Attenti a quei due: Sarkò e Merkel commissariano l’Europa
Adesso basta: Nicolas Sarkozy e Angela Merkel dettano la nuova strategia della politica economica del Vecchio Continente: no agli “eurobond” cari a Tremonti, sì alla tassa sulle transazioni finanziarie; pareggio di bilancio da inserire nelle Costituzioni e, ancora una volta, «promozione della crescita». Il messaggio di fondo è ormai chiaro, scrive Matteo Cavallito sul “Fatto Quotidiano”: Parigi e Berlino prendono ufficialmente la guida della carovana europea lanciando una nuova politica di gestione dell’economia continentale. Obiettivo: difendere il sistema europeo vacillante, dopo l’ondata speculativa che ha messo in crisi anche le “locomotive virtuose”. Prezzo da pagare: fine delle sovranità nazionali e taglio del welfare per abbattere i costi della spesa sociale.
La ricetta franco-tedesca – più tasse sulle transazioni finanziarie, ma niente “eurobond” – sembra «una piena bocciatura della linea italiana» che, proprio in un’ipotetica emissione congiunta di obbligazioni europee, aveva individuato la principale strategia di salvezza. «Spagna e Italia prendano decisioni forti per il sostegno della credibilità», ribadisce il duo Merkel-Sarkozy, come a dire che Madrid e Roma non sono più nella posizione di avanzare richieste. «Il credito, in questo senso, è ampiamente esaurito e la sentenza l’ha emessa il mercato», scrive Cavallito. «Sono bastate tre settimane di panico finanziario per far esplodere le obbligazioni italiane lanciando in orbita gli spread tra i Btp e i bund tedeschi». Un processo di deterioramento della finanza pubblica «frenato solo dal provvidenziale intervento della Bce che ha deciso di farsi carico dei titoli della Penisola “drogando” in modo terapeutico una domanda già “drogata” di suo, per altro, dall’azione degli speculatori».
Ma i piani di salvataggio finiscono qui: il fondo salva-Stati non sarà incrementato e la Bce non sosterrà più il rifinanziamento dei deficit nazionali. Due le linee di azione “raccomandate”: il pareggio di bilancio e la promozione della crescita. «E non si venga a parlare di “sovranità nazionale”, questione che al momento pare incompatibile con le esigenze comuni dell’Unione monetaria», osserva il “Fatto”. Il presidente francese e la cancelliera tedesca lo dicono chiaramente: a prendere le decisioni-chiave per la gestione dell’economia italiana non saranno né Silvio Berlusconi né il suo commercialista Giulio Tremonti, totalmente esautorati dal “commissariamento” europeo sull’Italia, in cambio – ipotizzano i più critici – di una progressiva e selvaggia privatizzazione dei beni pubblici, nel caso si rivelassero, alla fine, l’unica moneta di scambio a disposizione dell’Italia per estinguere il debito.
Francia e Germania sembrano aver capito la «lezione greca», scrive ancora Cavallito: «Senza sviluppo economico, i piani di austerità producono solo recessione alimentando la sfiducia dei mercati e vanificando gli sforzi di rientro sui conti». Per questo, spiegano Sarkozy e Merkel, occorre «promuovere il rilancio dell’economia europea», secondo gli stessi schemi che però, come dicono gli economisti “eretici”, sono stati la vera causa della crisi. La manovra “lacrime e sangue” di Tremonti «non contiene alcun provvedimento di stimolo al sistema economico, lasciando così irrisolto quello che da almeno vent’anni si impone come il principale problema nazionale», ovvero la “mancanza di crescita”. Ma non è solo un problema italiano, riconosce Cavallito: nell’ultimo trimestre, l’economia Ue è cresciuta appena dello 0,2% e la Germania ha fatto ancora peggio, chiudendo il periodo aprile-giugno con un misero +0,1.
«Il rallentamento dell’economia mondiale, l’aumento del prezzo del petrolio e il calo dell’export continentale, insomma, pesano non poco sulla locomotiva teutonica che da troppo tempo si era ormai abituata a viaggiare su ritmi che non si percepivano dai tempi della riunificazione», osserva il “Fatto”. «Il boom è finito», scrive il 16 agosto l’autorevole “Sueddeutsche Zeitung”. La terapia, sembrano invece rispondere Merkel e Sarkozy, è appena all’inizio. Funzionerà? Assolutamente no, rispondono in coro gli analisti della decrescita, perché questa crisi è terminale: dopo due secoli, il modello della “crescita illimitata” è arrivato al capolinea fisiologico. E il peggio deve ancora venire, se a sostenere i maggiori “sacrifici” saranno i popoli europei, come quello italiano, ormai “commissariati” dall’élite finanziaria di Bruxelles. Senza che, neppure vagamente, qualcuno abbia ipotizzato un vero piano-B: una soluzione alternativa, credibile (e magari, democratica) per uscire dal cupo orizzonte della crisi.