Vaticano SpA: tangenti e mafia, finanza criminale
Paolo VI affida il trasferimento all’estero dei fondi vaticani a un laico e a un sacerdote: il laico si chiama Michele Sindona e porta con sé i capitali della mafia, il sacerdote-finanziere amico degli Usa si chiama Paul Marcinkus. E’ Sindona a presentare a Marcinkus il banchiere Roberto Calvi. I tre arrivano a manipolare gli andamenti della Borsa di Milano con le società vaticane che finiscono a Calvi via Sindona. Eletto Papa Albino Luciani, uomo di altissimo rigore morale, il giornalista Mino Pecorelli pubblica i 121 nomi di esponenti vaticani che sarebbero affiliati alla massoneria. Luciani intende far piazza pulita e liberarsi di Marcinkus: lo confida al segretario di Stato vaticano la sera del 28 settembre 1978 e la mattina dopo sarà trovato morto. Pecorelli sarà ucciso sei mesi dopo.
Parte da questo incrocio pericoloso, coi retroscena rivelati da un archivio esplosivo, lo straordinario successo di “Vaticano SpA”, il libro-inchiesta del giornalista Gianluigi Nuzzi divenuto in pochi mesi un caso editoriale, sfondato in tetto delle duecentomila copie, vendute in Italia e all’estero in diverse edizioni. «Si ha la sensazione netta che ci si trovi di fronte, tutti, a un potenziale esplosivo inaudito, che deve essere doverosamente portato a conoscenza delle più alte autorità», scrive Angelo Caloia, presidente del Consiglio di sovrintendenza dello Ior (la banca vaticana) in una lettera riservata destinata al segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano. Spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. «La storia raccontata in questo libro è totalmente inedita», premette l’editore, “Chiarelettere”. «Parte da un archivio immenso, custodito in Svizzera e da oggi accessibile a tutti». Quattromila documenti: lettere, relazioni riservate, bilanci, verbali, bonifici. La finanza del Vaticano come non è stata mai raccontata.
Tutto grazie all’archivio di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta. Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta. Con Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso “Omissis”, nome in codice che sta per Giulio Andreotti. I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla banca vaticana: titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. Depositi che raccolgono i soldi lasciati dai fedeli per le messe trasferiti in conti personali, con le più abili alchimie finanziarie.
«Lo Ior ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria “lavanderia” nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato del Vaticano. Tutto in nome di Dio». Gianluigi Nuzzi è inviato di “Panorama”. Già collaboratore del “Corriere della Sera” e giornalista de “Il Giornale”, dal 1994 segue le principali inchieste giudiziarie con implicazioni politiche e finanziarie del nostro Paese. Nella primavera del 2008 ha avuto per la prima volta accesso all’archivio segreto di monsignor Dardozzi. «Non mi stanco di ripeterlo: il mio non è un libro contro la Chiesa, ma sulla degenerazione di determinati settori. Denunciata, peraltro, da autorevoli esponenti della Chiesa stessa».
Contraccolpi? Eccome: oggi il Vaticano non è più offshore, si è sottoposto alle regole internazionali di trasparenza finanziaria. Anche grazie, si suppone, alla enorme risonanza del lavoro di Nuzzi. Che illumina le pagine più sinistre del passato recente. «L’Italia del dopoguerra si può comprendere solo attraverso gli intrecci tra Mafia, Massoneria, Vaticano e parti deviate dello Stato», scrive Beppe Grillo nel suo blog, presentando il volume di Nuzzi. «Quattro mondi che si incrociano nelle vicende più oscure della nostra Repubblica». Per la prima volta, grazie all’accesso quasi casuale a un archivio sterminato di documenti ufficiali, “Vaticano SpA” spiega il ruolo dello Ior nella prima e nella seconda Repubblica.
Un filo rosso mai interrotto, da quando il nuovo Papa, Karol Wojtyla, ereditò la politica di Paolo VI rassicurando Marcinkus sulla continuità dello spericolato indirizzo finanziario. Succede di tutto: l’Ambrosiano di Calvi rischia il crack, si scopre che i crediti dell’Ambrosiano riguardano le società estere legate allo Ior, il ministro del Tesoro Andreatta dispone la liquidazione del Banco Ambrosiano ma Marcinkus (colpito da mandato di cattura nel 1987) gode della protezione di Wojtyla, a cui servono 100 milioni di dollari per sostenere il sindacato polacco Solidarnosc.
