Archivio del Tag ‘aerosol’
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Tsunami, clima e potere: dalle Canarie alle Tre Gole
Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro in Cina. E’ singolare, la simmetria incarnata da due eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata nell’Hubei, la provincia di Wuhan. Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a “L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt Martini. Tema: le catastrofiche conseguenze che i geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai stato costruito dall’uomo.
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Nibiru ci sta venendo addosso? Shimschuck: è un segreto
Come scienziato, ho trascorso gran parte della mia vita nella ricerca di risposte semplici a domande difficili. Sono votato alla verità, e per lungo tempo ho aiutato a nascondere una verità che potrebbe costare milioni o miliardi di vite. Come molti dei miei colleghi, ho temuto per la mia vita. Ora non ho parenti in vita, e la mia coscienza non poteva sopportare a lungo il peso della colpa. Dovevo rendere pubblica la verità per l’umanità intera.Vogliono mantenere gli occhi e l’attenzione del pubblico su qualsiasi cosa, ovunque, ad eccezione di dove dovrebbero essere concentrati: nello spazio. Il sistema di Nibiru è già naturalmente visibile, attraverso i più potenti telescopi, dall’emisfero Sud del pianeta, ma non è consentita la divulgazione pubblica delle sue immagini. Quel sistema gode inoltre di una sorta di occultamento naturale, consistente nella densa nube di ossido di ferro che lo circonda, estesa per sette milioni di miglia in tutte le direzioni. Se vi sveglierete una mattina e vedrete polvere di ossido di ferro sul vostro parabrezza, Nibiru sarà probabilmente a meno di dodici ore di distanza.Cos’è Nibiru? Si tratta di un termine generico per quello che io e altri conosciamo come “Sistema Nibiru”. In sostanza è un sistema stellare indipendente, che si interseca con il nostro. Al suo cuore ha una stella nana bruna delle dimensioni pari ad un ottavo del nostro Sole. Questa nana bruna ha in orbita attorno a sé sette pianeti, alcuni più piccoli della nostra Luna, altri più grandi della Terra. La preoccupazione maggiore è rappresentata dal terzo pianeta di questo sistema, che ha diverse volte la massa della Terra con un nucleo di nichel-ferro. Si prevede che questo pianeta passerà entro 0,3 UA dalla Terra (una UA, Unità Astronomica, corrisponde alla distanza Terra-Sole, ndr). Lo scenario peggiore? Un evento a livello di estinzione. Niente sul pianeta sopravviverà, nemmeno un batterio. Il migliore: spostamento dei Poli, accompagnato da un innalzamento del livello dei mari, eruzioni vulcaniche, tsunami che invadono per centinaia di miglia l’entroterra. Terremoti di magnitudine 10 lungo le linee di faglia e da sei a otto di magnitudine in molte altre aree. Fondamentalmente, tutte le parti peggiori della Bibbia.Le persone con conoscenza non fanno confessioni se non sul letto di morte: per paura del male che possono fare ai loro cari. Dubito che mi sarei fatto avanti, se altri – come il dottor Eugene Ricks – non avessero fatto quel primo passo, un passo coraggioso. Ormai abbiamo raggiunto un precipizio: cinque, dieci, trenta anni fa, i governi del mondo avevano una “rete di sicurezza” e la convinzione che avrebbero potuto nascondere la verità quasi all’infinito. Ora che il tempo è trascorso, credo che si rendano conto che la verità circa “l’intruso” non possa essere nascosta ancora a lungo. Da quanto tempo si è al corrente del problema Nibiru? Credo che lo conoscessero fin dagli anni ‘50. Ma io personalmente ne sono a conoscenza fin dai primi anni ‘80. Sì, i principali governi del mondo, ognuno a proprio modo, cospirarono contro la popolazione mondiale per mantenere questo segreto, che è quello più accuratamente conservato nella storia dei cosiddetti segreti.Le tre grandi potenze – Stati Uniti, Russia e Cina – hanno da tempo attivato un “protocollo secondario”, il che significa che si sono preparati bunker sotterranei e che “governi secondari e provvisori” sono pronti per essere operativi. Le scie chimiche? E’ decisamente possibile che le irrorazioni aeree di aerosol servano per molteplici finalità. Io davvero non lo so, ma niente mi sorprende più. So per certo che una delle ragioni è di impedire, oscurare e ritardare la visibilità del sistema Nibiru. Questo lo so perché ho visto della documentazione sulla cosa. Stanno spruzzando adesso – lo hanno fatto per anni – perché le scie chimiche (di cui io non ero informato sulla precisa composizione), combinando riflettenti e translucenti nano-fibre con l’ossido di alluminio, un altro loro ingrediente, creano una barriera, una sorta di schermo per offuscare e per limitare la visibilità delle ottiche naturali e artificiali. C’è una degradazione marginale nel corso del tempo, ma il composto persiste nell’atmosfera e continua ad auto-ricostruire se stesso.(Ronald Shimschuck, dichiarazioni rilasciate in un’intervista concessa al sito “Someonesbones.com” e riprese da Nicola Bizzi in un saggio proposto su “Archeomisteri” nel 2016, ora rilanciato anche su Facebook. Astrofisico con dottorato di ricerca al Mit, Shimschuck ha lavorato a lungo per la Nasa. Lo scienziato sostiene di aver appreso dell’esistenza del “problema” mentre era coinvolto con il programma Sts dell’agenzia spaziale statunitense, nel 1985, venendo a conoscenza di un ordine esecutivo segreto, firmato dall’allora presidente Ronald Reagan, che vietava qualsiasi discussione pubblica su Nibiru. Nel timore che l’avvicinarsi del sistema solare “intruso” – ciclicamente vicinissimo all’orbita terrestre – possa causare immani devastazioni al nostro pianeta, Shimschuck dichiara che Usa, Russia e Cina hanno imposto sull’argomento il silenzio più assoluto, proibendo agli scienziati di parlarne. Per il sumerologo Zecharia Sitchin, proprio da Nibiru provennero gli Anunnaki, che avrebbero “fabbricato” geneticamente l’umanità, o almeno una parte di essa, ibridando il loro Dna con quello dell’Homo Erectus).Come scienziato, ho trascorso gran parte della mia vita nella ricerca di risposte semplici a domande difficili. Sono votato alla verità, e per lungo tempo ho aiutato a nascondere una verità che potrebbe costare milioni o miliardi di vite. Come molti dei miei colleghi, ho temuto per la mia vita. Ora non ho parenti in vita, e la mia coscienza non poteva sopportare a lungo il peso della colpa. Dovevo rendere pubblica la verità per l’umanità intera. Vogliono mantenere gli occhi e l’attenzione del pubblico su qualsiasi cosa, ovunque, ad eccezione di dove dovrebbero essere concentrati: nello spazio. Il sistema di Nibiru è già naturalmente visibile, attraverso i più potenti telescopi, dall’emisfero Sud del pianeta, ma non è consentita la divulgazione pubblica delle sue immagini. Quel sistema gode inoltre di una sorta di occultamento naturale, consistente nella densa nube di ossido di ferro che lo circonda, estesa per sette milioni di miglia in tutte le direzioni. Se vi sveglierete una mattina e vedrete polvere di ossido di ferro sul vostro parabrezza, Nibiru sarà probabilmente a meno di dodici ore di distanza.
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Medici contro l’Oms: pandemia inventata e cure censurate
«L’Oms ha creato un coronavirus infodemico per simulare una pandemia». Allarme gonfiato, dati falsificati e terapie oscurate. E’ un’accusa terribilmente esplicita, quella rivolta all’Organizzazione Mondiale della Sanità. La firmano medici e operatori sanitari del Belgio, autori di una lunga lettera alle autorità statali, chiedendo che l’ente sanitario internazionale venga addirittura indagato. La lettera, che ripercorre tutta la gestione dell’emergenza, dall’inizio ad oggi – osserva “ByoBlu” – arriva ad una precisa conclusione: «L’attuale gestione della crisi è diventata del tutto sproporzionata e causa più danni che benefici». Aggiungono i medici belgi «Chiediamo la fine di tutte le misure e un ripristino immediato della nostra normale governance democratica». Rivogliono anche «tutte le nostre libertà civili», confiscate attraverso lockdown e restrizioni. La lettera, scrive ancora “ByoBlu”, ha avuto immediatamente un forte impatto sull’opinione pubblica, non solo del Belgio ma di tutto il mondo. «L’analisi proposta, infatti, potrebbe riferirsi a qualsiasi altro Stato che in questi mesi, e in parte ancora oggi, ha limitato alcune delle libertà fondamentali dei propri cittadini».
