Aiuto, dopo Berlusconi vuol scendere in campo Montezemolo
Nell’Italia avviata (forse) al dopo Berlusconi, di una cosa non si sentiva la necessità: un nuovo partito azienda. Quindi era inevitabile che Luca di Montezemolo, il nostro maggior esperto nel ramo del superfluo, ne sfornasse uno. Con lo stesso incomprensibile ottimismo con cui si lancia sul mercato la riedizione di un vecchio modello, il presidente della Ferrari, e già della Fiat, ha annunciato la messa in produzione, entro un anno o due, di una nuova Forza Italia, ovvero un partito liberista di massa guidato da un industriale ricchissimo con alle spalle la proprietà di mezzi d’informazione e squadre di calcio.
Insomma una trovata già vecchia, che arriva con una ventina d’anni di ritardo, senza il carisma e la sorpresa dell’originale. Esattamente come per la nuova Ferrari 8 cilindri, la nuova Cinquecento, la nuova Punto, Croma, Bravo, Brava, bis. L’Italia è del resto un Paese aperto alle novità, specialmente se inutili, ed è normale che continuino a nascere partiti e movimenti, fondati da ultra sessantenni, tanto più quando il fatturato aziendale e personale è in difficoltà. Vale per Montezemolo come per Grillo. Qualche fesso che abbocca si trova sempre. D’altra parte, bisogna ammettere che il leader del nuovo partito azienda è più fascinoso ed elegante di Berlusconi, ha capelli propri, parla le lingue straniere, vanta un solo processo in corso, con rinvio a giudizio per abuso edilizio.
Ragioni che sono parse sufficienti a molti, perfino agli amici del “Fatto”, per accantonare le menate sul conflitto d’interessi e salutare con simpatia la “discesa in campo”. Soltanto a qualche vecchio catafalco, come chi scrive, la candidatura appoggiata da Marchionne e Diego Della Valle, con i rampolli delle famiglie industriali, da Merloni a Matarrese, impegnati a «radicare il movimento nel territorio», continua a sembrare uno scandalo. Un’anomalia inconcepibile in una democrazia occidentale, che in America, Germania, Francia e Gran Bretagna avrebbe scatenato l’allarme unanime del giornalismo indipendente.
Il programma di Italia Futura, redatto dal professor Andrea Romano, già consigliere di D’Alema e dunque esperto in successi, è il frutto di un attento lavoro di copia e incolla dei luoghi comuni del neo liberismo. Anche qui, un remake del primo programma di Forza Italia, di Antonio Martino. Su un punto si potrebbe essere d’accordo: la riforma elettorale. Se non suonasse un po’ ipocrita. L’Italia è ormai matura per un sistema elettorale fondato sul censo. Chiunque disponga di un certo fatturato, dovrà ottenere un adeguato numero di parlamentari. Così, i neo liberisti ne convengano, si tutela il libero mercato. Altrimenti, perché Fiat, Mediaset, Tod’s e Merloni devono avere il loro partito e Del Vecchio, Esselunga o Riva no?
(Curzio Maltese, “Aiuto, dopo Berlusconi ora Montezemolo vuol scendere in campo”, da “Il Venerdì di Repubblica” del 2 settembre 2011).