Monsignor Dardozzi, spiega l’autore dell’inchiesta, ha messo assieme l’archivio della vergogna (capitali costruiti con tangenti, eredità, soldi sottratti alla commemorazione dei defunti) affinché, dopo la sua morte, quei dati divenissero pubblici. «Io ho avuto la fortuna di avere a disposizione questo archivio che i custodi mi hanno dato e ho fatto un lavoro di ricerca perché questi documenti raccontano come si è sviluppato, dopo Marcinkus, un sistema di conti segreto all’interno dello Ior, intestato fittiziamente a delle fondazioni benefiche per la lotta alla leucemia, per aiutare i bambini poveri, che benefiche erano solo sulla carta perché in realtà questi conti e queste fondazioni venivano utilizzate o per proteggere clienti eccellenti, intoccabili, oppure per far transitare soldi di tangenti».
Un fiume di denaro: 260 milioni di euro in pochissimi anni, in contanti, poi distribuiti fra paradisi fiscali e conti a Montecarlo. Intestasti a chi? «Nomi sorprendenti», garantisce Nuzzi, protetti da nickname come “Ancona”, “Omissis”, “Siena”, “Roma”. Firma autorizzata: Giulio Andreotti, il Divo, che ora “non ricorda” di aver mai avuto conti personali depositati allo Ior. «Quando i magistrati di Milano nel 1993 bussano al portone di bronzo per sapere dove era finita la tangente Enimont, che era nel maxi-processo di Mani Pulite, una tangente pagata a tutti i partiti della prima Repubblica per concludere il divorzio tra Eni e Montedison, vanno lì e chiedono come mai parte di questa tangente è finita allo Ior». La verità la svela l’archivio Dardozzi: in Vaticano si erano «attrezzati per depistare le indagini di Mani Pulite», fornendo ai magistrati «risposte parziali e fuorvianti, soprattutto per proteggere alcuni conti visto che per esempio Andreotti era, all’epoca, candidato alla presidenza della Repubblica».
Marcinkus diceva che la Chiesa non si amministra con l’Ave Maria. «Aveva ragione! La Chiesa deve avere un suo potere finanziario, deve avere una sua gestione per fare anche del bene», dice Nuzzi. «Io racconto invece il bene che non è stato fatto. Questo è un libro che racconta storie di denaro sporco». Particolare inquietante: nel ’92 qualcuno in Vaticano si accorge della nuova voragine del riciclaggio, avvia indagini, scava, scopre la verità: c’è uno Ior nello Ior, una sorta di banca fantasma per le operazioni illegali. Angelo Caloia, presidente dello Ior, informa il segretario del Papa. «Non accadde assolutamente nulla», dice Nuzzi. E i protagonisti della mala-finanza vaticana restano tutti al loro posto. Fino al marzo ’93, quando Enimont comincia a diventare un problema giudiziario, Wojtyla non adotta nessuna contromisura.
“Vaticano SpA” è un tuffo immersivo e documentatissimo fra gli orrori dell’archivio Dardozzi: racconta ad esempio delle suore Ancelle della divina provvidenza di Bisceglie, “sorelle” che all’epoca si occupavano dei malati di mente, che avevano un saldo di 55 miliardi di lire sul conto. «Come abbiano ottenuto questa somma non lo so, però so che la retta che lo Stato italiano versa per questi matti è di 100 euro a testa», dice Nuzzi. «Nessun a inchiesta penale ha mai dimostrato responsabilità di sottrazione indebita in questo istituto di cura». Il libro racconta queste vicende e si spinge fino alla fine degli anni ’90. Lì si fermano i dossier di Dardozzi (liberamente consultabili sul sito di “Chiarelettere”) e quindi anche il libro di Nuzzi, reduce da un lavoro di scavo coraggioso e impegnativo, consapevole che «non esistono giornalisti di destra o di sinistra, ma giornalisti che fanno il loro dovere, cioè raccontare quello che sanno, e altri che se ne dimenticano».
(Il libro: Gianluigi Nuzzi, “Vaticano SpA”, Chiarelettere, 280 pagine, 15 euro. Info: www.chiarelettere.it).
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