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I medici italiani sconfiggono il Covid, ma il governo li ignora
Tutto sembra interessare, al governo Conte, fuorché proteggere gli italiani dal coronavirus nel modo più ovvio: curandoli. Le terapie ormai esistono e sono collaudate, ma l’esecutivo si comporta come se non ci fossero. E continua a parlare del vaccino come unica possibile soluzione, nonostante medici famosi come il milanese Alberto Zangrillo e il genovese Matteo Bassetti ripetano che è semplicemente insensato seguitare ad avere paura del Covid-19 come avveniva a marzo, quando ancora non si sapeva come affrontarlo. E’ ormai stato accertato, invece, che moltissimi degenti classificati come vittime del virus sono stati letteralmente uccisi dall’ossigenazione forzata ricevuta in terapia intensiva: l’ossigeno era letale perché quei malati non erano affetti da polmonite, ma da trombo-flebite. Un dramma che si sarebbe probabilmente evitato, se il ministero della sanità non avesse inspiegabilmente scoraggiato le autopsie. Quanti i morti, a proposito? Non si sa ancora: il governo dovrà finalmente rendere pubblici i dati, come richiesto dal Tar del Lazio in seguito a un esposto dei legali della Fondazione Einaudi. A denunciare il governo per aver trascurato le cure salva-vita sono scienziati come il virologo Giulio Tarro e il ricercatore Pasquale Bacco: hanno depositato un esposto alla procura di Roma insieme al magistrato Angelo Giorgianni a nome dell’associazione “L’Eretico”, che rappresenta 2.000 medici e giuristi.«Le cure c’erano – dicono Tarro, Bacco e Giorgianni – ma sono state ignorate». In sostanza: è stata l’ostinata negligenza del governo Conte a trasformare in una strage (35.000 morti) la comparsa del coronavirus? Sotto accusa, la “malagestione” dell’emergenza Covid sotto il profilo medico-scientifico, epidemiologico e giuridico. «Approcci diagnostici sbagliati, cure inappropriate, misure di contenimento del contagio e di sicurezza scriteriate, in vigore ancora oggi». Scrivono Tarro e colleghi: «Siamo stati noi a uccidere le persone, anche se in buona fede, perché si era dinanzi ad una situazione nuova». Di fatto, «in terapia intensiva è stata applicata una cura sbagliata». Accusano i sanitari: «Si diceva di non utilizzare gli antinfammatori, che ora invece sono alla base della nuova terapia». Addirittura clamorosa la “crociata” sin qui condotta, specie in Italia, contro qualsiasi cura efficace contro il Covid. Completamente ignorato il professor Pietro Garavelli, primario a Novara, tra i primi a certificare l’efficacia del Plaquenil, farmaco a base di idrossiclorochina. Inaudito il “giallo” legato a questo antimalarico, ampiamente sperimentato: il 22 maggio, uno studio su “The Lancet” lo ha improvvisamente definito pericoloso; a ruota, l’Oms lo ha prontamente sconsigliato, invitando gli ospedali a farne a meno, salvo poi rimangiarsi tutto non appena, il 2 giugno, sempre “The Lancet” ha ritrattato le affermazioni dello studio, scusandosi con i lettori e i medici.In Italia, è stato letteralmente linciato – sui media – il dottor Giuseppe De Donno, di Mantova, autore di una scoperta illuminante: per guarire dal Covid basta una trasfusione di sangue donato da pazienti guariti. E mentre proprio il Plaquenil (la demonizzata idrossiclorochina) è stato alla base della guarigione di un gran numero di pazienti, altri medici – sempre italiani – hanno scoperto nuove soluzioni, ancora più pratiche, per trasformare il Covid in una malattia non preoccupante, normalmente curabile anche da casa. Già a metà aprile, il ministro Roberto Speranza aveva ricevuto una comunicazione urgente da 30 specialisti italiani, contenente la seguente notizia: per fermare il Covid basta il cortisone. Incredibile ma vero, Speranza non si è degnato nemmeno di rispondere, a quella tempestiva segnalazione. Due mesi dopo, sono stati gli inglesi a pervenire alla medesima conclusione: il Desametasone sperimentato in Italia è efficacissimo contro il Covid. Stavolta, la notizia è stata convalidata dall’Oms: ulteriore scorno, per un governo – quello italiano – che sembra impegnato a scoraggiare in ogni modo i medici che trovano cure capaci di azzerare la paura del virus.L’ultimo ritrovato (italiano, ancora una volta) viene da Reggio Calabria: l’oncologo Pierpaolo Correale ha collaudato un nuovo approccio terapeutico semplicissimo, mediante aerosol, che spegne l’infiammazione in soli cinque giorni. Nulla di tutto questo, però, sembra destare il minimo interesse da parte di Speranza, dei tecnici del ministero e di Walter Ricciardi, l’ex super-consulente di Big Pharma (poi dirigente dell’Oms) messo a guardia dell’emergenza Covid in Italia, a metà strada tra Speranza e Conte. Al contrario, il governo – che continua a paventare “seconde ondate” autunnali, presentandole come minacciose (come se le cure non esistessero ancora) – insiste nel raccomandare l’uso della mascherina, dichiarata inutile dalla stessa Oms, oltre che potenzialmente dannosa per la salute. «Da sole, le mascherine non proteggono dal Covid», ha dichiarato già il 6 giugno il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Non raccomandiamo l’uso esteso di mascherine, perché non è associato ad alcun beneficio», ha ribadito in questi giorni Mike Ryan, a capo del programma emergenze sanitarie dell’Oms: «Nell’indossare mascherine non c’è nessun particolare beneficio che sia stato dimostrato». In che mondo vivono, Conte e Speranza? In un universo virtuale, parallelo a quello dei medici (italiani) che ormai il Covid l’hanno sconfitto?Tutto sembra interessare, al governo Conte, fuorché proteggere gli italiani dal coronavirus nel modo più ovvio: curandoli. Le terapie ormai esistono e sono collaudate, ma l’esecutivo si comporta come se non ci fossero. E continua a parlare del vaccino come unica possibile soluzione, nonostante medici famosi come il milanese Alberto Zangrillo e il genovese Matteo Bassetti ripetano che è semplicemente insensato seguitare ad avere paura del Covid-19 come avveniva a marzo, quando ancora non si sapeva come affrontarlo. E’ ormai stato accertato, invece, che moltissimi degenti classificati come vittime del virus sono stati letteralmente uccisi dall’ossigenazione forzata ricevuta in terapia intensiva: l’ossigeno era letale perché quei malati non erano affetti da polmonite, ma da trombo-flebite. Un dramma che si sarebbe probabilmente evitato, se il ministero della sanità non avesse inspiegabilmente scoraggiato le autopsie. Quanti i morti, a proposito? Non si sa ancora: il governo è finalmente stato invitato a rendere pubblici i dati, come richiesto dal Tar del Lazio in seguito a un esposto dei legali della Fondazione Einaudi. A denunciare l’esecutivo per aver trascurato le cure salva-vita sono scienziati come il virologo Giulio Tarro e il ricercatore Pasquale Bacco: hanno depositato un esposto alla procura di Roma insieme al magistrato Angelo Giorgianni a nome dell’associazione “L’Eretico”, che rappresenta 2.000 medici e giuristi.
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Il Governo della Paura e l’Apocalisse che abbiamo di fronte
Prima il Covid, poi l’App per tracciare tutti. Poi il vaccino, atteso come il Messia, anche se insigni scienziati sostengono che è impossibile “inseguire” un virus Rna, velocemente mutante. E dopo il vaccino si pensa al microchip sottopelle, rilevato e monitorato metro per metro dalle antenne del wireless di quinta generazione installate in modo silenzioso, abbattendo gli alberi nei centri abitati perché le fronde (piene d’acqua, come il corpo umano) ne assorbono le frequenze. Sei mesi fa, si sarebbe potuto derubricare tutto questo alla voce complottismo, per la serie: alieni e scie chimiche. A proposito di presunti alieni: lo scorso ottobre, la Us Navy ha ammesso che i suoi caccia scorrazzano spesso in compagnia degli Ufo (ribattezzati Uap, Unidentified Aerial Phenomena). Quanto alle scie bianche che negli ultimi 15 anni rigavano il cielo fino a diventare nubi, erano letteralmente sparite durante il lockdown universale. Il cospirazionismo le considera parte di un piano genocida per la riduzione della popolazione mondiale, mentre una parte della scienza le ascrive alla neo-disciplina della cosiddetta geoingegneria, tra qualche sporadica ammissione. Tecnici Nasa parlarono di litio diffuso in atmosfera sotto forma di aerosol; un dirigente del Cnr accennò all’esistenza di un imprecisato esperimento planetario di controllo climatico; e paesi come la Cina ammettono di disporre di intere flotte aeree incaricate di “ingravidare” le nuvole con ioduro d’argento per aumentare le precipitazioni.A prescindere dall’impossibilità di verificare molte di queste informazioni, in un mondo in cui il mainstream pratica il silenzio sistematico rispetto a qualunque notizia potenzialmente fastidiosa per l’establishment, resta il fatto che nel paese di Conte, Grillo e Zingaretti è diventato tabù qualsiasi argomento di ordine pratico, a partire dall’economia che il Governo della Paura ha paralizzato, esponendo il paese alla crisi più grave della sua storia repubblicana. Proprio ora, che ci sarebbe bisogno di allargare l’orizzonte, ci si affanna a tenere gli occhi rasoterra: lo zoo politico e mediatico locale perde ancora tempo con Conte e Salvini, le mascherine, le fumose promesse europee, le liti da pollaio pro o contro la Regione Lombardia, senza che nessuno spieghi perché il maledetto Covid ha colpito così duramente il solo Nord-Est. Nessuno, per la verità, spiega mai niente: nemmeno il motivo per cui – nonostante esista un governo pienamente in carica – si sia sentita la necessità di affidare a terzi la cosiddetta “ripartenza”. Qualcuno (chi?) ha imposto a Conte il finanziere Colao, che ora ha presentato il suo piano: svendere tutto quel che resta dell’hardware statale italiano, da Leonardo-Fincantieri a Fs, fino alla riserva aurea. Non suona antico, tutto questo? Sembra una riedizione dei tragici anni ‘90, quando si svendevano i gioielli di famiglia, i magistrati antimafia saltavano per aria, i vecchi politici finivano alla gogna e quelli nuovi sacrificavano il paese sull’altare di Maastricht, funerea premessa di un trentennio di vacche magre e rigore metafisico, presentato come inevitabile castigo di Dio.Nessuno spiega niente, ecco il punto: nessuno spiega perché Zingaretti ha imposto ai laziali il discutibile vaccino antinfluenzale (spaventando i medici), o perché ha vietato nel Lazio la sperimentazione anti-Covid condotta con successo a Mantova. Un caso mondiale, quello di Giuseppe De Donno: