10 o 15% di meno complessivamente.E in ogni caso questa differenza esisteva anche vent’anni fa, quando invece la crescita europea era paragonabile a quella del resto dei paesi Ocse.Questo enorme divario di crescita si spiega soprattutto con le politiche molto espansive del credito e dei deficit pubblici, che il resto del mondo ha fatto e noi nella Ue no. In Usa, il Pil è aumentato da 15.000 a 19.300 miliardi, mentre il deficit pubblico aumentava da 10.000 a 21.000 miliardi, più che raddoppiato in dieci anni (e tuttora l’America mantiene un deficit pubblico di 1.000 miliardi l’anno). In Cina il totale del debito (incluso quello di imprese e famiglie) era meno di 10.000 miliardi, e in dieci anni è esploso a oltre 40.000 miliardi. In Italia invece il credito totale a famiglie e imprese è calato, negli ultimi dieci anni, perché quello alle imprese è stato tagliato moltissimo (da 940 a 650 miliardi) e quello alle famiglie è salito solo leggermente. E la politica di Draghi alla Bce, che ha espanso il bilancio della Bce di quasi 3.000 miliardi? Questi miliardi sono andati a comprare debito pubblico, sia direttamente che indirettamente (dandoli alle banche che poi compravano ad esempio Btp). Sarebbe stato utile all’economia se si fossero aumentati i deficit tagliando le tasse, ma “le regole Ue” lo hanno impedito. E allora a cosa sono serviti i 3.000 miliardi di Draghi? Solo a far scendere a zero (o sottozero) il rendimenti di tutti i titoli di Stato, persino quell greci.Questo danneggia i risparmiatori, che infatti oggi in Italia hanno abbandonato i titoli di Stato comprando polizze, fondi e prodotti del risparmio gestito, e poi mettendo 300 miliardi nei conti correnti, che sono saliti a 1.400 miliardi. Se schiacci a zero i rendimenti dei titoli, chi vuole risparmiare deve spendere un poco di meno per compensare il reddito che non riceve più sui suoi soldi messi da parte. In compenso, a questi tassi artificialmente bassi diventa più facile indebitarsi per chi opera speculativamente sui mercati. Buona fortuna. Nel resto del mondo si è reagito alla crisi con politiche aggressive di aumento dei deficit e del credito per far circolare più soldi con ogni mezzo anche tra famiglie e imprese. Si sono tagliate le tasse e si è aumentata la spesa, e le banche sono state spinte ad aumentare il credito. Le statistiche mondiali del debito privato e pubblico mostrano un enorme aumento del debito delle imprese specie in Usa e Cina. Oggi il debito equivale in pratica alla moneta che circola, e se si vuole aumentarla bisogna aumentare il debito. Nessuno lo ha capito meglio dei giapponesi e dei cinesi. Il Giappone infatti come si sa ha un debito pubblico doppio del nostro, e la Cina ha trascinato l’economia globale negli ultimi dieci anni aumentando il debito privato di 30.000 miliardi!Se invece non si aumenta il deficit e non si stimolano le banche a prestare alle imprese, stampare moneta come ha fatto Draghi fa solo scendere i tassi sui titoli di Stato a zero o sottozero. Una cosa irrazionale, mai successa in 4.000 anni di storia, e che accade più che altro in Eurozona. Draghi ha pompato liquidità solo per comprare e far comprare alla banche titoli sui mercati. Poco o niente è andato all’economia reale. Questi dati sull’enorme divario tra il resto del mondo che cresce del 22% e l’Eurozona che cresce dell’1% indicano che siamo diventati una eccezione nel mondo; siamo l’area della crescita demografica zero o negativa, come in Italia, perché siamo prigionieri di una gabbia finanziaria che soffoca l’economia e riduce l’occupazione. L’Eurozona sacrifica le prospettive dei suoi figli, che non riproduce più, per rispettare “vincoli finanziari e di bilancio” di cui il resto del mondo se ne frega.C’è chi usa più che altro il debito privato, come i cinesi (ma le loro banche sono pubbliche), chi usa sia quello pubblco come Usa e Uk, e chi usa il debito pubblico, come i giapponesi: sì anche i giapponesi, i quali hanno goduto di un incremento del reddito pro capite dal 2008 di circa il 7% contro un calo dell’8% dell’Italia, nonostante il loro debito pubblico sia il doppio del nostro. La politica della Bce di Draghi è servita solo a impedire che la zona euro si sfaldasse; ma occorre – in Europa, e in Italia prima di ogni altro paese – uno “shock monetario”, una espansione dell’ordine dei 100 miliardi di euro, sotto forma soprattutto di riduzioni di tasse, per rilanciare gli investimenti. L’attuale legge di bilancio mette il paese in coma farmacologico, ma il prossimo anno ci saranno elezioni politiche anticipate e Salvini andrà a Palazzo Chigi; sarà meglio preparere sin d’ora un valido programma per rianimare l’Italia.(Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, “I disastri dell’Euro: l’Ue è cresciuta un decimo rispetto al mondo”, da “Libero” del 3 novembre 2019; articolo ripreso sul blog di Becchi).Mario Draghi alla scadenza del suo mandato è stato celebrato come il salvatore della Ue e dell’euro, e non c’è dubbio che abbia fatto di tutto per evitare il collasso della moneta unica e che ci sia riuscito. Ma per l’economia reale – ecco il rovescio della medaglia – questo non ha portato ad alcun giovamento. Nei dieci anni successivi alla crisi, dal 2007 al 2017, secondo i dati della World Bank, il Pil globale nel mondo è aumentato del 22%. Tutto merito della Cina e l’India? Per la verità gli Usa sono cresciuti del 29%. E l’Europa della Ue e dell’euro? Il dato clamoroso è che l’Europa dell’euro in dieci anni è cresciuta, come Pil, dell’1,7%. Questo è incredibile. L’Europa ha a disposizione scienza e tecnologia quanto l’America e l’Asia e si lavora in media otto ore al giorno anche qui. Americani, giapponesi e cinesi prendono un po’ meno vacanze e hanno meno mesi in maternità, vanno in pensione qualche anno più tardi. Ma la differenza non è poi così grande come si pensa. Una differenza così abissale della crescita economica su dieci anni non la si spiega con le ore lavorate, che sono in Eurozona solo un 10 o 15% di meno complessivamente.E in ogni caso questa differenza esisteva anche vent’anni fa, quando invece la crescita europea era paragonabile a quella del resto dei paesi Ocse.
-
Migranti d’oro: finanziare la disperazione “vale” 445 miliardi
È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo? Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto. Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero. Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10.000 nel solo 2017).