perché il ministro della sanità non si è precipitato a Mantova, Pavia e Padova, ospedali dove di Covid non muore più nessuno? E se esiste davvero una cura per declassificare il morbo, semplice malattia ormai curabile come tante altre, perché insistere nell’imporre il micidiale Distanziamento? Perché recitare a reti unificate il mantra del vaccino salvifico, se dal Covid ci si salva con una semplice trasfusione di plasma? Perché i media non discutono di questo, anziché dei ridicoli sondaggi che ripropongono l’altalena del consenso virtuale conteso da partiti identici o simili, nessuno dei quali in questi mesi ha suggerito una terapia radicalmente alternativa per curare il paese? Perché ridursi a tifare Conte o Salvini, anziché pretendere risposte, come se Conte e Salvini avessero la consistenza risolutiva, la statura e l’autonomia dello statista? Perché ridursi a intonare Bella Ciao, da prigionieri, nel giorno della Liberazione, sprecando l’eredità della Resistenza, anziché incalzare i sordomuti spingendoli a concedere finalmente qualche risposta?L’Apocalisse in corso, la cui durezza non è ancora visibile per intero (ma non tarderà a manifestarsi, nei prossimi mesi), sembra la premessa per un drammatico risveglio. Un giorno ci si domanderà com’è stato possibile rallentare il mondo (e paralizzare l’Italia) per un virus che secondo l’Istituto Superiore di Sanità ha ucciso meno del 4% delle vittime frettolosamente archiviate come “caduti del Covid”, inceneriti senza neppure un’autopsia in ossequio alle sconcertanti direttive ministeriali. La fragilità del sistema globale è emersa in modo scioccante: in poche settimane, un virus (di oscura provenienza, tuttora) ha potuto mettere in crisi il pianeta. Dunque la nostra economia è così vulnerabile da non potersi permettere dieci settimane di pausa. Mezza Italia trema, pensando al domani; l’altra metà si illude di passarla liscia, di fronte al collasso del commercio, del turismo, della piccola impresa. Siamo un paese che ha accettato di subire, di punto in bianco, l’imposizione di 10 vaccini obbligatori non motivati da alcuna emergenza sanitaria. Poco dopo, la maggioranza della popolazione si è rassegnata al Governo della Paura, che le ha ordinato di chiudersi in casa. Rumori lontani annunciano battaglie già in corso, ma come al solito le spiegazioni languono. Gli addetti ai lavori fingono di trovare normale il fatto che a dettar legge sia un ex magnate dei computer, convertitosi all’industria lucrosissima dei vaccini fino a trasformarsi in “ministro mondiale della sanità”, dopo essersi comprato l’Oms in società con Pechino. Di normale non c’è più niente, in un mondo in cui milioni di persone si adattano a scambiare per normalità una mostruosa follia quotidiana, gravida di minaccia, senza neppure domandarsi cosa potrebbe accadere domani, se da qualche altro sperduto laboratorio scappasse l’ennesimo virus, l’ennesima arma a disposizione del Governo della Paura.(Giorgio Cattaneo, “Il Governo della Paura e l’Apocalisse che abbiamo di fronte”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 giugno 2020).Prima il Covid, poi l’App per tracciare tutti. Poi il vaccino, atteso come il Messia, anche se insigni scienziati sostengono che è impossibile “inseguire” un virus Rna, velocemente mutante. E dopo il vaccino si pensa al microchip sottopelle, rilevato e monitorato metro per metro dalle antenne del wireless di quinta generazione installate in modo silenzioso, abbattendo gli alberi nei centri abitati perché le fronde (piene d’acqua, come il corpo umano) ne assorbono le frequenze. Sei mesi fa, si sarebbe potuto derubricare tutto questo alla voce complottismo, per la serie: alieni e scie chimiche. A proposito di presunti alieni: lo scorso ottobre, la Us Navy ha ammesso che i suoi caccia scorrazzano spesso in compagnia degli Ufo (ribattezzati Uap, Unidentified Aerial Phenomena). Quanto alle scie bianche che negli ultimi 15 anni rigavano il cielo fino a diventare nubi, erano letteralmente sparite durante il lockdown universale. Il cospirazionismo le considera parte di un piano genocida per la riduzione della popolazione mondiale, mentre una parte della scienza le ascrive alla neo-disciplina della cosiddetta geoingegneria, tra qualche sporadica ammissione. Tecnici Nasa parlarono di litio diffuso in atmosfera sotto forma di aerosol; un dirigente del Cnr accennò all’esistenza di un imprecisato esperimento planetario di controllo climatico; e paesi come la Cina ammettono di disporre di intere flotte aeree incaricate di “ingravidare” le nuvole con ioduro d’argento per aumentare le precipitazioni.
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Militari russi in Italia: perché sono qui e cosa fanno per noi
“Dalla Russia con amore” era soltanto un vecchio film di spionaggio. Ma dalla sera del 21 marzo, ovvero da quando Vladimir Putin telefona a Giuseppe Conte e concorda una missione russa di aiuti all’Italia – messa sotto scacco dal coronavirus – il titolo diventa qualcosa di nuovo e mai visto sul nostro territorio: 8 squadre mobili di virologi e medici militari russi, aerei carichi di autocarri verde scuro dall’inconfondibile targa nera, sistema di disinfezione aerosol, nonché attrezzature mediche, mascherine in grande quantità. Tutto diretto a Pratica di Mare, che per i russi non è semplicemente una base militare sul litorale romano, ma piuttosto il luogo di storici accordi e della mediazione italiana tra Usa e Russia. Inevitabilmente la scelta di Putin caduta sui militari ha scatenato e continua a scatenare polemiche nel nostro paese, benché fosse stata concordata al più alto livello bilaterale. Ma poco è stato spiegato. In primis non è stato detto che in Russia il top della sanità è proprio quella militare: un comparto con strutture ospedaliere separate, personale qualificatissimo e anche produzione di strumenti e apparecchi medicali.Sì, perché anche se l’industria della difesa russa ce la ricordiamo per il Kalashnikov, o per il carro armato T-34 contro i nazisti a Berlino, oggi fa anche altro. Compresi i respiratori o “dispositivi per la ventilazione meccanica”. Come gli Aventa-M, il cui disegno spiccava a marzo sulle scatole scaricate dagli aerei militari russi a Pratica di Mare. Top di gamma, valore di listino pari a 14.000 euro ciascuno prodotto da Upz-Ojsc Ural Instrument-Making Plant (parte della holding statale Rostec). Si tratta di dispositivi mobili che lavorano sull’inalazione-espirazione, dotati di un generatore di flusso integrato e un moderno controllo touch. In Russia ne vengono prodotte 600 unità al mese. E ancora mascherine antivirus Spiro-302, tute per la protezione totale e molto altro. Insomma la scelta di Putin, che ha fatto scandalizzare alcuni osservatori, equivale a dire: vi mando il meglio. E non solo in Italia, perché secondo la stampa russa, dozzine di Aventa sono stati mandati anche a New York.Il ministero della difesa russo all’inizio parlava di circa 100 persone pronte per l’Italia, con i principali specialisti nel campo della virologia e dell’epidemiologia. Le 8 squadre mediche e infermieristiche comprendono ciascuna un medico generico, un anestesista-rianimatore, un epidemiologo, un’infermiera anestesista e, inoltre, unità dotate di complessi ad alte prestazioni per la disinfezione di edifici e strade. La Regione Lombardia ha poi parlato di 150 persone destinate all’Ospedale degli Alpini a Bergamo. Da Pratica di Mare, infatti, dopo una serie di riunioni con rappresentanti della difesa e della Protezione civile italiana, la colonna dei russi, composta da 22 automezzi, scortata dai carabinieri e divisa in due parti, ha risalito il nostro stivale, passando per Firenze e Bologna, e arrivando a Bergamo. Da qui è partita anche un’azione di disinfezione delle strutture maggiormente interessate dall’epidemia. A partire dalla ben nota Martino Zanchi. Sinora sono stati disinfettati migliaia di metri quadrati di locali interni e strade di accesso.Aleksey Spirinchev, a capo del gruppo che si occupa della disinfezione, spiega che non si tratta di sostanze fortemente inquinanti, ma di alcool: «In tre settimane qui sono morte 20 persone, noi stiamo aiutando a debellare il virus dalle stanze. Tutti i locali vengono trattati con alcool al 70% che è abbastanza efficace, sia contro i virus che contro i batteri». I medici e i militari russi dopo il 26 marzo hanno visitato numerose strutture, compresi piccoli comuni, come Gromo, Cene, Brembate di Sopra, Clusone, Alzano Lombardo e anche Valbondione, piccolo Comune dell’alta Val Seriana, dove il sindaco Romina Riccardi aveva tolto la bandiera europea. Mosca aveva parlato inoltre di 1 milione di mascherine e 200.000 test per l’infezione da coronavirus donati dal famoso uomo d’affari cinese, Jack Ma, membro onorario della Russian Geographical Society, una specie di club esclusivo guidato da Putin. Ovviamente, più che l’opinione pubblica italiana, c’è per Putin quella russa, che inizia a conoscere solo ora il coronavirus. E che potrebbe vedere non di buon occhio tante elargizioni. Al di là della retorica, il ministero della difesa russo ha messo subito in chiaro: non si tratta soltanto di aiuto, ma anche di un’utile esercitazione. L’esperienza acquisita nell’eliminazione delle conseguenze del Covid-19 in Italia sarà «nell’interesse dello Stato» russo.(”Militari russi in Italia: perché sono qui e cosa fanno”, da “Analisi Difesa” del 5 aprile 2020).“Dalla Russia con amore” era soltanto un vecchio film di spionaggio. Ma dalla sera del 21 marzo, ovvero da quando Vladimir Putin telefona a Giuseppe Conte e concorda una missione russa di aiuti all’Italia – messa sotto scacco dal coronavirus – il titolo diventa qualcosa di nuovo e mai visto sul nostro territorio: 8 squadre mobili di virologi e medici militari russi, aerei carichi di autocarri verde scuro dall’inconfondibile targa nera, sistema di disinfezione aerosol, nonché attrezzature mediche, mascherine in grande quantità. Tutto diretto a Pratica di Mare, che per i russi non è semplicemente una base militare sul litorale romano, ma piuttosto il luogo di storici accordi e della mediazione italiana tra Usa e Russia. Inevitabilmente la scelta di Putin caduta sui militari ha scatenato e continua a scatenare polemiche nel nostro paese, benché fosse stata concordata al più alto livello bilaterale. Ma poco è stato spiegato. In primis non è stato detto che in Russia il top della sanità è proprio quella militare: un comparto con strutture ospedaliere separate, personale qualificatissimo e anche produzione di strumenti e apparecchi medicali.
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Virus, strage colposa: Taormina denuncia il governo Conte
Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».Tra post e video pubblicati sul social – osserva il “Tempo” – il giurista spara a zero, definendo non solo «cialtroni» i governanti e «tromboni» i medici che stanno affrontando l’urgenza, ma minaccia di denunciare anche i magistrati che non dovessero riconoscere la responsabilità del governo Conte-bis e delle autorità sanitarie. In sostanza, Taormina collega il numero dei morti all’iniziale indecisione dell’esecutivo: c’è voluto oltre un mese, prima di arrivare alla decisione di mettere in quarantena l’intera Italia. L’avvocato si riferisce al periodo compreso tra il 31 gennaio e i primi di marzo, in cui «nessuna forma di tutela è stata assunta». Secondo Taormina, troppi contagiati «muoiono perché non assistiti o non assistibili, per mancanza di respiratori e letti di terapia intensiva». Famoso “principe del foro”, l’ex sottosegretario spiega il senso della denuncia che ha depositato presso la magistratura inquirente della capitale: il mandato all’autorità giudiziaria, in sostanza, è per capire se – di fronte alle migliaia di vittime – ci siano state omissioni gravi, imputabili a incompetenza delle autorità.Lo stesso Taormina – scrive il quotidiano “Libero” – chiede alle autorità di «comunicare quante sono state le persone morte in casa, nonostante una richiesta di soccorso medico», e quante altre sarebbero morte fuori degli ospedali, ovvero «fatte rimanere a crepare nelle autoambulanze perché non c’erano respiratori o letti di terapia intensiva». Altri pazienti ancora, infine, secondo Taormina satebbero deceduti negli ospedali «perché si è scelto di farli morire per salvare altre vite», magari più giovani. Per il giornale di Feltri, l’iniziativa di Taormina rischia di trasformarsi «in una bomba giudiziaria sul governo». La premessa principale è che il “coprifuoco” sarebbe una diga contro il contagio, o comunque gli effetti patologici del virus. Non tutti, nella comunità scientifica, condividono questa visione: in Svezia, ad esempio, si lascia ai cittadini ampia facoltà di circolazione. Se poi risultasse – come ipotizzato – che il virus può diffondersi “nell’aria, sotto forma di aerosol”, è ovvio che le misure restrittive si rivelerebbero un sacrificio inutile. Tuttavia, la linea del “coprifuoco” è quella adottata dal governo, con conseguenze catastrofiche per l’economia. Linea che, secondo Taormina (e i 700.000 firmatari della denuncia) sarebbe stata imposta in ritardo e con troppe incongruenze.Il coronavirus potrebbe scatenare anche un Armageddon giudiziario. Avvocati e semplici cittadini, con la Rete a fare da cassa di risonanza, hanno innescato una valanga pronta ad abbattersi sul governo, reo (a loro dire) di non aver tutelato abbastanza gli italiani dall’implacabile virus che continua a mietere vittime. A capo della protesta è il legale Carlo Taormina, già viceministro dell’interno nel governo Berlusconi, nel 2001. L’avvocato annuncia il terremoto legale che attenderebbe il premier, perché dietro la sua iniziativa c’è un esercito di italiani: «Ringrazio le oltre 700.000 persone che mi hanno, in un solo giorno, voluto sostenere nella denuncia da me presentata alla Procura di Roma contro i responsabili di questa autentica strage colposa di Stato». Il tema, ovviamente, è il Covid-19: il numero dei morti sarebbe legato, secondo Taormina, «ai 40 giorni di ritardo nel chiudere tutto». Nella denuncia, il legale parla di «gravissime condotte omissive messe in atto dai nostri governanti e dai consulenti che li hanno assistiti». E così, aggiunge, «una massa di contagiati si è trasformata in una massa di morti».
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Montanari: non temete il virus, quello che vi dicono è falso
Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.Se ne conoscono diversi ceppi, alcuni dei quali possono provocare patologie negli esseri umani, da un volgare raffreddore a polmoniti, e il nuovo virus cinese condivide tantissime caratteristiche con i suoi fratelli. Si muore? Bisogna impegnarsi parecchio. Premesso che di quel virus in particolare sappiamo poco, stante la novità della sua comparsa, non esistono dati che indichino una mortalità significativamente diversa da quella di una qualunque influenza. È indispensabile aggiungere che i pochissimi che sono morti ad oggi non sono morti di coronavirus ma “con” il coronavirus, il che è molto diverso. Si trattava di pochissimi casi di persone molto avanti negli anni e già affette da patologie gravi. Per loro sarebbe bastato un normale raffreddore, per il tracollo. Indicare come responsabile della loro morte il coronavirus ha lo stesso grado di comicità che aveva incolpare il morbillo della manciata di morti sopravvenute in pazienti terminali. Se non fosse comicità, dovremmo tirare in ballo condizioni come l’ignoranza e la truffa (che non vogliamo tirare in ballo). E allora, fermiamoci alla comicità.Una comicità piuttosto costosa: questo è uno degli aspetti curiosi su cui ho solo domande e nessuna risposta. Cominciamo dall’inizio, e sono certo di dimenticare qualche passaggio. Almeno da mesi io sto vedendo delle strane forme influenzali con polmoniti che faticano a rispondere non solo ai farmaci ma all’omeostasi, cioè alla capacità di autoguarigione che, in maggiore o minor misura, abbiamo tutti. Piano piano quei pazienti sono guariti e diventano difficilmente indagabili, anche perché non sono rintracciabili. Dunque, nessuna prova che si tratti del virus cinese. Mi chiedo come mai qualche mese fa si mise in atto una simulazione centrata su un’epidemia teorica, guarda caso da coronavirus, che avrebbe fatto 60 milioni di morti nel mondo. Poi mi chiedo come mai qualche centinaio di soldati americani siano stati ospitati proprio a Wuhan, appena prima del manifestarsi della malattia. Altra domanda: perché i passeggeri dell’aeroporto di quella città venivano irrorati con un aerosol della cui natura niente è stato detto, e questo settimane prima che venisse denunciata l’esistenza del virus? Ma è di fronte alla reazione dei governi che resto ancora più perplesso.Oggettivamente ci troviamo di fronte a ben poco: un virus, non importa il suo stato di famiglia, che ha un grado di patogenicità bassissimo e una mortalità irrilevante. Di patogeni infinitamente più diffusi e infinitamente più aggressivi ne abbiamo a iosa, e nessuno si agita. Anzi, la stragrande maggioranza di loro è perfettamente sconosciuta alla massa e nessuno ne parla né, tanto meno, se ne preoccupa. Restando all’Italia, in termini di popolazione lo 0,8% del pianeta, abbiamo 49.000 morti l’anno per infezioni contratte in ospedale: l’avete mai visto riportato a titoli cubitali? O avete mai visto ospedali chiusi, per questo? Ogni giorno più di 130 persone muoiono nella sola Italia per malattie infettive, e spesso si tratta di affezioni respiratorie, contratte nel corso di un ricovero in ospedale. Insomma, uno va a farsi togliere l’appendice ed esce con la polmonite: una malattia che, ovviamente, nulla ha a che fare con l’infiammazione dell’appendice ileo-ciecale. Questo semplicemente perché il grado d’igiene dei nostri ospedali è largamente insufficiente, e i batteri e i virus strisciano e saltellano allegramente, per usare un’informazione scientifica che ci regalò la ex ministra Lorenzin.E se a morire sono in 130 al giorno o pochi di più, pensate a quanti si ammalano e guariscono. E pensate a quanti muoiono a distanza dal ricovero, senza che la loro morte rientri nel calcolo. Di questo non si parla, e tutti vivono felici. Perché non se ne parla? Io la risposta ce l’ho, ma, essendo suddito di un regime molto attento a non correre rischi sulla propria sopravvivenza, me la tengo. Dico solo che tenere pulito un ospedale non garantisce vantaggi sulla cui natura lasciatemi sorvolare. Tornando al coronavirus: perché si sta paralizzando l’Italia? Ecco: è a questo che non trovo una risposta. Insomma, a chi giova? I numeri sono impietosi anche se si finge che chi è morto con il coronavirus sia morto a causa del coronavirus. Comunque si guardi la cosa, siamo di fronte all’irrilevanza. E allora, a chi conviene massacrare la nostra economia già comatosa? A chi conviene dare al mondo l’immagine di un paese di appestati? Proprio ieri sera mi telefonava mio figlio da Tenerife, dove abita da anni, e mi diceva che una signora incontrata per caso alla cassa del supermercato, sentendo l’accento, gli ha chiesto se fosse italiano e, ricevuta la ferale conferma, è inorridita.Del resto, è la reazione che non pochi italiani hanno verso i cinesi che incrociano per strada, come se il virus prediligesse un’etnia. Il fatto è che la percezione che rischiamo di dare è quella dei lebbrosi o degli appestati. Proteggersi contro il virus? Ognuno deve essere libero di comportarsi come crede meglio. Io posso dire che chiudere dei territori e dei luoghi di aggregazione, scuole comprese, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Vedere gente che fa a botte per comprare a qualunque prezzo le mascherine di carta è tristemente ridicolo, se non altro perché molte di quelle proteggono dai virus come un’inferriata protegge dalle zanzare. E pure l’amuchina… La gente è convinta che basti bagnarsi le mani con l’amuchina; di fatto, basta quello che chiamiamo commercialmente varechina, insieme con alcool etilico, per essere al riparo da virus e batteri. La gente aspetta con ansia il vaccino? Dei vaccini e della loro totale inutilità ho parlato molte volte, portando prove inoppugnabili e certificate. In questo caso è possibile che ci troviamo nelle condizioni del vaccino contro il tetano.Il tetano è una malattia decisamente rara, non trasmissibile da uomo a uomo, e che non dà immunità. Il che significa che, a differenza di quanto accade con malattie come il morbillo, la varicella, la pertosse e non poche altre, chi si è ammalato può ammalarsi di nuovo. Insomma, non si acquisisce immunità. Non è affatto improbabile che il virus cinese sia nella stessa condizione, esattamente come i tanti virus influenzali con i quali condivide affinità: uno sia ammala d’influenza e si può ammalare di nuovo all’infinito, perché la malattia non induce alcuna immunità. Quindi, come è il caso dell’influenza, quel vaccino potrebbe essere assurdo fin dalle basi teoriche. Insomma, la solita illusione a spese di chi ci casca, e un’illusione con gli effetti collaterali inevitabili per qualunque farmaco ma senza alcuna contropartita vantaggiosa. Che fare, allora? Niente. Ovvero: niente di più di quello che si fa normalmente per evitare di prendersi il raffreddore o l’influenza.Posso aggiungere che un’alimentazione razionale, senza tante delle porcherie che mangiamo e che, ancora peggio, rifiliamo ai nostri bambini, fa miracoli. Con quella non si guarisce: si previene. Tenere in ordine l’intestino, tenere equilibrato il chilo e mezzo di batteri, funghi e virus che ci abitano e che costituiscono il microbiota è fondamentale. Le riserve armate del nostro sistema immunitario, quello che ci difende dalle malattie infettive, stanno in grande maggioranza proprio lì. Poi, se l’infezione arriva, è indispensabile non cercare di eliminare la febbre. Il rialzo della temperatura ha due effetti fondamentali complementari: migliora le nostre difese e indebolisce i patogeni. Dunque, la Tachipirina? E’ solo uno dei tantissimi farmaci che contengono paracetamolo, un principio attivo che abbassa la temperatura corporea e che, quando è male utilizzato (come, purtroppo, è nella stragrande maggioranza dei casi) fa danni. Forse per togliersi di torno le mamme fastidiose che non hanno voglia di accudire i bambini con la febbre, i pediatri propinano paracetamolo a piene mani, infischiandosi del fatto che, così facendo, annientano la prima e più efficace difesa di cui disponiamo. E poi c’è l’abuso degli antibiotici, troppo spesso somministrati a casaccio.Gli antibiotici sono farmaci mirati. Il che vuol dire che ognuno di loro è efficace nei confronti di certi batteri e non di altri. Quando non si è certi di quale sia il batterio che ha provocato la malattia, si ricorre quasi di regola agli antibiotici chiamati ad ampio spettro, vale a dire farmaci che si spera arrivino dove il medico non è arrivato con la sua diagnosi. Ma peggio ancora si fa quando si somministrano antibiotici per una malattia virale. Qui c’è l’assoluta certezza che il farmaco sarà inutile. E in medicina, ciò che è inutile è invariabilmente dannoso, non esistendo nessun medicinale privo di effetti dannosi. Aggiungo che l’abuso di antibiotici ha creato ceppi batterici sempre più resistenti, con questo indebolendo fino, non di rado, ad annullare l’efficacia di quella classe di farmaci formidabili. A margine, dico che anche la chirurgia soffre di questo problema. Perché, quando il chirurgo lavora, espone il suo paziente al mondo esterno: e il corpo non è preparato a questa interferenza. Di qui l’indispensabilità di una copertura antibiotica. Ma se l’antibiotico funziona poco…Quindi non ci sono antibiotici contro il coronavirus, come non ci sono per i virus in generale, compresa la varietà di coronavirus responsabile di tanti raffreddori. Di fatto, i farmaci antivirali di cui disponiamo hanno un’efficacia modesta, e per il coronavirus non c’è niente che abbia un’efficacia provata. Le vitamine A, E, D e C sono utili nella prevenzione, così come sono utili certi alimenti. Per esempio lo zenzero, la curcuma (sempre presa con il pepe nero, altrimenti perde efficacia), l’echinacea… Poi gli alimenti fermentati come i crauti o il kefir. E ancora: le verdure, specie quelle in foglia. Insomma, se si mangia correttamente, se si fa una vita sana evitando ad esempio il fumo, si mantiene l’organismo capace di difendersi. Se vogliamo restare al coronavirus che tanto terrorizza la gente, la difesa più immediata è quella che riguarda l’efficienza dei polmoni. Di qualunque cosa s’illudano i fumatori, i loro polmoni non sono in condizioni ideali. E uno dei problemi è quello dello strato eccessivo di muco, spesso con caratteristiche non proprio sane, che ricopre i bronchi e che fa scivolare profondamente i patogeni entrati per inalazione.In aggiunta, le ciglia vibratili, specie di fruste che sono presenti sulla parete interna dei bronchi, sono paralizzate dal fumo e non sono più capaci di spingere fuori dei polmoni gli aggressori. E allora, anche il coronavirus trova una bella porta aperta. Ma la cosa vale per qualunque patogeno che passi attraverso il sistema respiratorio, comprese le particelle di cui mi occupo da decenni. Insomma, per stare bene bisogna comportarsi bene. E se la paura è utile perché ci fa essere pronti a difenderci, la paura indebolisce le difese. Dunque, è utile solo se è motivata e se è contenuta nei limiti della razionalità. Qui, invece, siamo al cospetto di una manifestazione d’isteria collettiva, indotta per motivi che ignoro da chi approfitta dell’ignoranza e della fragilità intellettuale della gente. Un consiglio? Usate la ragione e non date credito a chi vi usa come animali da reddito. Spesso l’imperatore è nudo.(Stefano Montanari, intervista rilasciata a Roberta Doricchi sul coronavirus, ripresa da Massimo Mazzucco sul blog “Luogo Comune”. Quando Montanari l’ha pubblicata sul suo sito, il medesimo è stato hackerato: il post è scomparso e il sito è andato in blocco senza motivo apparente, spiega Mazzucco. Dopo aver ottenuto lo sblocco dal provider, Montanari l’ha pubblicata di nuovo, ma il sito è stato nuovamente bloccato. Nel frattempo – aggiunge Mazzucco – l’intervista è stata ripresa da diversi siti, per cui circola comunque in rete. Laureato in farmacia con una tesi in microchimica, Montanari è autore di diversi brevetti nel campo della cardiochirurgia, della chirurgia vascolare e della pneumologia. Lo scienziato ha progettato sistemi e apparecchiature per l’elettrofisiologia, eseguendo consulenze scientifiche per varie aziende e dirigendo, tra l’altro, un progetto per la realizzazione di una valvola cardiaca biologica. Dal 1979 collabora con la moglie, Antonietta Gatti, in numerose ricerche sui biomateriali. Dal 2004 dirige il laboratorio Nanodiagnostics di Modena, in cui si svolgono ricerche e si offrono consulenze di altissimo livello sulle nanopatologie. Docente in diversi master nazionali ed internazionali, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Da anni svolge un’intensa opera di divulgazione scientifica nel campo delle nanopatologie, soprattutto per quanto riguarda le fonti inquinanti da polveri ultrafini).Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il coronavirus battezzato Sars-Cov-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è uno dei non pochi virus fatti in laboratorio. Fatto apposta? Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono in tanti. Ma mica ce lo vengono a raccontare. Ci sono virus che nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per altri motivi su cui evito di entrare. Comunque sia nato questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappiate, ma è cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice, ed esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo; e per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui coronavirus.
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Cosa sono quelle scie bianche che imbrattano i nostri cieli?
La trattativa con Bruxelles sul bilancio, d’accordo. E i migranti, e Salvini, e Battisti. E Tria, e Macron, e i Gilet Gialli. D’accordo. Ma quelle scie lassù in cielo, esattamente, cosa sono? Le rilasciano gli aerei. Una volta, vent’anni fa, le scie svanivano subito dopo il passaggio del velivolo. Succede ancora oggi, ma è raro. Il più delle volte, queste nuove scie restano sospese a mezz’aria. E lentamente si espandono, e si abbassano. Diventano nuvole e velano l’azzurro, facendo impallidire il sole. Cosa sono? Non si sa, esattamente. Se qualcuno lo sa, non lo dice. Non lo spiega. Dice, al massimo: è aumentato il numero dei voli (che però, da qualche anno, è in diminuzione). Dice che forse è cambiato il tipo di carburante, e parla di vapore acqueo. Davvero? Ma il vapore, si sa, si dissolve subito. Non siamo noi a irrorare i cieli, assicura l’aeronautica militare. O meglio, dice questo: che gli aerei militari italiani non disperdono nell’aria sostanze misteriose. Un altro militare, il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kosovo, dice un’altra cosa. Sostiene che i cittadini dovrebbero pretendere risposte esaurienti, su questo fenomeno così strano e visibile. Risposte esaurienti non sono state date neppure al Parlamento, di fronte a puntuali interrogazioni: cosa sono, quelle scie che restano per ore nel cielo fino a trasformarsi in nubi? Già: perché non rispondere, nemmeno ai parlamentari?Tutti le vedono, le strisce, ma in quanti ci fanno caso? Qualcuno le chiama scie chimiche, suscitando l’ilarità di altri, che prendono in giro quelli che “credono nelle scie chimiche”. Credere? Non c’è bisogno di coltivare una fede: basta alzare gli occhi al cielo, in qualsiasi momento. Si vedrà l’azzurro costantemente rigato dalle scie bianche e poi “sporcato”, quando le stesse scie – una volta allargatesi – avranno assunto un colorito grigiastro. Sono veleni? Sono sostanze che rendono l’atmosfera più riflettente per le onde radio, a scopo militare? Sono un velo pietoso che tenta di schermare la Terra, che si sta surriscaldando sotto l’azione del sole? Sono amiche o nemiche, queste scie? Contengono alluminio, come qualcuno dice, o invece sono cariche di ioduro d’argento, come quello che in tanti paesi – tra cui Israele e la Cina – viene normalmente usato, nelle zone aride, per provocare precipitazioni? Quelle sarebbero, appunto, le scie amiche. Di quelle nemiche ha invece parlato il giornalista Gianni Lannes, spiegando che nel 2001 – su richiesta di Bush – Berlusconi autorizzò l’impiego dello spazio aereo italiano per condurre test di modificazione climatica mediante aviodispersione (arosol) di sostanze prodotte in laboratorio. Gli esperimenti sarebbero poi stati avviati nel 2003.Da circa 15 anni, infatti, la rete bianca delle scie si è andata progressivamente infittendo, senza che nessuno – a livello ufficiale – si sia mai preso la briga di spiegare un fenomeno quotidiano così vistoso. E’ talmente smisurata, la dose quotidiana di scie, che dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Quando sono veramente tante, poi, e molto concentrate, dopo qualche ora assomigliano a vere formazioni nuvolose. E invece sono sempre loro: un prodotto artificiale, creato dal transito degli aerei. Solo talmente consuete, ormai – e così tante – che in molti non ci fanno neppure più caso. Sono diventate parte del paesaggio. Per non perderle di vista basta alzare gli occhi al cielo: sono sopra la nostra testa, sempre. Sopra tutti e tutto: sopra Salvini e il reddito di cittadinanza, le elezioni europee, il decreto sicurezza, le pensioni, le tasse. Sugli oceani, galleggiano miliardi di tonnellate di plastica, rifiuti ridotti a poltiglia. Si sa perché sono lì: perché siamo una civiltà un po’ folle. Sono lì – le isole di plastica, grandi quanto continenti – perché non abbiamo voluto spendere i soldi necessari a smaltirle. Hanno una spiegazione, le isole di plastica. Le strisce in cielo, invece, ancora no. Non si sa perché stanno lassù. E a dire il vero, non si sa nemmeno cosa siano. Perché nessuno l’ha ancora voluto spiegare.La trattativa con Bruxelles sul bilancio, d’accordo. E i migranti, e Salvini, e Battisti. E Tria, e Macron, e i Gilet Gialli. D’accordo. Ma quelle scie lassù in cielo, esattamente, cosa sono? Le rilasciano gli aerei. Una volta, vent’anni fa, le scie svanivano subito dopo il passaggio del velivolo. Succede ancora oggi, ma è raro. Il più delle volte, queste nuove scie restano sospese a mezz’aria. E lentamente si espandono, e si abbassano. Diventano nuvole e velano l’azzurro, facendo impallidire il sole. Cosa sono? Non si sa, esattamente. Se qualcuno lo sa, non lo dice. Non lo spiega. Dice, al massimo: è aumentato il numero dei voli (che però, da qualche anno, è in diminuzione). Dice che forse è cambiato il tipo di carburante, e parla di vapore acqueo. Davvero? Ma il vapore, si sa, si dissolve subito. Non siamo noi a irrorare i cieli, assicura l’aeronautica militare. O meglio, dice questo: che gli aerei militari italiani non disperdono nell’aria sostanze misteriose. Un altro militare, il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kosovo, dice un’altra cosa. Sostiene che i cittadini dovrebbero pretendere risposte esaurienti, su questo fenomeno così strano e visibile. Risposte esaurienti non sono state date neppure al Parlamento, di fronte a puntuali interrogazioni: cosa sono, quelle scie che restano per ore nel cielo fino a trasformarsi in nubi? Già: perché non rispondere, nemmeno ai parlamentari?
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Macché scie chimiche, è l’arte di “dipingere” le nuvole
Il gran sacerdote li avrebbe chiamati “gargarismi di Dio”, i segni che il Cielo inviava periodicamente sulla Terra, prima che nascesse la suprema arte del “cloud painting”, basata sulla crezione pittorica en plain air, alleggerita dall’inimitabile leggerezza delle correnti atmosferiche che rendono la tavolozza dinamica e cangiante, specchio visibile dell’immenso divenire che alimenta l’orbitare incessante di universi. Gli stupidotti là in basso, sospettosi solo perché ignoranti, avevano cominciato a chiamarle “chemtrails”, le scie tracciate nell’azzurro già di prima mattina al passaggio degli aerei di linea, come se davvero gli aerei – di punto in bianco – avessero il potere di far sparire il sereno, imbrattandolo di bave bianche destinate a espandersi e abbassarsi lentamente, come fossero vere nuvole. A ben guardarlo, il “cloud painting” è diverso dal banale “cloud seeding” impiegato talvolta per ingravidare i nembi gonfiandoli di pioggia, come fanno notoriamente i tecnici cinesi con i loro velivoli, i loro cannoni e i loro razzi, con l’unico obiettivo di condizionare il clima e magari alleviare le sofferenze delle regioni più aride.Ultimamente le cronache degli esperimenti celesti – israealiani, sudafricani – si sono diradate, come se l’aerosol atmosferico (appetitosi cocktail a base di ioduro d’argento) avesse stancato, a lungo a andare, il palato fine del mondo di lassù, l’iperuranio blu scarabocchiato incessantemente da traiettorie disegnate da ingegneri senza volto. In compenso è salito il chiacchiericcio dei petulanti, i millenaristi per vocazione o per deformazione mentale, i mentecatti che l’autorevole stampa definisce come veri e propri fondatori del nuovissimo culto delle cosiddette scie chimiche, totem impalpabile del neo-dogma cui solo i bambini, o i soggetti psichiatrici, potrebbero prestare fede. Un segno evidente, l’ennesimo, dell’esecrabile imbarbarimento dei tempi – fenomeno altamente deprimente, che impedisce all’arte più autentica di essere percepita per quello che è, nella sua essenza volatile di pura rappresentazione aerea, simbolica, esteticamente codificata mediante linguaggi immediamente intuitivi, almeno per i soggetti normodotati.Per dire, solo uno sprovveduto potrebbe non riconoscere – in certe germinazioni mattutine davanti alla propria finestra – una magistrale citazione di Jackson Pollock, o di Jean-Michel Basquiat. Solo una mente ottenebrata potrebbe stentare a individuare, sopra la sua testa, la miracolosa evocazione delle creature angeliche del grande Chagall, in una danza alata che saluta ogni mattina, ormai, il glorioso destarsi del giorno. Scattando fotogrammi, il “cloud painting” si lascia ammirare anche mediante progressivi ingrandimenti, permettendo di scoprire la sottile filigrana che si estende, velando le trasparenze eteree, partendo dalla prima pennellata rettilinea. In pochi istanti l’intero arco celeste si trasforma, vive una sua mutazione intensamente emotiva: è il cielo stesso, con la sua sostanza chimica, a interagire con l’artista, contribuendo a interpretare e completare l’opera, arricchendola di senso. Chi ancora parla di scie chimiche non la riesce ad afferrare, la purezza di quell’altissima poesia scritta nel cielo di ora in ora, marchio indelebile e cangiante – impresso nell’immensamente grande – dai celestiali artisti che sorvolano i giorni quieti del pianeta, giocando con la luce per trarne sublimi arabeschi e cattedrali aeree di magnificenza.Il gran sacerdote li avrebbe chiamati “gargarismi di Dio”, i segni che il Cielo inviava periodicamente sulla Terra, prima che nascesse la suprema arte del “cloud painting”, basata sulla creazione pittorica en plain air, alleggerita dall’inimitabile lievità delle correnti atmosferiche che rendono la tavolozza dinamica e cangiante, specchio visibile dell’immenso divenire che alimenta l’orbitare incessante di universi. Gli stupidotti là in basso, sospettosi solo perché ignoranti, avevano cominciato a chiamarle “chemtrails”, le scie tracciate nell’azzurro già di prima mattina al passaggio degli aerei di linea, come se davvero gli aerei – di punto in bianco – avessero il potere di far sparire il sereno, imbrattandolo di bave bianche destinate a espandersi e abbassarsi lentamente, come fossero vere nuvole. A ben guardarlo, il “cloud painting” è diverso dal banale “cloud seeding” impiegato talvolta per ingravidare i nembi gonfiandoli di pioggia, come fanno notoriamente i tecnici cinesi con i loro velivoli, i loro cannoni e i loro razzi, con l’unico obiettivo di condizionare il clima e magari alleviare le sofferenze delle regioni più aride.
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Cbs News: uno studio presenta le scie chimiche “buone”
Come probabilmente ricorderete, nell’aprile dell’anno scorso era stata la prestigiosa università di Harvard a proporre la ricetta di spargere in cielo una nube di particelle di ossido di alluminio per bloccare i raggi solari e raffreddare il pianeta. L’azione e il metodo si rendevano necessari, dicevano i ricercatori, per combattere l’odioso global warming, e la giustificazione esplicita era che sarebbe impensabile che il capitalismo e l’industrializzazione possano rallentare la loro corsa a produrre co2 e altri tipi d’inquinamento. Quindi, la soluzione: inquiniamo un po’ di più, volontariamente, ma fin di bene! Quest’anno invece si sono esposti due ricercatori, Wake Smith e Gernot Wagner, che hanno pubblicato uno studio peer-reviewed per studiare le strategie di iniezione di aereosol nella stratosfera, e il loro costo. La ricerca è stata raccontata al grande pubblico in un articolo dello scorso 23 novembre di “Cbs News”, che ci informa dei principali risultati, sempre con la consueta ricetta: “Una flotta di 100 aerei che facesse 4000 missioni all’anno nel mondo potrebbe aiutare a salvare il mondo dal cambiamento climatico. E sarebbe relativamente economico”.Questa volta, quindi, il riferimento a spargere tali sostanze dagli aerei è esplicito fin nella stesura finale, mentre nella proposta di Harvard gli aerei erano presenti nella fase preliminare del progetto, ed erano stati rimossi nel testo finale in favore di fantomatici palloni sonda. Cade quindi la prima delle principali obiezioni dei mistificatori nostrani ed esteri, secondo cui occorrerebbe un impegno troppo vasto ed un numero troppo alto di aerei per portare a termine modificazioni significative tramite le scie chimiche. Più precisamente l’articolo spiega che «nel loro piano ipotetico, la flotta inizierebbe con otto aerei nel primo anno e arriverebbe ad appena meno di 100 in 15 anni. Nell’anno uno, ci sarebbero 4.000 missioni, fino ad arrivare a poco più di 60.000 missioni nell’anno quindici». Anche questo dato, ovviamente, smonta le obiezioni dei mistificatori: 60.000 missioni all’anno non sono assolutamente proibitive, quando in una giornata tipica vengono messi in volo 40.000 aerei, e nella giornata record si è arrivati a 200.000.L’articolo puntualizza anche i costi: «Questo tipo di geoingegneria sarebbe tecnicamente possibile, valutandola da un punto di vista strettamente ingegneristico. Sarebbe inoltre rimarcabilmente economico, con un costo medio tra 2 e 2,5 miliardi di dollari l’anno, per i primi 15 anni». Quindi, scie chimiche di particolato spruzzate da aerei messi in volo appositamente per questi scopi. Come hanno fatto i ricercatori a pubblicare roba del genere, proponendo queste cose nel dettaglio, dicendo che sono fattibili, spiegandole, ma senza raccontarci che le stanno effettivamente già facendo da più di vent’anni? Semplice! Hanno detto che la quota ottimale per fare queste irrorazioni è di 18.000 metri, non certo i 10.000 metri a cui volano gli aerei di oggi, quindi si può fare tutto e a basso prezzo, ma nel futuro! Tutto perfettamente in linea con la decennale strategia di normalizzazione conosciuta come “finestra di Overton”, cioè in parole povere alla nostra capacità di accettare cose altrimenti inaccettabili se i cambiamenti sono lenti, costanti, e dilazionati nel tempo.E per fare ciò hanno dovuto darci conferme ufficiali, e certificate, sulla fattibilità e sull’esiguo numero di voli, e sull’economicità di queste attività mondiali. E questo resterà agli atti. Ma c’è anche un tema ancor più spinoso, e anche più importante per noi comuni cittadini, un tema che questo studio reintroduce in maniera indiretta facendo un dietrofront rispetto agli studi di Harvard: quello dei materiali da spruzzare. Già all’epoca c’è stato raccontato che il materiale che gli scienziati reputano migliore per essere spruzzato in atmosfera è qualcosa che faccia da specchio per i raggi solari e li rimandi verso lo spazio, e per questo scopo non ci sarebbe niente di meglio dei solfati; peccato che i solfati in atmosfera si combinino con l’ossigeno e con l’acqua presenti in sospensione, e generino ricadute di acido solforico, diventando un vero incubo per le pubbliche relazioni nel tentare di convincere la gente che per ridurre il global warming dobbiamo accettare le piogge acide. Ecco perchè nell’ultimo anno delle ricerche di Harvard ai solfati era stato sostituita l’allumina, un particolare ossido d’allumino sottoprodotto della Bauxite usato nell’industria del vetro per aumentare la riflettività delle superfici. Roba che comunque nessuno vorrebbe respirare, particolato Pm1 di metalli pesanti, ma comunque roba molto meno scomoda da accettare dell’acido solforico.Invece gli articolisti della “Cbs” fingono di ignorare questa “piccola” problematica dei solfati, e semplicemente tengono ben distanti la notizia di qual è secondo questa ricerca il miglior materiale da spruzzare, spiegato all’inizio, con la considerazione sul problema dell’acidificazione degli oceani, raccontata invece alla fine: «Mentre l’anidride carbonica continua ad aumentare, gli oceani stanno diventando sempre più acidi. Secondo il National Oceanic and Atmosferic Administration statunitense (Noaa), l’acidificazione degli oceani può confluire attraverso la catena alimentare oceanica, riducendo la capacità dei gusci e dei coralli che costruiscono le barriere coralline di produrre i loro scheletri. L’iniezione di aerosol nella stratosfera limita semplicemente il sole, non affronta l’accumulo di anidride carbonica sottostante. L’oceano continuerebbe ad acidificare». Ecco, figuriamoci spargendo solfati! Buon appetito!(Riccardo Pizzirani, “Scie Chimiche: continua la strategia della normalizzazione”, dal blog “Luogo Comune” del 30 novembre 2018).Come probabilmente ricorderete, nell’aprile dell’anno scorso era stata la prestigiosa università di Harvard a proporre la ricetta di spargere in cielo una nube di particelle di ossido di alluminio per bloccare i raggi solari e raffreddare il pianeta. L’azione e il metodo si rendevano necessari, dicevano i ricercatori, per combattere l’odioso global warming, e la giustificazione esplicita era che sarebbe impensabile che il capitalismo e l’industrializzazione possano rallentare la loro corsa a produrre co2 e altri tipi d’inquinamento. Quindi, la soluzione: inquiniamo un po’ di più, volontariamente, ma fin di bene! Quest’anno invece si sono esposti due ricercatori, Wake Smith e Gernot Wagner, che hanno pubblicato uno studio peer-reviewed per studiare le strategie di iniezione di aereosol nella stratosfera, e il loro costo. La ricerca è stata raccontata al grande pubblico in un articolo dello scorso 23 novembre di “Cbs News”, che ci informa dei principali risultati, sempre con la consueta ricetta: “Una flotta di 100 aerei che facesse 4000 missioni all’anno nel mondo potrebbe aiutare a salvare il mondo dal cambiamento climatico. E sarebbe relativamente economico”.
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Alterazione del clima: è in corso un esperimento planetario
Il cielo è a strisce: tutti lo vedono, ma nessuno ne prende atto. Come si può pretendere che le istituzioni si decidano a spiegare in modo finalmente convincente un fenomeno palesemente negato, benché sia sotto gli occhi di tutti? Così Massimo Mazzucco commenta, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’impacciata retromarcia di Antonio Raschi, direttore dell’istituto di biometeorologia del Cnr, dopo la clamorosa sortita – in diretta – alla trasmissione “Porta a porta”, di Bruno Vespa. «Siamo al centro di un esperimento planetario», aveva detto Raschi, su Rai Uno, il 6 novembre: «Un esperimento di cambiamento del clima, del quale non sappiamo ancora quali saranno gli effetti nel lungo periodo». Tema della trasmissione: lo tsunami-maltempo sull’Italia. Possibile che la catastrofe abbattutasi sul Nord-Est sia stata causata da manipolazioni climatiche? Raggiunto al telefono da Mazzucco, come riportato in una video-sintesi su “Luogo Comune”, Raschi fa dietrofront: sostiene di esser stato frainteso. E’ vero, ha pronunciato il termine “esperimento”, ma in realtà voleva semplicemente dire: scontiamo le conseguenze del surriscaldamento terrestre, al quale contribuiscono le irresponsabili emissioni di gas serra. In altre parole, un “esperimento” miope e autolesionistico.Un tempo, commenta Gianfranco Carpeoro sempre in web-streaming con Frabetti, gli addetti ai lavori erano più accorti: non si sarebbero mai lasciati scappare una frase del genere. Nella telefonata con Mazzucco – alla quale Raschi si è cortesemente prestato – il climatologo del Cnr spiega che l’unico precedente italiano, per un disastro così apocalittico, riguarda l’alluvione dell’Arno del 1966, preceduta da piogge altrettanto anomale. In proposito, Mazzucco ha scovato una ricerca scientifica ufficiale, da cui risulta che proprio nel fatale 1966 furono condotti esperimenti di “cloud seeding”, cioè di “inseminazione” delle nubi con agenti chimici. Titolo dello studio, in inglese: “A Biennal Systematic Test of some Newly-Developed Cloud-Seeding Nucleants, under Orographic Conditions”. Tre ricercatori – Alberto Montefinale, Gianna Petriconi e Henry Papee – spiegano che, dal gennaio del ‘66 al giugno del ‘68, è stato condotto un “test sistematico” di sollecitazione delle nuvole sui Colli Prenestini, a est di Roma. Obiettivo: provocare l’aumento delle precipitazioni mediante “dispersione di aerosol”, nel cielo. «Su questo non so niente», taglia corto il dirigente del Cnr, che preferisce parlare di impatto industriale sul “climate change”.Esperimento planetario? Dopo quella frase «forse incauta» pronunciata in televisione, Raschi si schermisce: «Sto ricevendo complimenti dai complottisti e insulti da chi complottista non è: credetemi, è una situazione infame». Al telefono con Mazzucco, il dirigente del Cnr prova a rettificare: «Ci stiamo comportando come delle persone che hanno detto: facciamo un esperimento su noi stessi, inquiniamo l’atmosfera e vediamo che cosa succede. Come se noi, coscientemente, ci fossimo trasformati volontariamente in cavie di un esperimento». Questo, sostiene Raschi, è il senso che voleva dare alle sue parole. «La frase “esperimento planetario” l’ho sentita pronunciare da colleghi in questo senso, non nel senso che qualcuno ci farebbe le scie chimiche». Sulle “nubi” rilasciate dagli aerei, Raschi dichiara di avere una sua «percezione», ovvero: immagina che «la teoria delle scie chimiche sia un qualche cosa che distrae molto dal vero problema, che è l’emissione dei gas serra». Dati ormai accertati, com’è noto: temperature molto al di sopra della media. E’ vero, il bilancio del carbonio a livello globale non è totalmente noto. Ma tutti i gas serra che emettiamo restano nell’atmosfera. Combustibili fossili, emissioni di metano incrementate dagli allevamenti zootecnici: non si può negare la presenza in atmosfera di questi gas. E fin qui, tutto bene. Ma le scie nel cielo?«Per molti, le irrorazioni chimiche sono palesi», sottolinea Mazzucco. «Ed è chiaro che un’argomentazione valida c’è, a favore delle cosiddette scie chimiche, non essendoci una spiegazione valida per la loro permanenza in quota». Le strisce nei cieli di oggi, infatti, «si allargano progressivamante e non spariscono, come invece dovrebbero fare le normali scie di condensa». Raschi rifiuta categoricamente l’ipotesi dell’irrorazione: «La ricerca la si fa coi numeri», premette. «Possibile che tutte queste persone, che credono che nelle scie chimiche ci sia chissà che cosa, non siano in grado di andare a fare delle misure? E poi cosa ci sarebbe, nelle scie chimiche? Quali prodotti? Bombole di anidride carbonica a bordo degli arei? Ma no, è una cosa strampalata – campata in aria, letteralmente». Aggiunge: «Mi cospargerò il capo di cenere e sarò il primo a dire che è vero, ci sono le scie chimiche, quando qualcuno esibirà dei dati, dimostrando di aver effettuato delle analisi».Il problema però nasce dall’osservazione, insiste Mazzucco: è chiaro che viene colta dal dubbio una persona normale (non un esperto, non un chimico) quando vede scie di condensa che si dissolvono in 2-3 minuti e altre scie che invece non svaniscono, ma anzi si allargano nel cielo, permangono per tutto il giorno e si fondono ad altre scie analoghe. Quindi, replica Raschi, ci sarebbero dei prodotti chimici che causano questo? E quali sarebbero? «Appunto», dice Mazzucco: «Qualcosa di chimico che lo causa ci dev’essere, nel carburante degli aerei». Ma Raschi scarta l’ipotesi. «Io penso che sia unicamente un fenomeno di fisica dell’atmosfera», afferma. «L’idea del complotto è molto divertente, finché non lo si può provare». Ma lui ce l’ha, una spiegazione per la permanenza di quelle scie? «Non sono un fisico, quindi non lo so», dichiara Raschi. «Però – aggiunge – credo che qualsiasi fisico che si occupa della diffusione dei gas in atmosfera sia in grado di dare una spiegazione». E conclude: «Io una spiegazione non la so dare, ma non penso proprio che ci siano delle sostenze chimiche che causano il permanere di queste masse di vapore acqueo».«Avete capito? Il dottor Raschi – chiosa Mazzucco – è direttore dell’Istituto di biometeorologia del Cnr. Ma lui non è un fisico, e quindi non è in grado di spiegare la persistenza delle scie che vediamo quotidianamente nei nostri cieli. O forse la spiegazione la conosce fin troppo bene, ma non è autorizzato a rivelarla». Raschi cita l’alluvione dell’Arno, ma dichiara di non sapere nulla dei test di aviodispersione condotti in quei mesi, sempre nell’Italia centrale, per aumentare le precipitazioni. La discussione sulle scie chimiche fa cadere le braccia, dice Mazzucco conversando con Frabetti: «Come si può affrontare seriamente il discorso se siamo ancora al punto in cui si nega l’esistenza del fenomeno? E’ come per gli Ufo: avvistamenti anche militari di oggetti certamente non terrestri, almeno fino agli anni ‘80, ma allora risolutamente negati». Un muro di gomma: «Impensabile che la storia delle scie possa essere chiarita per via giudiziaria da singoli magistrati». Cosa sono, in realtà, quelle scie? «Non lo sappiamo», ammette Mazzucco. In teoria, «dietro al fenomeno potrebbe esserci di tutto: dalla geoingegneria “buona”, progettata per proteggerci dal surriscaldamento climatico, fino a test per la dispersione di agenti tossici. Nessuno spiega niente, e così le domande si moltiplicano. E il colmo è che il Cnr inviti quelli come me a fare analisi chimiche».Il cielo è a strisce: tutti lo vedono, ma nessuno ne prende atto. Come si può pretendere che le istituzioni si decidano a spiegare in modo finalmente convincente un fenomeno palesemente negato, benché sia sotto gli occhi di tutti? Così Massimo Mazzucco commenta, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’impacciata retromarcia di Antonio Raschi, direttore dell’istituto di biometeorologia del Cnr, dopo la clamorosa sortita – in diretta – alla trasmissione “Porta a porta”, di Bruno Vespa. «Siamo al centro di un esperimento planetario», aveva detto Raschi, su Rai Uno, il 6 novembre: «Un esperimento di cambiamento del clima, del quale non sappiamo ancora quali saranno gli effetti nel lungo periodo». Tema della trasmissione: lo tsunami-maltempo sull’Italia. Possibile che la catastrofe abbattutasi sul Nord-Est sia stata causata da manipolazioni climatiche? Raggiunto al telefono da Mazzucco, come riportato in una video-sintesi su “Luogo Comune”, Raschi fa dietrofront: sostiene di esser stato frainteso. E’ vero, ha pronunciato il termine “esperimento”, ma in realtà voleva semplicemente dire: scontiamo le conseguenze del surriscaldamento terrestre, al quale contribuiscono le irresponsabili emissioni di gas serra. In altre parole, un “esperimento” miope e autolesionistico.